ORSI ITALIANI MAGAZINE




ATTENZIONE / NOTICE

Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto omoerotico: e' pertanto riservata a persone maggiorenni

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Un giorno a Kabul

Un racconto di Orsardo


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.



L’urlo delle sirene moriva gorgogliando non appena le ambulanze si arrestavano nel cortile del prontosoccorso dell’ospedale.

Subito nugoli di infermieri traslavano i feriti sulle barelle e correvano dentro, informandosi concitati sulla gravità dei barellati.

La situazione di Bruno era risultata, già dall’inizio, molto poco grave: per questo era stato quasi dimenticato lì, nel corridoio d’entrata.

Ogni tanto qualcuno gli si avvicinava, subito richiamato dagli altri per qualche urgenza, e Bruno, che, in effetti, si sentiva soltanto stordito e ammaccato, cercava di ricordare cosa era successo, mentre si godeva quella sorta di limbo di grida e di suoni che lentamente lo fecero addormentare.

Si svegliò, senza sapere quanto tempo fosse passato, quando una mano esperta gli aveva infilato qualcosa di gelido sotto l’ascella e aveva posato una mano fresca sulla sua fronte.

L’infermiera era molto giovane e teneramente gli chiese come stesse.

“Mi sembra... non molto male... e i miei compagni... come stanno?”

“Beh... stessero tutti come lei! C’è qualcuno grave... e qualcuno così, così!”

E Fabio? Ha visto il mio... collega Fabio: un biondo, alto... sui trenta?”

“Non so ... non so!” Facendo sfrigolare le ruote, la ragazza spingeva veloce la barella, mentre guardava da vicino la piccola colonna di mercurio: “Bene! Ora la porto al reparto e fra un po’ verrà il dottore, dopo che avrà visitato tutti i feriti gravi. Cercherò di sapere come sta il suo amico...”

Cos’era successo? Faceva fatica a ricordarlo, gli sembrava che tutto filasse come sempre, quando, all’improvviso, come un tuono a ciel sereno, l’autoblindo aveva fatto un salto e tutti erano stati sbalzati sulla strada e sul campo.

Poi un silenzio assurdo, rotto dai lamenti e dallo sfrigolio della carrozzeria dell’auto che lentamente bruciava.

Le altre macchine del convoglio avevano fatto subito ritorno, mentre venivano invocati i soccorsi.

Poi, probabilmente svenne, per riprendersi poi, disteso e legato sul lettino dell’ambulanza che ululava per le strade sconnesse di Kabul.

Ora, da solo, cercava di ricordare Fabio. Era accanto a lui, come sempre, ma dopo l’impatto non l’aveva più visto.

Fabio. Erano da subito diventati amici, amici inseparabili.

Sempre insieme, ma senza far nulla, anche se lui, Bruno, spesso si era accorto che quella vicinanza lo turbava e la lunga astinenza lo aveva spesso fatto desiderare una qualche forma di promiscuità con l’altro.

Cosa impossibile perché il bel Fabio continuava a parlare di donne e di quel paio di mezzecalzette che, a Caserta, lo aspettavano. Ne era geloso e spesso si adombrava quando quello entrava in racconti scabrosi sulle due ragazze.

Ma taceva e sfogava da solo tutta la carica erotica che lo turbava.

Fabio era il pensiero fisso che gli tormentava le notti e che non lo lasciava finché non ricorreva alla solitaria pratica d’amore.

Ma era sempre così: non appena pensava a lui, gli si intostava tra le gambe finché la mano non gli portava la quiete.

Tornò l’infermiera con una tazza di brodo e, sorridente, gli annunciò che Fabio stava abbastanza bene, che era solo ferito agli arti inferiori e che lo salutava.

Felice, sorseggiò il liquido caldo, cercando di gustare il vago sapore di patate e di, forse!, prezzemolo che sprigionava.

La ragazza portò via il recipiente vuoto, annunciando che il dottore sarebbe venuto ancora più tardi.

Venne, che era già buio: “Io, Olaf di Norvegia” poi, gli palpò un po’ le spalle, gli diede una pillola con un po’ d’acqua e, con il suo pessimo inglese, asserì che sarebbe tornato, più tardi.

La pillola o anche il pensiero che Fabio stava bene, ben presto fecero effetto e si assopì.

Quando si riprese, tutto era silenzio. Vaghe luminescenze azzurre illuminavano gli ambienti: facendo molta attenzione ai propri movimenti, si trascinò fino al locale servizi: lo specchio gli restituì l’immagine di un viso un po’ tumefatto, ma nel complesso non male, e di una schiena, vagamente chiazzata di blu.

Tutto bene, in fondo. Seduto sulla tazza, ben presto l’ingombrante uccello pretese la carezza della mano.

Ma decise di tornare a letto, tanto la sua, più che una stanza, era la fine di un corridoio, separato da un fragile compensato e da una tenda dal resto ed era una sorta di ripostiglio, quasi tutto occupato dal letto e, là, da solo, avrebbe potuto ritrovare comodamente il piacere che il ricordo di Fabio gli suggeriva.

Si adagiò sopra le lenzuola e, dopo essersi stiracchiato, cominciò ad accarezzarsi.

Verso il soffitto svettava imperiosa la sua virilità.

Iniziò a fantasticare di Fabio, mentre la carezza si faceva pressante.

Immaginavo che stesse bene, ma non credevo che stesse già così bene!” disse, scostando la tenda, il dottore nel suo stentato inglese.

“Continui, continui pure!” ma vedendo l’imbarazzo di Bruno e il suo tentativo di nascondere a due mani la propria erezione, continuò:

“Se le fa male, vuole che l’aiuti io?” 

