ORSI ITALIANI MAGAZINE




ATTENZIONE / NOTICE

Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto omoerotico: e' pertanto riservata a persone maggiorenni

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Il comandante

Un racconto di Gigiotto


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.



Come al solito in ritardo, il volo AZ ci aveva scaricati all’aeroporto di Atene in modo da farci perdere quello per Istambul! Il prossimo sarebbe partito all’indomani e non mi importava che gli altoparlanti avvertissero che saremmo stati ospitati in un albergo!

Era per me un grossissimo problema perché il cliente con cui dovevo incontrarmi sarebbe arrivato da New York, per continuare, poi, per Ismir.

All’epoca non esistevano i cellulari, io non sapevo come avvertirlo e lui, non trovandomi, avrebbe dovuto continuare il viaggio per essere puntuale con le maestranze cui avevamo dato appuntamento.

Per me era un vero casino e non sapevo proprio come fare!

Abbarbicato sull’alto sgabello del bar, vidi arrivare le hostess e lo steward del mio volo e, dietro loro, altri due in divisa.

Uno m’attirò subito: alto, molto robusto, un atteggiamento sicuro e due meravigliosi occhi, azzurri, dolci e sorridenti.

Naturalmente non mi degnò neppure d’uno sguardo e continuò a scherzare coi colleghi presso il banco.

Di natura son timidissimo, ma l’uomo era splendido nella sua uniforme blu, tutta nastrini e medaglie, quindi mi avvicinai e chiesi se sapeva se c’era qualche ulteriore possibilità per raggiungere Istanbul.

Gentilissimo, si staccò dal gruppo e cominciò a cercare su un suo libretto d’appunti, ma, sconsolato, disse che gli dispiaceva molto, ma che probabilmente era proprio così: avrei dovuto aspettare l’indomani.

Vedendo la mia costernazione, cercò di consolarmi suggerendomi una visita ad Atene. “Da solo non ne ho proprio voglia!” provai a dire e lui, dando uno sguardo fuggitivo alle due hostess che, prima, lo tenevano sotto braccio, disse un po’ sottovoce: “Penso che vi faranno alloggiare nello nostro stesso albergo, se vuole posso farle da Cicerone!”

Esultai, non senza essermi accertato che sarebbe venuto da solo.

Quando il piccolo pullman ci scaricò all’hotel, al personale del volo fu subito assegnata la stanza... noi, invece, avevamo tutta una serie di formalità da eseguire. Lo vidi, sempre allegro e sorridente salire in ascensore con le due hostess.

E, così, ogni mia speranza andava delusa: non sapeva come mi chiamavo, la camera non mi era ancora stata assegnata e, lui, non c’era più.

Un lungo quarto d’ora d’attesa, in cui, sempre più innervosito, spiavo il vano chiuso dell’ascensore finché, finalmente, mi assegnarono la camera.

Sbuffando salii al quarto piano e, in una specie di salotto d’attesa c’era Andrea, come subito si presentò, che mi disse che non s’era preoccupato perché quando succedeva un contrattempo come questo ai passeggeri venivano assegnate le camere di quel piano e così aveva fatto in tempo anche a farsi una doccia veloce prima di incontrarmi! In effetti s’era cambiato, la camiciola leggera si apriva sul possente petto, dalle maniche corte esplodevano due meravigliosi avambracci e i suoi occhi sorridevano ancor più della sua bocca!

Pensai che, forse, non tutto era andato male e, mentre lui si offriva di aiutarmi con la valigia, le nostre mani s’incontrarono: un brivido mi percorse tutta la schiena e lui, che se ne accorse, mi fece un grande sorriso.

Cosa avrà capito? Cosa penserà di me? Mi troverà anche lui abbastanza interessante?... ma forse, sì, perché se no che senso avrebbe avuto quella mano pesantemente appoggiata alla mia spalla e tutta la serie di racconti allegri che continuava a sciorinarmi?

