ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Maggio - Giugno 2017


AVVEZZO A MANEGGIARE LA PENNA DISSEGNANDO - MARK TOBEY, LUCE FILANTE - VIVA ARTE VIVA - VIVA ARTE VIVA, PARTECIPAZIONI NAZIONALI - VIVA ARTE VIVA, PARTECIPAZIONI NAZIONALI 2, I GIARDINI . VIVA ARTE VIVA, PARTECIPAZIONI NAZIONALI 3, ARSENALE E DINTORNI - NOMI SICURI A S.GIORGIO - BIENNALE ED ALTRO.... - VIVA ARTE VIVA, PADIGLIONI NAZIONALI IN CITTA', EVENTI COLLATERALI ED ALTRO - PAOLO E BENEDETTO VERONESE - STRISCIA DI SABBIA, LINEA D'ACQUA - COSA ACCADE DI FRONTE - A VENEZIA, LA FESTA MOBILE DELL'ARTE
Ancora sino al 4 Giugno, a Genova, si potranno visitare le due importanti mostre dedicate a Sinibaldo Scorza (1589-1631), la prima a Palazzo della Meridiana: Sinibaldo Scorza, Favole e natura all'alba del Barocco di cui ho, in occasione della presentazione, ampiamente parlato; la seconda, a Palazzo Rosso, poco lontano, in Strada Nuova (Via Garibaldi) su cui torno in occasione della recente pubblicazione del catalogo edito, anche questo, da Sagep.

Si tratta del quarto titolo della collana intitolata: Quaderni del Gabinetto Disegni e Stampe di Palazzo Rosso e curata da Piero Boccardo. Le prime tre  sono state dedicate a Domenico Piola, Lazzaro Tavarone e Santo Varni.

In preparazione, altrettante pubblicazioni dedicate a: Bernardo Castello, Carlo Antonio Tavella, Domenico Parodi, Lorenzo De Ferrari.

I saggi presenti in quella dedicata a Sinibaldo Scorza, e che porta il titolo della mostra: "Avvezzo a maneggiar la penna dissegnando", sono firmati dai curatori: Margherita Priarone e Piero Boccardo, oltre che da Alice Ferroni, per i problemi di Restauro.

Il volume ha un formato molto agile e riporta le immagini di tutti i molti disegni esposti e li correda di schede accurate ed esaurienti.

Molti studi di figure, alcuni paesaggi, ma soprattutto molti animali per cui Scorza andava giustamente famoso.

Molti fogli sono colorati e particolarmente accurati. Gli animali sono colti in primo piano, nel dettaglio, a gruppi, a figura intera, sempre molto belli e, certamente, con una loro spiccata personalita'.

Studi per quadri mitologici ch'erano la sua specialita' e la sua passione, le Circi, gli Orfei diversamente incantatori di bestie mansuete e molto amate, evidentemente, dall'artista.

Un mondo bucolico di equilibrio mitico-classico ammirato da artisti, poeti, aristocratici, che molto amavano le rappresentazioni altamente poetiche corrispondenti a straordinarie opere letterarie. Un contrasto, vista la vita anche molto drammaticamente movimentata dell'artista.

A conclusione di queste note consiglio, ovviamente queste due mostre molto importanti, le prime dedicate a Sinibaldo Scorza ed il suo mondo "nordico", che valgono da sole un viaggio a Genova.

Ricordo e consiglio di visitare prima quella di dipinti e disegni a Palazzo della Meridiana, siccome a Palazzo Rosso si troveranno molti disegni preparatori dei dipinti appena visti. Le due esposizioni hanno un biglietto cumulativo, e sono previste visite e laboratori per i piu'  giovani.

emilio campanella

La Collezione Guggenheim di Venezia ha presentato, venerdi 5 Maggio, la sua nuova, importante esposizione, aperta al pubblico dal 6 Maggio al 10 Settembre prossimo.

Si tratta di una occasione imperdibile dedicata al pittore Mark Tobey, peraltro dopo vent'anni dall'ultima in Europa, e la prima in assoluto in Italia.

S'intitola: Mark Tobey, luce filante e consta di 66 opere che vanno dagli anni venti agli anni settanta del Novecento.

Curata dalla specialista Debra Bricker Balken, ha alle spalle dieci anni di lavoro di preparazione. La manifestazione e' stata organizzata dalla Addison Gallery of American Art Phillips Academy, Andover, Massachusetts (Direttrice, Judith. F. Dolkart), dove la mostra si spostera' dopo le date veneziane.

Quaranta differenti intituzioni pubbliche americane sono presenti con i loro importanti prestiti, che hanno permesso la realizzazione della mostra.

Artista schivo ed "avventuroso", lascio' l'attivita' figurativa diciamo cosÏ, legata al commercio ed una tranquillità economica per lanciarsi rischiosamente nella sua ricerca estetica sempre tesa ad un approfondimento ed uno scavo spirituale personale che forse ha portato ad una certa limitata considerazione, per cosi' dire, che abbisogna ancora oggi di una rivalutazione ed una degna riproposta come di un ulteriore approfondimento critico.

Da Seattle si sposto' in Inghilterra, visse a Parigi e viaggio' in oriente, ad Hong-Kong, Shanghai, in Giappone, dove approfondi' tecniche di meditazione tipiche dello spiritualismo delle grandi scuole orientali, oltre la conoscenza a lui gia' nota, dell'arte di quel continente, e della grafica, in particolare.

Una conoscenza che conflui' poi nel suo lavoro, anticipando quello di altri ed il cosiddetto espressionismo astratto tipicamente americano, lui che era piu' vecchio di vent'anni, di tutto quel gruppo di artisti.

Spesso confuso, e considerato quasi un epigono, si tenne in disparte continuando coerentemente la sua ricerca formale, spirituale, trascendente, notata ed apprezzata, pero', dai più attenti.

Non a caso venne premiato dalla Biennale del 1958, lui, cittadino del mondo che non intendeva riconocersi nell'arte americana, o perlomeno, non solo. La mostra, accuratamente allestita, al solito, presenta, come detto, un arco di tempo molto ampio, da lavori ancora parzialmente figurativi, sino alla ricerca del segno bianco, ed oltre con un cromatismo calligrafico, e l'aggettivo non e' scelto a caso, e proprio in riferimento all'arte orientale molto ben conosciuta e studiata, come si e' detto.

emilio campanella

Hanno giocato d'anticipo, le Gallerie dell'Accademia di Venezia, presentando la loro nuova mostra di Primavera-Estate, due giorni prima del grosso del bailamme di presentazioni, inaugurazioni, aperture al pubblico collegate alla Biennale; concomitanti a quelle dei Musei Civici, e in una inondazione di mostre private e pubbliche, collaterali o meno alla Biennale, appunto. Questa, oltreche' imperdibile, e' anche sotto quell'egida, e si potra' visitare sino al 3 Settembre.

Quasi una voluta affinita' si crea fra la mostra, dedicata lo scorso anno ad Aldo Manuzio, e questa, di un artista contemporaneo morto troppo presto (1913-1980), che gia' si sta velocemente allontanando da noi, ed il cui centenario della nascita e' già trascorso.

Un forte legame, grazie all'ispirazione letteraria sulla quale l'esposizione pone l'accento, e che e' stata alla base di tanto suo lavoro.

Ma, siccome la scelta curatoriale e' tematica, piu' che cronologica, s'inizia con l'interesse per la pittura rinascimentale italiana, ed una serie di sorprendenti disegni che partono ispirativamente da Masaccio e compiono un viaggio stilistico nel mondo di Guston.

Siccome era molto legato proprio al museo ospite, le Gallerie propongono due raffronti: il primo fra Madonna con Bambino Benedicente di Giovanni Bellini del 1470 e Young Mother del 1944, il secondo, fra una maternità di Cosmé Tura e Mother and Child del 1930, tela non lontanissima dagli studi picassiani intorno alla pittura rinascimentale italiana, appunto, come alla stessa pittura italica degli stessi anni che ricercava, scandagliava, scavava nel proprio passato.

