ORSI ITALIANI MAGAZINE


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Il Grizzly

Un racconto rosso*

di Ferdinando Neri**

* Il rosso e' per me il colore del sesso, come il nero della morte e della violenza, il blu dell'avventura ed il rosa dei sentimenti.

** Ferdinando Neri è autore di I quattro re (Edizioni Zoe, 2005), un romanzo rosso, blu e rosa, e di alcuni racconti, tra cui quattro pubblicati in precedenza su questo sito. Puo' essere contattato all'indirizzo e-mail: ferdinandoneri@yahoo.it


 Glenn cammina svogliato per le strade della cittadina. Guarda indifferente la gente seduta a mangiare nei ristoranti. Gia', e' ora di cena. Ma Glenn non ha fame. Passa davanti ad un MacDonald's e l'odore gli da' fastidio. Anche li' e' pieno di gente che mangia. Glenn si ferma un momento a guardare dentro. Le famigliole felici che masticano avidamente i loro hamburger gli sembrano caricature oscene.

Si volta e si allontana in fretta, verso la periferia della citta'. Non ha fame, il solo vedere gli altri mangiare gli da' il voltastomaco. Cammina come un automa per le strade; senza rendersene nemmeno conto, cerca di allontanarsi dalle luci, dalla folla che a meta' luglio riempie quel centro turistico, a cinquanta miglia da un grande parco.

Che cazzo e' venuto a fare li'? Vacanze, uno stacco, per respirare un po' di aria buona, camminare tra i boschi, nuotare in un lago, dormire in tenda nel parco, spiare gli animali. Magari farsi sbranare da un orso

La bocca gli si piega in un ghigno amaro. Si', quello di cui avrebbe bisogno e' un bell'orso famelico, per farla finita. Trovare una femmina di grizzly con il piccolo e prendere a calci il cucciolo, ecco: questo sarebbe l'ideale. Perche' Glenn non ha nessuna voglia di camminare, di nuotare, di guardare gli animali. Glenn non ha piu' nessuna voglia di fare tutte quelle cose che gli hanno sempre procurato piacere. Glenn non si accorge dell'aria buona, Glenn si muove a fatica in una fossa di merda e di fango e sa che non ne verra' piu' fuori.

Forse basterebbe licenziarsi ed incominciare una nuova vita in qualche altro posto, magari in quella localita' turistica. Li' un poliziotto non deve avere molto da fare. Ma Glenn e' stanco, amareggiato. Gli sembra di non avere l'energia per ricominciare. Ha appena quarant'anni, ben portati. Salute eccellente. Un fisico possente, forse con qualche chilo di troppo, ha sempre avuto la tendenza ad ingrassare, ma niente di particolare: conduce una vita molto attiva. Non ha problemi economici e E basta. Perche' altro non c'e'.

Il sesso? Di continuare a prendere l'auto, fare cento miglia, raggiungere qualche posto del cazzo dove nessuno lo conosce, per una scopata rapida in un cesso pubblico o in qualche motel lercio, beh, si e' proprio rotto i coglioni. A vent'anni partiva con l'uccello gia' teso al solo pensiero di scopare, ma adesso Che senso ha ancora quella caccia? E' un gioco che non lo diverte piu'. Si', non tutti gli incontri sono quel mordi e fuggi che gli lascia l'amaro in bocca, ci sono le belle scopate, fatte con calma, in un letto. Ci sono notti che ancora valgono la pena. E, molto di rado, ci sono anche attimi magici, in cui sembra di aver trovato davvero qualcuno, con cui condividere un frammento di vita, e non solo un culo da infilzare. Ma quei momenti sono rari e guai a farsi illusioni, a proporre di rivedersi. Nel migliore dei casi emergono mille paure, quasi che un altro incontro fosse una missione in Iraq.

L'amore? Il sogno di un amore si e' rivelato esattamente un sogno e niente di piu' e Glenn fa fatica a ricordarsi l'ultima volta che ha sognato. Meglio dimenticare, perche' il risveglio e' stato amaro.

L'amicizia? Da quando Bart si e' trasferito e Dave si e' sposato con quella megera, non ha piu' amici che siano davvero amici. I colleghi di lavoro, che cosa siano, lo ha capito benissimo negli ultimi quindi giorni.

Ed eccoci al nocciolo della questione. Perche' il problema e' tutto li' e Glenn lo sa benissimo, anche se continua a girarci intorno. Il sesso ha perso importanza, anche se l'appetito non manca. L'amore ha smesso di sognarlo. L'amicizia e' svanita. Si puo' vivere senza sesso. Si puo' vivere senza amore. Si puo' vivere senza amicizia.

Ma, per vivere, ci vuole qualche cosa che dia un senso alla vita, un motivo per alzarsi dal letto ogni mattino.

Il suo motivo e' sempre stato il lavoro.

Ed ora il suo problema e' il lavoro, quel lavoro a cui si e' sempre dedicato con tutto se stesso, che gli ha procurato tante soddisfazioni, quel lavoro che e' stato a lungo la sua vera ragione per vivere.

Ora il lavoro e' quella fossa di merda e fango in cui sta affogando e non ha neppure voglia di venirne fuori. No, neppure piu' la voglia di uscirne.

E dire che il tenente Glenn Erikson e' perfino famoso, lo hanno chiamato piu' volte ai corsi di formazione per la polizia, in diversi stati. E' stato in tutto l'Oregon, a Seattle, in California, in Nevada, in Arizona, li' in Wyoming, perfino in Illinois e in altri posti di cui non si ricorda neppure il nome. Quando si parla di criminalita' minorile, lo chiamano spesso. Sono vent'anni che Glenn Erikson se ne occupa, anche se lui si rifiuta di parlare di criminalita' minorile, lui parla di ragazzi che sbagliano.

Era un ragazzo che sbagliava anche Moreno Fernandez, figlio di immigrati messicani, arrivato nella terra promessa degli USA ancora in pancia alla madre. Di sbagli Moreno ne aveva fatti tanti, nella sua breve vita. Aveva incominciato a sbagliare a dodici anni, quando suo padre, dopo una rapina a mano armata, si era schiantato contro un camion mentre cercava di sfuggire alla polizia. Moreno aveva sbagliato spesso, da allora, e Glenn aveva avuto modo di conoscerlo bene. Non aveva ottenuto grandi risultati con lui. Il ragazzo aveva continuato a fare sbagli. L'ultimo, il piu' grosso, era stato quello di rapinare una banca dopo aver compiuto i diciott'anni. Cosi' dell'interrogatorio di Moreno non si era occupato lui, ma due suoi colleghi.

Quella sera, dopo l'interrogatorio, Moreno non riusciva a muoversi e si lamentava, ma nessuno gli aveva dato retta. Nella notte il ragazzo era entrato in coma, ma solo il mattino lo avevano caricato sull'ambulanza. Era morto due ore dopo, all'ospedale.

Il perche' lo sapevano tutti, tranne Glenn, ma nessuno ne voleva parlare.

Ma Glenn non e' uno che si arrende, Glenn non molla, e' peggio di un mastino. Glenn ha fatto domande, un fracco di domande ed ogni mancata risposta ha aggiunto un tassello al quadro che stava ricostruendo. Quando infine e' stato certo di aver capito che cosa era successo, ne ha parlato al responsabile della centrale.

Certo, che, a pensarci ora, e' stato proprio un coglione. Pensava davvero che il capo non ne sapesse niente? Come aveva potuto crederlo?

Qualche risposta evasiva, un accenno al buon nome della polizia, un invito nemmeno troppo velato a farsi i cazzi suoi, a staccare un po'. Ma Glenn era andato avanti, mettendo il capo alle strette.

L'inchiesta era partita, l'autopsia aveva confermato cio' che gia' si sapeva: Moreno era morto per le percosse: gli avevano rotto sei costole e due costole fratturate gli avevano perforato il polmone destro. Quell'interrogatorio era stata una vera e propria seduta di tortura, con violenze di ogni tipo. Con un messicano si puo' fare tutto, anche violentarlo o spegnergli una sigaretta sul culo.

La centrale di polizia di Portland e' finita sul giornale.

E da quel giorno, quando Glenn entra in ufficio il silenzio diventa pesante come una montagna e se mai chiede qualche cosa, le risposte acide dei colleghi non gli lasciano dubbi su che cosa pensano di lui.

Ha preso le ferie, concesse senza battere ciglio, in un attimo. Ed e' venuto li' in Wyoming, per respirare aria buona e parlare con Bart. Ma l'aria buona non serve, perche' nelle oltre settecento miglia di viaggio, divorate in un giorno e mezzo, si e' accorto che ormai i polmoni non funzionano piu': la botta gli ha tolto il respiro e tagliato le gambe. Ed ha rinunciato a parlare con Bart, che sta solo a venti miglia da li'.

