Le recensioni di Emilio Campanella

Dicembre 2005


ZERO DEGREES

BRESCIA - LO SPLENDORE DELL'ARTE II

TRILOGIA MOZARTIANA-DAPONTIANA AL CARLO FELICE DI GENOVA

BIENNALE 2005


ZERO DEGREES

ZERO DEGREES puo' essere molte cose, non esserne molte altre: un percorso di conoscenza pregevole e reciproco dei due coreografi-interpreti (AKRAM KHAM e SIDI LARBI CHERKAOUI). Un viaggio fisico e mentale in India, molto altro anche, ovviamente.

Ha inaugurato la sezione PRIMA VISIONI FESTIVAL della stagione di danza del Teatro Comunale di Ferrara, andando in scena il 28 e 29 ottobre scorsi.

Scenotecnicamente accuratissimo grazie a luci sapienti di Mikki Kunttu, che talvolta moltiplicano le ombre. Musiche originali di Nitin Sawnhey e live di Tim Blake, Coordt Linke, Faheem Mahzar, Alies Christina Sluiter.

Ci sono molti temi, materiali, dall'uso della voce recitante in unisono, nel racconto di episodî del viaggio con "mudra" inventati, usando i "giri" come trance, interagendo con due pupazzi scultura a grandezza naturale (di Antony Gormley), usati anche come morti/non morti, con sdoppiamenti fra l'io ed il doppio. Agonie dinamiche, e, non si sa quanto, attorno alla morte del corpo, o quanto attorno a quella dell'anima.

Il gioco, talvolta, sembra scoprirsi, e se non sembrava, forse... e'?!

Per quanto gli uomini, per amarsi, debbano sempre finire per darsela di santa ragione.

Il discorso, poi, riprende con il movimento, ne viene ribadito, si aggiungono stilemi dal Bharata Natyam e dal Kathak.

Uno spettacolo rigoroso, come c'era da aspettarsi, molto intenso, non poco generoso e con una notevole profondita' di scavo.

emilio campanella


BRESCIA - LO SPLENDORE DELL'ARTE II

Anche quest'anno, da ottobre a marzo, Brescia offre, ma ancor piu' che lo scorso, un amplissimo ventaglio di occasioni espositive, talune, di tutto rispetto.

Di maggiore e di sicuro richiamo: Gauguin - Van Gogh L'avventura del colore nuovo nel complesso di Santa Giulia.

Si tratta di un percorso parallelo, dato che i due artisti hanno avuto un brevissimo e drammatico "incontro" durato "l'espace d'un matin", e, sufficiente a far loro comprendere di non aver assolutamente nulla in comune, e continuare la propria strada autonomamente, come prima. La mostra e' a capitoli brevi con una numerosa scelta di opere, non sempre delle piu' rappresentative. Nonostante il criterio un po' stridente, c'e' da giurare che dato il richiamo dei nomi, il successo sara' assicurato.

 

 

 

 

Accanto: Millet Sessanta capolavori dal Museum of Fine Arts di Boston, occasione interessante, specialmente dato il legame con Van Gogh, che aveva molto lavorato su soggetti di questo stesso pittore presenti nella esposizione citata sopra.

Altra aria si respira, e della piu' fina alla Pinacoteca Tosio Martinengo, che con Tesori ritrovati, propone un ulteriore percorso fra i suoi capolavori, come e meglio dello scorso anno, e con attribuzioni a Moretto del Cristo Portacroce, affresco giovanile, e due opere di Ceruti solo per limitarsi a questi nomi.

Nella stessa sede una monografica di incisione di Dürer, dalle collezioni del Museo, che varrebbero da sole, un viaggio.

In altre sale i lavori di Dugo dallo stesso Dürer.

Al castello, invece armi e armature del '400 e primo '500, straordinariamente ben esposte, e che meritano di essere viste senza aver un interesse specifico, se non altro per l'ambientazione.

Nel parco sculture di Augusto Perez, ed al Museo del Risorgimento, sempre nel medesimo complesso, opere di Sarnari esposte con grande e suggestiva cura e di Guccione di cui amo, pero', meno, le opere piu' recenti.

