ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

MARZO 2010


CARAVAGGIO E LA FUGA - RUBENS a Como - LOURDES - COSMONAUTA - FIORI - LE RIRE  e DIDO AND AENEAS - MINE VAGANTI - LA BOCCA DEL LUPO - JACOPO BASSANO E LO STUPENDO INGANNO DELL'OCCHIO - LA BADANTE di Cesare Lievi - CARAVAGGIO, LOTTO, RIBERA - LA GIORNATA DELLA FONDAZIONE DEI MUSEI CIVICI VENEZIANI 


Cosi' si chiama il pretesto espositivo proposto alla Villa del Principe di Genova sino al 26 Settembre, LA PITTURA DI PAESAGGIO NELLE VILLE DORIA PAMPHILJ Ulteriore pretesto che attirera' molti e' la presenza del RIPOSO DURANTE LA FUGA IN EGITTO  di Caravaggio, dalla Galleria D.P. di Roma, opera misteriosa ed intrigante presente anche per una supposta breve presenza del pittore in fuga, nella Superba, e, forse, ospite della villa, anche per un progetto di affresco, poi non realizzato;, questo, come si diceva, villa e palazzo a dimostrazione del potere. 
Luogo magnifico sul mare (oggi come oggi un po' arretrato, ma non molto, dal porto), palazzo principesco, ed al contempo, appunto, villa di cui ha una sua sontuosa struttura, voluto da Andrea Doria.E' ad un passo dalla Stazione Principe (appunto) , il giardino  e' stato orto di guerra, ha subito un bombardamento durante l'ultima guerra mondiale, perche' creduto-a torto- quartier generale tedesco; ancora, alcuni anni orsono, ricordo il cinema all'aperto, con le seggiole accanto alla magnifica fontana del Nettuno, (l'altra, altrettanto bella rappresenta un magnifico tritone), e la rassegna, il cui manifesto riproduceva la divinita', s'intitolava: UN MARE DI FILM. 
E', quindi un'occasione molto interessante per compiere un percorso fra le sale dell'edificio, molto piu' ampio che in precedenza, anche grazie ad un lunghissimo, impegnativo restauro, che sta avviandosi, fra non molto, verso la sua dirittura finale.Oltre alle opere pittoriche provenienti dalle varie collezioni di famiglia, sono esposte documentazioni relative ai vari edifici ed alle ragioni della loro costruzione e delle loro ubicazioni. Si parte da Genova con Andrea Doria e Giovanni Andrea Primo Doria, si parla di Carlo V. 
Successivamente molte delle opere presenti nel palazzo partiranno appunto per Roma, e poi si e' verificato un ritorno di opere ed arredi ch'erano in sovrappiu' nella capitale, per far rivivere questo edificio. Insomma, la ricostituzione della quadreria come e' accaduto nella villa di Genova Pegli, "replica" di quella del Principe. Tornando alla mostra temporanea che, come avrete capito, non e' che uno dei motivi d'interesse della manifestazione, prende le mosse da Merisi e dallo sfondamento spaziale paesaggistico del suo quadro, per seguire un filo logico legato al viaggio come fuga, come evasione dagli impegni mondano-burocratici, motivo, anche quello della cortruzione di molte ville decentrate. 
Se e' doveroso citare il ritratto di Andrea Doria di Sebastiano del Piombo,non si puo' non citare quello del Principe di Melfi, sempre Giovanni Andrea I con il fedele cane Roldano (Attribuito a Vaiani), ed assolutamente, anche quello di Aurelio Lomi, dedicato al medesimo amatissimo animale.Ci sono nomi di paesaggisti importanti come Pieter Mulier, Gaspard Dughet, Jan de Momper, ma quello che mi sarei portato a casa e' un piccolo olio su tela (50 per 68) di Jan TheuniszBlanckerhoff. VEDUTA DELLA LANTERNA DI GENOVA DAL MARE  in cui alcuni velieri, le vele gonfie, inclinati, lottano con il vento, su un mare tempestoso, per non frantumarsi sugli scogli; in cielo nubi cupe e cariche di pioggia; una scialuppa cerca di guadagnare la riva.