Di origine ebrea russa emigrata, Guston nacque a Montreal da cui si sposto' in California, con la famiglia, nel 1919, compia' studi irregolari a Los Angeles (Otis Art Institute) per poi trasferirsi a New York facendo esperienza di murales, un'estetica che si ritrova nell'iconicità di certi temi e nella monumentalita' di alcune tele dell'ultimo periodo.

C'e' sempre un profondo scavo interiore, i suoi oggetti hanno sempre un'anima, e non a caso la mostra ha cinque sezioni dedicate a poeti che fortemente lo ispirarono: D.H.Lawrence, W.B.Yeats, Wallace Stevens, Eugenio Montale, T.S.Eliot.

Uno straordinario "illustratore" di poeti, non calligrafico, ne' puntuale, ne' tantomeno pedestre...aereo, aulico, evocativo.

Molto  discusso e criticato per il suo ritorno al figurativo, dopo il periodo astratto, da chi non riusci' a cogliere la continuita' di uno studio che aveva compiuto una svolta, ma non era assolutamente ritornato sui propri passi.

Ci affascina, anche grazie ad un allestimento molto accurato e meditato, pensato nei minimi dettagli per creare effetti di sorpresa, ma anche spazi concentrativi di approfondimento e meditazione, E' una mostra che si visita "di corsa", presi da una febbre di emozionanti, scoperte e collegamenti, suggestioni, agnizioni ed innamoramenti, sino a trovarsi alla fine e rendersi conto che occorre ritornare indietro, riguardare, riconsiderare, rimeditare, fermarsi ed approfondire quelle figure semplici, all'apparenza. Cosi' vicine alle grafic novels, ai cartoons.

Ce ne sono di affettuosamente disperate, disperatamente tenere, teneramente crudeli, crudelmente quasi esilaranti. Oggetti che ci parlano e che fanno importanti perorazioni di temi anche molto dolorosi. Si possono trovare parecchie vicinanze, tante parentele, molte affinita': il surrealismo, il realismo magico, l'action painting, l'espressionismo, moltissime cose, ma soprattutto si trova Philip Guston, sempre. Inconfondibilmente!

emilio campanella

Eccolo il titolo entusiastico, di poliedrica interpretazione, sfaccettato, specchiante, volendo, della 57a Mostra Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia.

Dopo circa una settimana di visite per gli addetti ai lavori, piu' o meno, e non solo, dal 13 Maggio al 26 Novembre e' a disposizione del pubblico ai Giardini di Castello ed all'Arsenale di Venezia, la kermesse, curata quest'anno dalla francese Christine Macel.

Si cominciano a sentirne giudizi contrastanti, ma non certo l'indifferenza temuta alla presentazione alla stampa, di alcuni mesi fa, quando alla fine non ci fu alcuna domanda e si passo' direttamente al rinfresco.

In molti rimanemmo perplessi, ma alla fine dei fatti il lavoro compiuto dalla curatrice e' oltre che di mole notevole, e questo sempre, di tutto rispetto.

Coraggiosamente sono stati invitati 103 "nuovi artisti" su 120, mai stati presenti alle precedenti edizioni, un po' una sorta di "Salon des refusés" se mi si passa l'espressione rétro, un riscatto che per alcuni, arriva postumo. Il consiglio della curatrice, e' quello di visitare il Palazzo delle Esposizioni ai Giardini, e successivamente, l'Arsenale, e cosi' ho fatto, ma potevo entrare ed uscire a mio piacimento durante i giorni di vernissage: per il pubblico risultera' un poco più impervio, comunque conviene doverosamente citare le nove sezioni della mostra, i Trans-padiglioni: Il Padiglione degli Artisti e dei Libri, Il Padiglione delle Gioie e delle Paure, Il Padiglione della Terra, Il Padiglione delle Tradizioni, Il Padiglione degli Sciamani, Il Padiglione Dionisiaco, Il Padiglione dei Colori, e da ultimo, Il Padiglione del Tempo e dell'Infinito.

Ci si immerge nelle sollecitazioni estetiche, sonore, si e' colpiti dai tanti libri di tutti i materiali possibili, ed impossibili, si direbbe, che si collegano a fili e scritture, fili nello spazio; si puo' essere coinvolti ed essere "all'opre femminili intenti" il filo conduttare di certe zone e sezioni delle Corderie, e' proprio fisico, e non solo rosso, fili nello spazio, poi, tesi e tirati da corpi in movimento, con danze minime e massime, la musica del corpo, il filo sonoro delle voci, musiche, danze, suoni d'acqua.

Si scontra contro la TIRANNIA DELLA COSCIENZA, è forte ed evidente il sacro ancestrale, la sacralizzazione dei luoghi, ci sono pazzi pupazzi, ma mica tanto.

Dal canto tradizionale al corpo come prigione, come scrigno spaventoso.

Il corpo che riposa, ribadito, evocato, mostrato, imitato, un sonno gravido di idee e riflessioni, creazioni e profonde intuizioni.

Al Palazzo delle esposizioni c'e' un grande, creativo atelier, e dopo ancora tanti meravigliosi libri di tutti i tipi, anche in una serie di scatole improbabili, ma poi perfette... e poi anche un rifatto, riproposto,  supermercato delirante... ma non troppo.

Molte, moltissime suggestioni ed occasioni di riflessione, spunti di discussione, cosi' tante che qualche giorno fa e' comparsa in campo della Salute, una tenda gialla, una tenda di quelle dei migranti appena fuggiti e scampati agli orrori che difficilmente ci riesce di immaginare.

Una scritta nera molto artigianale recitava: VIVA IPOCRISIA VIVA. Non so se fosse riferito alla Biennale, forse si, forse no, ma molti lo hanno pensato... la discussione e' aperta, la visita consigliata.

emilio campanella

Anni fa la formula antica e vincente della Biennale d'Arte, venne messa in discussione a causa della sua struttura " a pezzi chiusi" come si dice per l'opera barocca, proprio per i Padiglioni Nazionali che ne costituiscono la caratteristica piu' originale ed infine riconosciuta, apprezzata e ribadita.

Il percorso e' amplissimo e non coinvolge piua' soltanto i Giardini e l'Arsenale, ma tutta la città ed anche alcune isole. Ci sono mostre ovunque, come si sa, si aggiungano gli Eventi Collaterali le istituzioni locali, le fondazioni: tutti espongono qualcosa, ed il piu' spesso, di interessante.

Comincero' con il Padiglione Italia all'Arsenale, accanto alle Gaggiandre.

Lavoro notevolissimo curato da Cecilia Alemani che ha scelto tre artisti molto differenti e di grande spessore che abitano con le loro proposte, le penombre del grande edificio: Roberto Cuoghi ed il suo studio intorno alla scultura, il calco e la riproduzione di crocifissi.

Dai materiali, alle reazioni chimiche, il degrado biologico dovuto ad agenti esterni od a muffe.

I corpi adagiati, soli nella loro scabra nudita', corrotti, incompleti, abbozzati, in frammenti, sotto hangar di plastica gonfiabile, con parti in forno per la cottura, soli, fuori da ogni protezione, affissi ad una parete come in una danza macabra, tutto sotto luci perfettamente spettrali.

Il titolo dell'opera e', non a caso, Imitazione di Cristo. Di seguito: Adelita Husni-Bey presenta: The Reading/La seduta. Un dialogo-confronto di alcuni giovani scelti per rispondere ad interrogativi e confrontarsi intorno a tematiche esistenziali, metafisiche ed ecologiche, attraverso la lettura dei Tarocchi.