Ancora a Santa Giulia un'antologica di Francalancia, pittore vicino alla Scuola Romana.

emilio campanella


TRILOGIA MOZARTIANA-DAPONTIANA AL CARLO FELICE DI GENOVA

Quest'anno, il Teatro Carlo Felice di Genova, ha giocato d'anticipo sulle celebrazioni mozartiane che dureranno tutto il prossimo anno, ovunque, proponendo la trilogia dapontiana, ed inaugurando con DON GIOVANNI, continuando con COSI' FAN TUTTE, e concludendo con LE NOZZE DI FIGARO.

Possibilita' particolarmente ghiotta e' stata la voluta concomitanza di date nelle esecuzioni successive delle tre opere il 18-19, 20 e 22-23-24 Novembre. Ho colto la seconda occasione, trovandomi, pero' ad un Don Giovanni in pomeridiana "per le scuole", affollatissima di ragazzi anche molto giovani che si sono sentiti rovesciare addosso tre ore di musica in un'opera dove gli avvenimenti non sono moltissimi, e dove i personaggi hanno soprattutto discussioni e contrasti. Per fortuna loro, la regia di Davide Livermore, creava molte occasioni di divertimento (?!), affastellando, pero' materiali eterogenei, ed assolutamente non amalgamati, e se le scene (Santi e Centineo) hanno una loro suggestiva dignita', specialmente in certi momenti, tutto, pero', si muove sempre un po' troppo: edifici che salgono e scendono, scale che avanzano e arretrano, muri che appaiono e scompaiono in un bailamme che distrae dalla musica, giacche' la direzione di Julia Hones non e' troppo grintosa. Ci sono, qua e la', idee, ma sconnesse, ed un generale modo di non scegliere una vera linea, piuttosto che di buttare tutto assieme. Se Leporello (Alex Esposito, nella media) entra ed esce dai tombini, la visione e' da bassifondi, e perche' no, come il muro con i graffiti, che viene riproposto come perimetrale del cimitero con lumini accesi. Elvira (Marcella Orsatti Talamanca, corretta e non piu'), appare con altre dieci sosia (...) una delle quali, vistosamente incinta, che si comportano un po' come le suore assatanate dei Diavoli di Ken Russel, sullo sfondo di un antico palazzo rivisto come un Losey da incubo (giacche' il suo Don Giovanni...). Il povero Ottavio (Blagoj Nakoski, poco convincente, ed anche fuori tempo nel primo duetto con Donna Anna, Myrto' Papatanasiu, di routine, e non di piu') e' accompagnato da tre angeli di plastica argentata (?!). La narrazione del fattaccio, da parte di Anna, ha delle controfigure alle spalle che smentiscono cio' che lei racconta, forzando non poco le interpretazioni di una vicenda attorno alla quale, da secoli, sono state scritte centinaia di pagine. La festa di Zerlina e Masetto (ottimi, Elena Belfiore, e Vito Priante) e' un po' un rave con cuffie, mentre il ricevimento di Don Giovanni (il notevole Pietro Spagnoli) e' anche questo una specie di raduno new age, con spade luminose, mantelli e cappucci (le tre maschere) vagamente Guerre Stellari. I costumi (Botto e Bruno) sono tremendi e ci sono troppi occhiali da sole, poi ci sono anche pistole rumorose, serenale fatte a gambe nude in ascolto (quelle della cameriera di Elvira); tutti si saltano un po' addosso (ma in maniera rigorosamente etero, s'intende!), ed alla fine "l'ateista fulminato" sara' anche un po' vampiresco in una specie di orgia orrenda cui, per fortuna la statua del Commendatore (Gudjon Oskarsson) pone fine. In conclusione non ci viene neppure risparmiato il nastro bianco e rosso per delimitare la zona "contaminata". Poi finalmente si puo' andar via! Preciso: al di la' di queste geremiadi, l'edizione musicale e' mediamente corretta.

