ORSI ITALIANI


FAVOLA NOTTURNA

di Marco Ranfo

Marzo e' appena iniziato, ma fa gia' caldo. Posso uscire in camicia e giacca a vento, e andare. La sera. Quella del sole che si e' buttato a mare, del gas che si e' sollevato e ha smesso di pesare su tutto, quella dei telefonini accesi, delle ragazze in gonnella e ballerine, dei netturbini che bloccano il traffico e fanno un gran casino nel repulisti generale della citta', delle macchine che corrono a luci accese per le strade, dei silenzi cupi e sensuali delle viuzze del Borgo Teresiano - dietro la chiesa anglicana quanti forti abbracci e baci a quest'ora con i Croati in attesa di tornare alle loro case...

Apro la finestra e aspiro l'aria quasi per assaggiarne l'odore e riempirmi di quel bel fresco frizzante e stimolante, ossigeno per i polmoni e per la testa. Due spruzzate di profumo e sono pronto. Spengo la luce, guardo fuori, il cielo che era azzurro ora e' blu denso, non intravedo neanche pi le forme del mandorlo in fiore che si trova li, in un angolino del mio panorama privato, e posso invece controllare cio' che avviene negli appartamenti del palazzo di fianco. Le luci sono accese, che movimento! Che spentolio, tovaglie ancora stese e bicchieri e piatti sporchi, chi e' in tuta, chi in vestaglia, c'e' un uomo in pantaloncini blu e maglietta bianca, un bel maschio, che baffi, che muscoli, che pancia... Non riesco a pensare, oggi, che tutto questo sia ridicolo, mi sento complice di ognuno di loro perche' compio anch'io quegli stessi gesti ogni giorno e sera e non me ne pento. Ma un rumore improvviso, quello dell'autobus che si ferma proprio sotto casa, quello che avrei dovuto prendere io, mi restituisce alla realta'; Cristo, dovro' andare a piedi. Pazienza. Sant'Andrea, giusto ai margini del centro, giusto fuori dalla periferia, da un lato piccole case colorate, piu' in alto i palazzi signorili e le vie ricche della citta'; in basso, la strada e i binari percorsi solo talvolta da treni merci che trasportano legname al porto, la voce a me incomprensibile dell'omino che annuncia il passaggio e lo spostamento dei convogli rompe il silenzio, che in questo caso non e' assenza di suoni ma un continuo sordo rumore di automobili che sfrecciano a gran velocita'. Caspita, e' tardi, c'ho del tempo ad arrivare. Sara' gia' tutto affollato, neanche un cespuglio libero. Avranno gia' tirato su tutti, tranne me...no, non e' cosi', sono tutti ancora qua, strano, mica e' venerdi' oggi, si puo' mangiare carne. Non amo chiacchierare con i compagni di battuage, per le parole con gli amici ho bisogno di luce, e qui ce n'e' di molto poca e brutta, grigia, verde, fredda. Del resto non avrei nulla da dire, percio' saluto e tiro avanti, piano; adocchio un posto vuoto e mi fermo: sara' questa la mia nicchia. Accendo una sigaretta, passeggio su e giu', non ho pensieri ne' sensazioni, soltanto un po' di nervoso. Quando batto voglio che assolutamente non mi vada buca, cosa che accade di frequente perche' qua gli orsi sono molto pochi e molto spesso chi mi si propone non fa per me; io sono una puttana difficile, del resto non lo faccio mica per i soldi... Dai, non voglio andare in bianco, fa che arrivi qualcuno di interessante. Ma e' tardi, tanto tardi, e chi e' arrivato ha gia' avvistato e ad ogni modo non mi sarebbe piaciuto. Mi siedo, almeno mi, riposo e mi godo l'arietta e il fruscio delle foglie. Ma mi rialzo subito, perche' odo dei passi in direzione del piazzale dove noi froci non possiamo andare a battere perche' c'e' troppa luce. Guardo un po' spudoratamente chi e', perche' come passa cerco proprio di far capire che sto guardando. E' un uomo bellissimo, oddio, un orso meraviglioso. Ne' troppo grasso, ne' troppo magro, barba, coroncina di capelli; e' in pantaloni chiari, maglioncino e giubbotto jeans; ha una camminata sicura, a testa alta, lo sguardo pensieroso. Forse un po' troppo pensieroso, perche' mi passa accanto senza nemmeno accorgersi di me, tira dritto insomma. No caro, non puoi- Ti fermero' io. Di colpo, chissa' perche', nervoso e stanchezza sono scomparsi, l'eccitazione invece e' tanta e mi da' forza. Lo seguo, studio il modo di avvicinarlo, gli guardo il sedere e le spalle larghe, il pelo del collo che intravvedo non appena giubbotto e maglione me lo permettono. Stupendo, si dirige verso la balaustra, vuole fermarsi a guardare il porto di notte. Eccolo la', si appoggia al parapetto, il corpo e' teso e mollemente adagiato, lo posso ammirare bene. Chissa' se e' al corrente del fatto che attorno a lui si stanno consumando veloci amori fatti di futile focosa e rapida eccitazione, gemiti e gocce di sperma che cadono sul suolo; sapra' che gli uomini vengono a cercarsi, sapra' che io sono qui, dietro a lui per abbracciarlo e baciarlo, chissa' se e' della famiglia. Che fare, avvicinarsi, parlare, toccare...basta, ci provo. Vado, gli dico "Buonasera" e lo guardo dritto negli occhi, meravigliosi, di un profondo e forte color nocciola. Lui e' attonito, mi osserva, mi interroga: "Buonasera?" "L'ho vista passeggiare solo, a quest'ora di notte, e bloccarsi qua alla balaustra. Ero solo anch'io e volevo parlare, cosi ho pensato di avvicinarmi. le spiace? non volevo seccarla, se desidera me ne vado." Ho provato con questa frase idiota per vedere quanto costui sia cosciente di cio' che davvero desidero di fare con lui- Spero che mi dica "come no, vuoi parlare, qui o a letto? in ogni caso parlerai al mio uccello." Ma non e' tipo, arrossisce e mi dice "non mi spiace, tuttavia non ho voglia di parlare, sono venuto qui per pensare. non riuscivo a dormire, cosi ho pensato di fare una passeggiata." "Dove abita?" "A Campanelle, ma nella parte bassa, vicino alla Maddalena-"