Da ultimo, e seguo l'ordine del percorso espositivo, Giorgio Andreotta Calo' che ha costruito: Senza titolo (La fine del mondo), creazione per il luogo, di grandissima suggestione. L'insieme del padiglione s'intitola: Il mondo magico, e s'ispira al lavoro dell'antropologo Ernesto de Martino.

Ora creero' volontariamente un forte contrasto fra  la profonda, densa concentrazione appena descritta ed il Padiglione Venezia dei Giardini, che dovrebbe essere stato pensato, creato, allestito, per valorizzare la creativita' veneziana, appunto.

Il risultato e', invece, di una volgarità rara , ma nemmeno coraggiosamente kitsch.

Si presentano le "eccellenze" locali su tavoli, come in vetrine... di pessimi vetrinisti, con luci risibili. Una sezione-sala di questo corridoio curvo, peraltro, come si sa, un bell'edificio liberty, s'intitola El Gran Baeo, in dialetto (Il Gran Ballo)... ci sono musiche miste, anche Shostakovic, proiezioni di spezzoni cinematografici come Il Casanova di Fellini, Senso di Visconti, il Casanova disneyano.

Mobili pacchiani, volgari tavole imbandite, profumi in orrendi flaconi, purtroppo non si puo' uscire subito, siccome la porta di fondo e' sbarrata,  si deve, quindi, rivedere tutto quella pretenziosa paccottiglia... ho colto la frase di qualcuno "sembra un bordello"... e sono totalmente d'accordo.

Non ho capito lo scopo di affossare in questo modo prodotti anche di qualita' e pregio, presentandoli in questa maniera.

Il Padiglione s'intitola: Luxus.

Da Venezia alla Cina, il passo e' breve, in un certo modo, anche se dobbiamo tornare all'Arsenale, per apprezzare ed ammirare: Continuum, il magnifico padiglione cinese che propone grazie al lavoro molto suggestivo di cinque artisti, un viaggio fra passato e presente, tradizione e innovazione (e ne incontreremo altri), attraverso svariate tecniche figurative, visive, di spettacolo, grafiche a molti livelli e di molteplici possibilita' di fruizione.

Di fronte, alle Tese 98 e 99 dell'Arsenale Nord: Memory and Contemporaneity, mostra promossa da The Palace Museum, Beijing. Il percorso espositivo s'inizia con un viaggio multimediale nella Citta' Proibita, per approdare poi a videoinstallazioni contemporanee e tornare ad occuparsi dell'opera Classica Cinese; continua con designers italiani che hanno creato per il gusto cinese.

Poi c'e' un'interruzione: mancano le opere degli artisti , a causa dell'incendio del cargo che le trasportava.

Fortunatamente non sono andate perdute e non hanno subito danni; sopattutto non ci sono state vittime!

Fra qualche settimana, verra' fatta una seconda inaugurazione ad allestimento completato.

Guardando il bel catalogo, sembrano veramente molto interessanti. Ne riparlero' molto volentieri.

A conclusione di questo primo sguardo, un altro evento collaterale, come il precedente: Tehching Hsieh, Doig time, mostra organizzata dal Tapei Fine Arts Museum of Taiwan. Si tratta, in un certo modo, di un ritratto "storico" dell'artista, performer che ha lavorato sul tempo negli anni ottanta, con azioni ripetitive che sono durate un anno.

L'esposizione presenta l'amplissima documentazione di questi lavori, al lle Prigioni Vecchie, accanto a Palazo Ducale.

emilio campanella

Chi conosce questo parco, sa quanto sia straordinario passeggiarvi, con qualunque tempo, in mezzo agli alberi, fra gli edifici di architetture  di grande qualita' e diversita', nei quali ci si addentra alla scoperta di rivelazioni artistiche, spesso indimenticabili, a volte meno, naturalmente!

Bighellonando pigramente, o febbrilmente come alcuni, si puo' schizzare da un polo all'altro, come diceva Sally Bowles, in poche ore.

Proporro' un giro rapsodico come diceva la mia grande amica Franca Trentin Baratto e ficchero' la testa nel padiglione della Finlandia che presenta Nathaniel Mellors & Erkka Nissinen, The Aalto Natives, curato da Xander Karskens. In singolare film pazzo e divertente, filosofico e scombiccherato della durata di cinquanta minuti.

La bella, suggestiva, spiritosa, giocosa...pericolosa installazione di Jana Zelibska intitolata Swan song now, si puo' ammirare nel padiglione delle Repubbliche Ceca e Slovacca.

Si fa un salto, e si arriva in un attimo, in Australia dove Tracey Moffat ci racconta le sue storie re'tro intitolate My orizon, attraverso magnifiche fotografie in stile e video.

In Francia, l'elegantissimo lavoro di  Xavier Veilhan. Accanto, nel padiglione inglese, Phyllida Barlow: Folly, forme, colori, trasformazioni, scommesse spaziali ardite e vinte. il Canada, il cui edificio ligneo, ancora non e' stato ricostruito, consta di una sorta di periodico geyser visibile da molto lontano, suggestivo, e sicuramente molto frequentato da visitatori in cerca di refrigerio nei prossimi mesi, meno a novembre, immagino. Il lavoro e' di Geoffrey Farmer.

Poco lontano, il padiglione della Germania ripavimentato, ed in cui si cammina sospesi a mezz'aria, grazie al cristallo trasparente che calpestiamo, in attesa di cio' che accadra' sotto di noi. Per questa importante installazione di Anne Imhof, il padiglione e' stato premiato con il Leone d'Oro. L'adiacente padiglione del Giappone si puo' vedere da sotto, come da sopra.

E' possibile, dunque, fare una coda, ed a costo di zuccate, curiosare il lavoro di Takashiro Iwasaki dal pavimento... come vi piace... io vi consiglio di accedere dall'altro e vedere con attenzione: Turned Upside Down, It's a Forest, interessante proposta di riflessione fra concezione spaziale e concentrazione interiore, fra natura, architettura, spiritualità e rischio di sopravvivenza.

Come si sa, dal Giappone alla Russia, il passo è breve... almeno qui. Negli ultimi anni questo padiglione, anche intelligentemente trasformato dalla scala a chiocciola centrale della sala principale, che permette l'accesso agevole fra i due piani, risulta particolarmente interessante e stimolante.

Questa volta, ovviamente con grandi riferimenti al 1917, Grisha Bruskin riempe di figure grandi e piccole, piccolissimi eserciti, popoli in marcia, fra luci teatralmente efficaci e giocando nel suo modo speciale con simbologie e miti, sacralita' ed esoterismo Il lavoro s'intitola: Theatrum urbis MCMXVII. Al piano inferiore Rycicle Group opera uno spostamento angolare dell'obbiettivo e rende tridimensionale l'ispirazione dalla palude stigia dantesca, con un effetto drammaticamente sorprendente e di stretto collegamento consequenziale con l'opera di Bruskin.

A conclusione del percorso, il bel video di Olga Pirogova: Garden. Un padiglione memorabile, celebrato anche dal bellissimo catalogo di Marsilio. Passando, affacciatevi e guardate con attenzione il drammatico, intenso padiglione del Venezuela con i disegni di Juan Alberto Calzadilla 'Alvarez. In Svizzera, un interessanissimo film documentario, intorno ad Alberto Giacometti.

Il padiglione degli Stati Uniti, abilmente stravolto e violentato dal lavoro polemico di Mark Bradford (Tomorrow is another day), artista presente in citta' per legami con realtà sociali di grande importanza.  Passando l ponte si arriva a S. Elena dove ci si puo' divertire con le proposte di Brigitte Kowanz e Erwin Wurm, nel padiglione austriaco. In Egitto, il bel video di Moatas Mohamed Nasr Eldin. In Romania, l'artista decana, di grande forza, Geta Bratescu. L'ampia esposizione s'intitola: Apparition. Ho proposto una scelta: non tutto, ma di tutto.                                                          

emilio campanella

Dopo l'affollata, densa esposizione principale curata da Christine Macel consiglio una pausa, prima di prendere la scala mobile che porta al primo piano delle Sale d'Armi e ricominciare il giro del mondo in poche centinaia di metri.