emilio campanella


Evocati nella penombra dei sontuosi saloni della settecentesca Villa Olmo a Como, ci appaiono i quadri della mostra  RUBENS e i fiamminghi, che compone il suo emozionante mosaico con una quarantina di opere tutte di provenienza viennese, dalla Gemaldegaleria dell'Accademia di Belle Arti, che riaprira' dopo due anni di restauri, ed ha potuto, quindi, per l'occasione, fornire un prestito molto consistente, dal Liechtenstein Museum e dal Kunsthistorisches Museum. Si puo' ben osservare che si tratta di una mostra "piccola" e decisamente di altissima qualita' per le opere esposte. 
La presentazione per la stampa, per una volta, molto interessante, vedeva l'assessore alla cultura della citta', Sergio Gaddi, curatore insieme alla direttrice della Gemaldegalerie, ed i quelli delle altre istituzioni, intervenire con molta concisione a proposito delle scelte espositive, mentre, tutt'intorno, in una mattinata da tregenda in cui pareva d'intravvedere, di tra le nubi fosche, ed i contrasti di luce, le streghe del sabba di Jordaens, esposto poco lontano, darsi alla pazza gioia fra le fortissime folate di vento ed i violentissimi scrosci di pioggia. 
Certo, nei prossimi mesi, la bellezza dell'edificio, la posizione sul lago, il paesaggio circostante, ne faranno una meta ambita sino al 25 Luglio, tremine dell'apertura al pubblico dell'esposizione. Un appunto sull'allestimento, definito 'percorso emotivo', che come accennato, evoca le tele dal buio con molta suggestione, ma parimenti sono al buio anche le tarchette, peraltro, molto limitate, per cui, o si compera il catalogo, (Silvana) e lo si legge fuori... o si e' condannati alle audioguide, che, peraltro, non citano tutto! 
Se il posto d'onore e' stato dato a BOREA RAPISCE ORIZIA, l'opera che maggiormente abbia amato, nelle nove sale del percorso, e' BACCANALE, il satiro sognante, sempre di P.P.Rubens, dalla Gemaldegalerie, per lo straordinario ritmo della composizione con il satiro dormiente sulla sinistra, alle cui spalle sta Bacco che beve da una coppa, mentre un tigrotto, accarezzato dal satiro, ha rovesciato una cesta d'uva; sulla sinistra una sontuosa scelta di raffinatissimo vasellame aureo e ceramico, dietro la tavola imbandita, una scena di seduzione. 
C'e' una TIGRE CHE ALLATTA I CUCCIOLI , sempre della sua bottega, che mi da' modo parlare degli sfondamenti spaziali di paesaggio, in questo caso, appunto, come nelle straordinarie nature morte di vari autori, presenti. Importantissimo il RITRATTO DI GIOVANE DONNA (La figlia Elisabetta ?) di Jordaens, sempre dalla medesima collezione. Gli altri autori sono Van Dyck (il maggiore allievo rubensiano) Teniers, Jan Fyt ed altri. Sono molto intriganti questi quadri che mescolano vita e morte: NATURA MORTA CON MAPPAMONDO,TAPPETO E CACATUA di Pieter Boel, NATURA MORTA CON FRUTTA E SCIMMIA di Jan Fit od ancora SONTUOSA NATURA MORTA CON PAPPAGALLO di Jan Davidz, e per concludere, IL PAVONE BIANCO di Jan Weenix. 
In chiusura, considerando l'importanza dei bozzetti rubensiani esposti: S.Maria della Vallicella a Roma, Gesuiti a Genova, Chiesa incendiata di Anversa, testimonianza preziosissima, desidero parlare di un 'quadretto' di misura devozionale, un S.Francesco ai piedi della Croce che ha un'aria quasi gaudente e che, al di la' della scena simbolica e della visione dogmatica, lo sguardo che rivolge a Cristo crocifisso (che ha un'aria particolarmente florida) e che lui gli ritorna, e' quello dell'affetto di due amici che si stimano e che si conoscono da tempo. 

emilio campanella


C'e' da sperare che questo bel film, ignorato immeritatamente dalla giuria della Mostra di Venezia, possa avere il suo riscatto nelle sale. 
Il primo dato interessante e' che sia girato, cosa rarissima, sui luoghi, e ne colga con molta precisa attenzione l'atmosfera, seguendo una giovane pellegrina affetta da sclerosi a placche (Sylvie Testud, sempre molto credibile con i suoi occhi sgranati su cio' che la circonda e quello che le accade) ed il gruppo di cui fa parte, durante i quattro giorni di visita al santuario, vero e proprio luna park della fede cattolica, con i suoi appuntamenti , i suoi luoghi, i suoi rituali, i suoi supermercati di oggetti devozionali. 
Il fitto programma porta tutti nelle varie tappe di trascendenza (?) verso un superamento delle umane debolezze, sino alla guarigione-miracolo della protagonista che provoca contrastanti reazioni, tutti sono un po' infastiditi dalla cosa, e per differenti ragioni, ci sono invidie, perplessita', incredulita', da parte un po' di tutti. 
La vicenda, condotta con molta abile precisa attenzione, con un misto di perfido distacco, ed al contempo, calda morbosa partecipazione, shakerate con tale abilita' da farne un cocktail che si beve con grande facilita', e dopo il dolce iniziale, lascia in bocca una punta d'amaro! 
Luis Bunuel e' dietro l'angolo e fa elegantemente capolino continuamente.
A parte le osservazioni attorno al punto di vista su un luogo che coinvolge cosi' tante persone, muovendone cosi' fortemente tante e tali emozioni, il lavoro e' molto attento ed anche molto pensato nel suo affacciarsi al dato teologico, infatti il 'miracolo' e', come sempre, molto prudentemente, definito tale, e per varie e profonde motivazioni dogmatiche che coinvolgono, anche se qui non si dice, il rischio del maligno, ed e' proprio in questo sottinteso che ho pensato a LA VIA LATTEA. 
Comunque bisogna anche doverosamente osservare che la malattia al centro della storia e' particolarmente subdola,ed ha talvolta momenti di remissione nella sua gravita', ma momentanei... qui il finale e' aperto, anche per  ragioni dialettiche.
E' ovvio che tutti ci auguriamo che la guarigione sia definitiva, miracolo o meno, anche le due amiche che sono un po' il coro della situazione con commenti, suggerimenti, dubbi, e che definiscono, secondo loro, non troppo credente, la giovane miracolata. Altrettanto importante e' il contorno umano e vitalissimo degli accompagnatori,tutti giovani belli e simpatici, ragazzi e ragazze, cosi', come e' forte la voglia di vivere e reagire accanto a tanta sofferenza, e questo aiuta anche i piu' sfortunati.Elina Lovenson, Bruno Todeschini e Le'a Seydoux hanno tre importanti ruoli in questa coproduziona franco-austriaca.