"E' lontano; e' un gran camminatore." Lo guardo ancora piu' attentamente, lo trovo perfetto. Lui si imbarazza del mio impicciarmi indagatore, gira la testa e ricomincia ad osservare il panorama. Non dice nulla, guarda fisso in la'. Io mi metto come lui, vicino a lui, guardo anch'io. Vedo nero e punti di luce di tutti i colori, gialli, bianchi, azzurri; mi sembra di vedere le stelle che brillano e paiono vive, con quel loro mutare d'intensita' e tremore. La brezza mi sfiora, pare quasi essere la causa dell'incerto lampeggiare di quei lumi. Mi osservo le mani, poi il resto attorno a me, il colore e' il grigio blu della luna e delle luci artificiali, le cose appaiono piu' nitide, pi chiare. Posso penetrare negli oggetti e sezionarli, vedo inspiegabilmente meglio a quest'ora e con questa luce che di giorno... Ha uno strano odore, l'Uomo. Non e' profumo, ma nemmeno puzza. Un odore leggermente acre ma non fastidioso, un odore che non ho mai sentito prima. Non resisto, lo osservo di nuovo - E' sempre la', immobile, fisso verso le luci in lontananza. Ha un bel profilo; gli guardo le mani, piccole, tozze e larghe. Mi piacciono, vorrei sentirle addosso. Guardo i piedi grandi, o meglio le grandi scarpe da operaio, sporche di pittura. Le gambe, forti e muscolose, i pantaloni sbiaditi, la cerniera lampo leggermente abbassata. Non posso trattenermi, piu' lo vedo piu' mi piace - Gli metto una mano attorno alla vita, con l'altro lo tiro a me, gli do' un bacio sulla guancia, lui si irrigidisce, i suoi occhi sorpresi non mi lasciano presagire nulla di buono, e difatti si allontana con uno spintone, mi tira un ceffone, grida "vai via brutto frocio, non sono un culattone"; scoloro, mi tiro indietro, mi riappoggio sulla balaustra, incapace di reagire e pensieroso. Non piango, anche se mi ha fatto male. Lui si e' calmato, si e' rimesso come prima, senza darmi nemmeno un'occhiata. Silenzio. Io penso, ora, no, non e' della famiglia, pero' e' venuto qua... potrei prenderlo con le buone... certo che sono stato rozzo e goffo, abbracciarlo... poteva menarmi molto di piu'. Uff, non mi puo andare buca, devo utilizzare un'altra tattica, certo che e' un casino, adesso. Comincio a sentire freddo. Impietrito, incazzato con me stesso, mi sono accovacciato a terra. Me ne dovrei andare, ma non voglio. Potrei tornare alla mia postazione, raccattare un avanzo per farmi inculare e poi riportare a casa, a dormire. Pero' lui e' cosi' bello, ne sono seriamente innamorato. Sento i suoi passi, se ne va, no, non lo devo seguire, sarebbe troppo, sarebbe andarsele a cercare. In realta' e' venuto da me, mi ritrovo le sue gambe davanti al viso, alzo gli occhi e vedo che mi fissa, serio. Mi tende una mano, mi aiuta ad alzarmi - "Ti chiedo scusa, non volevo farti male ne' insultarti. Anche se mi hai colto di sorpresa." "Non fa nulla, e' colpa mia." Deglutisco saliva che non ho in bocca. "Ma se non ti avessi preso di sorpresa?" Arrossisce, imbarazzato. Ho colto nel segno.

