ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Aprile - Maggio 2018


L' ORSO CERAMISTA - BELLINI E MANTEGNA - DURER A MILANO - IL BOLLETTINO DEI MUSEI CIVICI VENEZIANI - L'ULTIMO CARAVAGGIO - STORIE DELLA BASSA - PERSONALI E COLLETTIVE - OMAGGIO A ZORAN MUSIC - ECATOMBE - EGITTO RODIGINO - ARCHITETTURA IMMAGINATA - ERMANNO OLMI - TIZIANO A SANTA GIULIA - GIULIA LAMA, CHI ERA COSTEI?
Moreno Scaggiante, ceramista. Forme astratte, sinuosità cromatiche, animali reali, fantastici e mitici, oggetti reinventati, formelle venate di oro, quasi ostraka preziosissimi da scavi per il sogno di ogni archeologo, elementi totemici, come sotto lo sguardo dell'entomologo.
Moreno Scagggiante ha sempre modellato, creato, inventato forme, fin da bambino, cominciando con i materiali che tutti abbiamo conosciuto nell'infanzia, e poi a scuola, ma certo, con una predisposizione naturale ed una capacita' espressiva non comuni tanto per l'abilita', il gusto della forma e la innata sapienza cromatica che ne completa la realizzazione, cosi' da attrarre l'attenzione degli insegnanti che consigliarono di intraprendere studi di indirizzo artistico.

C'e' una felicita' esecutiva nel lavoro di Scaggiante, che gli viene sicuramente dal suo "lavorare di getto", come lo definisce; con il progetto chiaro in mente ed usando le mani che accarezzano l'argilla per dare forma al suo pensiero.

Nell'atelier, e' una vera emozione toccare quegli oggetti finiti e ripercorrere il gesto creativo che li ha plasmati.

Artista raffinato ed affinato dalle remote esperienze come dalle esperimentazioni piu' recenti, seguendo, studiando ed approfondendo materiali tecnico-pratici tanto con corsi specifici privati quanto in centri studi specializzati in ceramica.

Tutte conoscenze ordinatamente introiettate che prendono vita sotto le mani dell'artista che come un antico demiurgo plasma e da' il soffio vitale alle sue creazioni figurative od astratte: un cavallo agita la sua criniera, un pesce gli sguscia dalle mani e si tuffa nello stagno poco lontano, un polipo appena terminato si avvolge sinuosamente nelle sue spire e scivola sparendo nell'acqua, un elfo sornione guarda con ironia biricchina.

Ci sono, poi gli oggetti come i fogli arrotolati pronti a svolgersi di fronte ai nostri occhi per mostrarci la fantasia dei colori che nascondono, onde cromatico magmatiche che si frangono sulla materia. Uova primigenie in serie, come corali sospese nel blu, rientrano nella speciale ispirazione di un nuovo sbocco espressivo; come l'altra vena recente, costituita dalla forma del cappello maschile, modello "borsalino" riprodotto in scala 1:1 e coniugato in molteplici cromatismi, contrasti, riflessi, nuances, fino quasi alla perdita di senso della meditazione orientale sull'esercizio di un suono, una sorta di straniamento, di trance emotiva, nel modulo ripetuto e variato.

Coazione a ripetere tridimensionale in un gioco colto ed anche ironico su una forma riconoscibilissima.

Quando ho chiesto lumi sulle sue modalita' di principio ispirativo ho proposto due metafore: quella tellurica, come magma in movimento ed ebollizione e quella della folgore... entrambe spesso spiegazioni mitiche della creazione.

Nell'Egitto antico una piccola duna di sabbia emersa era il mondo primordiale sul quale un dio demiurgo autogeneratosi, con un fluido del suo corpo dava origine alla creazione, cosi' come un vasaio creava l'uomo in un altro mito...terra acqua, argilla, gli elementi del ceramista che dalla massa informe estrae l'oggetto, la figura che ha visto nascosta, e la manda per il mondo, come un golem benigno.

Questo l'universo di fantasia e creazione di Moreno Scaggiante che mi rispose come entrambe le metafore proposte fossero compresenti nella sua ispirazione artistica.


emilio campanella

Bellini/Mantegna Capolavori a confronto. La Fondazione Querini Stampalia di Venezia, in Campo Santa Maria Formosa, ospita un'interessantissima inziativa incentrata sul confronto fra due tavole, di Andrea Mantegna e Giovanni Bellini.
La mostra s'intitola, appunto: Bellini/Mantegna, Capolavori a confronto. Presentazione di Gesu' al Tempio, e sara' aperta al pubblico sino al primo luglio prossimo.  Consta del raffronto fra due opere molto simili, dal medesimo impianto, dallo stesso tema e dallo stesso titolo, dei due maestri, cognati fra loro.

L'opera di Bellini e' del museo, quella di Mantegna, un prestito dallo Staatliche Museen zu Berlin Gemaldegalerie.

L'esposizione, curata da Birgit Blass-Simmen, Neville Rowley e Giovanni Carlo Federico Villa e' una collaborazione fra la fondazione veneziana, il museo berlinese e la National Gallery di Londra.

Questo nucleo fara' parte di una mostra belliniana che tocchera' i due musei stranieri, ed anche il Bellini partira' per quell'avventura. All'ultimo piano del palazzo, dopo una introduzione naturale attraverso la quadreria antica e gli ambienti " di famiglia", si arriva alla mostra vera e propria, che ha due sale introduttive di ordine informativo stilistico-tematico e di raffronto fra le personalita' dei due artisti ed una terza dove sono esposte le due tavole poste quasi ad ancolo ottuso, in modo da dialogare fra loro, come si usa dire, con un termine oltremodo inflazionato.

L'accurato allestimento e' dell'architetto Mario Botta. L'esistenza di due cosi' ravvicinati capolavori, solo apparentemente eguali e' una magnifica sfida per gli studiosi. La complicata famiglia Bellini di cui parlai precedentemente non aiuta a fugare certi dubbi e certe impressioni.

Quello che sappiamo per certo e' che  Andrea sposo' la sorella di Giovanni, Nicolosia, e che forse dipinse la tavola nel 1453 come auspicio per un primo figlio in arrivo.

Lo stile e' quello di un bassorilievo reso in pittura, come un fregio di figure che pero' non sono disposte nella medesima diezione, ma convergono; al lati estremi i ritratti dei due sposi, al centro il bimbo fasciato con bende che prefigurano il suo destino, Maria dallo sguardo pensoso, compresa della tragedia che l'attende; di fronte a lei, Simeone che ha appena pronunciato parole gravi.