Si incontra ad esempio l'accurato padiglione del Peru' con tende di stoffa dal disegno che fa pensare alle mura di Macchu Picchu. In una vetrina molti bei vasi a staffa, nella più coerente tradizione, ma reinventati fantasiosamente e con molto spirito da Juan Javier Salazar in questo lavoro dal doppio titolo: Land of tomorrow e La 1a Vez no pudieron llevarse las Piedras.

Nella grande sala accanto, il padiglione di Singapore in cui Zai Kuning presenta Dapunta Hyang: Trasmission of Knowledge.

Sullo sfondo delle alte finestre che danno sul bacino grande, lo scheletro della chiglia di una grande nave, realizzato in fibre intrecciate, di grande suggestione.

Al piano sottostante, il padiglione argentino dove Claudia Fontes ha ambientato il suo: The horse problem. Una grande installazione di notevole impatto, ma forse, un po' facile.

Di altro segno, il lavoro proposto da Vajiko Chachkhiani: Living dog amond dead lions, per il padiglione della Georgia. Una bella, vecchia casa illuminata, apparentemente abitata, arredata, ma senza nessuno e dentro la quale piove a dirotto, con un effetto spiazzante.

Ho subito pensato a Lo specchio di Tarkovskiy. Sembra la stessa ispirazione interiore, c'e' un pensiero profondo e malinconico sul passato, sul ricordo, sulle storie famigliari, anche se nessuna persona compare.

Una sola finestra e' aperta, si puo' scostare una tendina e guardare all'interno. In Macedonia, il provocatorio Red Carnival di Tome Adzievski.

Tremble tremble, e' presentato dal padiglione irlandese: un video teatrale di grandissima forza di Jesse Jones. L'interprete sconvolgente e' Olwen Foue're' che incarna una strega madre protettiva e violenta antica ed attualissima.

Nel padiglione neozelandese, l'opera di Lisa Reihana: Emissaries, che rivisita dipinti storici intorno alla vita dei nativi, ai viaggi dei navigatori come James Cook ed altri dell'epoca, alla scoperta di nuovi paradisi poi ben presto rovinati.

L'installazione consta di un video della durata di 64' su uno schermo di circa dieci metri, e dal titolo: in pursuit of Venus (infected), 2015-2017. Di fronte, all'Arsenale Nord, Tesa 100, il notevole padiglione del Libano, s'intitola SamaS, Soleil noir soleil, l'autore e' Zad Moultaka che ha creato un ambiente sonoro e luministico di grande intensita', una sorta di son et lumie'res astratto ed emozionante, tanto per la notevole qualita' musicale, come per la capacita' della creazione di uno spazio anche teatrale di notevole effetto.

Poco lontano, Hyperpavillon, un bel percorso di varia ispirazione che gioca bene in un luogo di altissima suggestione.

Ritornando in Campo della Tana, davanti all'ingresso delle Corderie, Song for Disaster Relief, interessante e provocatorio percorso di Samson Young per Hong Kong in Venice. Accanto, il Macao Museum of Art presenta il bel lavoro bamboleggiante quanto molto inquietante di Wong Cheng Pou, intitolato A bonsai of my dream.                                                          

emilio campanella

Si scende dal battello all'imbarcadero di S.Giorgio, e gia' e' una grande emozione il grande sagrato circondato dall'acqua, sulla destra gli edifici del convento, a sinistra il piccolo faro della dogana dell'isola, al centro, la straordinaria facciata palladiana.

Questa estate la mostra ospitata in chiesa e negli spazi adiacenti, organizzata dalla Galleria Continua e': Michelangelo Pistoletto, One and One makes Three, evento collaterale della 57a Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia.

La mostra e' bifronte, siccome si puo' iniziare dalla Chiesa, come dall'ingresso dal lato del porticciolo, e questo a sottolineare la coerenza e la continuita', giocando con le parole,  del lavoro dell'artista.

Le opere esposte vanno dal 1960 al 2017. Vi parlo dapprima, di: Perimetro sospeso, 1975-2017, allestito sotto la cupola, luogo magico ed architettonicamente perfetto gia' di suo, che accoglie, appunto, un perimetro circolare di specchi che all'esterno hanno scritte in tutte le lingue: Love difference, un cerchio di dieci metri ed un labirinto di riflessi infinito.

Qualcuno lo definisce un facile effetto, forse si, ma realizzato con grande maestria da chi ha usato coraggiosamente e violentemente gli specchi, dall'inizio della sua carriera.

Nel Coro, in maniera raccolta ed intima: Con-tatto del 2007, e poi in un corridoio che porta, anche, all'ascensore del campanile (se non ci siete mai stati, salite, e' la piu' bella vista sulla citta', e molto meno affollata che da quello di S.Marco, da dove lo e' anche meno!), i Quadri Specchianti Cubani, nati dal suo soggiorno del 2015.

Non mancano gli specchi coraggiosamente infranti, e le cose piu' note come la Venere degli stracci del 1967 o Labirinto e pozzo, 1969-2017.

L'unico appunto all'allestimento e' dovuto agli spazi, forse, un poco ristretti per opere che in alcuni casi avrebbero bisogno di maggiore respiro, ma comunque tutto e' presentato con molta cura e si potra' visitare sino al 26 Novembre.

Accanto: Alighiero Boetti: Minimum/ Maximum, curata da Luca Massimo Barbero, per la Fondazione Cini; 22 opere che si potranno vedere sino al 12 Luglio prossimo. Il percorso giocato sui formati, come indicato dal titolo, e' completato da un progetto speciale di Hans Ulrich olbrist ed Agata Boetti, una proposta cui potranno partecipare attivamente i visitatori.

L'allestimento e' accuratissimo ed i grandi spazi valorizzano opere notissime che si rivedono sempre con grande emozione.

Piu' avanti, di fronte alle Stanze del Vetro, e sotto quell'egida, Pae White ha creato espressamente per il luogo: Qwalala. Si tratta di un muro serpeggiante di mattonelle di vetro colorato che evocano il movimento delle anse di un fiume.

Il termine proviene dai nativi americani Pomo ed e' riferito al fiume del nord della california, Gualala; sino al 30 Novembre. Siccome e' proprio di fronte, puo' essere il caso di vedere o rivedere la mostra di Ettore Sottsass di cui ho parlato precedentemente. Poco piu' lontano, sino al 13 Agosto: Yesterday/Today/Tomorrow, di Bryan Mc Cormack, importante progetto di sensibilizzazione umanitaria sull'immigrazione.

Da  ultimo l'esposizione: Faurschou Foundation a Venezia, Robert Rauchenberg Andy Warhol " Noi serigrafisti..."; Robert Rauchenberg, Ultime serie; Paul McCarthy Christian Lemmerz, New Media, Virtual Reality, sino al 27 Agosto.                                                          
emilio campanella


L'Istituzione Fondazione Bevilacqua La Masa e' una realta' veneziana di antica tradizione che, oltre a sostenere, ancora oggi, i giovani artisti, ha dato origine, in un certo modo, al nucleo originario della collezione della Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro, ed ha avuto un ruolo fondamentale durante le prime Biennali.

I suoi spazi sono a Palazzo Tito, sul rio di S. Barnaba, storico atelier del pittore Ettore Tito, più recentemente quelli restaurati all'ex convento di S.Cosma e Damiano alla Giudecca, proprio per gli artisi emergenti cui dedica una manifestazione annuale nella sede di Piazza S.Marco.