COSI' FAN TUTTE era una ripresa dell'edizione del Teatro alla Scala, nella bella regia di Michael Hampe, ripresa da Caroline Lang, sempre pertinente e motivata, oltreche', quando occorre, estremamente dinamica. Molto belle le scene di Mauro Pagano, ed altrettanto i costumi che portano sempre la sua firma: una villa sul mare con archi, ninfei, viali, fontane... ah si', ma suggeriti sempre e soltanto da due elementi architettonici gemelli, pochi arredi da giardino, come un grande ombrello. Le luci sapienti di Hans Toelstede danno misura delle ore, del giorno illuminando anche la costa di fronte, del golfo. Elegantamente elaborata (ma solo all'apparenza) la camera di queste sorelle, donne di garbo, ferraresi. Fiordiligi era la magnifica Annalisa Raspagliosi, con il registro mediano fragile, all'inizio, dovuto, forse al vento tremendo di quei giorni, pericolo enorme, per i cantanti, a Genova, ma autorevole e divertentissima mentre brandisce un mestolo cantando smanie implacabili, Notevole Annely Peebo, Dorabella di nome e di fatto. Guglielmo, Fabio Maria Capitanucci, molto bene, Ferrando, Blagoj Nakoski, intenso, pur se di voce fragile, ma piu' sorvegliato che come Ottavio, certo, il personaggio e' piu' interessante, e cio' ha la sua importanza. Notevole, ancora una volta, la Despina di Daniela Mazzuccato, ma molto seria, e' una Despina che non ride, come non ride il Don Alfonso di Alfonso Antoniozzi, elegantemente disincantato, talvolta come un corvo, molto spesso come un capo-comico che tira le fila della vicenda, ma anche le tende di una specie di teatro nel teatro che chiude il boccascena, cosi' da dar modo di trasformare gli ambienti. Un poco affaticato, ma, secondo me, anche lui, per ragioni meteorologiche. La direzione di Christopher Franklin, era corretta, e non di piu'.

 

 

LE NOZZE DI FIGARO s'iniziano con una ouverture noiosetta (Dir. Tomas Netopil). La regia e' di Robert Carsen, ripresa da Christophe Gayral, e proviene dall'Ope'ra Nationale de Bordeaux. Le belle scene sono di Charles Edwards che firma anche i costumi con Gabrielle Dalton, luci accurate di Maurizio Montobbio.

L'ambientazione, sempre con prospettive un po' angolate, e' in un corridoio per la camera nuziale dei due protagonisti (molto bene Figaro, Kile Ketelsen e Susanna, Serena Gamberoni) in un palazzo gentilizio, dunque, di un discendente degli Almaviva, visto che se i mobili sono piu' o meno d'epoca, gli abiti sono vagamente anni '50, anche se i pantaloni del completo del conte (l'ottimo Pietro Spagnoli: intrigante, seduttivo, sornione, pericoloso, fascinoso) sono un po' "aderenti" per l'epoca. C'e' un continuo gioco di seduzioni incrociate, un continuo duello fra i varî personaggi (e' vero, e' tutto scritto, ma non sempre e' cosi' ben evidenziato).

La contessa, nella sua camera chiara, ed un po' spoglia, con ritratti fotografici posati sul pavimento (la fotografia e' una delle cifre della regia) un po' almodovariana e' la bellissima e brava Dagmar Schellenberger, ci domandiamo, veramente "dove son i bei momenti?" e preferiremmo che fosse, invece, bella e bravissima, ma ci accontentiamo.

Marcellina (perfetta Francesca Pedaci, anche lei con l'hobby della fotografia) con il suo tailleur, borsa in tinta e panofix, e Bartolo (Umberto Chiummo, ineccepibile) con cappottone cammello, sono anche un po' pirandelliani, e perche' no?