emilio campanella


Premiato come miglior film della sezione Controcampo Italiano a VENEZIA XLVI, questo primo lungometraggio di Susanna Nicchiarelli, e' un'opera da non perdere.
Una vicenda di educazione politica, ma anche molto di piu', ambientata in un tempo non lontanissimo da noi, tra il 1957 ed il 1963, ma che parla di cose che possono sembrare di distanza ormai siderale, di sogni anche tragicamente infranti.
E' attraverso gli occhi di Luciana (Miriana Raschilla'), ragazzina intelligente ed impegnata nella FGCI, ma altrettanto in balia delle tempeste emotivo-sentimentali dell'adolescenza, con in piu' il secondo matrimonio della madre (Claudia Pandolfi), con un uomo (Sergio Rubini)  MOLTO diverso dal padre, un comunista duro e puro che tutti ancora ricordano con affetto ed ammirazione, che vediamo la realta'.
Si aggiunge il problema del fratello molto amato ed ammirato, che inizia ad avere problemi con l'epilessia, e tutti sappiamo quanto questa malattia, innoqua per chiunque - meno chi ne soffra - crei una rete di atteggiamenti ipocriti di compatimento e di ripulsa, fino ad una certa vergogna, come qualcosa di cui tacere, ed e' ancora molto cosi'purtroppo.
Certo, questo non aiuta la protagonista, gia' alle prese con i contrasti con il mondo maschile, tanto degli adulti come dei coetanei, ma e' gia' una ragazzina forte , e sara' sicuramente una donna forte, pronta a combattere per i propri diritti, e gia', in effetti, comincia a farlo.
Il film, breve e stringato, segue coerentemente gli sviluppi della vicenda senza disperdersi, e fa un quadro realistico delle tensioni, dei contrasti e delle aspettative all'interno di una piccola federazione del PCI di quegli anni.
Abile, intelligente e gustoso il pretesto narrativo di quella che possiamo considerare una cornice relativa alla corsa allo spazio. Sui titoli di coda, le immagini dell'allunaggio... l'avevano poi vinta gli USA!