Il lavoro come fai a lavorare in quell'ambiente, dimenticandoti di quelli che hai attorno, facendo finta di non vedere, tappandoti il naso? Hai un bel tapparti il naso, ma quando la merda arriva alla bocca, te ne accorgi.

Di tornare a lavorare non se ne parla neanche, non a Portland. Ma non ha nessuna voglia di ricominciare. Un posto vale l'altro.

E allora, che cazzo ci sta a fare? Che cazzo vive a fare?

Si', ora c'e' arrivato. La conclusione e' molto semplice. Non ha proprio nessun motivo per continuare a camminare, mangiare, respirare.

Si ferma, si appoggia ad un albero, perche' la testa gli gira, una vertigine di smarrimento. Adesso ha capito. E' partito per morire, perche' altro non gli resta da fare. Ecco perche' ha scartato l'idea di andare a trovare Bart. Perche' ormai ha gia' deciso.

Ed allora subito, senza perdere altro tempo. Ora che ha realizzato che cosa davvero vuole, e' meglio farlo subito, perche' e' inutile ripensarci.

Si guarda intorno. Sta camminando lungo una strada quasi fuori citta', qualche casa, un distributore di benzina.

Guarda le auto che passano. Potrebbe buttarsi sotto una di quelle, ma non e' detto che muoia, magari puo' rimanere paralizzato, su una sedia a rotelle. Ed allora non gli sarebbe facile ammazzarsi.

E poi e' un poliziotto, se vuole ammazzarsi, che almeno sia fatto bene.

Puo' spararsi un colpo. A casa ha la pistola. Ma non l'ha portata con se' e fare altre settecento miglia solo per andare a prendere la pistola, sarebbe davvero idiota. Se risale in auto, tanto vale che si precipiti in un dirupo.

Continua a camminare, chiedendosi che cosa fare. Gli sembra di avere fretta, una fretta terribile di finire.

Davanti al distributore ha di nuovo un capogiro e si ferma. Rimane un buon momento fermo, guardando davanti a se', ma senza vedere nulla, cercando di recuperare il controllo di se'.

Lentamente il respiro ritorna normale. Ritorna a vedere.

Ed in quel momento si accorge del motociclista.

E' fermo in una zona d'ombra oltre il distributore. Sta fumando una sigaretta, perche' vede il puntino luminoso che brilla nell'oscurita'. Indossa abiti scuri, probabilmente pelle nera. Sembra guardare nella sua direzione.

Glenn si muove. Non saprebbe dire che cosa intende fare, ma sembra che il suo corpo lo sappia, perche' il cuore ha accelerato i battiti e le gambe si muovono decise verso quell'ombra scura.

Supera il distributore e si avvicina all'uomo. Si ferma a due passi da lui. Per un momento intravede appena la sagoma dell'uomo, seduto sulla sua Harley Davidson. Poi, man mano che i suoi occhi si abituano alla penombra, riesce a scorgerlo meglio. Non e' piu' molto giovane, ha solo qualche anno in meno di lui. Ha lineamenti decisi e Glenn si dice che e' l'uomo giusto.

Non ha molti elementi su cui basarsi, ma Glenn ha un disperato bisogno che quello sia l'uomo giusto, perche' non e' in grado di reggere nemmeno un'ora di piu'. Vuole solo finire, finire subito.

Sta fissando l'uomo senza parlare e la situazione e' assurda. Ma anche l'altro lo fissa senza parlare, non ha detto niente.

E proprio mentre Glenn sta pensando a questo, l'altro si toglie la sigaretta di bocca e parla.

- C'e' un buon posto, molto tranquillo, un po' piu' in la', lungo una strada secondaria. Andiamo a farci un giro?

Per un attimo Glenn non capisce. Poi realizza. Certo, e' semplicissimo. L'uomo aspettava che qualcuno si avvicinasse, era a caccia. E quando lui si e' avvicinato, lo ha soppesato ed ha deciso che gli andava bene.

A Glenn fare la preda va bene, ma di una caccia grossa.

Per un attimo pensa di allontanarsi, ma non se la sente di continuare a vagare, deve concludere. Parla di corsa, perche' gli sembra che, se si fermasse un momento, non riuscirebbe a dire quello che gli brucia dentro:

- Senti, a me va benissimo. Possiamo fare quello che vuoi. Puoi mettermelo in culo, se ci tieni. Ma dopo

Si ferma, poi riprende di corsa.

- Ma dopo mi fotti davvero, mi spari un colpo. Ti do tutto quello che ho. Ho trecento dollari e posso ritirarne altri ad uno sportello. Ti posso dare la mia carta di credito

Di nuovo non riesce a continuare. Si ferma. E conclude.

- Ci stai?

L'uomo non dice nulla. Inspira e la brace della sigaretta diventa piu' luminosa. Poi si toglie la sigaretta di bocca e parla. A Glenn sembra che la voce sia diventata aspra:

- Vuoi crepare?

Glenn risponde secco:

- Si'. Questa sera. Vuoi occupartene tu? Puoi fare di me quello che vuoi, ma poi mi spari un colpo in testa.

C'e' un momento di silenzio. Glenn si chiede che cazzo sta facendo. Lui, un poliziotto, paga qualcuno perche' lo uccida. Ma non ce la fa piu', non ce la fa piu'. Il motociclista non ha piu' rimesso la sigaretta tra le labbra. La tiene in mano.

- Quanto mi puoi dare?

Glenn fa un rapido calcolo.

- Mille dollari e la carta di credito.

- Sei sicuro di quello che fai?

- Si'.

La voce non gli e' tremata. Ne e' sicuro, si'.

- Ve bene. Allora, ascoltami bene. Li' al distributore c'e' uno sportello. Ritiri i soldi. Poi prendi questa strada e prosegui. Tra un miglio c'e' un bivio, con un cartello per Twin Falls. Prendi quella strada e prosegui per altre due miglia, dove trovi un altro bivio, per Bear Tree. Imbocchi la stradina e ti fermi nel boschetto che c'e' subito dopo la svolta. Io saro' li' tra un'ora. Vedi di esserci anche tu, se davvero vuoi

- Ci saro'!

Il motociclista butta la sigaretta a terra, la calpesta per spegnerla, mette in moto ed in un attimo scompare verso la citta'.

Glenn rimane li', impietrito. Poi si riscuote. Tre miglia. Non ha tempo da perdere, non conosce la strada, e' meglio non indugiare. Torna al distributore, ritira i soldi allo sportello e si avvia lungo la strada indicata.

Pochi minuti dopo si trova in aperta campagna. La strada non e' molto trafficata: non deve essere una strada importante.

Cammina a passo regolare ed i suoi pensieri vanno a cio' che sta per succedere. C'e' qualche cosa che ha lasciato in sospeso? No, niente. Non ha parenti stretti, non ha conti aperti, ci sono solo le piccole cose quotidiane, le camicie in lavanderia, il dentista che deve pagare. Puo' partire, nessuno sentira' la sua mancanza.

Si stupisce di quanto e' calmo, quasi indifferente. L'unica sensazione che affiora e' la sofferenza, non per quanto sta per accadere, ma per quanto e' accaduto. La fine della sofferenza si avvicina. Tra poco non soffrira' piu'.

Paghera' un uomo per ucciderlo. Non e' una buona cosa, un poliziotto non dovrebbe farlo, ma non fa del male a nessun altro.

E non ce la fa piu'.

Quasi non si accorge del bivio, ma il cartello colpisce la sua attenzione. La scritta si legge anche al buio: Twin Falls. Una strada piu' piccola. La prende deciso. Non passa nessuno, Glenn prosegue. Due miglia. Due miglia e poi la fine.

Il motociclista terra' la sua parola? Si', Glenn pensa di si', anche se non lo ha visto in faccia e senza vedere un uomo in faccia non e' facile capire che cosa gli passa per la mente.

La notte e' luminosa. Migliaia di stelle ad illuminargli la strada verso la morte. E' una bella notte, tiepida, ma Glenn non ha rimpianti. La sua notte e' buia e non ha senso continuare a brancolare nelle tenebre.

Cammina sereno, triste, ma sereno. Ripensa a tante cose, frammenti di un'esistenza che gli passano davanti agli occhi: il sorriso di qualche ragazzo di cui e' riuscito a conquistare la fiducia; la risata di Bart quando, vent'anni prima, gli ha raccontato delle sue cacce notturne; l'odore della torta di mele che sua madre cucinava quando lui era bambino; i castori visti a Jaspers, in Canada.