Fra di loro, poco piu' arretrato, Giuseppe guarda intensamente verso di noi. Uguale, apparentemente, la tavola di Bellini, ma successiva di alcuni anni (1470) pare che Giovanni ne abbia preso il modello schizzandovi sopra con un foglio di carta posato sul dipinto... rimase colpito, interessato, incuriosito? Forse tutte queste cose, ma tenne lo schizzo da parte. poi decise di realizzare il suo progetto di d'après, ma con altro intendimento, altro respiro stilistico.

Non piu' un bassorilievo sipinto, ma delle figure più reali, prese dalla vita, anche nell'abbigliamento, meno ricercato ed ufficiale-istituzionale, ma maggiormente quotidiano, pur nel rispetto dell'impianto generale originario; medesima densita' emotiva, ma piu' volutamente coinvolgente, leggermente più affollato di figure.

Il tema divenne poi molto diffuso e ripreso da vari artisti successivi, come dalla bottega belliniana. Consiglio caldamente l'agile catalogo edito da Silvana, per la cura iconografica che raffronta i dettagli dei dipinti su pagine adiacenti, come nell'esposizione, peraltro, e per gli importanti saggi dei differenti curatori.


emilio campanella

Dürer e il Rinascimento fra Germania e Italia. L'importante mostra curata da Bernard Aikema, a Palazzo Reale di Milano, sino al 24 giugno prossimo, costituisce un esempio di come si possa trovare un modo differente per accostarsi ad un argomento frequentatissimo in questi ultimi due anni, almeno, con il motivo del cinquecentenario della Riforma Protestante.

Molto frequentemente e' il sud che guarda verso il nord e ne scopre innovazioni stilistiche, differenze espressive e ne acquisisce certi modi. In questo caso un grande artista scende dal Nord e scopre l'arte italiana, ne studia l'approccio ed i  vari modi, ricrea da par suo e si appropria di conoscenze e modalita' espressive, lasciando una scia d'interesse, di importanti imitazioni delle sue innovazioni stilistiche negli artisti successivi.

Come nella bella mostra dedicata a Bosch, a Palazzo Ducale di Venezia, anche qui Aikema introduce in videoproiezione gli intenti del suo lavori ed i punti salienti del percorso espositivo, mentre accanto scorrono immagini, anche in movimento dei temi trattati nelle sale che seguono.

Da Norimberga dove l'artista muove i primi passi nella bottega di Michael Wolgemut, esortato dal padre, pittore a sua volta, e poi verso Venezia.

Si raffrontano opere di maestri incisori ed opere di studio di Durer, da Andrea Mantegna.

Sono esposti, tanto il Ritratto del padre, Albrecht Durer il Vecchio, da Firenze, Galleria degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, quanto quello del suo maestro, da Norimberga, Germaniches Nationalmuseum.

Poi gli importanti raffronti. con Leonardo, Lotto, Alvise Vivarini, Vittore Carpaccio, e disegni importantissimi di questi maestri, e quelli di Durer stesso, di Lucas Cranach il Vecchio in un continuo stimolantissimo andirivieni fra culture Germanica ed Italiana, stilemi a raffronto. Una mostra di grande complessita' e sfaccettatissima nei suoi continui riferimenti incrociati, ma condotta con estrema precisione scientifica, adattissima anche ai meno esperti dell'argomento, grazie ad un approccio logico ad ogni argomentazione. Seguitando, ∞Il passaggio del Mar Rosso, importante serie di incisioni di Tiziano, di Collezione privata ed una bella copia della Pala del Rosario dal Kunsthistoriches Museum di Vienna, datata dopo il 1606, l'originale è del 1506 (Festa del Rosario) ed e' alla Narodni Galerie di Praga, accanto alla riproduzione fotografica del Paliotto Barbarigo di Giovanni Bellini del 1488 (Murano, Chiesa di San Pietro Martire). 

Fra dipinti, studi di architettura, molti volumi esposti, studi di figure, di anatomie e ritratti, dello studio dei volti, delle proporzioni, delle tipologie, ed ancora confronti grafici fra la Porta dell'Onore dell'Imperatore Massimiliano I (1515-1518, terza edizione, del 1559), Istituto Centrale per la Grafica, di Roma; il Trionfo di Cristo (Trionfo della Fede)da Tiziano Vecellio, 1517, edizione in francese, post 1543, Berlino, Staatliche Museen, Kupferstichkabinett, e da ultimo, il Carro Trionfale dell'Imperatore Massimiliano I (1522, prima edizione) Schweinfurt, Collezione Shafer.

Si giunge poi al discorso intorno alla natura, ed ancora raffronti grafici e pittorici fra Durer e Leonardo, e le presenze di Altdorfer, Giorgione, Previtali e Tiziano.

Accanto a Basaiti e Campagnola, un paesaggio di Durer del 1494-1495 c.a: La strada del Brennero nella valle dell'Isarco, da Madrid, Real Biblioteca del Monastero de San Lorenzo de El Escorial, il suo primo sguardo al di la' delle Alpi, l'inizio del suo primo Grand Tour, come si sarebbe chiamato. A seguire, un'importante galleria di ritratti, ed in chiusura i grandi cicli di incisioni, oltre ulteriori raffronti pittorici fra Germania ed Italia.

Il consiglio e' di almeno un ulteriore giro di visita per fissare nella memoria tutto cio' che si e' incontrato. Importante ed utilissimo, il catalogo edito da 24ore Cultura

emilio campanella

Il Bollettino dei Musei Civici Veneziani. Dopo lunga e trepida attesa, nel timore che le pubblicazioni potessero non continuare, e' stato pubblicato il Bollettino dei Musei Civici Veneziani.

E' il numero 11-12 per gli anni 2016/17 edito da antiga edizioni. Il titolo e': Le porcellane orientali nelle collezioni dei Musei Civici Veneziani. L'importante testo, che prende in terzo della pubblicazione, di Maria J. Victoria Jazwinska ed Agnese Pudlis, e' corredato da molte bellissime fotograzie a colori, degli oggetti.

Di seguito i saggi: Alcune note sulla collezione di monete romane repubblicane del Museo Correr, di Cristina Crisafulli; Rarita', singolarita' e qualita' nella raccolta di monete consolari del Museo Correr, di Pierluigi Debernardi e Richard Shaefer; Adamo, Eva e il Guerriero.

Vicende storico artistiche, critiche e conservative delle statue di Antonio Rizzo, di Paolo Delorenzi ed Anna Pizzati; Un ambiente ed un soffitto neoclassici da Palazzo Dona' a San Stin, 'ritrovati'al Museo Correr, di Andrea Bellieni; ' E prendera' il nome di Raccolta Correr'. L'istituzione del museo attraverso i documenti d'archivio, di Cosima Chirulli; Lascio la mia libreria frutto di incessanti mie cure a questo Civico Museo Correr.