Arrivati alla camera, stavo per dirgli di darmi un po’ di tempo per rinfrescarmi, ma lui, entrando come se nulla fosse, passò a darmi del tu nell’informarmi che mi avrebbe aspettato lì, in camera.

Feci fatica a nascondere il mio membro che era diventato duro, mi precipitai in bagno, per uscirne subito dopo per prendere dalla valigia la borsa della toilette.

Mi disse allora che, se volevo, poteva aiutarmi lui, che avrebbe con piacere cercato la borsa e di incominciare pure a fare il bagno che mi avrebbe raggiunto per lavarmi la schiena. “Naturalmente se ti fa piacere!” soggiunse.

Ormai l’eccitazione era evidente, i pantaloni stentavano a nascondere l’uragano che stava risvegliandosi nei miei slip.

E, quando Andrea si alzò, vidi che anche lui era molto eccitato.

Mi infilai il più velocemente possibile in vasca, facendo in modo che la schiuma mi nascondesse il basso ventre e attesi, mi sembra, un’infinità di tempo.

Forse passarono venti secondi e lui entrò, aprì la borsa sul lavandino, s’inginocchiò accanto al bordo della vasca e cominciò ad accarezzare i miei capelli con lo shampoo, raccogliendone la schiuma perché non mi entrasse negli occhi, indagandomi il padiglione dell’orecchio con il mignolo...

Io non ce la facevo più, gli buttai le braccia al collo e, finalmente, annegai in un bacio profondo in cui il suo sapore si mischiava con quello del sapone.

Con una mano mi premeva il volto sul suo e con l’altra scese ad esplorare sott’acqua.

Il mio membro fece scintille, pulsava a tal punto in quella grande mano che avevo paura scoppiasse! Cominciai a sbottonargli la camicia, ma non mi aiutava e lo bagnavo tutto: il sapone colava fino sui pantaloni, fino al pavimento.

Il bacio era eterno. Il piacere era estremo.

Gli spalancai la camicia e, mi gettai su un capezzolo, mentre gli masturbavo l’altro con le dita.

Mugolò di piacere, si inarcò per donarmi tutto il petto, mentre con le mani mi percorreva tutto il corpo. I suoi occhi erano socchiusi dal piacere: si riversò tutto su di me, schiacciandomi dentro la vasca e producendo un’inondazione per tutto il bagno.

Era tutto bagnato e con il mio aiuto iniziò a spogliarsi, le sue e le mie mani con fatica staccavano, sganciavano, toglievano indumenti.

E, a mano a mano, che la sua nudità appariva in tutto il suo opulento splendore, mi sentivo sempre più attirato da questo giovane uomo, pieno di premure e di cure verso uno che poteva essere suo padre.

Ma era evidente che gli piacevo almeno quanto lui piaceva a me.

Si alzò, sguazzando nel bagnato, mi raccolse tra le braccia e ci sdraiammo sul letto. I baci e le carezze continuarono.

Sempre in silenzio, e un po’ timidamente, feci scorrere le dita sulla sua schiena, poi affrontai il solco tra le natiche e, più giù, il buchino, pronto a scappare se lui avesse reagito: ma non fu così, si aprì tutto offrendosi come una rosa e permettendomi di entrare in lui con uno, due, tre dita.

Colto da furore, gli sollevai le grandi e possenti gambe sopra le mie spalle, umettai quei petali di rosa per poi spingervi dentro tutta la mano e, ancora, ancora! Il polso e l’avambraccio.

Avevo la netta impressione di averlo tutto in mio potere e le dita gli accarezzavano le viscere, mentre lui sembrava perdere i sensi dal piacere.

Sfilai il braccio, sostituendolo col mio membro che ormai era sul punto di venire, diedi qualche colpo finché, nel momento in cui il mio caldo umore lo riempiva, lui diede un barrito di piacere, stringendo lo sfintere in modo che io non potessi sfilarmi di lì. Stanchi, ci addormentammo uniti.

Quando mi svegliai, non lo vidi subito: era sdraiato accanto al letto e per alzarmi avrei dovuto salire su di lui.