"Ti avrei rifiutato lo stesso, ma con rispetto." Io non demordo: "Vieni qua spesso?" "No, solo oggi... per pensare. Venivo da piccolo, mio padre mi portava sul pontile vicino alla strada per farmi vedere dall'alto i treni che passavano. lui lavorava la', in porto, faceva il facchino.". "Anche mio padre mi portava qui da piccolo - e anche lui lavorava in porto, era capo magazziniere." La coincidenza era tale da non poter essere celata, se non l'avessi detta mi sarebbe sembrato di non aver sfruttato ogni discorso possibile. Mi piace come parla, e' maschio anche nella voce e nelle parole. Pronuncia molto bene tutte le lettere, sembra quasi che lo faccia apposta. Lo guardo con occhi d'amore, li sento brillare bambinescamente, sono pieno di gioia solo per il fatto di essere riuscito a scambiare due parole. "Quanti anni hai?" "Venti. E tu?" "Trentaquattro." Pesa ogni parola. Mi osserva in modo strano, distaccato e curioso assieme. Sento l'aria mutare, inebriarmi. Sono di nuovo vicinissimo a lui, vorrei riprovarci ma non oso. "Tu sei omosessuale, vero?" Che domanda idiota, lo sa gia'. Deve essere imbarazzato, non sa cosa chiedermi, si sente in dovere di parlarmi dopo che mi ha picchiato. "Si', mi pare chiaro." "Ma sei sicuro'?" "Di cosa?" "Di essere omosessuale." Oddio, mi cadono le palle; non vorra' mica farmi la predica o che so io. "Mi pare di si'. Prima ti ho baciato, se non sbaglio. E non l'ho mica fatto senza un'intenzione ben precisa." "Scusa, sono uno stupido." "Sono abituato alle domande sciocche." Ribalto la domanda: "e tu, sei sicuro di essere eterosessuale?" "Si, credo. non mi piacciono...gli uomini." "Hai una donna?" "... no. sono un tipo molto...difficile, io." Si capisce. Io tremo perche' vorrei uscire con qualcosa di sensazionale, che faccia colpo; no, vorrei solo dirgli che mi piace. Ma lo ha gia' capito prima, e con quello schiaffo ha davvero chiuso la questione; le scuse non c'entrano, le deve fare perche' e' una persona civile, non perche' se le senta davvero dentro.