Per una mappa delle provenienza delle raccolte librarie e documentarie da Casa Correr al Fontego dei Tedeschi, di Monica Viero; Note su Chase in Italia. Opere, esposizioni, riscontri della critica, a firma di Giovanna Ginex. Di seguito, le Attivita': Classe XI, Bronzi, riscontro inventariale.

Metodi e risultati, di  Valeria Cafa' con Maria Acanfora; La scultura lignea della Madonna della Misericordia: note a margine di un restauro, di Milena Dean; Il restauro di due mori portavaso del "Fornimento Venier" di Andrea Brustolon, di Stefania Sartori; Altro diletto per imparar non trovo: un disegno di Pietro Antonio Novelli donato al Museo Correr, di Rossella Granziero; Ricordo di Lino Moretti, di Camillo Tonini; a conclusione, Scritti di Lino Moretti, a cura di Monica Viero e Chiara Squarcina.

Come il primo saggio che da' il titolo alla pubblicazione, ogni scritto e' corredato da illustrazioni grafiche e fotografiche accuratamente riprodotte, oltre ad ampie ed illuminanti note.


emilio campanella

L'ultimo Caravaggio, eredi e nuovi maestri. Napoli, Genova e Milano a confronto/ 1610-1640. A Milano, ancora solo sino all'otto aprile, alle Gallerie d'Italia di Piazza della Scala, l'attenta ricognizione curata da Alessandro Morandotti, parte proprio dal Martirio di S. Orsola di Caravaggio del 1610 (Napoli, Gallerie d'Italia, Palazzo Zavallos Stigliano), ultima opera documentata del Merisi, che viene posta a confronto con quella omonima di Bernardo Strozzi, 1615-1618, (Collezione privata, per la cortese disponibilita' di Robilant+Voena) e la terza, di Giulio Cesare Procaccini, sempre dal medesimo titolo, del 1620-1625, di Collezione privata.

Per iniziare un discorso di raffronti stilistici e tematici in un'epoca di transizione prendendo ad esempio una vicenda molto frequentata ed amata da committenti, artisti ed anche fedeli.

Questa introduzione della mostra prodotta dalle Gallerie d'Italia, in collaborazione con il Comune di Genova,  Musei di Strada Nuova; l'Universita' degli Studi di Torino, Dipartimento di Studi Storici; con il patrocinio del MIBAC e del Comune di Milano, definisce gli intenti e le direzioni curatoriali dell'esposizione.

Gli sviluppi artistici in tre citta' chiave per la pittura del seicento, anche e soprattutto per i rapporti con la Spagna.

Determinanti le figure dei Collezionisti e committenti Marco Antonio Doria a NApoli e Giovan Carlo Doria a Genova. Presenti in mostra, il primo nel ritratto di Justus Suttermans del 1649 (Collezione privata) ed il secondo nel grande quadro fiammeggiante  di Pieter Paul Rubens: Giovan Carlo Doria a Cavallo, del 1606 da Genova, Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola.

Interessante cogliere, ed apprezzare, per me genovese, come tutto un po' ruoti intorno a quelle scuole di pittori che da Genova si muovevano, cola' arrivavano, come gli artisti dalle Fiandre, e molti, di la' si spostavano, quando anche i liguri si portavano altrove creando uno straordinario reticolo di ispirazioni, influenze, stimoli reciproci.

Presenza importantissima proprio Procaccini, con la grande pala d'altare di Brera: Trasfigurazione con i Santi Basilide, Cirino e Naborre, movimentata ed affollata di figure in cui si riconosce, nel gruppo in basso, quello dei martiri. al centro, l'autoritratto dell'artista trentatreenne, cosa che aiuto' gli studiosi nella datazione dell'opera ( 1607-1608), ed in cui l'influenza ispirativa da Raffaello e' molto forte. Esposti ai lati, due altri autoritratti del pittore. Il primo, della Collezione Koelliker, del 1602-1603, mentre l'altro, pi˘ tardo (1615-1618) da Montichiari, Museo Lechi, Ritratto in armatura, dallo sguardo forte.

Sezione determinante della mostra e' dedicata ad un'altra importantissima opera dell'artista: Ultima Cena del 1618 dalla Basilica della Santissima Annunziata del Vastato di Genova, ed alle sue vicende compositive, l'ampliamento prima della sistemazione nella chiesa, le traversie del restauro.

Esposta magnificamente in una grande sala e con ampio spazio di fronte per poterne cogliere la visione d'insieme, date le dimensioni di 490 x 855 cm., oltreche' grazie ad una perfetta illuminazione, caratteristica che contraddistingue, peraltro, tutta l'esposizione.

Altra Ultima cena, sempre dello stesso anno, credibilmente bozzetto dell'opera maggiore, da Genova, Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola.

Ho fatto soltanto alcuni nomi, di questa magnifica mostra corredata dall'ottimo catalogo edito da Skira in cui sono presenti ampi saggi del curatore, come di Piero Boccardo, Andrea Zanini, Paolo Vanoli, Gelsomina Spione, Maria Teresa Terzaghi, Giovanni Morale. Molti gli artisti presenti oltre a quelli citati: Anton Van Dyck, Gioacchino Assereto, Orazio De Ferrari, Mathias Stom, cui e' dedicata un'interessantissima ed emozionante sezione, Luigi Miradori, il Geovesino, di cui ho trattato alcuni mesi or sono, a proposito della mostra cremonese, Valerio Castello, Simon Vuet, Pier Francesco Mazzucchelli, il Morazzone, Luciano Borzone, Giovan Battista Crespi, detto Cerano, Jusepe de Ribera, Giovanni Battista Caracciolo, detto Battistello.

I prestiti sono da importanti collezioni, musei ed istituzioni pubbliche e private europee ed extra europee.


emilio campanella

Storie della Bassa. Cinema! Storie, protagonisti, paesaggi. A Palazzo Roverella di Rovigo, il secondo appuntamento del progetto: Raccontare il Polesine, dopo la mostra fotografica dedicata, lo scorso anno a Pietro Donzelli.

Questa si potra' visitare sino al 1 luglio prossimo. Curatore di lusso, il Direttore della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica della Biennale di Venezia.

Con molta semplicita', umile ascolto degli intervenuti, importanti personalita' del mondo del cinema, che avevano vissuto quella stagione, sceneggiatori, scrittori, saggisti, montatori, direttori della fotografia, Alberto Barbera ha presentato, con la cortese signorilita' che lo contraddistingue, la sua mostra storico documentaria sull'avventura partita ancora negli anni del secondo conflitto mondiale, nel 1943 con Ossessione di Luchino Visconti, il primo film neorealista, contrariamente a quanto molti credono.

