Le recensioni di Emilio Campanella: Agosto 2003


GENOVA AVRA' LA SUA NOTTE FAMOSISSIMA?

Gia', perche' no? In effetti la Notte di S. Giovanni puo' ben stare alla pari con quella veneziana del Redentore, da cui la separano poche settimane.

Per me, trapiantato in laguna da ormai vent'anni, ritornare nella mia citta' di origine ritrovandola di volta in volta sempre piu' amata, restaurata, valorizzata, con bei teatri, bei musei, mostre importanti, e' sempre un gran piacere. Ormai non mi meraviglio piu' degli eventi e delle occasioni culturali. Una delle ultime e' stata, appunto, la Notte di San Giovanni, ricorrenza di cui hanno scritto grandi autori (il Sogno di Shakespeare, Signorina Giulia di Strindberg e, nel cinema, Sorrisi di Bergman e forse anche Le Nuits d'Ete' di Berlioz). Notte importante, notte di riti della terra, notte di santi,miti e misteri, piccoli e grandi peccati inconfessabili e inconfessati.

Un ampio ventaglio di proposte a vari livelli di fruizione e per varie fasce di eta' portava, gomito a gomito, i ragazzi impegnati in una caccia tematica, con i visitatori di una mostra di oreficeria di grande qualita' e gli appassionati d'arte che nelle stesse sale di Palazzo Imperiale in Campetto stavano col il naso all'in su per godere di affreschi di grande bellezza e rara accessibilita'.

Al piano nobile del medesimo palazzo, una suggestiva installazione in collaborazione con Leonardi V-idea con l'emozionante possibilita' di vedere evocati visivamente i geniali veleni della Salome' ineguagliabile di Carmelo Bene; musei aperti sino alle 23 e poi il Rogo di Erodiade.

Insomma, una festa spontanea, intrigante, trasgressiva, "incuriosente" e coinvolgente, stimolante e pazza come lo erano stati i felicissimi primissimi carnevali veneziani della fine degli anni Settanta, mai disgiunti dalle spontanee, naturali compresenze di sacralita' e blasfemia.

 

Nel medesimo ambito, OMBRA di Attilio Caffarena.

Una visione diagonale per un teorema ironico e puntuto come le forbici con cui danza autoseducendosi la Salome' elegante di Marta Antonucci; ai lati due efebi pronti alla flagellazione, cugini primi delle creature di Beardsley.

7 spettatori: NUMERO MAGICO E SACRO

7 velari: RIPETUTO OSSESSIVAMENTE

7 azioni: COME UNA RISATA SECCA

Il lavoro puntuale di Attilio Caffarena, misterioso e sornione, ospite e demiurgo della festa della mente cui siamo invitati passando per un vicolo che vorremmo (potremmo?) immaginare e sperare sordido: trasudare seduzioni ed emozioni inconfessabili.

L'algore enigmatico dello sguardo della Vitti/Salome' in un rimando geometrico di rifrazioni e frantumazioni del pensiero come dell'immagine fisica riflessa, vista come dall'alto di un ponte. Lo sguardo sull'abisso di una lucidita' autopersecutoria suffragata da una precisione paranoica delle parole deliranti recitate da una voce fuori campo che ci rimanda gli afrori sofferti e le fascinazioni frustrate di Salome' nei confronti di Jokanaan nella pie'ce di Oscar Wilde.

Le immagini della Notte di Antonioni per la Notte di S. Giovanni in cui ci immergiamo, voyeurs di un male di vivere d'antan per poi spiare de visu l'azione, sino ad essere spiati e svelati dal nostro stesso sguardo rimandato da uno specchio che ci viene indicato/proposto/imposto dal regista che accompagnandoci verso l'uscita ci estromette/esclude cortesemente/decisamente/repentinamente dal suo/nostro sogno per restituirci alla nostra/nostra realta' (?).

emilio campanella

 

 

 

O M B R A Attilio Caffarena

Da Oscar Wilde

Io sono innamorata del tuo corpo.

