Le recensioni di Emilio Campanella

Gennaio 2005


OSSERVAZIONI E COMMENTI SULLA LXI MOSTRA D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA

UNA CARRELLATA DI FILM DALLA LXI MOSTRA D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA


Osservazioni e commenti sulla LXI Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia

Il mio ritardo, di quest'anno, nell'accingermi a parlare della Mostra del Cinema di Venezia ha un motivo preciso: e' stata una pessima mostra, peggio ­ se possibile ­ della precedente, e non per la qualita', ma per la totale disorganizzazione, l'accumulo inimmaginabile dei ritardi delle proiezioni, ed i pasticci durante queste. I motivi sono tanti: troppi film, sicuramente, e, fra l'altro, l'essere costretti a scelte "laceranti" per impossibili alternative. Alcune rassegne quasi non viste a causa di accavallamenti (non voluti?), e comunque, un programma che prevedeva proiezioni, talvolta a distanza di 15' l'una dall'altra. E' accaduto, invece con il primo episodio di Heimat 3, che abbiamo visto in sala 40' dopo il previsto. Basterebbe pensarci: il film termina, ci sono gli applausi alla pellicola ed alla delegazione, il pubblico esce, viene controllata la sala dagli addetti alle pulizie, poi dalle forze dell'ordine; quindi viene fatto accedere il pubblico della proiezione successiva: vi pare che possa bastare un quarto d'ora, aggiungendo anche la delegazione del nuovo film? Ma nel caso citato il tempo era anche piu' stretto siccome il tempo era ridotto a 2'... vedere il programma per credere: I fratelli Dinamite di Nino e Toni Pagot in Sala Grande alle 13,30 del 1° settembre (durata 88'), Heimat 3 ­ film 1 alle 15!!!

Pasticcio di diverso segno durante le proiezione di EROS (Antonioni ­ Wong Kar Wai ­ Soderbergh), a meta' dell'episodio di S., quando il paziente narra il sogno all'analista l'immagine cambia (beh, ci siamo detti, normale...), ma poi ti rendi conto che l'immagine e' un po' troppo differente, e che l'ambientazione e' proprio molto lontana e che il film.... e' un altro (Stryker!)... lascio immaginare le bordate di fischi!!! Spike Lee, in sala, aveva la faccia "piu' perplessa" che abbia mai visto. Ah, si, avevano sbagliato pizza, il film di Noam Gonick doveva passare tre ore dopo... in altra sala!

C'e' altro da aggiungere? Cose da cinema parrocchiale della mia infanzia, e ne sono accadute di tutti i tipi!

emilio campanella


Una carrellata di film dalla LXI Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia

RUDAU IONGHU BANG di Johnnie To

Una chicca, un abilissimo film su arti marziali, codici d'onore, gioco d'azzardo, risse furibonde, ciucche colossali, locali sfasciati, musicals mancati: ottimi interpreti fra cui la star Tony Leung, ed un "buttadentro" faccia nota. L'andamento e' quasi di ballata, gli episodî si svolgono e si riavvolgono, le situazioni hanno direzioni opposte e con un occhio coltissimo al cinema americano come in una scena in cui tutti, inseguitori ed inseguiti, rimangono paralizzati da una torrenziale pioggia di denaro, situazione vista migliaia di volte, ma proposta alla perfezione, ed in piu' su tutto aleggia uno spleen insieme con il rispetto etico del concetto di Maestro.

5 x 2 di François Ozon

Due parole: furbo e sterile, abilmente raccontato dalla fine con la stessa struttura di Tradimenti di Pinter, gioca sui parallelismi, vorrebbe anche ricordare il vecchio "Je t'aime, je t'aime" di Resnais... vorrebbe, appunto! Bene gli attori, anche Bruni Tedeschi, meno Bruni Tedeschi del solito.

UDALIONNYI DO STUP (Accesso a distanza) di Svetlana Proskurina

Un filmetto pretenzioso, pretestuoso e spocchioso che cerca di raccontare il disagio giovanile, tra Sukorov e Tarkowskj (!!??)

MAR ADENTRO di Alejandro Amena'bar

Premesso che si e' portato a casa due premi: il Leone d'argento (Gran Premio della Giuria), meritato soprattutto per il coraggio nell'affrontare un tema MOLTO scomodo, e la Coppa Volpi come miglior attore a Javier Bardem, che si conferma come uno dei migliori interpreti del momento e che vince la scommessa di riuscire a recitare, praticamente, solo con gli occhi (il protagonista, Ramon Sampedro, lotta per il suo diritto ad una vita ed una morta dignitosa), lui ch'e' la seduzione fatta persona, anche di un corpo prestante (ma gia' in Carne Tremula di Almodo'var, il discorso era imboccato in tal senso) dopo essere stato usato piu' o meno nella direzione della mera sensualita' da Bigas Luna, ad esempio in Jamon, Jamon.