Fra prima e dopo, Michelangelo Antonioni con Gente del Po, documentario, nato da una serie di fotografie, alcune delle quali esposte, pubblicate il 25 aprile 1939, sulla rivista Cinema, ad ilustrazione dell'articolo: Per un film sul fiume Po. In mostra si possono vedere i nove minuti superstiti di quelli che dovevano essere circa cento, perduti durante il conflitto, un lavoro del 1943 e terminato, per cosÏ dire, nel 1947.

Il primo ad occuparsi della regione, con un taglio documentaristico rivolto all'umanita' ed alla realta' sociale, contrariamente ai Giornali Luce che si occupavano soltanto dell'aspetto naturale e faunistico o della caccia nella zona. Di seguito, Il Grido del 1957 con i suoi personaggi che non comunicano, nella desolazione del paesaggio.

Poi sara' Deserto rosso del 1964, primo film a colori, con una Monica Vitti monumentale. Al di la' delle nuvole e' del 1995 e sarae' l'ultimo nel delta. L'esposizione Ë divisa in capitoli piu' o meno per film, per registi, ma anche per temi, per cui l'ordine cronologico e' rispettato con una certa intelligente liberta'.

In questo periodare con andirivieni temporali s'incontra la saga de Il mulino del Po che parte da Alberto Lattuada (1948) per arrivare a Sandro Bolchi, (1963) la cui riduzione televisiva fu uno degli eventi deli anni sessanta, in Italia. Successivamente aggiunse la vicenda del secondo volume nel 1971.

Una sezione parla di Guerra, ovviamente Paisa' di Rossellini ( 1946). Caccia Tragica di De Santis (1947), forte dell'esperienza di Ossessione, e fino a L'agnese va a morire di Montaldo del 1976. Come si vede risulta inevitabile un andamento rapsodico per luoghi, tempi, temi. Successivamente si passa a Scano Boa (1961), lo sfortunato film di Renato Dell'Ara, dal testo di Gian Antonio Cibotto.

Torrida vicenda di sensualita' sofferte interpretata da una giovanissima Carla Gravina e da Jose' Suarez. Giancarlo Marinelli fece un remake nel 1996, mentre il dimenticato Dall'Ara giro' nel 1966: Quando la pelle brucia, altrettanto  caduto nell'oblio. Poi si passa al cinema successivo al neorealismo, ma che ancora ne ha certe caratteristiche, e s'incontra il fenomeno Sophia Loren che grazie a La donna del fiume di Mario Soldati (1954), inizio' con questo film, la sua carriera internazionale.

In mostra anche un bellissimo manifesto dell'edizione francese: La fille du fleuve. Un po' simile, per certi versi, il fenomeno Raf Vallone, iniziatosi con il film di Horst Haechler, Uragano sul Po ( 1956 ). Fra gli altri La Visita del sottovalutato Antonio Pietrangeli (1963) con una memorabile Sandra Milo, François Périer, nuovamente inaffidabile come in Cabiria di Fellini.

Una sezione a parte e' meritatamente dedicata al compianto, prematuramente scomparso, Carlo Mazzacurati: Notte italiana, 1987; Il toro, 1994;  L'estate di Davide, 1998; La giusta distanza, 2007. E poi Pupi Avati, Tinto Brass, Gianfranco Mingozzi. Gli importanti documentari ed i film a soggetto di Florestano Vancini.

Poi tutta una serie di film, e sono moltissimi, che anno parti anche importanti, girate nella zona: da Tutti a casa di Comencini, 1960, a Samperi: Un'anguilla da trecento milioni, del 1971; da Alberto Bevilacqua a Mario Brenta, da Stefano Incerti a Silvio Soldini.

Oltre a sezioni specifiche a divi locali come Dria Pola e Rick Battaglia, ed il montatore Leo Catozzo. Documentatissimo il catalogo edito da Silvana.


emilio campanella

Personali e collettive. La primavera dell'Arte a Venezia si compone di molte tessere di grande interesse, a formare il mosaico delle esposizioni e delle proposte culturali dei prossimi mesi.

Ancora sino al ventidue aprile, il Centro Culturale Don Orione  Artigianelli, alle Zattere, nella sala Tiziano, cui si accede attraverso il chiostro che ospita dal settecento, una magnifica, altissima magnolia, la prima mostra personale italiana, dedicata ad un pittore, gloria nazionale albanese: Omaggio a Vangiush Mio.

Artista molto celebrato in patria, paesaggista che lavoro' anche a Venezia, e di cui la retrospettiva mostra diversi filoni tematici, oltre un buon numero di disegni. Nato nel 1891, dipinse sino al 1957, anno della morte, riuscendo ad evitare il realismo socialista e continuando con la sua ispirazione stilistica tardo impressionista.

A Palazzo Fortuny, Palazzo Orfei: Una Collezione Italiana, Opere dalla Collezione Merlini, a Cura di Daniela Ferretti e Francesca Poli, ampia scelta di una nutrita compagine di importanti opere, tra cui: Baj, Melotti, Wildt, Fontana, fra i molti, ai due piani nobili sui quali si snoda il percorso espositivo.

A piano terra, invece: La Stanza di Zurigo, Omaggio a Zoran Music, di cui trattero' a parte. Entrambe le mostre, potranno essere visitate sino al 23 Luglio. La Pinault Collection, gioca la carta del nitore e della sottrazione, alla Punta della Dogana, con Dancing with myself, esposizione curata da Martin Bethenod  e Florian Ebner, in collaborazione con Museum Folkwang di Essen con cui le opere della Fondazione si confrontano proponendo un percorso di "varia umanita' " .

Una mostra poco affollata, e che pone in risalto la bellezza degli spazi, abitata comunque da opere importanti, di autori di punta. Una sala per tutte, che vede Alighiero Boetti ed Urs Fisher, messi in scena grazie a Felix Gonzales-Torres, si puo' dire, ma anche le due dedicate a Gilbert & George. Quel monello di Cattelan sulla punta, e Hirst nella Lanterna.

Al piano, Nan Goldin, Cindy Sherman fra gli altri, molti, ma non moltissimi, per i motivi esposti sopra. Visitabile sino al 16 dicembre. Sempre per l'alternanza che ho scelto di proporre, ecco, a Palazzo Grassi, sino al sei gennaio 2019, Cows by the water, dedicata ad Albert Oehlen, sui tre piani del palazzo, curata con grande attenzione, da Caroline Bourgeois, e che parte dagli anni ottanta del novecento (Oehlen e' del 1954) per arrivare ad oggi, con raffronti di grande stimolante interesse, che mettono in risalto l'evoluzione e la ricerca stilistica dell'artista. Ineccepibili, illuminazione ed ambientazione, contrasti e nuances cromatiche fra le opere e nell'allestimento delle sale, in una conversazione continua fra i dipinti e gli ambienti, anche qui giocando molto su spazi e grande respiro.