Ci sono state anche cose belle, tante. Adesso e' finita.

Dall'altra parte della strada, ci sono ancora campi coltivati e pascoli. Ma sul lato dove cammina, il bosco arriva fin quasi all'asfalto. Ai piedi di quei grandi alberi non si vede quasi nulla, anche se il cielo si sta schiarendo ad occidente: sta per sorgere la luna. Glenn si concentra sulla strada.

Non passa nessuno, proprio nessuno. La strada e' ancora piu' piccola di quella che ha lasciato. E' parecchio che cammina, ormai. "The long and winding road", si', la strada e' lunga, ma ha poche curve.

Poco distante c'e' un cartello. Sara' quello che cerca?

Si', anche se piu' che leggere intuisce appena: "Bear Tree".

E' arrivato. La stradina in cui svolta e' stretta, tanto che due automobili non ci passerebbero affiancate.

Glenn entra nel boschetto e si ferma. Un'ondata di dolore lo investe, quasi lo piega in due, assurda, inattesa. Glenn non saprebbe dire da dove viene, non e' paura, non e' ribellione, e' dolore, dolore puro. Ma tanto forte da togliergli il respiro.

Rimane fermo, gli occhi chiusi, appoggiato ad un albero. E lentamente quella sofferenza passa. Gli lascia un vuoto, un vuoto immenso.

Non pensa, non vuole pensare. Tiene gli occhi chiusi, la schiena contro l'albero, ed aspetta. A tratti il dolore sembra riemergere, ma poi scivola di nuovo in fondo. Glenn sa che c'e', che e' li'.

Un rumore di motore. Il cuore accelera il battito. Glenn si dice che potrebbe essere un qualunque motociclista, ma sa che si sta mentendo. E' il suo angelo custode che arriva, per portarlo via dall'inferno. Per scagliarlo all'inferno. Stupidaggini, deliri, ma il rumore cresce, la moto si avvicina, rallenta, svolta.

Glenn apre gli occhi, mentre il rumore si spegne. A pochi metri da lui c'e' il suo assassino.

Glenn avanza fino al ciglio della strada.

- Sono qua.

- Sali.

Glenn esegue. Sente l'odore dell'uomo. Non l'aveva notato prima, ma non era cosi' vicino. Un odore forte, di sudore, ma non sgradevole.

Il motociclista mette in moto e parte. Il cuore di Glenn ha ripreso a correre.

Procedono per dieci minuti, forse un quarto d'ora, senza dire una parola, poi il motociclista rallenta, svolta e prende una strada sterrata, poco piu' di un sentiero nel bosco. Pochi minuti ed i fari illuminano una radura.

Prima ancora che la moto si fermi, Glenn ha capito. Li', la fine avverra' li'.

Il motociclista si ferma sul bordo della radura e spegne il motore.

- Sei sempre deciso?

E' l'ultima possibilita', ma Glenn non ha incertezze.

- Si'.

- Va bene. Allora dammi soldi, documenti e carta di credito.

Glenn tira fuori il portafoglio e lo porge al motociclista, senza parlare.

- C'e' tutto?

- Si'.

L'uomo non controlla. E' strano, ha accettato di ucciderlo per soldi e non verifica neanche se i soldi ci sono.

- Calati i pantaloni.

Glenn respira a fondo. C'e' anche questo, si'. In un'altra occasione, forse sarebbe stato contento di finire con un bel fuoco d'artificio, ma ormai non gli importa piu' nulla: con i giochi ardenti del sesso, ha finito. Quello che lo aspetta e' tutto a beneficio del suo assassino.

Slaccia la fibbia ed abbassa insieme pantaloni e mutande. Lascia che cadano a terra.

- Metti le mani dietro la schiena.

Glenn esegue ed il motociclista passa dietro di lui. Intorno al polso destro sente il metallo di un vecchio paio di manette. Poi anche intorno al sinistro.

Glenn quasi sorride: il poliziotto ammanettato.

- Appoggiati alla moto. Pancia sulla sella.

Glenn avanza, impacciato dai pantaloni, fino alla moto e si piega sulla sella, in modo da offrire il culo all'uomo. Cerca di allargare le gambe, ma i jeans alle caviglie gli impediscono i movimenti. Sara' piu' doloroso, ma non e' un problema.

Per un buon momento non succede niente, poi due mani si appoggiano sul suo culo, lo pizzicano, lo divaricano, lasciano la presa. Due dita bagnate scorrono lungo il solco tra i fianchi, si infilano.

Glenn trasale. Non e' un contatto spiacevole, non e' stato un ingresso violento.

Le dita escono.

L'arma che preme contro l'apertura e' calda e quella pressione crescente risveglia in Glenn sensazioni forti. Quasi contro la sua volonta', il suo corpo incomincia ad ardere. Quando la sua carne cede ed accoglie l'ospite, un focolaio di piacere gli si accende e dal culo si irradia in tutto il suo corpo. La presenza dentro di lui diventa sempre piu' ingombrante e sembra solleticare ogni fibra, ogni nervo.

Il motociclista spinge con forza e l'incendio si propaga, gli brucia nelle viscere, forse piu' dolore, forse piu' piacere, si espande avvolgendolo tutto. Sente che anche la sua arma si mette in posizione di tiro e non gli spiace. Pensava che non gli sarebbe importato piu' nulla, ma invece e' contento della forza che avverte nella tensione, quasi dolorosa, del suo sesso. Non verra', ma e' contento di finire cosi', in quell'ultimo desiderio, nella vampata di sofferenza e piacere che lo avvolge.

Le spinte diventano piu' violente ed il dolore piu' forte, ma poi si attenua, lasciandogli una gradevole sensazione.

L'uomo si ritira ed a Glenn spiace. Gli sarebbe piaciuto che lo avesse ucciso rimanendo dentro di lui.

Qualche cosa finisce a terra: il preservativo che l'uomo ha usato. E' stato prudente ad usarlo, ma idiota a lanciarlo: lascera' accanto alla sua vittima un preservativo con il suo seme? Come mettere una firma sul cadavere.

- Spostati. Mettiti in ginocchio davanti a quell'albero.

Glenn si alza, fa i tre passi che lo separano dall'albero e si inginocchia. E' arrivato alla fine. Il culo e' dolorante, ma dentro di se' Glenn avverte ancora la sensazione piacevole suscitata da quel corpo che lo ha posseduto ed il sesso e' ancora teso.

Sente la pressione della canna della pistola contro la nuca.

Ora, ora un colpo che mettera' fine a tutto. Una tristezza sconfinata lo invade. L'eccitazione svanisce. Ora e' davvero finita. Tutta la sua infelicita' ritorna.

- Sei pronto?

Glenn deglutisce. Poi risponde:

- Si'.

La pressione contro la nuca aumenta. Glenn sente la tensione violenta di tutto il suo corpo. Ed avrebbe voglia di urlare di no. Lui vuole vivere. Ma si controlla, perche' sa che se dicesse di no, si pentirebbe subito di averlo detto. Lui non vuole vivere. O meglio: vorrebbe vivere, ma non quella vita.

Che spari, dunque. Facciamola finita. Con quei pensieri assurdi, con il dubbio che ora lo assale, con la paura, perche' Glenn sa di avere paura.

Non c'e' motivo, tra un attimo sara' tutto finito.

La pressione scompare e Glenn si tende. Ora. Sara' ora.

Dei passi. Glenn si volta. Il motociclista sta salendo sulla sua Harley-Davidson. Della pistola non c'e' traccia. Sta avviando il motore.

- Ehi, che cazzo fai?

L'uomo non risponde. Mentre Glenn si alza, la moto parte ed in un attimo sta gia' scomparendo nella direzione da cui sono venuti.

Glenn guarda la luce rossa del fanale posteriore allontanarsi e poi svanire alla prima curva e rimane li', inebetito.

Il rumore della moto diventa sempre piu' lontano, fino a che non si sente piu'.

Glenn e' li', in mezzo alla radura, frastornato, i pantaloni e le mutande a terra.

Finalmente la sua mente mette a fuoco.

Bene, ha avuto esattamente quello che si meritava. E' stato un coglione ed ora si trova li', a settecento miglia da casa, senza soldi, documenti, carta di credito, le mani ammanettate dietro la schiena ed i pantaloni abbassati.

Glenn non ha voglia di ridere, ma la situazione in cui si e' cacciato e' troppo assurda. Scoppia davvero a ridere. Di che cazzo sta ridendo? Non lo sa, ma non riesce a smettere di ridere. E si sente del tutto idiota.