Il tuo corpo e' bianco come i gigli di un prato che il falciatore non ha mai falciato. Il tuo corpo e' bianco come le nevi che dormono sulle montagne e scendono nelle vallate. Le rose del giardino non sono bianche come il tuo corpo. Ne' le rose del giardino, ne' i piedi dell'aurora che premono sulle foglie, ne' il seno della luna quando essa dorme sul seno del mareNulla v'e' al mondo che sia bianco come il tuo corpo. Lasciami toccare il tuo corpo.

Il tuo corpo e' orrendo. E' come il corpo di un lebbroso. E' come un muro di gesso sul quale son passate le vipere; come un muro di gesso nel quale gli scorpioni hanno fatto il nido. E' come un sepolcro imbiancato e pieno di cose nauseande. E' orribile, e' orribile il tuo corpo!...

Ma e' dei tuoi capelli che sono innamorata.

I tuoi capelli sono simili a grappoli d'uva, ai grappoli d'uva nera. I tuoi capelli sono come i cedri del Libano, come i grandi cedri del Libano che danno ombra ai leoni e ai ladri che vogliono celarsi durante il giorno. Le lunghe notti nere, le notti in cui la luna non si mostra e le stelle hanno paura, non sono altrettanto nere. Il silenzio che abita le foreste non e' altrettanto nero. Non c'e' nulla nel mondo di cosi' nero come i tuoi capelli... Lasciami toccare i tuoi capelli.

I tuoi capelli sono orribili. Son ricoperti di fango e di polvere. Si direbbero una corona di spine posta intorno alla tua fronte. Si direbbero un nodo di serpenti neri che si aggrovigliano intorno al tuo collo. Io non amo i tuoi capelli...

Ma e' della tua bocca che sono innamorata.

La tua bocca e' come una striscia scarlatta su una torre d'avorio. E' come una melagrana tagliata da un coltello d'avorio. I fiori di melagrano che fioriscono nei giardini e son piu' rossi delle rose, non sono altrettanto rossi. 1 rossi squilli delle trombe, che annunciano l'arrivo dei re e incutono paura al nemico, non sono altrettanto rossi. La' tua bocca e' piu' rossa dei piedi di coloro che pestano l'uva nei tini. E' piu' rossa dei piedi delle colombe che abitano i templi e sono nutrite dai sacerdoti. E' piu' rossa dei piedi di colui che ritorna dalla foresta ove ha ucciso un leone e ha visto le tigri dorate. La tua bocca e' come un ramo di corallo che i pescatori hanno trovato nel crepuscolo del mare e che riservano per i re!... E' come l'arco del re dei Persiani che e' dipinto col cinabro e ha le punte di corallo. Nulla vi e' al mondo che sia rosso come la tua bocca... lasciami baciare la tua bocca.

Io bacero' la tua bocca.

E come e' magro! Sembra una sottile statua d'avorio. Direi una statua d'argento. Sono certa che e' casto, come la luna. E' simile a un raggio d'argento. La sua carne deve essere gelida, come l'avorio ... Voglio guardarlo da vicino.



TA'ZIE', per la regia di Abbas Kiarostami

Da diversi anni avevo il desiderio di vedere gli spazi del Teatro India adi Roma, creatura di Martone prima della sua inspiegabile (o spiegabilissima) cacciata dalla direzione del Teatro di Roma.

Quest'anno, volendomi muovere per il tradizionale appuntamento del Pride ­ che si e' svolto festosamente e trionfalmente il luglio ­ ne ho avuta la possibilita', rappresentata dallo spettacolo TA'ZIE' diretto da Abbas Kiarostami, che estendeva le sue repliche prima e dopo quella data.

La serata era bellissima, fresca ed arieggiata, l'orario di inizio era fissato per le 21, ma essendo ancora molto chiaro abbiamo subito tutti compreso che loi spettacolo sarebbe iniziato "co fa scuro", come dicono i veneziani. Cosi', grazie alla buona organizzazione si e' potuto approfittare dell'ottimo buffet di cucina iraniana. Poi, verso le 21.45, una lunga fila che si snodava ha cominciato a muoversi e gli spettatori a prendere posto in una sorta di piccolo anfiteatro esagonale attorniato da grandi schermi che rimandavano immagini (magnifiche) in bianco e nero, del pubblico iraniano intento a seguire il medesimo gfenere di spettacolo cui stavamo per assistere.