A San Giorgio Maggiore, alla Fondazione Cini,  ed alla Fondazione Querini Stampalia, il nuovo appuntamento de Le  Stanze del Vetro, (Pentagram STiftung) dedicato al Cirva di Marsiglia, quindi la collaborazione fra quattro istituzioni, per un ulteriore ampliamento di sguardo intorno al vetro artistico. Il titolo della mostra che si potra' visitare alla Fondazione Cini, sino al 29 Luglio, ed all'ultimo piano della Fondazione Querini Stampalia, sino al 24 giugno, e': Una fornace a Marsiglia. Cirva Centre international de recherche sur le verre et les arts plastiques, ed e' curata da Isabelle Reiher e Chiara Bertola. L'esposizione delle Stanze del Vetro e' costituita da una serie di sale, ognuna dedicata ad un'artista ed alle creazioni corrispondenti ad una residenza nel centro francese per realizzare i lavori.

L'ambientazione particolarmente accurata e personalizzata e' stata scelta da ogni dedicatario, insieme con gli allestitori, in modo da creare un discorso ambientale che tenga conto del trascorso artistico di ogni autore, del suo mondo espressivo, delle sue peculiarita' stilistiche.

Si tratta di diciassette artisti di grande interesse ed i cui nomi piu' noti al pubblico sono quelli di Giuseppe Penone e Robert Wilson. Una osservazione speciale per il bel catalogo edito da skira, che oltre all'accuratezza abituale porta fotografie dell'allestimento, cosa rarissima e di grande interesse


emilio campanella

Al Museo Fortuny, Palazzo degli Orfei, sino al 23 luglio, per la cura di Daniela Ferretti, nella raccolta, intima penombra un po' misteriosa del Museo, al piano terra del Palazzo di Campo S. Beneto, a Venezia, il restauro di un'opera speciale dell'artista Dalmata, marito della pittrice Ida Barbarigo, figlia del pittore Guido Cadorin.

Una storia di generazioni di artisti, ben raccontata dalla memorabile mostra di due anni or sono, sempre nella medesima sede: La Bottega Cadorin, anche quella, come questa sotto l'affettuosa, amichevole, esperta attenzione di Jean Clair.

Nucleo e motivo della manifestazione, il restauro della "Stanza di Zurigo", creata su commissione delle Sorelle Charlotte e Nelly Dornacher, amiche di Paolo Cadorin, per la loro villa a Zollikon, vicino a Zurigo.

Una piccola, intima "cave" come quelle parigine, interamente decorata , un'opera totale dove anche la tovaglia ricamata era su motivi di Music, ed i mobili erano stati scelti su sua approvazione. Ora e' esposta a venezia, grazie all'attenzione scientifica del cognato, Paolo Cadorin, appunto, direttore del dipartimento di restauro del Kunstmuseum di Basilea.

Al centro della sala, questa importante presenza all'interno della quale ci si puo' affacciare per osservare le decorazioni, che sono una summa dei motivi ricorrenti e dei temi che l'artista dipingeva in quegli anni.

Soggetti dalmati di animali e di figure, fregi decorativi, ritratti suoi e della moglie Ida, soggetti veneziani, in una felice danza di immagini tutte un po' sognate, evocate, ritrovate dopo le grandi sofferenze della guerra, nella pacifica solarità veneziana, accanto ad amici e persone che lo amavano e lo stimavano.

Motivi che hanno, ovviamente, una strettissima parentela con gli affreschi dello studio dell'artista a Palazzo Pisani, anche questi esposti e restaurati per l'occasione. E tutta l'esposizione, ampia e densa, si snoda mettendo in rilievo questi temi e tutte le loro sfaccettate variazioni. Insieme con tutti questi lavori radunati intorno all'esperienza zurighese, anche i bozzetti per la Storia di Marco Polo, del 1950.

In origine destinati alla realizzazione di un grande arazzo (250 cm. per 800 cm) pensato per il soggiorno di prima classe del transatlantico Augustus. In occasione della mostra e' stato pubblicato un bellissimo volume edito dai Musei Civici Veneziani e stampato da Grafiche Veneziane, ricchissimo di fotografie di repertorio, molte accurate riproduzioni delle opere e saggi di Daniela Ferretti, Jean Clair, Monique Veillon Cadorin, Diego Bianchi, Daniele D'Anza.

I lavori esposti: acquerelli, incisioni, disegni, olii su vari materiali, tempere, disegni a matita, pastelli, matite colorate, carboncini, acrilici, puntasecca, litografia... molteplici tecniche padroneggiate con disinvoltura, sono tutte comprese fra il 1947 ed il 1953. Hanno contribuito i prestiti, tanto da Charlotte und Nelly Dornacher Stiftung, ovviamente, quanto da collezioni private come dai Musei Civici Veneziani.


emilio campanella

Ti alzi, accendi la radio ed ascolti la notizia della morte di Milos Forman; al secondo Giornale Radio si aggiunge quella dell'amata Isabella Biagini.

Al terzo, quello del pomeriggio, Forman e Biagini sono spariti e ci annunciano la scomparsa di Vittorio Taviani!

Milos Forman era Ceco, nato nel 1932 aveva quello spirito ironico e dissacrante che ha contraddistinto i primi film: L'asso di Picche del 1964 e Gli amori di una bionda del 1965, da poco rivisto, restaurato grazie alla Cineteca di Bologna.

Taking Off, gia' americano ma esilarante e corrosivo, gli vale nel 1971, il Grand Prix della Giuria a Cannes.

Poi sono i grandi successi internazionali, ma anche gli altalenanti risultati, dal punto di vista del rigore, pur con punte come Hair del 1979 ed Amadeus del 1984, entrambi legati al mondo dello spettacolo, seppure in maniera molto differente, ed in cui l'apporto della coreografa Twyla Tharp fu determinante.

Altri film sono molto piu' noti, come: Qualcuno volo' sul nido del cuculo, ma si tratta pellicole dal successo facile, in un certo modo.

Forse non tutti sanno che i tre figli di Milos Forman, sono straordinari burattinai, teatranti di razza, che continuano lo spirito caustico e dissacrante di famiglia.

Di Paolo e Vittorio Taviani, coppia di fratelli registi dalla lunga filmografia, Vittorio ci ha lasciati ed ora tutti ripensiamo a quanti loro film abbiamo visto.