Che puo' fare? Rimanere li'? Non ha senso. Di lasciarsi morire di fame e di sete non ha voglia. Tanto vale che torni verso la cittadina e strada facendo si inventi qualche cosa. Che so, una rapina.

Con fatica tira su le mutande e poi i pantaloni. Le mutande stanno al loro posto, hanno l'elastico. I pantaloni no, non puo' chiudere la cintura. Li regge con la mano e, perfettamente conscio dell'assurdita' della situazione, si avvia lentamente lungo la strada. La luce della luna gli permette di muoversi. Per fortuna di li' non passa nessuno. Ha tempo per inventarsi qualche cosa di credibile, che gli permette di non fare la figura del fesso. Non vuole accusare il motociclista di furto e violenza, perche' non sarebbe giusto, anche se quel figlio di puttana non ha tenuto fede ai patti. Ma non puo' accusarlo di truffa per aver intascato i soldi e non averlo ucciso.

E proprio mentre si sta dicendo che ha tempo per pensarci, d'improvviso gli alberi di fronte a lui si illuminano e dalla curva spunta un'auto. La luce dei fari lo acceca. Vorrebbe ritrarsi, scappare, ma correre reggendosi i pantaloni (da dietro) non e' proprio il massimo, non conosce la zona, e' buio. E poi la macchina sta rallentando ed ora e' gia' ferma di fianco a lui. La portiera si apre e ne scende un uomo. Glenn lo guarda mentre passa davanti ai fari e gli si avvicina. E' alto come lui, ma piu' massiccio. Non ha fatto in tempo a vederne bene i lineamenti.

La voce e' profonda, calda. E' una bella voce.

- Qualche guaio?

Come rispondere? Come evadere la domanda? "No, passeggio sempre la sera, con i pantaloni abbassati e le manette ai polsi, e' molto eccitante"? Non funziona. E lui comunque ha bisogno di aiuto.

- In effetti, credo di essermi ficcato in un guaio.

- Vediamo di risolverlo. Stai bene? Sei ferito?

- No, no, sto benissimo.

- Hai le braccia legate?

- Sono ammanettato.

- Questo complica un po' le cose, ti dovrai tenere le manette fino a casa mia. Che ti e' successo? Sicuramente non te le ha messe un poliziotto, perche' il poliziotto qui sono io.

Cazzo! Proprio un collega doveva trovare?

- E' una storia complicata.

- Bene, allora sara' interessante. Io mi chiamo Thomas, ma direi che per il momento non posso stringerti la mano. Qualche problema con i pantaloni?

Fa anche lo spiritoso, quello stronzo!

- Effettivamente

- Ti do una mano.

L'uomo si avvicina, tira su i pantaloni, chiude la cerniera e blocca la cinghia.

- Beato te che non hai tanta pancia.

In effetti il tizio sembra piuttosto corpulento. Ma porta bene i suoi chili, a giudicare da come si muove.

- Grazie. Ah, io sono Glenn.

- Piacere di aver fatto la tua conoscenza, Glenn. Tutto a posto? Possiamo andare?

- Si', grazie.

Thomas gli apre la portiera e Glenn entra. Thomas afferra la cintura e si china a mettergliela. Poi sale dall'altra parte, si mette la cintura e parte. Si muove in modo sciolto e sicuro.

Arrivano alla radura, Thomas fa manovra e ritorna indietro. Al bivio, non svolta nella direzione da cui e' arrivato Glenn, ma nell'altra.

Non hanno detto nulla, ma ora Glenn parla.

- Di qui non si va in citta'.

- No, ti ho detto che ti porto a casa mia. Avevo smontato e stavo andando a casa. Arrivato all'incrocio, ho visto quel pendaglio da forca di Richard Sutpen uscire dalla stradina sulla sua moto e mi sono detto: "Qui c'e' sotto qualche cosa". Anche quando non sono in servizio, se vedo qualche cosa di anomalo, vado a controllare. Se non altro mi risparmio del lavoro per il giorno dopo. Allora ho svoltato. E ti ho visto. Adesso non ho voglia di tornare in citta' ed a casa parliamo piu' tranquillamente.

Quindi Thomas sa che c'entra il motociclista, lo conosce. Inventare un gioco erotico interrotto da un litigio? Potrebbe essere.

Glenn guarda il viso di Thomas, ma in auto e' buio e non ci sono luci lungo la strada, ne' altre auto. Sembra un viso bonario, ma Thomas non deve essere uno stupido. Glenn e' abituato a giudicare gli uomini e Si', a giudicare gli uomini come ha fatto con il motociclista! Ma quello non l'ha quasi visto, era buio. Lo stesso vale anche per Thomas.

Si', in fondo la scopata c'e' stata. Fara' una figura di merda con il poliziotto, se non peggio. Gli viene in mente "Brokeback Mountains". Se il poliziotto lo ammazza, tanto meglio. Ma Thomas non sembra il tipo intollerante.

Dopo una decina di minuti Thomas svolta ed appare una casetta. E' piccola, deve avere appena due stanze per piano, ma c'e' uno spazio verde davanti ed i fari illuminano una massa di fiori.

Gia', Thomas deve avere una brava mogliettina che cura il giardinetto e lo aspetta tutto il giorno da sola, li', fuori citta'.

Considerando che non si vede nessuna luce, forse la moglie si e' messa a dormire o magari e' andata a giocare a bridge.

Thomas guida la macchina nel garage, a fianco della casa. Slaccia la cintura di sicurezza di Glenn, scende e gli apre la portiera. Poi i due entrano in casa dalla porta principale. Thomas accende la luce. C'e' un corridoio, con la scala che conduce al piano superiore ed una porta a destra, due porte a sinistra. Thomas si volta verso di lui e gli sorride.

Non e' bello, il naso grosso, le labbra spesse, la faccia troppo larga, ma ha un bel sorriso, sereno, ed occhi verdi, bellissimi.

- Allora, Glenn, questo e' il mio regno. Non e' proprio un impero, ma c'e' spazio anche per uno largo come me. Passa nella sala, la porta a destra, mentre io cerco qualche cosa per aprire quelle manette. Sono di un tipo non piu' in uso, ma magari ho una vecchia chiave.

Glenn entra nella stanza a destra, mentre Thomas gli accende la luce. Un arredamento semplice ed essenziale: un tavolo, quattro sedie, due poltrone. Alle pareti immagini di paesaggi ed animali.

E' una bella stanza, accogliente. Glenn si siede sulla poltrona di fianco al caminetto, rimanendo sul bordo del cuscino.

Thomas arriva quasi subito.

- Questa dovrebbe andare bene. Sei stato fortunato che ti ha trovato un poliziotto!

Effettivamente la chiave e' quella giusta.

Quando Glenn ha finalmente le mani libere, Thomas gli dice:

- Se vuoi andare in bagno, a sistemarti, e' la porta al fondo del corridoio. Io salgo sopra: la casa e' piccola, ma ha ben due bagni.

Glenn accetta la proposta ed intanto si chiede se non approfittarne per andarsene. Ma non conosce il posto ed e' ad almeno quindici miglia dalla citta', dove potrebbe andare? Sarebbe assurdo.

In bagno si rassetta, si lava la faccia e le mani, svuota la vescica e ritorna in salotto. Thomas e' gia' li', seduto su una poltrona. Ha spento la luce centrale ed ha acceso un abat-jour tra le due poltrone.

- Bene, Glenn, adesso facciamo il classico terzo grado. Guardi i film gialli?

Glenn sorride e si siede.

- Qualche volta, ma la luce non e' abbastanza forte per un terzo grado.

- Eh si', non sono attrezzato, qui a casa.

Thomas fa un attimo di pausa, poi riprende:

- Bene, Glenn, mi vuoi raccontare che cosa ti e' successo?

Glenn lo fissa. E si rende conto che non ha voglia di mentire. Non ha voglia di mentire a quell'uomo che lo guarda, attento e cordiale.

- E' una storia lunga, Thomas, maledettamente lunga.

- Io non ho fretta, Glenn.

Glenn fissa il viso assorto di Thomas.

- Vuoi proprio sapere tutto, Thomas?

- Si', Glenn, se hai voglia di raccontarmelo.

Glenn guarda la stanza, poi fissa di nuovo il viso di Thomas e si rende conto di aver gia' incominciato a parlare.