La regia di Amena'bar sceglie la strada meno impervia e di piu' sicuro successo della struttura un po' me'lo con effetti certi. Peraltro e' un modo per fare un discorso che raggiunga anche persone, forse, non troppo sensibili al problema, ed e' un approccio tutt'altro che disprezzabile. Molto belle le musiche che il vero Sampedro amava: Tristano, Cosi' fan tutte, Fidelio, Turandot; una buona sceneggiatura dalla sua autobiografia. Forse un tantino lunga la scena finale, ma, forse, anche no.

IL MERCANTE DI VENEZIA di Michael Radford

Costosissimo, leccatissimo, tutto esteriore con colti riferimenti pittorici da Antonello a Veronese. Con belle scenografie (sfido!) di Bruno Rubeo, e musiche appropriate di Jocelyn Rook. E' peraltro il ricordo di una piacevolissimo comparsata nel primo giorno di lavorazione, anche gomito a gomito con il regista: bello, simpatico, cortese. Al Pacino e' uno Shylock sfaccettatissimo, mentre Jeremy Irons e' un Antonio votato al martirio ed inamoratissimo del suo Bassanio, un Joseph Fiennes totalmente inespressivo. Lynn Collins e' una Porzia poco autorevole, per quanto consapevole dall'amore fra i due uomini che salvera', infatti, se un merito ha il film, e' quello di giocare con molta attenzione sulle ambigue chiarezze del testo. Bene Charlie Cox (Lorenzo), Mackenzie Crook (Lancilotto Gobbo), Allan Corduner (Tubal) e Zuleikha Robinson (Jessica), bella e brava.

HAURO NO UGOKU SHIRO di Hayao Miyazaki

(IL CASTELLO ERRANTE DI HOWL) e' una favola colorata e fantasiosa, anche un po' lungo: 119', come lo era La citta' incantata, che avevo, pero' amato maggiormente) dai colti riferimenti pittorici: Arcimboldo, Bosch, Breughel, ma anche Giger, di cui non ho amato l'ambientazione europea, il discorso blandamente pacifista un po' troppo telefonato che non mi ha convinto ed e', alla fine, stucchevole. E' stato premiato con l'Osella d'oro per il contributo tecnico.

VERA DRAKE di Mike Leigh

Leone d'oro per il miglior film (troppo! quest'anno non lo avrei, comunque, assegnato a nessuno) e Coppa Volpi per la migliore attrice ad Imelda Staunton, meritatissima! Appena finito mi sono detto: questa si prende il premio, ed ho visto giusto!

Gloria del "cine'ma de papa" che, come nel caso di Amena'bar, ma in maniera diversa, ovviamente, puo' raggiungere piu' pubblico, anche grazie ad una ambientazione storica accuratissima, gli anni '50 freddissimi e poverissimi di una Londra di piccola gente che sopravvive, in cui si muove la "strega buona" Vera Drake che "aiuta ragazze in difficolta'" e procura aborti per ricche e povere, con il cappello in testa. Dato il momento storico-sociale in cui stiamo vivendo, la distanza puo' essere piu' efficace, per mettere a fuoco una vicenda che ci riguarda, tutti, molto. Il film e' accuratissimo anche per come presenta la collocazione sociale di ogni personaggio, e tutti gli interpreti sono bravissimi: notate lo sguardo di accorata comprensione della poliziotta che, con il comissario/babbo e' venuta ad arrestare questa piccola, buona, incosciente donna.

PALINDROMES di Tod Solondz

Fumoso? Poco riuscito? A parte gli sghignazzi, grottesco onirico forzato! Ma forse, a voi piacera' molto per le stesse ragioni per cui l'ho detestato io che avevo molto amato Happyness e Fuga dalla Scuola Media.

VENTO DI TERRA di Vicenzo Marra (Menzione Speciale per Venezia Orizzonti)

NEMMENO IL DESTINO di Daniele Gaglianone

LAVORARE CON LENTEZZA di Guido Chiesa

Quest'ultimo ha ricevuto il premio Mastroianni per attori emergenti assegnato a Tommaso Ramenghi e Marco Luisi che sono bravi, ma come lo sono i protagonisti del film di Gaglianone e di quello di Marra, con la differenza che quello di Chiesa e' un film di grande falsita' che racconta la vicenda di Radio Alice in maniera reazionaria e "divertente", furbetta ed irrispettosa nei confronti di una stagione pur cosi' importante e controversa della nostra storia recente, anche facendo macchiette di Carabinieri particolarmente cretini e fascisti dimostrando mancanza di rispetto anche per l'Arma senza fare un discorso che possa essere anche eventualmente polemico con un minimo senso comune. Gagliano, invece, come Marra, racconta una vicenda dolorosa di amicizia e difficolta' sociali di tre ragazzi in un ambiente durissimo, con partecipazione e soldarieta' oltreche' con decisa capacita' registica, sulla base del romanzo di Bettin e con un montaggio veramente sapiente. Intensissimo e umano, il giovane di Vento di terra, nella sua fatica per affrancarsi da un ambiente pericoloso ed ostile.

