Le recensioni di Emilio Campanella

Maggio 2005


DIE ZAUBERFLÖTE


DIE ZAUBERFLÖTE

Ferrara che, quest'anno ci ha viziato con una stagione di notevole livello, ha avuto un cedimento alla fine .... Vero o falso? Vero e falso, ovvero, se la parte musicale era a livello medio - altissimo, quella visiva era veramente... pessima, eh, si', senza remissione!

La chiusura era con Die Zauberflöte di W.A. Mozart, primo incontro di Claudio Abbado, con questo strano singspiel, dalla controversa e difficilissima interpretazione, e qui parliamo della grande gioia della serata grazie ad una direzione attenta, precisa, partecipata, puntuta, coltissima, a seconda dei varî momenti di un'opera "collage" (me lo permettete?) che mescola ed alterna generi diversissimi con grande divertimento, e seguito magnificamente dalla Mahler Chamber Orchestra.

Daniele Abbado ha fatto, ancora una volta, un lavoro di grande qualita', rendendo credibili i movimenti dei cantanti nonostante il pessimo servizio di scene (Graziano Gregori) e costumi (Carla Teti), a parte minime eccezioni; infatti lo spettacolo funziona quando gli interpreti sono serviti solo dalle luci accurate di Guido Levi, senza ciaffi intorno, siano essi baracconi o minimali, poiche' non c'e' un criterio comune nelle scelte estetiche della scenografia.

Sappiamo tutti che quest'opera e' da sempre una gatta da pelare, proprio per l'affastellarsi di situazioni diversissime, e le troppe possibili interpretazioni, ma in questo caso e' proprio un disastro, e non va meglio sul versante coreografico (Alessandro Sini), tanto che la scena dell'ammansimento delle fiere, da parte del flauto di Tamino, e' francamente brutta. Meglio tornare alla musica, cominciando con il magnifico Sarastro di Matti Salminen (in bianco, e con il terzo occhio, quasi un Mahatma), visto un po' come un tiranno benevolo, un piacere per il timbro pieno e caldo della voce, e dalle agilita' perfette. Buono anche il Tamino di Christoph Strehl, anche se non troppo personale, un ruolo, peraltro, gia' di suo non molto caratterizzato, vestito come un "prince charmant" da grandi magazzini. Pamina, Rachel Harnish (la magnifica Fiordiligi dello scorso anno, sempre con Abbado, qui a Ferrara), cosi' brava e bella, punita con abitucci tristissimi. Papageno, Markus Werba (Nicola Uliveri alla prima) alla replica che ho visto (28 IV 2005) (gia' trionfante nel medesimo ruolo, due anni or sono, al Comunale di Bologna, nel bellissimo allestimento di Luzzati, proveniente dal Carlo Felice di Genova, ed anche in quel caso con la regi'a di Abbado), assolutamente preciso e di grande verve, si muoveva sempre in musica, ed i duetti con Pamina erano i punti piu' alti dell'esecuzione, mentre durante la dolente aria di quest'ultima sembrava divenire sempre piu' umano. Deliziosa e carinissima Julia Kleiter come Papagena. Astrifiammante, Ingrid Kaiserfeld, era l'unico punto debole della compagnia, poco autorevole, e con problemi d'intonazione, nella prima aria, nella seconda attaccava di spinta rischiando grosso, e trovandosi arrochita alla fine, da notevoli dissensi, di contrasto con le ovazioni per tutti gli altri, creando un certo imbarazzo, tanto che mi sembrava, lei, tutta nera, un po' il brutto anatroccolo. A parte gli scherzi, trovo che in questi casi sarebbe piu' elegante astenersi, in effetti, direi che si nota molto, e forse piu', la differenza fra un boato di applausi, di quelli che fan venire giu' i teatri, come per quasi tutti, in questo caso, ed uno esile, poco piu' che educato e cortese.

Altra cosa le Tre Dame (premiate con eleganti abiti neri da gran sera con guanti lunghi nel primo atto e con vaporose crinoline con spacco, a mostrare le lunghe gambe, code a strascico, parrucche parimenti rosse ton sur ton, che mi hanno fatto pensare ad una coreografia di Shen Wei-Folding, 2000 (vista alla Biennale Danza dello scorso anno), belle, molto brave, alte, snelle, eleganti, bionde, spiritose, fascinose ed intelligenti, insomma, almeno loro, valorizzate quanto meritano: Caroline Stein, Heidi Zehnder, Anne-Carolyn Schlüter. Molo bene l'Oratore di Georg Zeppenfeld, ed il Monostatos di Kurt Azesberger, in un ruolo impervio e sacrificato, ma quanto mai rischioso e determinante. Notevoli i suoi tre schiavi, Matthias Bernhold, Martin Olbertz, Tobias Beyer, abbigliati da "clowns bianchi" sulfurei, una delle poche buone idee perse in mezzo ai pasticci. I tre fanciulli solisti, dell'ormai immancabile Tölzer Knabenchor, erano di una qualita' eccelsa, anche relativamente all'altissimo livello della formazione, ma puniti da elementi di costumi diversi ad ogni apparizione, ma quanto debbono essersi divertiti (almeno loro!) a cambiarsi, ed ad arrampicarsi sull'armadio del sottofinale (no, non e' il Giardino dei ciliegi di Strehler!) ed a starsene su di un ponticello che ogni tanto saliva e scendeva.

Ed ancora, e dal ultimo correttissimi i tre sacerdoti: Andreas Bauer, Danilo Formaggia, Tobias Beyer, ed i due armigeri, ancora Formaggia e Sascha Borris.

Insomma, una Zauberflöte molto da ascoltare, e ben poco da vedere, poiche' non si e' scelta una chiave interpretativa, si sono mescolati materiali che non legano con, in ultimo, un tentativo di teatro di figura, che bisogna saper fare MOLTO bene, ed e' uno dei generi piu' difficili, risultato una ulteriore occasione persa.

Lo spettacolo e' coprodotto dalla Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, dal Teatro Comunale di Ferrara / Ferrara Musica, dal Festspielhaus di Baden-Baden, dove verra' portato, dalla Fondazione del Teatro Comunale di Modena, dove tornera' fra qualche mese.

 

emilio campanella


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