Molto amato alcuni, discusso, amato un poco meno  altri, ma visti e rivisti sempre con interesse.

Dai tempi della collaborazione con Valentino Orsini, iniziando con: San Miniato, luglio '44, cortometraggio del 1954, ad Una questione privata, del 2017, sono oltre sessant'anni di cinema! Ero molto giovane quando vidi:  Sotto il segno dello scorpione (1969) e ne rimasi fortemente colpito, poi fu l'amatissimo: San Michele aveva un gallo del 1972, con un indimenticabile Giulio Brogi; Allonsanfàn, 1974: Mastroianni, Massari, Farmer, Betti, De Carmine!
Con una colonna sonora memorabile di Ennio Morricone, alla prima collaborazione con i registi.

Padre Padrone del 1977, Palma d'Oro a Cannes, La notte di San Lorenzo, 1982, che riprende il tema del loro primo documentario. Molti altri fino a: Cesare deve morire del 2014, Orso d'Oro a Berlino, straordinario lavoro su Shakespeare in carcere e l'interessantissimo: Meraviglioso Boccaccio del 2015.

Un'altro capitolo del cinema italiano, temo si stia chiudendo. L'ultimo ricordo, per la simpaticissima, solare, spiritosa Isabella Biagini, attrice cinematografica in moltissime commedie e che inizio' con un piccolo ruolo ne : Le Amiche di Antonioni.

Volto noto della televisione anni sessanta, anche "dumb blonde" all'italiana, per niente stupidina, ovviamente; soubrette, presentatrice, imitatrice, ci ha lasciato presto, a soli settantaquattro anni, ma  noi ragazzini degli anni sessanta, la ricorderemo sempre con affetto, in fondo era solo un po' piu' grande di noi.


emilio campanella

Egitto Ritrovato, La Collezione Vals'e Pantellini.

A Rovigo, Palazzo Roncale, sino al primo luglio. Che Rovigo abbia la sua  collezione di reperti egizi, quando l'ho saputo non mi ha certo meravigliato, data l'importanza di una secolare istituzione come l'Accademia dei Concordi; neppure e' sorprendente che un imprenditore del turismo, come diremmo oggi, se ne sia occupato.

Giuseppe Vals'e Pantellini (1826-1890), rodigino, a causa dei moti insurrezionali del Polesine del 1848, scelse Il Cairo, come citta' per il proprio esilio.

Gesti' con successo Hotels di lusso dove scendeva l'alta societa', fra cui due divi dell' egittologia come Auguste Mariette e  Gaston Charles Camille Maspero; erano gli anni dell'inaugurazione del Canale di Suez (1869), di quella del Nuovo Teatro del Cairo con la prima mondiale di Aida di Giuseppe Verdi, che ando' in scena nel 1871, ed il cui libretto di Antonio Ghislanzoni, e' tratto da un soggetto di Mariette ( la prima italiana sara' l'anno successivo al Teatro alla Scala).

In quella febbre egittologica che ad ondate investe il mondo della cultura, un po' come nuovamente in questi ultimi anni, l'allora Presidente dell'Accademia dei Concordi, Lorenzoni, data la fama internazionale di Vals'e Pantellini, gli affido' l'incarico di raccogliere una collezione di antichita' egizie, come venivano definite allora, degne dell'importanza dell'istituzione che dirigeva.

Dalla richiesta del 1877, all'invio dei reperti, fra il 1878 ed il 1879, che arrivarono a Rovigo in quattro cassoni. Fin qui la vicenda storica.

In questi mesi un'accurata scelta della collezione e' esposta al secondo piano del palazzo. Al piano terra, una garbata introduzione dedicata ai piu' piccoli, grazie alle tavole della disegnatrice Sara Micheli che, con bel tratto ed una gustosa tavolozza cromatica, racconta la vicenda di Vals'e Pantellini, quella dei reperti, immagina un leggiadro aspetto ed un nome per la mummia femminile, un'aria sbarazzina per il bimbo, continuando la leggenda senza fondamento che le due persone potessero essere madre e figlio, ma costruendo una piccola storia adatta ad introdurre l'argomento per i piu' giovani.

Nel salone dell'esposizione un ritratto del dedicatario della mostra, alcune belle foto ottocentesche del Cairo, e poi l'attenta scelta dei reperti; molti frammenti, ma di grande bellezza, siano essi stipiti di falseporte, pilastri, steli, cartonnages di epoca tarda, ma anche statue lignee, amuleti, piccole statue votive, ushebti, collane in faience. E' importante sapere che questa collezione e', con i suoi circa seicento pezzi, comunque, la piu' ampia, per numero di oggetti, del Veneto, e che copre tutto l'arco  storico dell'Egitto antico: dall'Epoca Predinastica, a quella Tarda,  greco-romana; valore non da poco, per la didattica.

A conclusione del breve, raccolto, intenso percorso, scientificamente ineccepiblie, la sala, cui solo ci si affaccia, dove Cinzia Oliva, specialista che collabora anche con il Museo Egizio di Torino e che ha avuto in cura mummie famose, come quelle di Kha e Merit, sara' presente in date stabilite, per procedere al restauro di quelle rodigine, di cui ormai tutti parlano, e rispondere alle domande dei visitatori come ha fatto, con grande pazienza alla presentazione per la stampa. I due individui sono un adulto di sesso femminile dell'eta' presumibilmente compresa fra i venti ed i venticinque anni e forse databile al Terzo Periodo Intermedio od all'Eta' Tarda.

Le ricerche tenderanno ad appurare elementi che possano portare a definire con maggiore precisione la collocazione temporale, ed un eventuale contorno di informazioni legate alla persona. CosÏ sarae' per il bambino-bambina di epoca romana. Questo Ë solo l'inizio di un lavoro di valorizzazione di una collezione che non viene esposta al pubblico anche da troppo tempo.

Non e' stato pubblicato un catalogo. Il consiglio e' di recarsi alla sede dell'Accademia dei Concordi, vicinissima, ed acquistare alla biblioteca, per un prezzo, peraltro, decisamente molto contenuto, la pubblicazione che porta le schede scientifiche di tutta la collezione, con introduzioni, dati tecnici e fotografie accurate: La Collezione Egizia dell'Accademia dei Concordi di Rovigo, di Simone Musso e Simone Petacchi, il volume e' autoedito.


emilio campanella

Palazzo Cini a Venezia ha inaugurato la nuova stagione di apertura al pubblico che durera'  sino al 19 novembre.

Al secondo piano una mostra di disegni di architettura (aperta sino al 17 settembre): una scelta di centoventisei fogli dalle raccolte della Fondazione Giorgio Cini.