Una bella galleria su due piani che in questo momento ospita, e fino al 23 Luglio, un'ampia mostra di Enzo Fiore - Nella fine il principio: il tempo della natura.

La manifestazione anche sotto l'egida del Comune di Venezia, e' la prima collaborazione dell'Istituzione, con una realta' privata, in questo caso, l'importante Galleria Contini. La mostra si divide un due parti ben distinte: le sculture al piano terra, i quadri al primo.

Allievo di Luciano Fabro crea le sue forme con materiali naturali organici. Premetto che la definizione data sopra, per considerare la divisione del genere di opere, puo' essere considerata di massima, siccome il lavori di Fiore sono sempre assemblaggi di materiali che si trasformano in qualcosa di molto differente: animali costruiti con resine, terra, foglie ed altro,  ma anche diorami come: Genesi, studio per Diluvio Universale del 2012.

Tutto e' improntato ad una forte drammaticita' ed ad una coscienza ecologica che pero' stride con l'ecatombe di insetti usati per le composizioni. Il lavoro eu' forte, coinvolgente, ma quando non verranno più sacrficati animali, potra' essere veramente efficace nell'intento che lo spinge.

Confesso di amare un po' meno le opere che riproducono foto, ritratti, quadri famosi, pur riconoscendo l'indubbia maestria. Poco lontano, al Museo Correr, altro museo cittadino nato dalla donazione di un'importante collezione privata, un evento collaterale della Biennale, esposto al secondo piano, nella sala delle Quattro Porte: Shirin Neshat, The home of my eyes.

Ventisei ritratti fotografici, dei cinquantacinque che costituiscono l'integralità dell'opera della quale, però, in questo modo, non si può dare un giudizio che parziale.  La creazione è del 2014-2015.

Insieme viene presentato il video Roja del 2016. Conoscendo l'importanza e la profonda sensibilita', il notevole impegno dell'artista, spiace molto che non ci sia stata la possibilita' di esporre l'installazione/galleria di ritratti, nella sua integralita'.

Si potra' visitare sino al 26 Novembre.  Sempre al secondo piano, ma nell'altra direzione, sino al 10 Settembre, Roger de Montebello: Ritratti di Venezia ed altri ritratti.  Un'ottatina di ritratti, appunto;  di piccolo formato,alcuni studi di architettura evocata ed un po' surreale, oltre tante piccole tauromachie un po' goyesche.

A Palazzo Fortuny, invece, la Sesta Puntata della mostra trasversale, come sempre simolantissima, in collaborazione con la Axel & May Veervodt Foundation. Quest'anno, il titolo scommesa è Intuition e l'esposizione occupa, come sempre, i quattro piani del palazzo con l'abituale, emozionante effetto sorpresa, provocazione, emozione, passando disinvoltamente da un'epoca all'altra... che dire? Imperdibile! Data di chiusura, il 27 Novembre.

Chiuderà, invece, il giorno precedente,Glasstress, l'annuale rassegna sul vetro contemporaneo proposta dalla Fondazione Berengo, come sempre, a Palazzo Cavalli Franchetti.

Stimolante anche questa volta, e forse, in un certo modo, un poco piu' giocosa, si estende su due piani.

Al terzo piano dello stesso palazzo, il bel padiglione dell'Iraq della Biennale, un'importante partecipazione nazionale che presenta nei suggestivi spazi della biblioteca, dieci artisti di rilievo.

In apertura una bella vetrina di reperti di scavo che si ricollegano all'interessantissima mostra: Prima dell'alfabeto, da poco chiusa ed ospitata nell'altro edificio dell' Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, Palazzo Loredan, poco lontano, in Campo S.Stefano. Uscendo dal giardino, ci si trova in Campiello S.Vidal, e si puo' entrare a visitare Objection, che si definisce: The Pavillon of Humanity. Non ha nulla a che fare con la Biennale, ma merita uno sguardo attento per ambientazione ed installazioni di tutto rispetto.

Continuando si arriva a Palazzo  Malipiero dove all'ultimo piano, dopo ripidissime scale si arriva al padiglione dell'Estonia che propone il lavoro di Katja Novitskova, che si muove fra mostri e drammi ecologici con molta forza. Al piano terra dello stesso edificio, il Montenegro che presenta due artisti di grande interesse: Ivana Radovanovic, e Adin Rastoner, con i suoi pupazzi dagli sguardi interrogativi. In Campo S. Samuele, nella chiesa omonima: Evan Penny: Ask Your Body, sculture e disegni di questo interessantissimo artista sudafricano trasferitosi in Canada.

La mostra è allestita con grandissima cura illuminotecnica e con effetti scenografici di notevole effetto. Un lavoro sui corpi, sui volti, lo scavo della sofferenza interiore e sulla carne, come lo sconvolgente Marsyas del 2017 o Homage to Holbein del 2016. Si puo' visitare sino a Novembre...non c'e' indicazione di data. 

In un'altra chiesa, un poco piu' lontana, alla Pieta', Safet Zec,  un artista bosniaco molto noto in citta', che ha il suo atelier a Castello e cui fu dedicata una bella mostra, alcuni anni or sono, al Museo Correr nel 2012. Propone Exodus, Ciclo pittorico per la Pieta'.

Il tema e' evidentemente quello dei profughi. Sono grandi teleri nella chiesa ed molti studi in un corridoio adiacente. Grandi gruppi, figure solitarie, temi sacri e sacralizzazione di episodi che ancora abbiamo negli occhi, dalle pagine dei giornali. Particolari di braccia, di corpi, mani, studi di crocefissioni, tutto molto forte, da un pittore dalla mano felice, sempre intenso  e cosapevole della sofferenza che conosce bene.

Ho affiancato due artisti molto diversi, ma di cui mi ha colpito come una certa sintonia, oltre la vicinanza logistica in questi mesi. Zec sara' alla Pietao' sino al 30 Novembre. Mi fermo ed al prossimo articolo, riprenderò il percorso da questo punto della citta'.                                                          

emilio campanella

Ci eravamo lasciati qualche giorno fa, alla Chiesa della Pieta' di Venezia, e qui ci ritroviamo per andare alla scoperta, negli spazi della storica istituzione, di interessanti frammenti di Biennale.

La Mongolia che si raggiunge entrando nel giardino, presenta un lavoro di forte presenza, contro la guerra, Il titolo e': Lost in Tngri. Tre artisti contribuiscono con le loro opere di scultura ed in video. In un'altra parte dell'edificio, la bella installazione di Eve Ariza: Murmuri, per il padiglione di Andorra.

Una stanza suggestivamente rivestita di piccole coppe di terracotta dal lato concavo, un ambiente caldo, avvolgente, come il colore dei piccoli oggetti, illuminato con molta cura.

Un'idea semplice, ma di grande effetto. Al secondo piano, che si raggiunge con l'ascensore del palazzo che ora e' anche una casa per vacanze, consigliabilissima, ma sempre, comprensibilmente, presa d'assalto, e che e' stata importantissima, nei secoli passati, per aiutare fanciulle: "sole, perdute e abbandonate" ed instradarle molto spesso alla conoscenza della musica, nel settecento, sotto la guida sapiente di Antonio Vivaldi che di alcune fece delle valenti musiciste, comunque continuando fino ed oltre l'inizio del ventesimo secolo, con la sua opera umanitaria.

Al secondo piano e' ospitato il padiglione dello Zimbabwe. Il titolo e': Deconstructing Boundaries, Exploring ideas of Belonging. Gli artisti che contribuiscono con il loro interessantissimo lavoro, sono: Sylvester Mubayi, Charles Bhebe, Dana Whabira, Admire Kamudzngerere. Notevolissimo!