emilio campanella


C'e', a Forli', ai Musei di S.Domenico, dove rimarra' aperta sino al 20 Giugno, un'esposizione dedicata alla rappresentazione dei fiori in pittura nel corso dei secoli.
Ancora una volta, una manifestazione di questa istituzione, prende le mosse dal proprio territorio per motivare e contestualizzare la mostra che presenta.
Infatti il discorso viene introdotto con molta attenta sottigliezza da diversi esempi di manoscritti ed acquerelli dello studioso naturalista  Padre Cesare Majoli (1746-1823), personalita' locale, le cui opere provengono dalla Biblioteca Saffi, Fondo Antico, Forli'; accanto, in queste prime sale del piano terra si possono vedere delle nature morte, ovviamente, in cui l'approccio scientifico si fa arte E' interessante, poi tutto cio' che riguarda le collaborazioni fra pittori di storia e specialisti di rappresentazioni floreali, un poco cio' che accadeva anche per quelli di architettura negli affreschi; faccio un esempio con SAN GIUSEPPE CON IL BAMBINO E CHERUBINI ENTRO UNA GHIRLANDA DI FIORI, Stefano Camogli e Gioacchino Assereto, dalla Pinacoteca di Brera.
La mostra ha un andamento non rigidamente cronologico, ma specialmente nella prima parte, piuttosto tematico ed intelligentemente trasversale, soprattutto per artisti che deliberatamente si ispiravano all'antico come Joseph Lauer (1818-1881) con il suo QUADRETTO FLOREALE del 1860, un piccolo olio dalla luce perfetta che l'accuratissima illuminazione dell'esposizione mette particolarmente in risalto,e che proviene dal Belvedere viennese.
L'allestimento e', in generale, di grande sobrieta', e volto alla valorizzare la presenza e la fantasia delle opere. Al primo piano il discorso si muove attorno alla misteriosa opera di un maestro denominato 'della fiasca di Forli'', dal titolo FIORI IN UNA FIASCA IMPAGLIATA, ovviamente il mistero e' dato dalla impossibile, sino ad ora, attribuzione. Temi che si avvicinano si debbono  a Jan Brueghel il Vecchio, Carlo Antonio Procaccini, Orsola Maddalena Caccia, Carlo Dolci.
C'e' poi una tela attribuita a Tommaso Salini: RAGAZZO CON FIASCA E ORTAGGI e questa fiasca ricorda molto l'altra, ma questo non vuole dire nulla, in realta', solo che gli oggetti sono della stessa epoca.
Accanto un quadro interessantissimo di Guido Cagnacci, e collaboratore: FANTESCA CHE BATTE DUE CANI CON NATURA MORTA DI FIORI,FRUTTA,ORTAGGI E CACCIAGIONE, un dipinto pieno di misteri suscitati da una luce che sembrerebbe quasi lunare.
Poi, pero', si continua  con quelli che sono elegantissimi pretesti, esposti nelle sale con grande gusto e coerenza, non solo cronologicamente filologica,e cito SANTA CECILIA CON LE TESTE DI VALERIO E TIBURZIO di Bernardo Strozzi, dal genovese Palazzo Bianco, la santa regge un vassoio con le teste dei due decapitati, adorni di fiori, ella stessa ha fiori fra i capelli, cosi' come l'angelo che indica gli strumenti musicali, il contrasto e' a dir poco spiazzante.
Altri pretesti magnifici sono rappresentati da due Van Dyck: LE TRE ETA' DELL'UOMO, dal Palazzo Chiericati di Vicenza, e dal bellissimo RITRATTO DI LADY WENMAN GOODWIN dall' Ermitage in cui l'elegantissima dama tiene un tulipano fra le dita.
Dal Palazzo Chigi di Ariccia giungono le stagioni di Mario Nuzzi detto Mario de' Fiori, volta a volta in collaborazione con Filippo Lauri, Carlo Maratta, Giacinto Brandi, Bernardino Mei.
Siccome non si puo' citare tutto, anche perche' cio' toglierebbe delle belle sorprese, fra le cento opere esposte, accelerero' citando almeno Pietro  e Gian Lorenzo Bernini, Vincenzo Vela, Appiani, Molteni, Piccio, Hayez, Delacroix, Lawrence Alma Tadema, Moreau, Redon, Segantini, Previati, Emilio Longoni, di cui non posso non citara SOLA! un pastello su carta da Milano (Casa di lavoro e patronato per i ciechi di guerra) un'opera divisionista dalla drammaticita' di respiro decisamente europeo; per ragioni opposte PRIMI RAGGI di Luigi Rossi, per la felicita' solare del risveglio di un gruppo di bimbi su un prato.
Ancora, Spartaco Vela, Boldini,Caillebotte, De Nittis (che meraviglia quella NATURA MORTA CON FIORI da Barletta!) ed ancora Gauguin Van Gogh, Monet!Manca solo RICORDO DI UN DOLORE di Pellizza da Volpedo, pare, gia' mandato altrove! Mi sono consolato con la FANCIULLA ABRUZZESE di Francesco Paolo Michetti una bellissima monella!
Il magnifico catalogo e' pubblicato da Silvana.

emilio campanella

Molto colta la ragione che ha fatto programmare un dittico costituito da LE RIRE di Bruno Maderna e DIDO AND AENEAS di Henry Purcell. 
L'autore del primo emozionante brano per nastro magnetico del 1964 e' stato attento compilatore di programmi che proponevano musica contemporanea e barocca nella medesima serata di cui era direttore. 
Lo spettacolo, dunque, si apriva con un lavoro coreografico essenzialmente astratto, sul primo pezzo; dapprima non particolarmente inventivo, per dire la verita', benche' notevolissimo sia, come sempre, il livello della compagnia Karas, di cui e' animatore il coreografo Saburo Teshigawara, ben noto in laguna e gia' ospite della Biennale Danza. 
In questa occasione tutto rimane molto distante.Anche la seconda parte del succlento programma recava la sua firma, e quindi regia, scene, costumi, luci , coreografie del successivo DIDO AND AENEAS. 
Attilio Cremonesi dirigeva l'orchestra del teatro, maestro del coro, Claudio Marino Moretti. 
Non e' la prima volta che assisto ad una rappresentazione di questo capolavoro di Henry Purcell, che conosco quasi a memoria, negli ultimi anni, ed ulteriormente mi rendo conto di quanto possa essere difficoltoso da mettere in scena, poiche' si tratta si e no di un'opera, e' una 'creatura ibrida', ancora molto legata al masque - anche se questa, pur nella sua brevita' e' un'opera completamente musicata, diversamente da quelli-di cui ha tutto il fascino, avendo anche, pero' gia' qualcosa di cio' che diverra' l'opera nei decenni successivi. 
In effetti, vedendo il rigorosissimo lavoro di Teshigawara, e le sue evidenti difficolta' ad entrare in un mondo veramente altro, in cui sono piu' le idee ad agitarsi, che non veramente i personaggi in scena, un poco mi trovo a perdonare una edizione di altri, in altro teatro e diversa citta'. 
Poiche' se non si puo' che apprezzare il rigore formale ed estetico dell'allestimento, non di meno, si ha l'imprerssione che oltre a rimanere distante da noi, ed e' un modo, ne rimanga pero', anche da Purcell, e che, pur nell'elegante precisione della compresenza degli ottimi danzatori-mai invadenti-con i cantanti, pur tuttavia, ogni cosa segue un percorso parallelo, non so quanto voluto. 
Certo e' che il gioco scenotecnico, il riferimento a Muybridge all'inizio, i momenti di interesse coreografico, brevi illuminanti passaggi risultano memorabili. Attentissimo ed efficace il lavoro sul coro che si muove sempre compatto e fluido allo stesso tempo, percorrendo, ora lentamente, ora rapidamenrte lo spazio scenico, creando figure, entrando, uscendo di scena, sempre in musica, con notevole effetto. 
Altrettanto di qualita' il lavoro registico sui cantanti: Ann Hallenberg, Didone di grande autorevole regalita' cui mancava, pero', l'altrettanta e doverosa presenza vocale, che aveva invece Maria Grazia Schiavo, Belinda. 
Molto rischiosa la maga di Julianne Young, pur di grande forza e presenza scenica; fragile l'Enea di Marlin Miller. Molto meglio i comprimari (Oriana Kurteshi, Sabrina Vianello, Elena Traversi, Krystian Adam) anche affascinanti nei recitativi. 
La rappresentazione era quella del 20 Marzo, affollata anche per la presenza degli studenti cui era destinata l'antigenerale, saltata per lo sciopero del 12 Marzo scorso. 
Questo portava una ventata di calore e di entusiasmo in una pomeridiana che, come si sa, tende un po' al sonnacchioso. Applausi e dissensi alla fine, soprattutto diretti al regista che ha, peraltro, creato uno spettacolo di grande qualita', anche se, forse, non totalmente riuscito, ma, come dicevo, in un caso come questo, di grande difficolta'. Io stesso ho amato maggiormente altri suoi lavori, per quanto si tratti di una regia di tutto rispetto.