All'origine di questa esposizione; la storia di un salvataggio compiuto da Vittorio Cini, quando nel 1962, acquisto' integralmente la vastissima collezione del musicista Antonio Certani ( 1879-1952) costituita da oltre cinquemila disegni bolognesi ed emiliani, salvandola dallo smembramento, e destinandola all'Istituto di Storia dell'Arte.

Si tratta qui, di una scelta dall'importante nucleo di fogli di architettura, quadratura, ornato, dal XVI al XIX secolo, diviso, per la presentazione al pubblico, in sezioni ragionate, più che cronologiche, ma non solo tematiche, siccome gli stilemi presi in esame sono tutti molto vicini come gusto, e testimoniano un'evoluzione graduale nei modi e negli stili, che si tratti di invenzioni come di progetti di realizzazione, di apparati effimeri o di veri e propri edifici successivamente costruiti; di scenografie ed anche di progetti per decorazione pittorica destinata ad atrii e corti.

Atta, questa, a creare illusioni ottiche di fughe di colonne solo dipinte, molto spesso con prospettive angolari di grande effetto, invenzione attribuita a Carlo Bernardo Galli Bibiena: Magnifico atrio colonnato, con la cui gigantografia si apre la mostra.

Era un abile modo per attrarre l'occhio dei passanti che transitavano davanti ad un portone artatamente tenuto aperto, per destarne la meraviglia con quelle che non si distaccavano molto dalle scene dipinte dei teatri che frequentavano. Le une e le altre erano di grande effetto, con il vantaggio di non avere i costi delle costruzioni reali. E' da notate che si tratta della prima manifestazione, quest'anno , in laguna, sul tema. Non a caso, siccome fra qualche settimana si aprira' la Biennale Architettura 2018.

Un elegante primato, offrendo al pubblico il piacere raffinato di magnifici disegni quasi mai esposti ed accuratamente contestualizzati dagli studiosi coordinati da Luca Massimo Barbero , i quali, insieme con lui hanno composto un percorso disseminato di preziose soste davanti a rare e raffinatisime opere su carta.

Nomi importantissimi firmano questi disegni: Angelo Michele Colonna, Francesco Galli Bibiena, Stefano Orlandi, Angelo Carboni, Giuseppe Jarmorini, Serafino Barozzi, Mauro Tesi, David Zanotti, Flaminio Minozzi, Rodolfo Fantuzzi, Gaetano Caponeri, Antonio Basoli, Vittorio Maria Bigari, Giovanni Calegari, Ferdinando Galli Bibiena, Giuseppe Galli Bibiena, Giovanni Galli Bibiena,  Gaetano Alemani, Carlo Bernardo Galli Bibiena, Francesco Orlandi, Francesco Cocchi, Giuseppe Badiali, Giacomo Rossi, Angelo Venturoli, Pelagio Pelagi. Cinque tavole acquerellate di Giacomo Quarenghi, scelte dalla raccolta Pozzi Fissore della Fondazione Cini, sono state scelte in occasione delle celebrazioni a lui dedicate.

Notevole la sala destinata al repertorio di vasi, brocche, bricchi, urne, erme, cippi lattiere, teiere, caffettiere, divertentissimi, pazzi, inquietanti e fantasiosissimi, mescolati, fusi, trasformati,  metamorficamente creati e reinventati da Giacomo Rossi; tutti soggetti poi utilizzati, spesso in decorazioni ed ambientazioni. Naturalmente non e' presente Piranesi, ma e' proprio dietro l'angolo, data l' evidente influenza.


emilio campanella

Un altro grande regista italiano ci ha lasciati, un'altra imprtante pagina del cinema italiano, e non solo, si chiude.

Rigoroso, coerente, umanissimo, Ermanno Olmi ha avuto una lunghissima carriera professionale costellata di film di grande importanza, di grande forza; ha raccontato piccole storie, talvolta piccolissime, ma con un respiro universale.

Un mondo di semplici, di umili, ma ricchissimi moralmente.

Dopo gli inizi come documentarista, filone che scorse parallelo a quello del cinema narrativo.

Attento ed accurato scrittore, curò nel dettaglio le sue sceneggiature.

Fu straordinario direttore d'attori con i non professionisti, come si diceva in anni lontani, ma anche con personalità di diversa provenienza, come il Ras Degan memorabile ne I cento chiodi del 2007.

Gli inizi furono, per il cinema narrativo, con Il tempo si è fermato del 1958, Il posto del 1961, I fidanzati del 1963, in cui si occupò di un'Italia piccola, quella degli impiegati, degli artigiani, all'inizio del boom.

Nel 1965: E venne un uomo... intorno alla figura di Giovanni XXIII, che vidi, dodicenne, in un cinema parrocchiale, e mi colpi' per la struttura.

I film precedenti li recuperai piu' avanti. Mi colpi' molto Un certo giorno, del 1969, un'altra storia privata.

Dello stesso anno: I recuperanti, per la Rai, su coloro che recuperavano, appunto le bombe inesplose della Prima Guerra Mondiale.

Nel 1978, fu L'albero degli Zoccoli (Palma d'Oro a Cannes) ed il successo internazionele.

Nel 1987: Lunga vita alla signora (Leone d'Argento a Venezia), feroce ed ironica metafora sul potere.

La leggenda del santo bevitore ( Leone D'Oro a Venezia) da Joseph Roth e' del 1988, altro successo internazionale, anche grazie alla presenza di Rutger Hauer quale protagonista.

Del 2001 e' Il mestiere delle armi, sulla figura di Giovanni dalle Bande Nere, acuta ed accuratissima riflessione non solo ineccepibilmente formale, sul potere e sull'Italia del Rinascimento: un'altra trasparente metafora.

Cantando dietro i paraventi, del 2003, piu' fragile, ma affascinante, e con un umanissimo Carlo Pedersoli (Bud Spencer). Il gia' citato Centochiodi  e' una vicenda che mescola abilmente e con molto acume storie che sembrano essere altre, personaggi da cui ne traspaiono altri ancora, con un fondo umanissimo e struggente. ancora una volta.

Il villaggio di cartone del 2011 su un anziano prete (Michel Lonsdale) che cerca di comprendere le difficolta' dell'immigrazione e le affronta mettendo in pratica la parola evangelica.

L'ultimo film narrativo e' stato il sorprendente: Ritorneranno i prati del 2014, sulla Prima Guerra Mondiale, attraverso un gruppo di umili soldati in trincea.