All'inizio di via Garibaldi, a sorpresa, si scopre una porta aperta, ed un'esposizione inaspettata. In uno spazio privato, un bellissimo appartamento su due piani, in quell'edificio notissimo , quasi triangolare, con una facciata strettissima sul bacino (Palazzo Caboto), una mostra retrospettiva  dedicata al coreano Seung-taek Lee (1932) con opere che vanno dagli anni sessanta agli anni ottanta e che rivelano una personalita' di grande spessore, oltre ad un'attualita' non da poco.

La manifestazione e' presentata dalla Galleria Hyundai e Lévy Gorvy, e sara' aperta soltanto sino al 28 Giugno! Continuando lungo la riva, si arriva ai Giardini della Marinaressa dove sotto gli alberi ci si imbatte in belle ragazze in costume da bagno, sono le sculture colorate ed un po' iper-realiste di Carole A. Feuerman.

Sono molto distanti, sussiegose, si direbbe, fascinose d'antan, fra anni trenta ed anni cinquanta.

Piu' avanti il padiglione della Repubblica delle Sychelles, anche questo en plein air, popolato di sculture policrome, come una folla di testuggini, e soprattutto un grande rinoceronte metallico che fa capolino da una siepe, e si vede bene anche passando in battello. Proprio accanto, nella Palazzina Canonica, il complesso ed intrigante progetto: Leviathan, una narrazione episodica di Shezad Dawood, che si estende in altri due edifici che danno sul giardino, ed anche alla Fortuny Factory della Giudecca.

A conclusione di questo piccolo viaggio, percorrendo il bel viale ombroso dei Giardini e rirovandosi in Via Garibaldi, ma al capo opposto, si continua quando il canale e' nuovamente scoperto ( per chi non lo sapesse, la strada e' un rio tera', come si dice qui, un canale coperto), si prende a sinistra, si passa il ponte e si arriva a S.Maria Ausiliatrice dove si trova l'evento collaterale della Biennale: Wales in Venice. James Tichard: Music for the gift, curioso e stimolante lavoro multimediale, visivo e sonoro.                                                          

emilio campanella

Con rassicurante puntualita', negli ultimi mesi, le Gallerie dell'Accademia di Venezia, propongono ed espongono importanti restauri di arte antica. Mesi fa fu il cosiddetto trittico ricomposto di Andrea Pennacchi di cui parlai a suo tempo.

Ora, e sino al 17 Settembre, nella stessa sala, due opere provenienti da S. Pietro di Murano e restaurate grazie a Venice Heritage con il sostegno di Bulgari.

La manifestazione s'intitola: Dipinti muranesi di Paolo Veronese. Si tratta di: S. Girolamo nel deserto e S.Agata visitata in carcere da S.Pietro. Furono commissionati per una cappelletta nel giardino del convento di S.Maria degli Angeli.

Durante i rivolgimenti fra la fine del settecento e la prima metà dell'ottocento,  il piccolo edificio venne raso al suolo, ed oggi del convento rimane soltanto la chiesa, ma gia' da quei tempi le due tele vennero portate in S.Pietro.

Soffrirono da sempre a causa dell'umidita' dell'edificio originario ed anche successivamente la situazione non miglioro' di molto, tanto che al nuovo, accurato restauro va anche il merito di aver rimosso materiali accumulatisi nel tempo, e che provocarono dannegiamenti non da poco, veroe' che gia' nei primi anni le suore del monastero lamentarono il deterioramento delle opere a causa del clima della cappella dove il S.Gerolamo doveva essere posto sull'altare, per ammirazione e devozione dei fedeli, S.Agata sopra la porta, e visibile all'uscita.

Certo, esposti ora garantiscono una fruizione perfetta per altezza, distanza, illuminazione ideale, in modo che il pubblico possa goderne al meglio seguendo sui pannelli informativi la loro storia.

Come si sa S.Gerolamo e' sempre stato un santo molto amato per la sua storia, la sua cultura, per l'aver tradotto in latino la Bibbia, per le leggende affettuose che gli hanno conquistato la simpatia popolare.

Confesso che quando andai a Betlemme nella Basilica della Nativita', sceso nella cripta vidi a stella metallica che indica il posto in cui giaceva Gesu' Bambino, e riconobbi il luogo dalle foto dei libri di scuola delle elementari, e questo mi fece sorridere come di una simpatica leggenda, ma quello che mi emoziono' fu la targhetta indicante il posto delle meditazioni di S.Gerolamo, lui, sicuramente meno leggendario!

Tornando a Veronese, la bella pala ci presenta il santo come un bel vecchio forte, in un paesaggio, poco piu' che una scenografia piatta, peraltro, che non ha nulla dell'aridita' del deserto siriano della Calcide, ma e' piu' adatto nella sua verdeggiante rigogliosita' ai devoti che lo avrebbero ammirato.

S.Agata e' attribuita al fratello di Paolo Veronese, Benedetto, anche se testimonianze antiche parlerebbero della mano di Paolo, per le teste, peraltro, bellissime. Comunque il quadro ha un impianto equilibratissimo, con le tre figure, l'interno del carcere con il lume cui risponde quello dell'angelo, il pasto frugale della santa su una mensola, lei che copre lo scempio del povero corpo, con un' elegantissima stoffa... morente, torturata, ma sempre nobildonna, ed in questo la scuola veronesiana non si smentisce, coniugando l'estrema eleganza al pathos ed al rigore morale dei personaggi, santi, certo, ma molto umani e membri dell'alta societa'.

L'importante restauro ha compreso le decoratissime cornici tardo barocche, quasi eccessive, data la serieta' delle opere sacre che contengono.

Questa mostra sara', nel prossimo ottobre, alla Frick Collection di New York. Un' agile ed accurata pubblicazione relativa, e' stata edita da Marsilio. Sempre alle Gallerie del'Accademia sara' aperta, solo fino al 3 settembte, la bella mostra: Philip Guston and the poets, di cui ho gia' ampiamente parlato al momento della presentazione e che consiglio nuovamente.             

emilio campanella

Chi conosce Venezia sa che cosa siano le Zattere, e cosa significhino per la citta' ed i suoi abitanti: un luogo d'incontro appartato, ampio, dove i bambini possono giocare, le persone passeggiare e conversare, gli studenti sedersi su una panchina e consumare uno spuntino fra una lezione e l'altra delle molte facolta' che sono attorno.

Tiepido in inverno, gradevole in primavera ed in autunno, torrido nei mesi piu' caldi, il 'liston' si anima nelle sere d'estate fra  pizzerie, bar, ristoranti, alcuni dei  quali, consigliabilissimi. 

Queste note si iniziano con una frase che evoca che cosa potesse essere, secoli fa, questo lembo si sabbia, con le zue zattere per caricare le navi, appunto...peraltro gli imbarcaderi dei battelli sono in effetti, ancora adesso, delle zattere, lungo il Canal Grande, il rio di Cannaregio, nelle isole, lungo il Canale della Giudecca dove ci troviamo.

Prendono varie denominazioni ed arrivano sino ai Magazzini del Sale, ma la passeggiata, bellissima, puo' partire da S.Basilio, per arrivare alla Punta della Dogana. Tra otto e novecento sorsero importanti edifici legati all'attivita' marittima.

In uno di questi, quello del Provveditorato al Porto, il Palazzo delle Zattere -questa la sua nuova denominazione- costruzione in stile veneziano, edificata intorno al 1850 e restaurata con grande cura ed attenzione coniugando le esigenze museografico-espositive, con il rispetto e la valorizzazione dell'edificio, e' ora la sede, per un certo numero di anni, di V.A.C. Foundation, che precedentemente esponeva alla Casa dei Tre Oci della Giudecca, e che presenta la sua prima mostra nella nuova prestigiosa sede.