  emilio campanella



Forse il film piu' compiuto di Ferzan Ozpetek, reduce dalla Berlinale, ed in attesa di partecipare al Tribeca Film Festival, ha dalla sua un'ottima scrittura (soggetto e sceneggiatura sono dello stesso regista insieme con Ivan Cotroneo) pur con le caratteristiche che amiamo nel suo cinema, ma qui, dosando gli ingredienti, nella quantita', e nei punti giusti: ancora un film sulla famiglia, come altri, tutt'altro che disprezzabili, di questa stagione italiana; ancora una famiglia del sud, in una Lecce suggestivamente fotografata, e per una vicenda di grandissima attualita', in questo paese che tende a rimuovere tutto, a non affrontare i problemi, a fare tragedie, e poi superarle ignorando l'accaduto!
Quante situazioni simili conosciamo, quante vite rovinate!
Qui un figlio lontano da casa da molto tempo, ritorna e non e' assolutamente come gli altri pensano che sia.
Ha deciso di buttare fuori tutto, ma prima parlera' con il fratello Antonio (Alessandro Preziosi), chiarendo di essersi laureato in Lettere e non in Economia e Commercio, di voler fare lo scrittore e di essere gay.
Idea che alla sera, anche in seguito ad una barzelletta omofoba detta e ripetuta su istigazione del padre tradizionalista (un Ennio Fantastichini insuperabile per precisione, sottigliezza, umana fragilita', caparbieta' machista; meritevole di un premio, come non protagonista, come un premio collettivo andrebbe a tutto il cast indistintamente), sara' invece il fratello velato, a fare il suo coming out, fregando Tommaso (Riccardo Scamarcio) sul tempo.
Verra' cacciato di casa, come sperava lo stesso protagonista, fuggendo all'occasione data da una fusione societaria del pastificio di famiglia.
Ed appena uscito di scena il discendente degenere, il padre dara' fondo al repertorio dei sensi di colpa catapultati sugli figli, facendosi, addirittura, venire un infarto, in una scena madre da manuale.
Non morira', ma comincera' a vivere una situazione di sospetto, minaccia, persecuzione 'perche' tutti sanno',ed avere un figlio finocchio, anzi 'ricchione e' una vergogna incancellabile!
Tutto cio' e' verissimo, siamo ancora li' e ci resteremo ancora a lungo, affascinati dall'uomo forte, omosessuali genetici inconsapevoli(?)!
La storia procede con il nostro scrittore in fieri che si ritrova con l'azienda sulle spalle e, ben presto la complicita' di Alba (Nicole Grimaudo), molto brava, elegante e bellissima), figlia del socio. 
Ragazza disturbata ed in gambissima, che crea con Tommaso , un feeling profondo fra persone che cercano se stesse, lei che ha curato la madre malata terminale sino alla fine (ecco ancora uno dei temi ricorrenti in Ozpetek, ma qui presentato con quale pudore e quanta efficacia!); in citta' e' considerata un po' pazza, e forse lo e', ma avercene di pazze cosi'!
Poi c'e' la nonna, una meravigliosa, signorile Ilaria Occhini, ch'e' il filo storico di tutta la famiglia, con la sua vicenda sentimentale accidentata, raccontata in flashback con grande maestria (Carolina Crescentini, bella ed intensa, ne ricopre il ruolo da giovane), sino all'uscita di scena da gran signora; poi il tempo s'intreccia, s'incrocia, si mescola, e sono gli occhi dello scrittore, che vedono tutti assieme, danzare alla festa di matrimonio della nonna, dopo che abbiamo lasciato il suo corteo funebre - dove tutto sembra ricomporsi - per infilarci con lei ed il cognato, per la strada laterale, abbandonando il 2010 e ripercorrendo questa via degli anni '50. Stilisticamente il film e' molto accurato, s'inizia con un piano-sequenza circolare attorno al tavolo di famiglia ed il discorso di Antonio, in una direzione, e si conclude, in sottofinale, con un altro nella direzione opposta, durante quello di Tommaso, che decide di tornare a Roma e seguire la sua vocazione di scrittore.
Altro non dira', i genitori non capirebbero, la madre e' l'unica donna a non voler capire, stupenda Lunetta Savino, nel rendere la sua rigidita' disperata, mentre la nonna sa, donna di mondo, ha SEMPRE saputo; ha capito l'intelligente, simpatica sorella Elena (con un marito orsacchiotto MOLTO a rischio), resa stupendamente da Bianca Nappi, ed anche la strepitosa zia Luciana (bravissima, Elena Sofia Ricci, molto imbruttita, ma senza grande successo, perche' quando una e' cosi' bella, e' difficile!).
Non bisogna dimenticare che in questa commedia anche molto drammatica in cui gli elementi sono dosati con grande equilibrio molto ricco e sfaccettato, arriva anche una ventata di folle gayezza con gli amici romani che passano a fare un saluto, andando al mare, ovviamente c'e' anche il compagno di Tommaso: e' veramente un colpo di vento che spazza lo stagnante scirocco di questa  casa soffocante.
Un tourbillon di simpatia e di gioco in cui tutti si divertono, anche papa' Vincenzo vi si butta a capofitto (ma non capisce proprio niente!), mentre le donne di casa sono felicissime perche', si sa, con i finocchi si divertono sempre un sacco, e questo le aiuta a sopportare certi noiosi e grigi maschi etero!