- Si chiamava Moreno, Moreno Fernandez. E forse hai letto qualche cosa sul giornale o hai sentito alla TV. La centrale di polizia di Portland nel fango. Colpa di uno stronzo di poliziotto che non e' stato zitto. Lo conoscevo bene, Moreno

La storia viene fuori tutta, non proprio in ordine, forse, ma completa, perche' piu' Glenn parla, piu' ha voglia di parlare, perche' i rari interventi di Thomas lo spingono tutti ad aprirsi senza remore. E dopo Moreno, l'aria irrespirabile alla centrale di polizia, la fuga verso il Wyoming e l'unico amico rimasto, viene fuori anche il crollo, la volonta' di morire, il motociclista, la radura.

Quando parla dell'invito del motociclista, della sua risposta, si sente un po' a disagio, ma nel viso sereno di Thomas non c'e' la minima condanna. C'e' solo un'attenzione assoluta, come di rado gli e' capitato di vedere. E Glenn non nasconde niente, perche' ormai e' sicuro che a Thomas puo' raccontare tutto.

Quando Glenn ha finito, non sa quanto tempo sia passato. Parecchio. In citta' non erano nemmeno le otto, alla radura sara' arrivato alle nove, a casa di Thomas non oltre le nove e mezzo. Da' un'occhiata all'orologio: sono le undici. L'attenzione di Thomas non e' mai venuta meno un attimo.

- Come ti senti ora, Glenn?

Come si sente? Bella domanda. Meglio, questo e' vero. Aver potuto parlare l'ha sollevato. Forse, se fosse andato da Bart ed avesse parlato con lui, si sarebbe risparmiato quella figura assurda. Ma e' stato bello confidarsi con Thomas.

Non ha risposto alla domanda.

- Va meglio, Thomas. Non mi sento piu' cosi' oppresso. Anche se non ho risolto niente.

- E come pensi di risolverlo?

Altra bella domanda, che lo forza a mettersi davanti al futuro. Ma ora la risposta gli appare chiara.

- Licenziandomi. Non posso andare avanti cosi'.

- Un poliziotto con la tua esperienza non fa fatica a trovare un altro lavoro. Ad esempio qui cerchiamo da tempo un poliziotto che sia in grado di gestire anche i problemi con i minori. C'e' una situazione complessa, che non sto a spiegarti. Io non sono all'altezza. Certo dipende dai legami che hai, se vuoi cambiare stato.

- Non ho nessuno in Oregon e piu' mi allontano, meglio e'.

- Allora puoi provare qui, se ti va. Ti prendono subito.

Si', puo' ricominciare, li' o da un'altra parte. Puo' ricominciare, questo ora lo sa. E forse quel posto non e' male, non gli spiace l'idea di lavorare con Thomas e Bart abita vicino. Voleva ammazzarsi ed ha trovato un nuovo lavoro. Buffa, la vita.

Parlano ancora un momento, Glenn ha voglia di conoscere un po' meglio Thomas, che gli risponde francamente.

- E vivi da solo?

- Si', non ho mai trovato l'anima gemella. Per noi gay non e' facile.

Glenn rimane un attimo a bocca aperta. Ma Thomas continua:

- E so benissimo di non essere il massimo. Da nessun punto di vista.

Glenn sorride.

- Come capacita' di ascoltare lo sei: non mi era mai capitato di aprirmi cosi', con uno sconosciuto, poi.

- E' piu' facile parlare con uno sconosciuto. In fondo domani puoi andartene ed in questo caso non ci vedremmo mai piu'.

Ora e' Thomas a sorridere.

- Domani puoi andartene, ma questa sera dormi qui, se non ti spiace, in primo luogo perche' non ho nessuna voglia di riportarti in citta' e poi perche' mi piacerebbe parlare ancora con te, con calma, domani. La mia proposta di lavoro e' molto seria.

- Grazie, Thomas. Se non ti da' fastidio, mi fermo volentieri a dormire qui.

Che cosa significa accettare quell'offerta? Thomas ci provera', questa notte? A Glenn l'idea da' fastidio, non perche' Thomas non gli piaccia. Gli piace molto, anche fisicamente: non e' mai stato attratto dai fotomodelli. Ma non accetta l'idea che Thomas lo abbia invitato a fermarsi solo per una scopata, una cosa del genere gli farebbe perdere un po' della stima che prova per lui.

- Benissimo, allora prepariamo il tuo letto.

Salgono al piano di sopra. Due camere ed il bagno. Entrano nella camera di sinistra. Anche questa, come tutta la casa, semplice ed accogliente.

Thomas tira fuori dall'armadio le lenzuola ed insieme preparano il letto.

- Non so se ti serve una coperta. Io a quest'epoca ne faccio a meno, ma sono peggio di una stufa. E poi tu non hai nemmeno il pigiama. Ti posso prestare

- Dormo senza, non c'e' problema.

- Allora quello che ti serve e' uno spazzolino da denti. Ed un asciugamano.

Dall'armadio Thomas tira fuori l'asciugamano. Poi entra nel bagno e ritorna con uno spazzolino nuovo, ancora chiuso nel suo astuccio.

- Sei attrezzato. Hai spesso ospiti?

- No. Ma preferisco avere una riserva di tutto. Sai com'e', farti venti miglia perche' ti sei dimenticato di comprare il dentifricio, non e' proprio il massimo. Hai bisogno d'altro?

Glenn scuote la testa e guarda Thomas. Ha bisogno d'altro, si', qualche cosa che forse Thomas potrebbe dargli, ma che Glenn non vuole chiedere. E non vuole nemmeno che Thomas gli offra. Assurdo, ma tutta questa serata e' assurda.

Thomas conclude:

- Qualunque cosa ti serva, chiamami: dormo come un ghiro, percio' non farti problemi a svegliarmi, tanto non appena torno a letto mi riaddormento.

- Mi fai vedere la tua camera?

E' una richiesta assurda? Tradisce il desiderio che Glenn prova? Desiderio di calore, piu' che di sesso. Glenn non lo sa. La risposta di Thomas e' semplice.

- Vieni.

Thomas apre la porta.

- Ecco, tutto qui.

Un letto matrimoniale e lo stesso, inconfondibile carattere di tutta la casa, quella semplicita' che non e' fredda, ma trasmette un senso di calore.

Glenn fissa il letto e mormora:

- Un letto grande

Si ferma, prova vergogna, vorrebbe ritirare quanto ha detto, ma non si muove dalla soglia.

Thomas lo guarda, sorride.

- Un letto grande, va bene per due, se e' questo che vuoi dire. A me piacerebbe molto non dormirci da solo questa notte, ma soltanto se davvero lo vuoi.

Glenn ricambia il sorriso.

- Direi che dovrebbe reggere i nostri due pesi

Il cuore batte di nuovo veloce, perche' quello che sta per succedere non e' una scopata senza domani. Se lo fosse, davvero Glenn partirebbe a cercare un grizzly per farsi sbranare. Thomas non puo' deluderlo, non ne ha il diritto. A Glenn piace troppo, quello che gia' prova per lui e' tanto forte da spaventarlo. Non e' un motivo sufficiente perche' Thomas non lo deluda, Glenn lo sa benissimo, ma e' il motivo che ha.

- Pero' prima mi faccio la doccia.

Glenn annuisce. Una bella doccia non fara' male neanche a lui.

Thomas si spoglia in un attimo, davanti a lui, sorridendo. E Glenn lo guarda. Sorride, gli sorridono anche gli occhi. E' ben piantato, con la pancia un po' abbondante. E' ben dotato.

Glenn ha aspettato che Thomas finisse di spogliarsi. Ora si spoglia anche lui, mentre Thomas lo guarda, continuando a sorridere.

Thomas gli si avvicina, gli accarezza una guancia con il dorso di due dita, poi avvicina le labbra a quelle di Glenn e lo bacia. C'e' molta delicatezza in quel bacio e Glenn ha l'impressione che qualche cosa risuoni dentro di lui, in un'area tanto profonda da non essere mai stata raggiunta prima. Di colpo Glenn ha paura, paura di quello che sta crescendo dentro di lui, di quello che il bacio di Thomas sta destando, paura di un sogno da cui non vorrebbe svegliarsi.

Ma le braccia di Thomas che ora lo cingono sono concrete, la bocca che si accosta nuovamente alla sua, la lingua che adesso si fa strada con decisione, la carezza improvvisamente brusca di quelle mani che si muovono, scendendo una verso il culo e salendo l'altra lungo la schiena, tutto e' reale, tangibile. E di nuovo, in questa sera in cui ha cercato la morte, Glenn sente il suo corpo ardere. Ma questa volta non e' solo il suo corpo ed e' questo che ancora lo spaventa. Ha la sensazione di aver lasciato cadere tutte le sue difese nel lungo dialogo con Thomas ed ora e', tra quelle braccia che lo stringono, davvero completamente nudo, senza piu' nulla a proteggerlo.