Io... io” Bruno balbettava imbarazzato e deglutiva, poi vedendo l’altro che dirigeva la propria mano sul fallo teso, continuò: ”A me piacciono le donne”, ma era, anche lui, poco convinto.

Si’, anche a me. Ma preferisco i militari.” E continuò a sorridergli.

Bruno, questo non se lo aspettava!Mi piaci molto e vorrei giocare un po’con te.”

Lui cercò di nascondere sotto le mani il proprio pene che proprio non tendeva a addormentarsi.

Anche al medico la cosa non era sfuggita.

Passando la sua mano su quelle del ragazzo un paio di volte, provò a forzarne la resistenza.

Una mano ricadde sul lenzuolo scoprendo la favolosa peluria corvina.

L’erezione, ora, era nascosta solo dall’altra mano.

Gliela afferrò e il turgore segreto si svelò per intero.

Portando il palmo della mano alla bocca, lo baciò e ne annusò l’odore.

Sembrava che il suo membro attendesse la sua bocca.

Bruno cominciò ad ansimare, ad accelerare il respiro mentre la testa del dottore lentamente scendeva verso il suo pube.

Gli afferrò delicatamente le palle e la base del pisello, poi si avvicinò a bocca aperta.

Il contatto della mano lo faceva gemere, ma il medico continuò ad avvicinarsi sempre di più fino a percepire un certo cambiamento di aroma: il buon sapore d’uomo.

Arrivato a pochi centimetri, ci respirò sopra.

Le cosce di Bruno ebbero, come le valve di un’ostrica disturbata da un predatore, uno scatto, subito controllato dalla mente che voleva, desiderava ardentemente qualcosa che non osava confessare neppure a se stessa.

Bruno gemeva mentre il dottore si affondava la mazza nella bocca umida e calda.

I gemiti si fecero piu’ forti ed incontrollati. Le mani afferrarono i capelli dell’altro e gli massaggiavano la nuca mentre la lingua del dottore godeva del turgore e del torrido calore della cappella.

Bruno ansimava, gonfiava il torace, gemeva, si contorceva come se fosse sulla sedia elettrica.

Rovesciava la testa, mordendosi le labbra e strizzava gli occhi. -Si ... si!!- Gemeva Bruno, mentre la lingua di Olaf faceva scempio della sua cappella.

Sto venendo... ti prego continua...”

Ed ecco che gemiti più decisi e colpi di reni più’ secchi avvertirono entrambi che, ben presto, ci sarebbe stata un’alluvione bianca.

Il dottorino si preparò in cuor suo, ad accoglierla per non mandarne sprecata neppure una goccia.

Infatti, per alcuni interminabili secondi il nettare bianco e cremoso scese nella sua gola finché la deglutì tutta.

Bruno, finalmente, si lasciò andare sul letto rilassato, mentre l’altro cominciò a masturbarsi.

Come fosse contro la propria volontà, il malato disse al dottore:

“Aspetta... vuoi che... ti aiuti?” e si meravigliò, lui per primo, del coraggio che aveva avuto nel denunciare il proprio desiderio che teneva, di solito, nascosto anche a se stesso.

Sei stato molto bravo, dottore.”

Vuoi farmi anche tu un pompino?”

E gli si avvicinò, menandoselo. Lui si sporse verso l’altro che lo aiutò a togliersi la maglietta: ora era completamente nudo, con lo sguardo perso nella virilità dell’altro, la cui erezione era sempre più vicina alla sua bocca, il suo respiro era tornato affannato e il dottore non ce la faceva più.

Si sentì sfiorare il sedere dalle dita, mentre Bruno prendeva in bocca una delle palle, massaggiandola con la lingua: era una sensazione bellissima e avrebbe voluto sentire quella bocca su tutto il corpo.

Il dottore, rovesciando il capo all’indietro posò le mani sulla spalle rocciose del ragazzo, gustandone anche il collo taurino e vibrante.

Benché fosse realmente la prima volta che il ragazzo faceva un pompino, il suo desiderio era antico e labbra e lingua lavoravano con vero piacere: il dottore, allora, allargò le gambe il piu’ possibile mentre sentiva le dita artigliargli le natiche, sfiorargli il buco e accarezzarlo fra le gambe.

Bruno, mi fai impazzire, sto per venire.”

L’altro, imperterrito, proseguiva nel pomparlo e Olaf non resisteva più.

Finalmente il piacere giunse al massimo e gli riempì la bocca del proprio piacere.

Bruno si riempì la bocca e lo invitò con i gesti a condividere il seme con lui.

Si abbracciarono e si baciarono lungamente, ma il pene del ragazzo era ancora in tiro e Olaf lo afferrò con vigore: “Scopami Bruno!”

Per non farlo affaticare, il medico sciolse la cintura del pigiama, facendo scivolare a terra i pantaloni, poi montò sopra il letto per farsi inchiappettare a smorzacandela.

Lo sentì duro come pietra, allora si afferrò le natiche e se le allargò, mentre la punta cominciava a perforarlo.

Il bruciore era fortissimo, ma non gli importava.

Bruno lo stava possedendo come una troia in calore.

I suoi capezzoli erano turgidi e rosati e il dottore s’inumidì i pollici con la saliva e li sfiorò ripetutamente prima di stringerli e pizzicarli.

Il ragazzo, beato, portò le mani dietro la nuca sorridendo. In quella posizione mostrava tutto il suo fisico bellissimo e Olaf si sentiva agonizzante.

Le mani scivolavano sui suoi pettorali ansimanti.

Lui gli afferrò le cosce.

L’uomo sentì le mani stringerlo convulsamente e capì che era quasi sul punto di svuotare i suoi lombi dentro di lui.

Sentendo dentro di sè il flusso caldo che lo appagava, si lasciò cadere sul corpo dell’altro e, ben presto, si assopirono entrambi esausti.