emilio campanella
E' un 'prodotto' difficile da definire questo bellissimo film, giustamente premiato al Torino Film Festival,  riconosciuto con il Teddy Award come migliore documentario GLBT e che si e' portato a casa anche il premio Caligari dall'ultima Berlinale.
Una volta venivano chiamati film-verita', il loro genere era il cinema-verita', appunto, ma c'e' molto piu' di questo negli intensi settantasei minuti che Marcello ha diretto e fotografato.
E' una storia, d'amore bellissima, ma anche un canto su Genova dove la vicenda si svolge, e dove i due protagonisti sono calati, nel racconto emozionante ed incredibile del loro primo incontro, nelle vicende drammatiche della loro vita, sino alla casa in campagna che hanno sognato insieme, e ad oggi, dopo decenni di traversie  e di tenacia che ha saldato il loro rapporto pluridecennale.
Sono Vincenzo Motta e Mary Monaco, nel film e nella vita reale.
Il lavoro di contestualizzazione del regista e' attentissimo ed oltre a girare scene con i suoi attori, utilizza spezzoni di documentario di registi locali, che vanno dagli anni '20 agli anni '90 .
C' e' la citta' che cambia, che si trasforma, c'e' il porto con le sue crisi, le lotte sindacali, le notti, il fascino delle insegne dei locali dell'angiporto (quanto mi colpivano, da bambino, quando passavo di sera con i miei in automobile, magari di ritorno da una gita, quei nomi esotici: Zanzibar, Frisco, New York...), poi, anni dopo, ci sono anche stato in qualcuno, con qualche amico che mi raccontava gli splendori di un tempo... gli splendori sono sempre passati, chissa' perche'?!
Poi vico della Croce Bianca, (che incrocia via Del Campo, quindi nel mondo di De Andre')  a salutare qualche amica trans, forse avro' visto anche la Mery della nostra storia, non ricordo, erano tante, belle, truccate, spiritose...
Devo dire che Vincenzo, quando l'ho incontrato nel cinema genovese dove ho visto il film non, mi e' sembrato una faccia nuova; era la' con alcuni amici invitati per vedere il 'suo' film.
Certo e' il film suo e della sua Mery, conosciuta in carcere molti anni fa e protetta dalle angherie di quell'ambiente durissimo (perche' essere finocchi in carcere e' tremendo, si sa,  ma essere trans e' sicuramente peggio!). 
Mery che gli e' stata vicino sempre, siccome uscita prima, data  la pena piu' breve, legata ad un problema di tossicondipendenza, superato grazie a lui; lo ha atteso e gli ha scritto, si sono scritti ogni giorno per anni.
Il film termina come s'inizia, con scene girate far gli scogli di Quarto, in mezzo a creature delle 'grotte'; sugli scogli, dove le onde, violentemente s'infrangono, come le vite degli ultimi, quelli che non ce la fanno, gli abbandonati.
Mery e Vincenzo si sono trovati fra gli irti scogli dela giustizia, si sono tesi la mano, ce l' hanno fatta, grazie alla loro forza, al loro amore, perche' non erano piu' soli.
Consiglio caldamente questo film, e' ovvio, ma anche una visita al sito web ufficiale che e' molto accurato, ricco di immagini e di trailers della pellicola.