La scena, centrale, era costituita da un praticabile anch'esso esagonale, con quattro piccole scale d'accesso ed un palo centrale per l'impianto luci; attorno, un anello di terra battura. Prima dell'inizio, una voce ci ha raccontato la tragica storia del santo martire, l'Imam Hossein, e del suo sfortunato clan. Poi la piccola orchestra, sistemata sopra l'ingresso, ha iniziato l'accompagnamento della vicenda.

Che dire? L'emozione e' stata fortissima, e l'interesse enorme per una forma di teatro che non conoscevo e della quale vorrei vedere altri esempi per cogliere gli stilemi recitativi, le sfumature di una "maniera" specifica di interpretare una vicenda epico/religiosa. Vari sono gli elementi che contribuiscono a questa forma d'arte: la musica, il canto (due tenori straordinari), duelli, battaglie stilizzate a cavallo, e si tratta di bellissimi cavalli addestrati, oltre che ad una astrazione gestuale molto "moderna" che non mostra, ma evoca gli oggetti anche se non sempre. Ad esempio, il narghile' del malvagio Yazid e' reale, mentre le spade e le lance che uccidono sono poco piu' che simboliche.

Lo spettacolo, per noi occidentali, e' un'intelligente "proposta breve" di saggio della durata di 90' contro le quattro ore abituali. Con il susseguirsi degli episodi il ricordo del riassunto iniziale si faceva vieppiu' confuso, per cui le immagini filmate si sono dimostrate indispensabili per avere la conferma di cio' che stava accadendo in scena. Infatti i volti e i gruppi di persone colti dal regista (grande autore di cinema e fotografo di grande sensibilita') e le loro reazioni era no di un talea tale precisa chiarezza da essere un coro allo spettacolo, oltre a quello delle voci in un teatro che e' di suo musicalissimo. Molto ho pensato che, forse, il teatro greco antico non doveva veramente essere troppo diverso. I volti filmati sono di una tale forza, tesi a seguire l'evolversi della tragedia, da coinvolgere fortemente nella loro commozione: le donne, giovani, piu' anziane, bellissime con il volto incorniciato dal velo, alcune dall'espressione antica che mi ha molto ricordato Katine Paxinou del Rocco viscontiano, e anche le donne de La terra trema, ma pure la madre di Pasolini nel Vangelo, e comunque anche le donne italiane nelle campagne fino a qualche decennio fa non erano molto differenti ed ancor oggi in alcune zone esistono figure ieratiche come queste. I ragazzi da soli, con i parenti, a gruppi, man mano accasciati e vinti dal sonno, l'uno sull'altro o in grembo ai genitori. Gli uomini, bellissimi e fieri, dall'espressione forte, ma uno in particolare, molto butch, un po' orso, con grandi occhi, barba, labbra stupende che piangeva disperatamente durante la scena della strage, ed allora ho pensato che quell'uomo una vicenda simile l'avra' vista, l'avra' vissuta da vicino, in prima persona

Un episodio per tutti: il finale in cui il leone gia' visto in un precedente momento ritorna in scena (il costume e' molto stilizzato, i movimenti dell'attore sono quelli di un uomo che interpreta il ruolo di un animale, quindi fra l'uno e l'altro e anche dentro e fuori della finzione scenica) e pietosamente, dolorosamente, compone i corpi degli uccisi voltandoli supini e nella direzione giusta verso la Mecca, estraendo armi ancora conficcate e ponendole ordinatamente accanto ad ognuno, insegne del loro martirio, poi fa un giro, si guarda attorno, ruggisce disperatamente verso il cielo e si allontana.

I cavalli di cui gia' detto: magnifici e trattati con grande cura da interpreti ed "accompagnatori" rendono epica e movimentano fortemente una vicenda essenzialmente religiosa.

Alla fine, poi, il Teatro India, essendo la rappresentazione all'esterno, non l'ho visto. Una prossima volta!

Emilio Campanella