Durante questa lunga carriera, un ininterrotto impegno diretto verso i diritti umani, attraverso il documentario, e non soltanto naturalmente. Ho citato solo i principali dei numerosi premi che contraddistinsero la carriera di Ermano Olmi, aggiungo solo il Leone d'Oro a Venezia, alla carriera. appunto.
 

emilio campanella

Tiziano e la pittura del Cinquecento, fra Venezia e Brescia. Ai Museo di Santa Giulia di Brescia, sino al primo luglio, un'attenta ricognizione intorno all'influenza del pittore cadorino, sulla scuola locale, peraltro costellata di pittori di grande livello e personalita', ed anche riprendendo un discorso iniziato in anni lontani con le memorabili mostre dedicate a Moretto e Savoldo.

L'esposizione e' relativamente piccola, e non poco preziosa. Con intelligenza il biglietto comprende, oltre il Museo di Santa Giulia stesso, emozionantissimo nella sua parte archeologica e non solo; quello della mirabilmente restaurata Pinacoteca Tosio Martinengo, ricchissima anche e soprattutto di tele dei maestri incontrati alla mostra tizianesca, senza escludere l'importante Museo Diocesano di Arte Sacra.

Oltre queste ulteriori importanti due sedi, il percorso include la Chiesa di San Giovanni Evangelista, la Cattedrale di Santa Maria Assunta (Duomo), il Duomo Vecchio, la Chiesa di San Clemente, la Chiesa di Santa Maria in Calchera, la Chiesa di San Francesco, il Santuario di Sant'Angela Merici ed a conclusione, ma non certo ultima per importanza, la Collegiata di San Nazaro e Celso dietro il cui altar maggiore e' esposto il Polittico Averoldi fulcro della manifestazione di Santa Giulia.

Consiglio visite accurate a queste chiese ricche di opere mirabili.

Tiziano fra Venezia e Brescia, dunque, come le influenze di Raffaello a Bergamo e quelle di Durer a Milano, tutte esposizioni di incroci ed attraversamenti, raffronti e suggestioni intorno ad un secolo di fermenti artistici e non solo, come si sa.

La committenza bresciana per un polittico, forma rappresentativa gia' un po' fuori moda in laguna, ma ben accetta per la sua struttura tradizionale, in terraferma, e l'incarico dato ad un artista giovane, quanto gia' quotatissimo cui guardarono i maestri locali dando origine ad una ben connotata scuola pittorica che da Tiziano, appunto, si e' mossa, utilizzandone le innovazioni ed intuizioni stilistiche.

Le varie sezioni della mostra hanno un andamento tematico molto preciso e rigoroso che parte dal raffronto toponomastico delle due citta'. I soggetti sacri ed i vari modi di affrontarne stilisticamente gli argomenti.

La ritrattistica e come veniva intesa dai vari maestri locali e di altre citta' della Repubblica, le influenze e le varie scuole. Puntuale e stimolante, il raffronto degli stessi soggetti affrontati da artisti differenti, a coglierne le precipue maniere, le personalita', la ricerca formale, le invenzioni.

Successivamente i tre teleri per la Loggia, e sono passati molti anni; il capitolo della disavventura dell'incendio, e la perdita dei dipinti;  in mostra si puo' vedere un'incisione della Cerchia di Cornelis Cort da La fucina di Vulcano di Tiziano, appunto. Gli altri due soggetti erano: L'Apoteosi di Brescia e Cerere e Bacco.

In seguito ai danni subiti dall'edificio, Andrea Palladio torno' in citta' per occuparsi della ricostruzione; anche in questo caso, un bel disegno autografo dell'architetto: Studi per il Palazzo della Loggia di Brescia ed altri edifici, e' puntualmente esposto.

E tematicamente vengono presentate le esperienze ed i notevoli risultati stilistici di Gerolamo Romanino, Giovan Girolamo Savoldo, Alessandro Bonvicino, il Moretto, le personalita' locali preminenti, qui raffrontate alle esperienze veneziane tanto per i soggetti sacri come per il ritratto, con opere di grande importanza e prestiti internazionali. Utilissimo il catalogo edito da Silvana.


emilio campanella

Giulia Lama, chi era costei? Un'interessantissima, poco nota pittrice veneziana vissuta fra il 1681 ed il 1747, considerata e stimata in patria, sconosciuta altrove.

A lei e' dedicata la piccola mostra: Giulia Lama, pittrice e poetessa, a Venezia. Consta di dodici disegni di nudo, dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe del Museo Correr, esposti nella Sala degli Arazzi di  Ca' Rezzonico, Museo del Settecento Veneziano, sino al 3 settembre.

Figlia di Agostino Lama, anch'egli pittore, mercante d'arte e perito.

Osteggiata dai colleghi maschi, Giulia, non bella, ma seria e di carattere forte, malinconica, ma stimata da Giovan Battista Piazzetta.

Unica pittrice all'epoca, che abbia lasciato disegni, peraltro molto belli, di studi di nudo maschile, e l'unica donna ad affrontare soggetti di pittura di storia; per questo ricercata, dato il suo stile forte e personale, dalle luci teatrali di taglio intenso.

Ricevette commissioni per pale d'altare, che ancora si possono vedere a S.Maria Formosa, nel 1726 ed a S.Vidal, nel 1728; vi si possono riconoscere stilemi nel solco di Piazzetta.

Colta, raffinata, fece studi scientifici e frequento' salotti letterari.

Fu molto considerata da Luisa Bergalli- poi sposa di Gasparo Gozzi- che inseri' suoi sonetti e canzoni fra " I componimenti poetici delle piu' illustri rimatrici d'ogni secolo".

La mostra e' stata occasione per il restauro di alcuni dei fogli esposti, peraltro, tutti, per la prima volta mostrati al pubblico.

Riscoperta gia' nel 1933, da Rodolfo Pallucchini, che la rivaluto' ulteriormente negli ultimi studi del 1995.

Ora grazie all'attenzione ed alla cura di Alberto Craievich, ha un suo momento di notorieta' presso il grande pubblico, in attesa, tutti ci auguriamo, di ulteriori approfondimenti di studio ed una mostra su una personalita' artistica, quale la sua, di notevole rilievo.

La manifestazione fa parte del progetto: ...Eppur ci sono: donne che inserendosi nell'ambiente culturale del tempo, hanno onorato, nei secoli, le Arti in Venezia. Giulia Lama. pittrice; Luisa Bergalli, letterata; Maddalena Lombardini, musicista. Una collaborazione fra l'Associazione Culturale Eido's, ed i Musei Civici Veneziani anche con le iniziative di: Venezia citta' delle donne.

Per l'occasione la Casa Editrice Eido's ha pubblicato un elegantissimo portfolio riproducente le opere su carta di Giulia Lama, esposte.


emilio campanella