emilio campanella


Al Museo Civico di Bassano del Grappa, primo atto di un progetto triennale intitolato BASSANO 500, Bassano da vedere, in occasione del quinto centenario dalla nascita del pittore, la mostra rimarra' aperta dal 6 Marzo al 13 Giugno, ed e' allestita nel salone delpontiano che ospita 21 opere  del maestro oltre all'affresco strappato della facciata della casa Dal Corno.
I sedici prestiti provenienti anche da oltre oceano, costituiscono la parte temporanea dell'esposizione.
Si e' creato, fra l'abside dell'atrio e la sala suddetta, un sistema, di pannelli blu acceso (merito dell'architetto Peter Paul Eberle) in forte e, talvolta, eccessivo contrasto con le opere; si sono realizzati due corridoi, costruendo un percorso, a dire il vero, ristretto, che se mantiene ad emozionante distanza ravvicinata delle tele, crea, pero', il problema di non permettere, il piu' delle volte, un allontanamento, piu' spesso, indispensabile all'occhio!
Un altro grave problema e' costituito dall'infelice situazione in cui si e' posta la facciata affrescata che non si puo' mai fruire nella sua interezza.
Trattandosi, fra l'altro dell'autore al centro del nostro discorso, questo comporta un notevole disagio; insomma, c'e' sempre qualche impedimento che intralcia la concentrazione...
Non so dire come potranno essere risolti i non facili (a mio avviso)  problemi illuminotecnici, siccome al vernissage, i lavori erano ancora indietro; cosi' come non posso giudicare ne' consigliare il catalogo Electa che la casa editrice ha fatto in modo di non fornire in tempo.
Miglior fortuna; dal punto di vista illuminotecnico, ha avuto l'ANDATA AL CALVARIO, proveniente da una collezione privata inglese, interessantissimo quadro, e per l'impostazione spaziale, la forza cromatica e l'inequivocabile ispirazione di ascendenza nordica.
Altrettanta ne ha avuto una tela proveniente dal Louvre: DUE BRACCHI LEGATI AL TRONCO DI UN ALBERO. ma cio' che mi ha colpito maggiormente e' l'aver accostato, ed e' un'idea vincente: LA PENTECOSTE (d'impianto tizianesco), SAN GIOVANNI BATTISTA NEL DESERTO, entrambi del museo, con il SAN CRISTOFORO (anch'esso molto tizianesco nella concezione) proveniente addirittura da La Havana!
Ed oltre al prestito importantissimo, l'interesse e' dato dallo stile che accomuna le tre opere che farebbero un po' pensare ad El Greco, con quelle figure allungate, e quei colori tendenzialmente freddi.
Allora, mi domando, avendo anche delle buone idee e delle opere importanti, perche' buttare via cosi' un'occasione e pasticciare un'allestimento che complica la fruizione di un maestro gia' di suo impervio, e talvolta difficile da catalogare, perche' fare un cosi' cattivo servizio al pittore della propria citta'?

emilio campanella


Una scrittura stringata, tre scene divise in ottanta minuti di durata complessiva, con al centro una grintosa Ludovica Modugno (La Signora), Premio dell'Associazione dei Critici Italiani 2008.
Un interno di famiglia ambientato in un living stilizzato (scene di Josef Frommwieser) vagamente de'co, con finestra sul lago.
Siamo a Salo', di tragica memoria, ed i suoi fantasmi ancora aleggiano.
Nella prima scena la signora fa una guerra aperta alla sua badante (la puntuale Giuseppina Turra) ; ha due figli con i quali e' in pessimi rapporti: uno scrittore ed un uomo d'affari (Leonardo Del Colle ed Emanuele Carucci Viterbi), ed una nuora che parimenti, non ama (Paola Di Meglio).
Il testo (Premio Ubu per la migliore novita' italiana 2008), abilmente, ha tre differenti piani temporali che ci spiegheranno l'amara sorpresa che la madre, ad un certo punto defunta, avra' preparato alla sua discendenza...
La regia e' asciutta e precisa com'e' nello stile di Lievi, che con gli interni di famiglia, ha ormai consuetudine da lungo tempo.
La pièce, vista al teatro Goldoni di Venezia il 7 Marzo (forse l'unica proposta interessante di un magro cartellone), e' stata tradotta in tedesco (Fremde im Haus) ed ha debuttato con successo il 22 settembre 2007 al Theater Wiesbaden, nell'ambito del Festival biennale di  drammaturgia contemporanea 'Grosses Theaterfest'.