Vorrebbe dire che devono fare la doccia, vorrebbe trovare un appiglio che gli impedisca di piombare nella voragine, ma, sempre piu' sgomento, si rende conto che l'unica cosa che davvero vuole, e' precipitare.

Ed allora si lascia cadere, certo che tra quelle braccia che lo stringono non corre alcun rischio.

Thomas si stacca e lo guarda.

- Meglio farci la doccia ora o non la facciamo piu'. Ed io sono sudato come un porcellino.

Glenn annuisce, ma non si muove. Thomas gli cinge le spalle con un braccio, lo bacia di nuovo sulla bocca e lo porta con se' fino al bagno.

Nella doccia in due stanno stretti, ma che cosa c'e' di piu' bello che farsi la doccia insieme, insaponarsi a vicenda, baciarsi sotto il getto d'acqua, ridere quando il sapone scivola e diventa difficile chinarsi a raccoglierlo, sentire le mani dell'altro che sfiorano la pelle, si infilano in ogni angolo segreto, stuzzicano?

Per un momento Glenn si dice che faranno l'amore li', sotto l'acqua, ma Thomas chiude il getto, apre la porta della cabina doccia e lo avvolge in un grande telo. Incomincia ad asciugarlo, frizionando con decisione. Glenn lo lascia fare, poi ricambia il favore.

Ora sono di nuovo uno di fronte all'altro, asciutti. La doccia ha fatto effetto: sono tutti e due eccitati.

- Andiamo in camera.

Glenn si volta ed immediatamente le braccia di Thomas lo avvolgono, il corpo di Thomas preme contro il suo, una sbarra rovente si appoggia contro il suo culo.

Lo prendera' li', in piedi, nel bagno? Per Glenn va bene, qualsiasi cosa va bene, purche' quelle braccia non lo lascino, dopo, purche' a fasciarlo non sia solo il corpo di Thomas.

Thomas gli passa la lingua sul collo, poi dietro l'orecchio. Gli morde delicatamente il collo. Si stacca da lui, Glenn avverte che si e' inginocchiato e gli morde con decisione il culo, strappandogli un gemito. Morde di nuovo e poi ancora. La lingua scorre lungo il solco tra le natiche, fino all'apertura segreta, stuzzica un po', scende e Glenn sente la faccia di Thomas che preme contro il suo culo.

Le dita di Thomas lo stanno accarezzando dietro i testicoli, gli sfiorano le palle, poi di colpo se ne impadroniscono, e subito le lasciano, risalgono lungo l'asta tesa. Glenn geme nuovamente. Sta perdendo il controllo, come non gli era mai successo.

Thomas si rialza. Gli mette le mani sulle spalle. Lo spinge verso la camera. Di fronte al letto Glenn si volta e le loro bocche si incontrano di nuovo, i loro corpi si avvinghiano, le mani di Thomas gli tormentano il culo, la lingua di Thomas gli infiamma la bocca, la pressione del cazzo di Thomas contro il suo lo fa impazzire.

- Thomas!

Non sa perche' l'ha chiamato, il nome gli e' salito alle labbra.

Thomas e' in ginocchio davanti a lui. La lingua di Thomas gli accarezza l'uccello, la lingua di Thomas gli avvolge le palle. La lingua di Thomas. La lingua di Thomas.

Glenn ha chiuso gli occhi. Non e' in grado di vedere, non riesce a reggere le mille sensazioni che danzano dentro di lui.

Di colpo Thomas gli passa le braccia sotto le natiche e lo solleva, poi lo depone sul letto. Lo guarda sorridendo, in piedi davanti a lui. Glenn lo fissa. Pensa che Thomas e' magnifico e che il cazzo di Thomas e' la cosa piu' bella che esista, dopo il sorriso di Thomas.

Thomas si dirige verso il mobile che sta su una parete, apre un'anta, poi un cassetto interno e nella sua mano appaiono due preservativi.

Glenn sorride. Lui usa sempre i preservativi, ma questa sera non ha detto nulla: prima perche' pensava che sarebbe morto presto, adesso perche', assurdamente, lo sa, si rifiuta di credere che Thomas possa fargli del male, anche involontariamente. Questa sera non ha richiesto sesso sicuro, ma ci hanno pensato gli altri.

Thomas posa le due buste sul comodino, poi si stende di fianco a Glenn ed incomincia ad accarezzarlo. Carezze leggere, rudi, brutali. La lingua che solletica, i denti che mordono.

Glenn lascia fare, solo ogni tanto le sue mani o la sua bocca rispondono alle mani o alla bocca di Thomas. E' troppo stordito, troppo eccitato, troppo felice. Si lascia amare, felice di essere amato. Perche' la sensazione, tanto assurda quanto forte, e' di essere davvero amato, amato da Thomas che poche ore fa non sapeva nemmeno della sua esistenza. Ma in quel momento Glenn e' sicuro che Thomas lo ama, come lui lo ama.

Thomas non ha fretta, Glenn neppure: gli sembra di veleggiare in un oceano infinito, senza tempo.

Thomas e' sopra di lui. Thomas e' pesante ed e' bello sentire quel peso che lo schiaccia. Thomas gli morde una guancia, Thomas gli accarezza i fianchi, Thomas gli morde un orecchio, Thomas gli accarezza la testa, gli passa una mano tra i radi capelli cortissimi, Thomas lo bacia sugli occhi, Thomas, Thomas, Thomas.

Glenn lascia che Thomas alimenti l'incendio che lo avvolge.

Thomas scivola di lato, lo volta su un fianco, lo stringe a se', lo accarezza, le mani scorrono lungo tutto il corpo di Glenn e sono altre fiamme che lo consumano.

Thomas guida il corpo di Glenn a stendersi a pancia in giu'. Ancora la lingua di Thomas sulla schiena, tra i fianchi, fino all'apertura.

Di colpo Glenn si rende conto che il desiderio e' divenuto intollerabile. Geme:

- Si'!

Ancora la lingua, spietata, poi un dito umido, due dita, che accarezzano, solleticano, si infilano. Un attimo di pausa, in cui Thomas si infila il preservativo. Poi ogni contatto tra i loro corpi viene a mancare.

Ed il carbone ardente che entra dentro di lui, facendolo nuovamente gemere, il corpo di Thomas che si abbandona sul suo, la sensazione meravigliosa di quel peso che lo inchioda al letto, lo scivolare in avanti, senza pieta', del cazzo di Thomas.

Glenn geme, ma e' piacere puro. Ancora carezze, morsi e poi le spinte, in un crescendo che stordisce Glenn. Una mano di Thomas che passa sotto il ventre di Glenn e gli stringe con vigore l'uccello. Spinte sempre piu' decise, interminabili, fino a che vengono entrambi, prima Glenn, poi Thomas, in un parossismo di piacere.

Glenn e' stremato, ha goduto come non gli era mai successo. Ma non e' quello. Non e' solo quello. C'e' molto di piu'.

Sente dentro di se' l'uccello di Thomas, sopra di se' il corpo di Thomas. Vorrebbe rimanere per sempre cosi'.

Thomas lo bacia, molte volte, sul collo, sulla guancia, sui capelli.

Poi scivola di lato.

Ora sono uno di fianco all'altro. La mano di Thomas gli ha preso la sua e la accarezza.

C'e' un lungo silenzio, di pace, di benessere, di gioia.

 

Infine la voce di Thomas rompe il silenzio.

- Mi piaci moltissimo, Glenn, mi piaci da impazzire. Non credevo che un uomo potesse piacermi tanto.

Glenn prova di nuovo paura. Non e' possibile che Thomas gli stia dicendo esattamente quello che lui prova per Thomas.

Thomas prosegue:

- Non ti stupire, Glenn. In fondo mi sono un po' innamorato di te la prima volta che ti ho visto.

Glenn ride, ma nell'allegria della sua risposta c'e' una gioia sconfinata.

- Qualche ora fa, che mi reggevo i pantaloni con le mani dietro la schiena? Ti piacciono i film comici?

Thomas lo accarezza sulla guancia e Glenn si sente sciogliere. Thomas gli ha regalato in due ore piu' tenerezza di quanta ne ha avuto in tutta la sua vita adulta.