Quando lo feci si eccitò, mi prese un piede e, leccandone le dita, cominciò a masturbarsi con violenza, cercai di aiutarlo, ma voleva restare sotto i miei piedi al punto che gli feci come un balletto comminandogli sul petto, sul ventre, sui testicoli e sul cazzo.

E, quando fui lì, venne, con un’abbondanza tale che forse mai avevo visto in una volta sola.

Leccò lo sperma dai miei piedi, poi risalì fino allo scroto, lo divorò di baci, leccò il mio uccello e quando questo ormai sembrava scoppiasse, si avventò su di lui, inghiottendolo e succhiandolo fino alla radice.

Quando venni, mi parve che il mio seme mi fosse stato risucchiato dalla spina dorsale! Di nuovo, a letto sdraiati, uno accanto all’altro, finché finalmente parlò: “Chiamo il pranzo in camera, fregatene di Atene, ho ben altro da farti vedere!”

Cercò al telefono una certa Elena, una cameriera che conosceva bene e che ci avrebbe portato la cena.

Sembrava molto in confidenza con la ragazza e temetti che volesse fare qualcosa a tre. Andò in bagno, mentre io rimanevo a poltrire sul letto.

Quando bussarono, si precipitò ad aprire facendomi segno di infilarmi sotto al lenzuolo.

Era Elena con il carrello, ma il comportamento d’entrambi era molto diverso dalla telefonata di prima: ora si davano del lei ed erano molto sussiegosi.

La donna incominciò a preparare la tavola per due, a disporre il vaso di fiori, ad accendere la candela ... Andrea invece si sdraiò sul letto cominciando a farmi delle piccole carezze di cui, seppure Elena ci desse le spalle, io mi vergognavo.

Ma continuò al punto che ben presto ero eccitatissimo.

Mi levò il lenzuolo e di nuovo me lo ingoiò ... seguito in tutti i movimenti da Elena che ci spiava guardandoci nello specchio.

Mi lasciai andare al suo desiderio, pompò, pompò fintantoché, sentendomi sul punto di venire, si fece sborrare in faccia, sui capelli, sul petto, poi me lo riprese in bocca leccandolo tutto per pulirmi anche dall’ultima gocciolina.

Elena, dimentica di quello che stava facendo, ora s’era seduta in poltrona.

Con la scusa di far pipì, feci per andare in bagno, ma lui non volle, si sdraiò di nuovo per terra, davanti a me.

“Piscialo”, disse Elena e non era un invito, era un ordine che lui aspettava.

Il fiotto caldo cadde sul petto e, al piacere di lui, lo diressi sul pube, sulle mani, sulla faccia perché ne potesse bere. Raccolse le ultime gocce leccandole con la lingua e, di nuovo, la voce dura di Elena: “chiavalo”.

E mentre lei cominciava una solitaria masturbazione, io iniziai a pompare nel suo sedere, battendolo colla mano aperta affinché agevolasse il mio movimento, tirandogli i capelli perché girasse la testa verso di me e vedesse bene chi era il suo padrone, prendendogli con entrambe le mani i capezzoli per farlo rabbrividire di piacere. La sua grande forza, ora, cominciava a lasciarlo e sotto i miei colpi mi sembrava di sodomizzare un bambino, fragile, inesperto.

Quando venni stavolta urlai io, mentre lui ripeteva “che bello, papà!”

Ma la “mamma” prese l’iniziativa, me lo strappò di sotto, lo infilò con il busto sotto il letto e cominciò a frustarlo sul sedere con la cintura; i mugolii che si sentivano non erano certo di dolore, ma io interruppi il gioco, diedi una mancia a Elena e lei se ne andò.

Ora eravamo ancora soli, lui tra le mie braccia si faceva cullare.

Rimanemmo in quella posizione per un tempo che mi parve infinito, ma che finì con il telefono.

Era il portiere che richiamava il capitano: lo cercavano perché doveva essere fatto un volo straordinario e c’era bisogno di lui.

Il bacio che suggellò il nostro arrivederci mi fece comprendere che quello era un addio.