Il silenzio, di nuovo. Ma questa volta ci guardiamo dritti negli occhi vicendevolmente, lui sempre molto serio, io con gran passione. Mi preoccupo delle occhiaie croniche che mi ritrovo, qualsiasi prodotto usi non riesco ad eliminarle - Questa per me ora e' pi che una seccatura, e' una paranoia. Penso, se a lui piacciono le donne, io per piacergli dovrei avere qualcosa di femmineo. Chissa' chi gli piace, la Bellucci, o Linda Evangelista..-no, e' tipo da Sophie Marceau: ha la classica faccia di chi va al cinema sciroppandosi filmacci tipo "Eloise la figlia di D'Artagnan" solo per vedere la bella e scatenata Sophie. Io invece vorrei essere la classica bionda fatale, avere la lingua di Marlene Dietrich, il carattere di Madonna, lo stile di Kim Novak, o forse essere banalmente Marilyn... smetto di osservarlo e guardo invece me, con le mani pelose mi tocco barba e pancia, non trovo niente di niente in me che sia vagamente femminile, non ho gesti da diva per ammaliarlo. Basta, non ha piu' senso star qua e temporeggiare. Adesso parto in quarta, gli chiedo di potergli fare un pompino e via, a casa; sempre meglio di niente. Sono pronto, adesso glielo chiedo e sia finita. Commetto pero' l'errore di guardarlo. Lo trovo piu' oscuro e pensieroso di prima; cosi' gli chiedo "Che hai'?", lo accarezzo su una mano. Lui non la ritira, mi guarda e mi risponde che e' tormentato dai rimorsi. Ci incamminiamo, io lo abbraccio per affetto vera, non per desiderio sensuale. Mi stronca quest'uomo perche' sembra davvero disperato. "Che genere di rimorsi?" "Non lo so... io dormo in albergo, qui vicino. A Campanelle abito con la mia compagna... l'ho lasciata oggi. Ho preso e me ne sono andato, dopo il lavoro le ho telefonato chiedendole di non cercarmi; d'ora in poi dovrai stare da sola, io non posso piu' sostenere la situazione; vedi amore, non posso, non so cosa io desideri per me, non so come fare... non ci sono abbastanza soldi per ambedue... io ho un'amante. ciao. Cosi' le ho detto. Io... ho un'amante. non e' vero, e' una balla; capisci?" "No, veramente no. Perche' l'hai lasciata? hai un'amante o no? e la faccenda dei soldi?" Sono stretto a lui, mi stringe forte a se'. Le sue mani premono sulla mia schiena, una in alto sale fino alla nuca, l'altra e' ferma in basso, vicino al sedere. e' strano, sono come a disagio. Perche' mi accarezza, ora? "Io non sto bene con lei. non la sopporto, mi fa male vederla. torno a casa stanco da lavoro, lei e' la', bella, e non mi piace - cerco un po' di consolazione, e lei non me ne da'. mai una volta mi ha detto 'Caro, vieni qua, sei esausto, cerchero' di calmare io la tua stanchezza - non mi piaceva nemmeno quando ci siamo messi assieme; e poi, la faccenda del sogno." Io sono incredulo, mi chiedo se sia possibile tutta questa storia. "Che sogno?"