LA DEMOISELLE D'HONNEUR di Claude Chabrol

Uno dei prodotti classici del maestro fancese, con l'abituale, mai eccessiva, cura del particolare di questo perfetto narratore delle magagne della provincia francese, qui una "folie a' deux" nel delirio di onnipotenza da vaso di Pandora... per fortuna lui si ferma in tempo, ma lei, al contrario e' partita di gran carriera!

SAG-HAYE VELGARD (Piccoli ladri) di Marziyeh Meshkini

Un prodotto della factory Makhmalbaf, assolutamente insincero e con la struttura tipica dei film di Mohsen M., mi ha fatto pensare a quei quadretti di bambini cenciosi con la lacrima....

LE CHIAVI DI CASA di Gianni Amelio

Tema difficile quello della disabilita', qui al centro di una vicenda che ruota attorno al giovane protagonista Andrea Rossi che interpreta se stesso con grande forza ed al confronto del quale sbiadisce anche Charlotte Rampling, in un personaggio poco approfondito, mentre il padre / bambino di Kim Rossi Stuart ha l'espressivita' di una patata lessa (ma anche meno, tanto e' catatonico ed inespressivo). Il film di suo, rimane all'esterno del problema, il regista e' rimasto a guardare, ma da lontano!

VITAL di Shinya Tsukamoto

Anche in questo suo film piove molto, e' formalmente ineccepibile, fotografato benissimo, ci sono ossessioni, manie, doppi, tripli personaggi, l'espressivita' di Tadanobu Asano, le magnifiche coreografie interpretate da Nami Tsukamoto, ma... sfugge un po' lo scopo.

O QUINTO IMPERIO ­ ONTEM COMO HOJE di Manuel de Oliveira

Finalmente fuori concorso, Dom Manuel e' stato, insignito del Leone d'oro alla carriera, meglio tardi che mai (e' vitalissimo, ma molto anziano, quindi, meglio non correre rischi), visto che lo si e' snobbato per anni, quando inutilmente lo si metteva in concorso per ignorarlo (si pensi solo a Parola e utopia e Un film parlato), od in anni lontani, qualche premio speciale. Questo e' uno dei suoi film piu' impervî ed, ad essere sinceri, servito da un dramma verboso (El Rei Sebastião di Jose' Re'gio) che narra, ancora una volta, la vicenda del "re nascosto", con modi espressivi un po' bressoniani. Confesso ch'e' degli ultimi, il suo film che ho amato meno, ma credo proprio che sia dovuto al testo, decisamente poco utilmente fluviale, poiche' l'ambientazione/allestimento e' di un rigore formale straordinario, e stilisticamente emozionante per invenzione continua, pur nell'estrema staticita'.

EROS di Wong Kar Wai, Steven Soderbergh, Michelangelo Antonioni

Magnifici disegni (Lorenzo Mattotti) introducono i tre episodî, mentre Caetano Veloso canta la sua canzone "Michelangelo".

La Mano (W.K.W.) e' un pezzettino / variazione sorica, di 2046, gia' di suo, stancissimo.

Equilibrium (S.S.) a New York nel 1955 l'analista (strepitoso Alan Arkin) fa i fatti suoi mentre un paziente gli racconta noiosi sogni ossessivo-erotici. Una volta queste cose le raccontava, bene, Woody Allen, ora non se ne occupa neppure piu' lui....

Il pericoloso legame delle cose (M.A.). Magnifica ambientazione, atmosfere, personaggi difficilissimi, dialoghi impossibili per attori che non sappiano recitare. Tacchi a spillo, l'ideale per andare a passeggio per paludi, e poi danza contemporanea sulla spiaggia: non basta agitarsi nuda fra le onde, rimando al film di Tsukamoto per questo: fate danzare chi lo sa fare!

LES PETITS FILS di Ilan Duran Cohen, Premio Venezia Orizzonti

Un premio che mi lascia decisamente perplesso, da un film carino, simpatico, anche con qualche motivo d'interesse, ma non di piu'. Una nonna pazza e simpatica (la bravissima Reine Ferrato), un nipote gay tristissimo e rompicoglioni, un collaboratore domestico bello, simpatico, che ci starebbe, e che la nonna incoraggerebbe, ma tutto un po' scombiccherato, e non volontariamente.

emilio campanella