Mentre Cherubino (Marina Comparato, impagabile) e' un po' Gianburrasca, e per verve, e per aspetto, con il suo completo pantalone-gilet chiaro, e la giacca ed il berretto con visiera bleu da college! Ricordo un duetto perfetto nel III Atto, ed un'elegantissima festa di triple nozze anche in maschera, con cotillons; Barbarina (Laura Catrani, brava) e Cherubino che danzano scatenati e sembrano scesi da un quadro di Donghi. Se nel finale terzo il cambio di costumi motivava la persenza di manichini in scena, per sistemare gli abiti sostituiti dagli interpreti (notare che qui ritorna un po' il '700 rievocato soprattutto dal Conte e dalla Contessa, quali rappresentanti dell'Ancien Re'gime) nell'ultimo atto, una selva di manichini e' al posto degli alberi del giardino, si', un'idea legata al simbolo dell'abito e della convenzione sociale, ma non mi ha convinto a pieno, pur essendo portata avanti con coerenza. Completano il cast molto degnamente: Bruno Lazzaretti, Basilio, Antonio Feltracco, Don Curzio, Giuseppe Riva, Antonio.

emilio campanella


BIENNALE 2005

Che tristezza, la magnifica "guglia luminosa" di Plessi e' gia' spenta, dopo averci accompagnato per molti mesi, nonostante gli attacchi delle tempeste, che l'hanno forzosamente spenta, e' stata riaccesa, e le sue acque hanno continuato a scorrere, come una fontanta di luce, la notte, come una nave che solca il cielo, lo scafo trasparente, contro l'azzurro chiaro, nei pomeriggi d'estate.

Ho fatto varie visite quest'anno, meno di alcuni, piu' di altri, ma sempre con molto piacere ed altrettanto interesse: da solo, in compagnia, accompagnando amici, sino all'ultimo giorno, talvolta sotto piogge insistenti e grigiori inaspettati nella strana piena estate di qualche mese fa.

Ho sempre iniziato con le Corderie dell'Arsenale ed il lavoro curato da Rosa Martinez, che ho amato per la scelta di proposte e stimoli diversi, ed in special modo, fatto rispettando ed integrando le opere con i magnifici e forti spazî a disposizione.

Molto interessante ed altrettanto differente il Padiglione Italia curato da Maria De Corral, per forza, faticoso, a causa della struttura caotica dell'edificio.

Una mostra piu' "tradizionale" nell'assunto, con presenze sicure come Bacon e Ta'pies, ma anche una sala magica come quella di Kentridge, solo per citare tre nomi.

 

 

 

E, poi tutte le proposte dei Giardini di Castello e di Sant'Elena, come la trasformazione del Padiglione austriaco in una specie di collina-bunker (Hans Schabus), praticabile all'interno, grazie a scale e ballatoi di legno, sino in alto, con camminamenti e finestre. Molto elegante e divertente il Casino' di Annette Messager del Padiglione francese. L'esercizio formale inquietante di Gilbert & George nel Padiglione inglese; accanto il Canada presentava un film attraverso una cascata d'acqua (Rebecca Belmore). In Russia una ingegnosa e "cupa" galleria del vento (Idiot wind - the PROVMYZA duet: Galina Myznikova, Sergey Provorov) ed al piano terra un video interattivo di grande impatto (Too long to escape - the ESCAPE program: Valery Ayzenberg, Anton Litvin, Bogdan Mamonov, Liza Morozova). Le meraviglie di Balász Kicsiny (An experiment in navigation), nel Padiglione ungherese, purtroppo, impacchettate prima del tempo.

In citta' moltissime proposte stimolanti: Taiwan alle Prigioni Vecchie (The Spectre of Freedom), l'interessante film Mondo Veneziano di Antoine Prum ambientato nel set che, in Lussemburgo, riproduce Venezia, e di cui tutti abbiamo visto qualcosa in film recenti (il Mercante di Venezia, De lovely). Nel Padiglione lussemburghese a Palazzo del Duca; opere scelte dell'Istituto Italo-Latino Americano al piano nobile di Palazzo Franchetti.

L'installazione di Pipilotti Rist, al Padiglione svizzero decentrato nella chiesa SCONSACRATA di S.Stae, chiuso il 18 settembre per le proteste di alcuni fedeli...

E molto altro!!!

emilio campanella


ORSI ITALIANI MAGAZINE