"Da qualche mese sogno di camminare proprio in questa zona, notte fonda. mi appoggio sulla balaustra, e guardo il porto, nella notte. Si avvicina qualcuno che non conosco e non riconosco, mi abbraccia e mi bacia... come hai fatto tu prima. e nel sogno io sono contento, e' come se il messaggio fosse: vai la' e attendi, chi ti bacera' ti rendera' felice. Cosi' ho fatto, ma mi sei capitato tu..." Devo interromperlo, glielo devo chiedere. "E quel bacio, ti e' piaciuto?" -' Lui si blocca, smette di massaggiarmi la schiena, mi alza il viso, si avvicina e mi bacia, a lungo. Io vorrei dimenarmi, non riesco perche' stringe forte, o forse sono io che non voglio liberarmi, in realta'. Smette, mi guarda teneramente, mi accarezza il viso. "Temo di si'", mi risponde. Credo che non sappia cosa pensare di se'. Nemmeno io so cosa pensare di lui, e di me - L'aria e' fresca ora, ma ci scaldiamo a vicenda. Ho la testa appoggiata sul suo torace, siamo una coppia di statue in mezzo al piazzale, immobili, marmoree, eppure incredibileente fisiche, sensuali; dietro le sue spalle riesco a scorgere lontano quelle stesse luci che gia' prima avevo guardato, ora sembrano grandi spirali, un turbinio di colori mossi dal vento, gli occhi quasi accecati dal bagliore aumentato, dal brillare tremante, io stesso tremo e per non farglielo capire mi avvinghio ancora di piu' al suo corpo. Ci baciamo di nuovo. Sospiro: "Tu mi piaci, sei bellissimo. Non appena ti ho visto sono stato rapito. Potrei quasi dire che ti amo, io ti amo." "Penso anch'io di amarti... prima ti ho schiaffeggiato per paura, ma non avevo nemmeno il coraggio di allontanarmi, ero sicuro, tu eri la persona del sogno...- desidero fare l'amore con te qui, ora." Prende a slacciarmi i pantaloni; sempre restandomi vicino. Sbottona anche i suoi, sento il pene dritto tra le mie gambe; ma non me la sento, mi allontano. Mi guarda, stupefatto, quasi smarrito. "Perche'?" , mi chiede. Si riaggiusta, nel frattempo. "Non hai detto che sei pieno di rimorsi? allora ti spiace di averla lasciata - sappi che io non accetto a questo punto la scopata pura e semplice; si e' parlato d'amore, e io voglio poterlo vivere con te, nel caso decidessimo di continuare.. " vero, i rimorsi ci sono, perche' mi chiedo come fara' da sola .. non ha lavoro, poverina - ma io con i miei non riuscivo piu' a mantenerla...non la amavo...io amo te; lo vivremo assieme, questo amore, vedrai." "Molta calma, molta. Ne sei sicuro? non dirmi che ti fidi alla cieca di un sogno, per quanto fortemente coincidente con la realta', per quanto significativo possa essere... pensaci bene. ti piacciono gli uomini? o le donne? prima mi hai detto, seppur titubante, di essere etero. Io non ti voglio forzare a fare cio' di cui non ti senti convinto. tu ora vuoi inculare me, ma se un giorno volessi io inculare te, ti piacerebbe? perdona questo discorso, ma non voglio prenderti in un attimo di debolezza. Devi essere certo di cio' che vuoi. Non posso pensare di stare assieme a te con il tormento per averti catturato in un momento cosi delicato della tua vita...e' meglio aspettare." "Ma io non posso aspettare...io ti voglio, vieni qua, vieni. Voglio provare con te, baciarti mi e' piaciuto...ti ho detto che ti amo - vieni, te ne prego." Si avvicina, lo tira fuori, a forza mi inginocchia. Mi prende la testa, la avvicina al suo uccello, mi chiede di succhiarglielo; io non so resistere. Credo che rimpiangera' a lungo questo rapporto. La fine; e' mattina, quasi. Ci siamo addormentati uno vicino all'altro, abbiamo fatto all'amore all'aperto. I primi cinguettii, le prime campane, i rosa e gli arancioni commestibili del cielo - quasi morbida gelatina, mi piacerebbe affondare un dito tra le nuvole ed assaggiare- annunciano una bella giornata. Mi alzo, lo guardo ora, non mi capacito di cio' che e' successo. Dorme, serio, le mani sulla pancia. Mi sgranchisco le gambe, passeggio fino alla balaustra. Vedo i magazzini del porto, i cavalieri e le gru all'opera, riesco ad udire le voci lontane dei facchini e degli operai. In fondo, il mare, calmo. Mi passo una mano sui capelli, cerco di pettinarli, mi spolvero alla meno peggio; inspiro profondamente, mi sento felice di rivedere il sole e i colori del giorno. Non voglio pensare, per ora, a quel che accadra' quando andro' a svegliarlo. Osservo in fondo alla via, non c'e' nessuno, chissa' come sara' andata la battuta agli altri. Mi volto di scatto, il rumore della saracinesca del bar del piazzale, l'omino guarda il mio uomo dormire per terra. » meglio che vada a prenderlo, prima che lo cacci via con la scopa, pensando che sia un barbone..."ehi, Dario, svegliati." "Ciao, Emanuele; come stai?" Ora che si e' svegliato ha gli occhi piccoli e lucldi, fatica a parlare, pronuncia le lettere in modo meno sonoro; la stessa voce e' rauca, fioca, stentata...lo accarezzo sul viso. Si alza, si guarda attorno. Non ritrova pi niente della sera prima nella sua testa, quasi non riconosce il posto. Mi dice "non e' mica stato un sogno?" "In un certo senso si, se non un sogno, una favola. va' a casa, Dario, pensaci. o vuoi fare altro'?" "Non so...stiamo assieme, allora? ci vediamo stasera?" "Si, se vuoi...tuttavia pensaci...prendi tempo, non aver fretta. io non scappo mica." "Dove posso trovarti?" "Qui. o nel luogo di uno dei tuoi sogni. Non temere, io ti amo, ma voglio che prenda ancora un po' di tempo per riflettere. Anche se abbiamo fatto l'amore, non vuol dire che tu non possa cambiar parere... non e' facile essere gay, Dario; e' difficile persino esserne consapevoli. Rifletti; quando avrai deciso, se vorrai, ci rivedremo, ne sono sicuro.

Zitto, rimane zitto. Guarda in basso, confuso; mi chiede un bacio, "perche' no", dico io.

Ci baciamo mentre il camion del latte arriva per le consegne mattutine.


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