Palazzo visto all'atto della presentazione del restauro, ancora senza opere esposte, e con la possibilita' di visitare l'ultimo piano con la foresteria dedicata ai curatori ed agli artisti ospiti; qui l'istituzione che sostiene l'arte russa ed i suoi giovani artisti, con la prima esposizione sull'altro versante del canale, intitolata: Space Force Construction, in collaborazione con l'Art Institute of Chicago, dove si trasferirà dopo le date veneziane, stimola alla scoperta ed alla riflessione grazie ad artisti ed opere di altre epoche, ambientazioni, installazioni, evocazioni storiche legate alla rivoluzione del 1917. Si potra' visitare sino al 25 Agosto.

Il percorso lungo le Zattere continua e sorpassato il Ponte Lungo, ci  si addentra un poco lungo il rio di S.Trovaso, e di fronte al bellissimo squero (cantiere di gondole), consiglio di visitare il padiglione nazionale, di Antigua & Barbuda, per la prima volta alla Biennale. Una densa, ampia retrospettiva dedicata a Frank Walter, personalita' poliedrica di artista, innovatore di tecniche agricole, uomo politico, fra Europa e nuovo mondo, ospitata dal Centro Culturale Don Orione Artigianelli.

Tornati lungo il Canale della Giudecca, si passa il Ponte della Calcina (il nome e' proprio in ricordo del luogo dove la calcina veniva scaricata), e si arriva al padiglione dell'Angola, in un bellissimo loft, ex cantiere, per la mostra: Magnetic Memory. Historical Resonance; cinque film di Antonio Ole, dal 1978 al 2006.

Poco piu' avanti, un altro interessantissimo padiglione nazionale, quello di Grenada che propone otto artisti interessanti e differenti.

Sono rimasto molto colpito dai ritratti su tela di Asher Mains, che li espone come lenzuola stese e mosse dall'aria, e da Jason De Caires Taylor la cui idea di statue sommerse mi ha molto ricordato il lavoro di Hirst esposto anche poco lontano, solo che Vicissitudes, questo il titolo dell'opera, e' nato dieci anni prima, curioso, vero?

Superati i Magazzini del Sale, si arriva alla mostra: The boy in a box, integrazione di opere pittoriche di Anthony Corner e partitura originale di Jonathan Hickman.

Un percorso intensissimo, notturno, emotivamente coinvolgente, assolutamente imperdibile e che chiudera' gia' il prossimo undici luglio.

Colpisce la solarita' del luogo, affacciato sul canale, pieno di luce, e la profonda sensazione di ripiegamento su se stesso del lavoro di questo artista dalla mano felicissima per il disegno, e non solo. Vicinissimo, pochi numeri civici piu' avanti, la mostra dedicata a Pirro Cuniberti ed intitolata: Sognatore di Segni. Opere dal 1959 al 2007.

Disegnatore dalla grande, profonda, sottile, intima e schiva poetica.

Il bellissimo catalogo edito da Silvana, rende merito alle opere, riproducendole perfettamente, e celebrando meritatamente questo artista dell'anima, nato nel 1923 e scomparso lo scorso anno.

L'esposizione si potra' visitare sino al 30 Settembre.             

emilio campanella

Siamo sempre a Venezia e Ci siamo lasciati, qualche giorno fa, alle Zattere, ora attraverseremo il canale della Giudecca ed arriveremo sino alle Zitelle, ex convento, ex istituzione, ex centro congressi e sede di mostre anche interessanti, ora de'pe'ndence dell'Hotel Bauer. in una piccola sala, alla sinistra della facciata della bella chiesa, aperta generalmente la domenica per la Messa, Lisson Gallery presenta The Kitchen di Marina Abramovic, una "cucina di strega" a modo suo, faustiana e che merita assolutamente una visita.

Ad una fermata di battello, al Redentore, che si puo' raggiungere anche a piedi. nell'ex cinema teatro del Redentore, una sezione del padiglione nazionale della Siria, della Biennale. L'altra e' all'isola di S.Servolo. Continuando sin quasi al Mulino Stucky, nell'ex area Dreher...molte ex cose, indubbiamente, in questo percorso, il Centro Punch ospita il padiglione nazionale dell'Islanda in cui Egill Saebjornsson si e' inventato una storia pazza di trolls ed ha creato un luogo di magie, suoni, evocazioni, all'apparenza un locale dove si consuma il caffe' che viene offerto.

Si sale di un piano, e volendo di un altro e ci si affaccia a guardare lo spazio centrale, arsenale delle apparizioni, si scende, si puo' attraversare fra suoni, luci, vocine, vocette, vociacce, e si approda sull'altro lato, dove un luogo  gemello e speculare ci invita all'esplorazione...molto intelligente e divertente.

Tornando indietro, superata la Chiesa di S. Eufemia, ci si addentra fino all'ex...un altro...convento di S.Cosma e Damiano, dove al primo piano, buttato un occhio al bel chiostro, nella Sala del Camino, sino al 2 Luglio: Research pavillon, interessante scelta di opere ed installazioni di giovani artisti. Tornati in riva, si prende il battello alla Palanca.

Questa fermata ha il nome storico del costo del traghetto per passare da una riva all'altra. Scesi a S.Basilio s'incontra un grande edificio della fine del cinquecento, che venne costruito con l'intenzione di darne in affitto gli appartamenti. Se ne parla diffusamente ne La Venezia minore di Egle Trincanato. Si percorre la riva lungo il rio di S.Sebastiano (che ospita meraviglie veronesiane), si arriva in fondo e si continua girando a destra; si giunge a Palazzo Zenobio, storico edificio legato alla cultura armena, dove ha sede il Collegio Moorat Raphael ed e' ospitato il padiglione nazionale dell'Armenia, dedicato a Jean Boghossian la cui personale: Fiamma inestinguibile, allestita con grande cura illuminotecnica in buona parte del begli ambienti del piano nobile, ha una sua seconda sezione nella Chiesa di S.Croce degli Armeni cui si accede da Calle Fiubera, dietro Piazza S.Marco. 

A Palazzo Zenobio ho scoperto il padiglione del Tibet, di cui nessuno ha parlato, che non e' scritto da nessuna parte, ma, non a caso e' ospitato dagli Armeni, che di persecuzioni hanno profonda esperienza. Siccome siamo arrivati in centro, ad un passo, nella Chiesa di S.Gallo, sul campo omonimo, la magnifica installazione di Paul Benney: Speaking in Tongues, immagini evocate dall'ombra, evento collaterale della Biennale, e nell'ampia partecipazione britannica in questi mesi, un po' in tutta la citta'. Poco lontano, in Campo S.Fantin, accanto alla Fenice, all'Ateneo Veneto, una delle quattro parti del padiglione di S.Marino, una personale di Zhao Wumian.

Altra sezione e' a Palazzo Rota Ivacich che ospita il notevole lavoro dello scultore Lee Kuang Yu, interessantissimo e coltissimo, del quale e' presente anche una nutrita serie di gessi. Le altre due sezioni sono al Liceo Artistico Statale Palazzo Giustinian Recanati ed al Centro Culturale Don Orione Artigianelli. Le quattro esposizioni sono sotto il titolo ormai tradizionale per S.Marino, di Friendship Project. Tornando sui nostri passi possiamo raggiungere Palazzo Faccanon, poco lontano dalla Merceria di San Salvador, dove l'evento collaterale Modus propone un bel percorso di installazioni di giovani artisti che espongono anche gli attrezzi serviti per realizzare le opere...decisamente stimolante. A Palazzo Soranzo Van Axel, l'imperdibile: L'uomo come uccello, immagini di viaggio, evento collaterale della Biennale che chiudera' il nove settembre.

Quattordici artisti animano di luci, suoni, installazioni, evocazioni, il bellissimo, antico palazzo. A Palazzo Albrizzi il padiglione del Guatemala, ricchissimo di suggestioni e proposte creative esposte con grande cura. Nella Chiesa di Santa Caterina, il film pazzo e visionario ( ventisei minuti): Spite your face di Rachel Maclean, importante evento collaterale sotto l'egida del British Council, anche questo, Palazzo Mora, che con Palazzo Bembo ospita Personal Structures, Open Borders di cui parlero' in altra occasione, ha al suo interno, il padiglione nazionale di Kiribati, per la prima volta alla Biennale, e che consta di una bellissima, coinvolgentissima video installazione.