- Non qualche ora fa, quasi due anni fa, a Denver. Avevano organizzato un corso di formazione per poliziotti sulla criminalita' minorile. Io ne avevo i coglioni pieni, sentivo snocciolare numeri e dissertare illustri dottori e pensavo ai problemi di tutti i giorni qui. Loro erano sulla Luna ed io qui in Wyoming. O viceversa, non cambiava. E poi sei arrivato tu. Eri su un altro pianeta, rispetto a quelli, sul mio pianeta. Parlavi, raccontavi i problemi che avevate, come li affrontavate, i successi, gli errori, le sconfitte e tutto quello che dicevi aveva un senso preciso, mi riportava ai problemi che non riuscivo ad affrontare. Mi bevevo ogni tua parola. E mi piacevi, cazzo, se mi piacevi. Avevi delle cose da dire, tu, cose reali, ed io non volevo perdere una sillaba. E neanche gli altri: non so se te ne sei accorto, quella volta, ma quando parlavi tu nella sala si sarebbe sentito una mosca volare.

Glenn non ha detto nulla. Non dice nulla nemmeno ora che Thomas si e' fermato. E' paralizzato. Thomas lo conosceva! Quindi, quando l'ha visto

Thomas continua:

- E poi, tu parlavi di ragazzi, non di grandi teorie. Ascoltandoti, mi veniva in mente un vecchio slogan delle campagne sull'AIDS: "Una persona con l'AIDS non e' un problema, ha un problema". Ecco, il tuo approccio era quello. E mi sei piaciuto da impazzire. Alla fine del tuo intervento avrei voluto avvicinarmi a te e parlarti, ma si sono avvicinati in molti ed io non me la sono sentita. E sono rimasto li' a guardarti e mi sei piaciuto ancora di piu', perche' mentre parlavi con chi si rivolgeva a te, non eri uno di quei dottori che distribuivano sapienza dall'alto, eri uno che si metteva sullo stesso piano.

Glenn ha recuperato la lucidita', o quasi: le dita di Thomas, che gli sfiorano le labbra, scivolano su una guancia, gli solleticano la pelle scorrendo tra i peli sul culo, quelle dita lo stanno facendo sciogliere.

- Thomas, mi hai riconosciuto subito?

Thomas ha il viso voltato verso di lui e lo guarda sorridendo. Ma c'e' un briciolo di inquietudine in quegli occhi.

- No, non avevo bisogno di riconoscerti. Sapevo gia' chi eri.

- Cosa vuoi dire?

- Avevo letto il tuo nome sui documenti. Ed ero rimasto senza parole.

- Sui documenti? Ma i documenti me li ha presi il motociclista Thomas, che cazzo significa tutto cio'?

Thomas lo guarda. E' un po' teso.

- Lascia che io ti stringa, mentre ti racconto tutto.

Glenn e' curioso, frastornato, forse irritato. Ma in quella richiesta c'e' una nota di sofferenza, quasi una supplica e poi, ormai non c'e' nulla che desidera di piu' al mondo che farsi stringere da quelle braccia.

I loro corpi aderiscono, le loro facce sono vicinissime e Thomas sorride ancora. Poi riprende:

- Ora che non mi sfuggi piu', ti racconto tutto. Dick, Richard, il motociclista, ha finto di accettare la tua proposta ed e' subito venuto da me. Aveva gia' deciso tutto ed il suo piano mi e' sembrato buono: se tu avessi cambiato idea davanti alla possibilita' di essere davvero ammazzato, bene; altrimenti avrebbe fatto quello che ha fatto. Ti ha mollato li' ed e' ritornato al bivio, dove io lo aspettavo. Mi ha dato i documenti, la carta di credito ed il portafogli. Ho tutto nella tasca della giacca. Io ho guardato chi eri: volevo avere un riscontro, essere sicuro che non mi mentissi quando ti avrei incontrato. Sono rimasto allibito quando ho visto il tuo nome. Poi mi sono messo alla ricerca dell'aspirante suicida.

Glenn e' rimasto senza parole. Non perde una sillaba, ma la sua testa sembra rifiutarsi di accettare.

- Vuoi dire. Il motociclista, Dick, era d'accordo con te Ma perche' tutta quella messinscena? Far finta di accettare

- Se lui ti avesse detto di no, tu avresti potuto cercare qualcun altro. E magari trovarlo. O anche solo gettarti in un dirupo.

Glenn scuote la testa, ancora incredulo. Poi mormora:

- Quindi hai tu tutto, documenti, soldi

- Ah, i soldi non ci sono tutti. Dick si e' tenuto cento dollari. Dice che la sua come dire insomma, una marchetta si paga. Cento dollari secondo lui erano un prezzo onesto.

Glenn ride. Non ride per i cento dollari, ride per tutto. Ride per la figura da idiota che ha fatto, ride per la scena comica di cui e' stato protagonista, ride perche' e' felice.

- Se a lui devo cento dollari, a te quanti ne devo? Mille?

Thomas e' serissimo ora, non c'e' sorriso ne' sulle sue labbra, ne' nei suoi occhi.

- Io vorrei molto di piu', Glenn. Io voglio te. Non ho molto da offrirti, in cambio, ma tutto quello che ho e' tuo.

Ed ancora una volta, in questa sera irreale, il cuore di Glenn accelera i suoi battiti, ma l'emozione che lo fa correre non e' piu' la paura. Il sorriso scompare e la sua voce sembra esitare.

- Se tu appartieni a te stesso, allora facciamo un cambio, alla pari. A me va bene. Io mi prendo te e tu ti prendi me.

Cerca di nascondere quello che sta provando, con una prosecuzione scherzosa:

- Non credo che tu faccia un buon affare

Ma Thomas sorride appena. E la sua risposta ignora la battuta di Glenn:

- Io non mi appartengo piu'. Io appartengo a te.

Sono parole forti, dirette. Glenn non e' abituato a sentirsi parlare cosi'. Glenn non e' abituato a parlare cosi'. Nessuno gli ha mai detto nulla del genere. E forse e' meglio cosi', forse e' meglio che Thomas sia il primo, perche' solo nella sua bocca quelle parole suonano sincere.

Glenn non risponde con le parole, ma con una carezza. Rimangono ancora a lungo cosi', poi Thomas gli sussurra:

- Senti, sono le due. Ci mettiamo a dormire. Ti va bene se ci svegliamo alle cinque? Voglio portarti nel mio angolo segreto.

- Alle cinque di mattina?

- Considerando un po' di colazione e la marcia, saranno le sei, anche dopo, quando ci arriviamo. Ma non voglio anticipare niente. Ti va?

A Glenn andrebbe benissimo anche partire subito per attraversare il Sahara a piedi o l'Atlantico a nuoto: se e' con Thomas, va benissimo.

- Non chiedo di meglio.

Il sonno non tarda molto: e' tardi, le ore al volante sono state tante, le emozioni sono state intense, le braccia di Thomas sono forti, il corpo di Thomas e' una coperta che lo avvolge e lo difende.

Abbandonarsi al sonno cosi' e' dolce ed anche il risveglio e' dolce, nonostante il suo corpo gli dica che vuole dormire ancora. Perche' le carezze di Thomas sono il modo migliore per svegliarsi.

- Sei pronto?

- Si'.

- Bene, dieci minuti per lavarti e vestirti. Poi mi raggiungi in cucina e facciamo colazione. La nostra prima colazione insieme.

Thomas lo bacia sulla nuca, poi scivola via. Glenn si alza e si prepara.

Tre ore di sonno dopo un'intera giornata in auto, un tentativo di suicidio ed altre attivita' piu' gradevoli non sono il massimo, ma far colazione con Thomas e' una tale meraviglia, che Glenn si sente bene come non gli capitava da tempo, come gli sembra che non gli sia capitato mai.

Thomas gli chiede che cosa vuole mangiare e Glenn lo guarda, incapace di rispondere. Thomas scoppia a ridere e ripete la domanda. Glenn risponde, ma non smette di guardare Thomas. E' vero, non e' un sogno!

Mezz'ora dopo sono in auto, ma dopo dieci minuti di strada Thomas parcheggia in una piazzola e prendono un sentiero che ben presto si perde. Glenn si muove con sicurezza nel bosco, anche se non c'e' nessuna traccia. Salgono per mezz'ora ed arrivano su una cresta. Sotto di loro c'e' un lago, ma Thomas si dirige in direzione opposta, scendendo in un valloncello.

Arrivano infine in un punto in cui la vegetazione e' molto fitta. Thomas ha con se' una coperta e, tenendola stretta, si accovaccia per infilarsi sotto l'intrico di arbusti. Glenn lo segue. Superati gli arbusti c'e' una piccola radura ed al fondo, oltre le foglie di altri arbusti, si intravede un altro laghetto.