C'e' tempo ancora sino al 28 Marzo, per vedere questa bella scelta di 'Quattro secoli di capolavori dalla Fondazione Longhi a Padova' , al Museo degli Eremitani, nell' intimo spazio espositivo del primo piano; una scelta di 54 opere di altissimo livello qualitativo, accuratamente ordinate in ordine cronologico, e testimoni dell'approfondito lavoro del grande critico.
Tre i nomi del titolo della mostra, ma molti di piu', quelli dei maestri presenti: Vitale da Bologna, Tomaso da Modena, Simone dei Crocifissi, fra quelli piu' antichi, Amico Aspertini (un'intensissimo CRISTO FRA LA MADONNA E SAN GIUSEPPE), Dosso Dossi (GIOVANE CON CANESTRO DI FIORI), non so come, amo molto Dosso, ma mi comunica sempre un senso d'inquietudine, c'e' una vena d'introspezione strana, come di follia, saranno forse i colori freddi, non so, ma non mi fido mai dei suoi personaggi!
Due straordinari piccoli Lotto (SANTO DOMENICANO IN LETTURA, SAN PIETRO MARTIRE IN PREGHIERA), ed ancora: Passarotti, Sustris, Caravaggio, ovviamente, ed il suo FANCIULLO MORSO DA UN RAMARRO, un monello seduttivo e ritroso, spaventato e volgare, un borgataro pasoliniano, una marchetta pericolosa, come ben ha colto il furbissimo rettile!
Orazio Borgianni (COMPIANTO SUL CRISTO MORTO), interessante anche per l'ascendenza mantegnesca.
Un magnifico olio su pietra di Marcantonio Bassetti: CRISTO DEPOSTO COMPIANTO DA UN  ANGELO E DUE ANGIOLETTI; SAN TOMMASO di Jusepe Ribera, d'impianto particolarmente insolito, ed in primissimo piano come, pare, mai prima di allora.
NEGAZIONE DI PIETRO di Valentin de Boulogne, caravaggesco, si, ma a che livello!
Poi ancora Cerano, Lorrain, un'imperdibile GUARIGIONE DI TOBIT di Matthias Stomer, in cui il guaritore colpisce per una sua certa aria 'a' la mode' con quel cappello sbarazzino, un Dulcamara giovane e gia' bravissimo, con la complicita' dell'arcangelo e di un simpaticissimo cane!
Ancora, Sassoferrato, Mattia Preti (una seducentissima SUSANNA E I VECCHIONI), e poi ancora, Fetti, Morazzone, Cerano, Pietro Vecchia, Carpioni, Gaulli ed altri per un'esposizione che sarebbe un vero peccato perdere: un catalogo molto accurato e' stato pubblicato da Federico Motta Editore.

La giornata della Fondazione dei Musei Civici Veneziani si e' iniziata la mattina dell'8 Marzo scorso, con un'esauriente presentazione dei consuntivi di lavoro degli ultimi due anni di attivita' della Fondazione, con gli interventi di varie personalita', ed i progetti presentati dal nuovo direttore, David Landau cui si devono, fra molte altre cose, mostre come THE GENIUS OF VENICE (Royal Academy, Londra, 1983) e MANTEGNA ( ancora R.A. Londra e Met. N.Y., 1992).
Fra le grandi notizie si puo' annoverare l'acquisizione di un palazzo settecentesco straordinario, quale Ca' Corner della Regina, appena terminato di restaurare, e gia' sede dell'Archivio Storico delle Arti contemporanee, che costituira' un nuovo formidabile spazio espositivo a disposizione della citta', e la mostra in preparazione, intitolata: 1000 VETRI DEL NOVECENTO PER MURANO, nel ristrutturato Museo Vetrario; oltre all'ampio e suggestivo progetto di ampliamento che dovrebbe comprendere il restaurato edificio delle Conterie e la palazzina sul lato opposto dello storico museo, dove andrebbero uffici e servizi.
Il sogno sarebbe la realizzazione entro il prossimo anno, in tempo per la celebrazione dei centocinquanta anni del museo stesso.
Per intanto la mostra appena accennata che se non presentera' 1000 pezzi, ne avra', comunque un numero rilevante, e partira' dal nucleo di un importante prestito di una collezione privata austriaca; sara' un modo per movimentare da subito il luogo in attesa degli ampliamenti.
La giornata e' continuata al Museo di Storia Naturale nella sua magnifica sede: il Fontego dei Turchi sul Canal Grande, riaperto e rinnovato nella concezione abilmente suggestiva ed accattivante, per adulti e bimbi: alterna sale nuovissime e tecnologicamente avanzatissime, ad altre di grande suggestione dedicate ai ritrovamenti paleontologici di Giancarlo Ligabue, a saloni di stile ottocentesco,'spolverati' e concepiti in maniera agile ed affascinante, cosi' da mantenere il mistero che spetta alle scoperte ed agli esploratori ottocenteschi.
Ultimo atto della giornata, la visita al vicino Museo di Arte Contemporanea di Ca' Pesaro (vicinissimo, fra l'altro, a Ca' Corner) dove fra piano terra a secondo piano nobile e' stata ordinata una mostra ex-cursus di scultura, che sceglie opere dalle collezioni del museo: LE FORME DEL MODERNO, da Medardo Rosso a Viani, da Rodin ad Arturo Martini. Citero' due o tee presenze: IL PUGILE di Napoleone Martinuzzi, LA RESURREZIONE di Leonardo Bistolfi, IL PENSATORE ed I BORGHESI DI CALAIS di Rodin, ASSURDO-DIARIO DI BERLINO di Emilio Vedova, MADAME X e MADAME NOBLET di Medardo Rosso, MARTIROLOGIO di Adolfo Wildt! Ah, si, me ne sono venute piu' di tre!


ORSI ITALIANI