Quattro passi e si arriva a Palazzo Correr, Istituto Rumeno di Cultura, che nel suo spazio espositivo a piano strada, propone una sezione staccata della bellissima mostra dedicata dal padiglione rumeno di S.Elena, alla straordinaria artista novantenne Geta Bratescu. Si salta in battello e si scende a S.Stae dove, accanto alla bellissima chiesa, alla Scoletta dei Battioro e Tiraoro, e' ospitato il padiglione della Nigeria, tre importanti opere di Peju Alatise, Victor Ehikhamenor, Qudus Onikeku. Installazione, scultura, video....uno dei padiglioni decentrati, piu' accurati e coinvolgenti..             

emilio campanella

Prendo a prestito questo bellissimo titolo dell'ultima opera d Ernst Hemingway, sostituendo la Parigi degli anni venti, alla Venezia negli anni della Biennale, quindi ad anni alterni, quando ad ogni angolo, dietro ogni ponte, in ogni palazzo, o quasi, si propone arte contemporanea, moderna, ed anche antica, a gara, con lo scopo di stupire ed attirare i turisti intelligenti, ma non solo, anche e soprattutto per proporre esposizioni il cui valore, spesso supera le aspettative del richiamo pubblicitario, frequentemente rappresentato da magnifici manifesti.

Per questo consiglio chi ha tempo, e molto ne occorrerebbe, di entrare in ogni galleria, in ogni stanza, in ogni androne, alla ricerca, spesso soddisfatta, di opere ed artisti di valore. Va premesso che ogni mostra, anche se non direttamente collegata con la Biennale, costituisce un richiamo di livello per poter essere notata, ricordata, consigliata, recensita, appunto.

Senza contare le collaborazioni di uffici stampa che seguono molte manifestazioni, cosi' come organizzazioni internazionali, e veniamo al punto, che ospitano padiglioni nazionali della stessa Biennale.

Sto riferendomi all'Eurepean Cultural Centre che espone a Palazzo Mora, a S.Felice, dove ha sede il Padiglione di Kiribati, importantissimo e cui già ho accennato, a Palazzo Bembo, sul Canal Grande, vicino alle fermate di Rialto, ed ai due Giardini della Marinaressa dove si trova il Padiglione delle Seychelles e le sculture di Carole A.Feuerman (anche a Palazzo Mora e Palazzo Bembo) e quelle di Li-Jen Shih ( anche a Palazzo Mora).

L'amplissima esposizione di quest'anno, una vera magnifica abbuffata di suggestioni, emozioni, pensiero, divertimento, invenzioni stimolantissime, come ogni anno, siccome negli anni dell'Architettura, le proposte sono in quel senso, si chiama Personal Structures, Open Borders. Sono tre piani a Palazzo Mora e due a Palazzo Bembo.

Gia' la struttura degli edifici, con ambienti di varia dimensione, affacci sul canal grande, terrazze sui tetti, corridoi, stanzette a sorpresa, scale che sembrano segrete, e forse lo erano, soffitte apparentemente pericolose, ed in realta', restauratissime e sicure, continua avventura e scoperta di opere pittoriche, tridimensionali, installazioni, video arte di alto livello, in un'alternanza caleidoscopica e rutilante, nel miglior senso. Siccome Palazzo Mora e' vicino a Ca' D'oro, il consiglio e' di prendere il battello sino a S. Stae e di buttare l'occhio al lavoro di Jacopo Di Cera:  Fino alla fine del mare, nella galleria proprio accanto all'imbarcadero.

In rete si trova anche un bel video che mostra le motivazioni umanitarie di un percorso costituito da pannelli di legno colorato, sbrecciato, verniciato, scolorito provenienti da vecchie imbarcazioni. Con il patrocinio del Comune di Lampedusa e Linosa, del Comune di Napoli, vari sponsors e soprattutto parte del ricavato destinato a Save the Children. Tocca corde profonde, solo con legno e colori, questo artista.

Riprendendo il battello in direzione Rialto, si puo' gettare uno sguardo a Palazzo Sagredo, protetto?, minacciato? sorretto? da due manone opera (Support il titolo) di Lorenzo Quinn, figlio di Anthony Quinn e dalla signora Addolori, veneziana, e quindi, un po' veneziano anche lui...cosa ne penso? Non saprei... comunque fra qualche mese, queste manacce verranno rimosse.

Scendendo a Rialto, eccoci a Palazzo Bembo. Dopo la visita si puo' risalire in battello e scendere a S.Toma', dove a Palazzo Dandolo, The Court of Redonda di Stephen Chambers, curioso ed intrigante evento collaterale della Biennale. Un altro evento collaterale, collegato agli Stati Uniti, e' rappresentato dalle quattro sculture di Roberto Barni, nel Chiostro dell'Archivio di Stato dei Frari...e siccome la Basilica e' accanto, consiglio caldamente una visita, anche se ci siete stati cento volte... intanto c'è il quadro più bello del mondo: L'Assunta di Tiziano, poi anche la Pala Pesaro, sempre sua, e Donatello, Canova, Bellini e... poi si puo' arrivare alla Scuola dei Laneri, fra S.Pantalon ed i Tolentini, che nel bel salone del piano terra, ospita il bel padiglione della Bolivia, una mostra personale con una stimolante installazione-ambientazione, illuminotecnicamente accurata, di Jannis Markopoulos; Amphibian spaces.

Ritornati sul Canal Grande, si fa traghetto e si scende a S. Angelo. Poco lontano, al Fondaco Marcello: Contrapuntos, dedicato a Fernando Zobel, nato a Manila da famiglia di origini spagnole, e che si formo' ad Harvard. Personalita' poliedrica e colto collezionista.

In mostra una bella scelta di celadon fra XV E XVI sec. E' un evento collaterale della Biennale. Arrivando in Campo S. Stefano non bisogna mancare Kokode Kamigami nel bellissimo Palazzo Morosini che al piano nobile, fra ambienti di grande bellezza, propone questo affascinante e sacrale percorso dentro il mondo del Sumo, e dei suoi lottatori "divini". Bellissime foto di Philippe Marinig ed opere pittoriche tradizionali di Daimon Kinoshita, realizzata con le tecniche dell' Ukyo-e su soggetti di divinita' che presiedono a quest'antichissima forma di lotta.

Un magnifico allestimento. Solo sino al 16 luglio. Prendendo un battello in direzione S. Marco, si puo' passare davanti a The Golden Tower, di James Lee Byars monolite dorato che supera in altezza, gli edifici, riflette i raggi solari...non si capisce bene che senso abbia ed assomiglia alla forma di un antico prodotto inalante per i raffreddori... fra qualche mese ce ne libereremo.

Accanto all'ex convento di S. Gregorio e l'inutile retrospettiva dedicata a Jan Fabre, evento collaterale Biennale, un albergo ha esposto un King Kong rosso lacca ed un grizzly bianco biacca. Non ti curar di lor... Tornando a cose serie, considero imperdibile il percorso intitolato Diaspora Pavillon, a Palazzo Pisani S. Marina. Ricchissimo percorso di installazioni-ambientazioni da non perdere assolutamente. Importante evento collaterale della Biennale, questo! Concludo con il padiglione lituano alla Scuola di S. Pasquale, accanto a S. Francesco della vigna.  Sino al 29 Ottobre. Lavoro di grande interesse anche e non solo per la notevole capacita' di reinventare uno spazio gia' di per se', bellissimo.

Ricordo che in assenza di date specificamente indicate, ogni mostra chiude il 26 novembre.             

emilio campanella