Thomas allarga la coperta, la appoggia per terra e si distende, pancia in giu', la testa verso lo specchio d'acqua.

- Qui. Cosi'.

Glenn si mette di fianco a lui. Davanti ai loro occhi c'e' uno spazio che permette di vedere il lago.

Thomas gli sussurra:

- Ed ora, silenzio!

Rimangono cosi', stesi uno di fianco all'altro, per forse venti minuti. Glenn non sa che cosa stanno aspettando, ma si sente bene, di fianco a Thomas. Sono spalla a spalla ed e' piacevole starsene cosi'.

Un rumore di foglie smosse proviene dalla macchia di vegetazione oltre il lago. Le fronde si aprono ed emerge un alce, un magnifico esemplare di maschio, dalle grandi corna. Glenn non ha mai visto un alce maschio. Femmine si', due o tre volte, a Yellowstone ed a Jaspers, ma un maschio mai.

L'alce entra nell'acqua del laghetto, che gli arriva poco sopra l'attaccatura delle gambe. Poi immerge la testa. L'estrae e la scuote energicamente. Gocce d'acqua schizzano da tutte le parti.

A Glenn quasi viene da ridere.

L'alce ripete l'operazione tre volte, mentre Glenn guarda, con la sensazione di essere dentro ad un film naturalistico.

L'alce cammina nell'acqua, tenendosi vicino al bordo, poi risale sulla riva e scompare tra la vegetazione.

Thomas si accosta a lui. Gli parla nell'orecchio.

- Il film naturalistico e' finito, era un documentario breve. Se vuoi pero', si puo' passare ad un film porno, categoria XXX.

Glenn ride.

- Mi sembra un'ottima idea. Che film e'?

Thomas gli mordicchia l'orecchio, poi riprende:

- Non so, e' uno di quei film scadenti in cui attori non professionisti improvvisano. Ma e' della serie "I due poliziotti".

- La mia preferita! Spero che sia bello come quello che hanno fatto ieri sera. Che episodio e'?

La lingua di Thomas sta esplorando l'orecchio di Glenn.

- Non so. Potrebbe essere "Sotto il cespuglio" oppure "Al laghetto".

Glenn ridacchia. Quella lingua e quei denti che lo solleticano risvegliano in lui un desiderio forte e provoca Thomas:

- Non mi sembra un film porno.

La lingua gli percorre la guancia, gli sfiora la bocca.

- Preferisci "In culo al poliziotto"?

Glenn sente la tensione salire e gli sembra che persino la sua voce sia divenuta roca, quando risponde:

- Bello. Che parte mi tocca?

Thomas gli ha morso la nuca, poi la lingua lo accarezza dietro l'orecchio.

- Quella che preferisci.

Che cosa preferisce? Glenn lo sa benissimo.

- Il protagonista. Quello che se lo prende in culo.

Si', e' quello che preferisce, anche se di solito gli tocca l'altro ruolo, perche' il fisico virile attrae soprattutto quelli che amano farsi possedere.

Thomas sale su di lui, Glenn avverte nuovamente quel peso familiare, che ridesta l'incendio. Le labbra, i denti e le mani di Thomas fanno il resto.

Il peso scompare, Thomas lo volta ed incomincia a spogliarlo. Glenn ce l'ha gia' duro come una sbarra di ferro e non si stupisce, quando Thomas si cala i pantaloni e le mutande, di vederlo nella stessa situazione. E' bello guardare il corpo massiccio di Thomas che lo sovrasta. E' bello guardare quel cazzo superbo e pensare che tra poco gli entrera' nel culo. Dal taschino della camicia, che ora giace a terra insieme agli altri abiti, Thomas ha estratto la solita busta. Glenn gli porge la mano e Thomas gliela da', sorridendo. Glenn scarta il preservativo e lo avvicina alla cappella di Thomas. Lo appoggia ed incomincia a srotolarlo con cautela, approfittandone per accarezzare quel bell'esemplare di uccello.

Quando ha finito, Glenn si volta a pancia in giu' e divarica appena le gambe. Non molto, gli piace sentire che l'ingresso viene forzato. Le dita di Thomas preparano la strada, poi lo spiedo infilza Glenn: benche' Thomas si muova con cautela, la pressione e' leggermente dolorosa, ma e' esattamente quello che Glenn vuole. Gli piace quella mistura di sofferenza e piacere.

Rimangono un buon momento cosi', poi Thomas da' il via alla danza. Il movimento di Thomas dentro di lui diviene presto un vortice che avvolge Glenn, con un ritmo sempre piu' rapido. E nella vertigine di abbandono, Glenn perde ogni freno. Geme, mormora il nome di Thomas. La cavalcata sembra non avere mai fine, la cavalcatura e' lanciata al galoppo e vorrebbe non arrestarsi mai, mai. Ma i colpi dello sperone diventano sempre piu' forti e Glenn viene. Poco dopo, sente Thomas lanciare una specie di grugnito ed abbattersi su di lui.

- Ti amo, Glenn.

Glenn e' stordito dal piacere, da quel corpo che pesa su di lui, da quell'uccello che lo riempie. Non risponde, non e' in grado di farlo.

Solo quando Thomas esce da lui e gli si stende di fianco, Glenn riesce a dire:

- Anch'io ti amo, Thomas.

Rimangono stesi sulla coperta, a guardare il cielo e le fronde degli alberi sopra di loro, a guardarsi.

E' bellissimo stare sdraiati cosi', sentire la mano forte di Thomas che stringe la sua. Glenn si chiede se non e' tutto un sogno, perche' non e' possibile che la sua vita sia cambiata in questo modo in poche ore.

 

In quel momento c'e' un forte rumore di rami smossi ed il grizzly appare nella radura. Il corpo di Glenn si tende. L'orso e' a pochi metri, inutile cercare di fuggire. Una paura folle si impadronisce di Glenn, paura che quell'orso si avventi su di loro, che li azzanni, che colpisca Thomas. Vorrebbe sollevarsi, stendersi su Thomas, proteggerlo con il proprio corpo.

La voce di Thomas lo ferma. E' solo un sussurro, ma il tono e' tranquillo.

- Non ti muovere, Glenn. Non hai niente da temere.

Glenn rimane immobile. L'orso si avvicina a lui. Glenn tira un sospiro di sollievo, perche' Thomas non e' direttamente minacciato, ma quel muso che si avvicina, che ora gli sfiora una gamba, risale, si sporge per annusare una zona quanto mai delicata (-Questo no! - pensa Glenn), risale ancora, quel muso e' troppo inquietante.

- Tranquillo, Glenn.

La voce e' appena udibile, ma in qualche modo calma un po' la paura di Glenn.

Il muso dell'animale e' quasi contro la sua faccia, ora. Per un attimo interminabile l'orso gli annusa il collo e Glenn sente il suo alito, ma il pollice della mano che stringe la sua incomincia ad accarezzarlo e quel dito, che appena sfiora il dorso della sua mano, riesce a contenere la tensione.

L'orso volta la testa, sembra dare un'occhiata a Thomas, poi si volta e si allontana trotterellando.

Glenn respira sollevato.

- Mi spiace, Glenn. Non pensavo che il vecchio Rusty venisse a trovarmi oggi. Non era nel contratto del film naturalistico, ma spesso lavora gratis. L'alce si fa pagare caro.

Glenn guarda Thomas. Non dice niente, non e' sicuro di riuscire a controllare la propria voce. Thomas prosegue:

- Lo incontro ogni tanto, qui al laghetto. La prima volta mi sono spaventato anch'io, poi abbiamo fatto amicizia.

La voce di Glenn e' abbastanza ferma, ora:

- Avra' fatto amicizia con te, ma e' me che ha annusato.

- Certo, voleva sapere se eri l'uomo adatto per me.

- E se decideva che non lo ero?

- In questo caso oggi l'orso mangiava carne.

Thomas lo guarda sorridendo. Prosegue:

- Ma e' un orso intelligente.

Glenn ora ride. La tensione si scioglie.

- Si', e se mi mangiava, dicevi che tanto non ero l'uomo giusto per te.

Thomas aggrotta la fronte:

- Se ti mangiava, ti facevo la multa. E' proibito dar da mangiare agli orsi!

 

 

Ferdinando Neri, autore de "I quattro re" (Zoe) e "Cerro del Diablo" (illustrato da Viste e pubblicato sul suo sito), puo' essere contattato all'e-mail ferdinandoneri@yahoo.it. Il suo sito e' http://xoomer.virgilio.it/ferdinandoneri

Ferdinando Neri


ORSI ITALIANI MAGAZINE

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