ORSI ITALIANI MAGAZINE


Magic Bear

Un racconto di Fluxbear


La palestra di Umberto aveva aperto a poche traverse da casa mia. Fu uno stupore per me, passando per il solito itinerario che mi portava alla stazione per il quotidiano viaggio verso l'universita', vedere l'insegna di quel nuovo locale, recante il fin troppo noto logo dell'impronta di un orso da un lato, e la figura di un muscoloso plantigrade dall'altra, ai margini del nome della palestra: Magic Bear. Avrebbe potuto essere una banalissima coincidenza, giacche' non è un'idea cosi' peregrina associare alla forza fisica l'immagine di fieri e forti animali, tra cui appunto l'orso, ma non sentii di scartare l'ipotesi che il proprietario appartenesse alla mia spiecie, o l'ammirasse, almeno finche' non avessi potuto constatarlo io stesso. Iscrivermi avrebbe significato venir meno alla mia professione di pigrizia integrale, ma cercai di farmi forza rammentando i lati positivi del frequentare una palestra, cosa che fui costretto a fare qualche anno prima dalla mia famiglia, preoccupata per il mio peso e la mia salute. E mi venne subito in mente la teoria di uomini nudi che attraversava il corridoio delle docce, i loro cazzi penduli che sotto il getto d'acqua calda si rinvigorivano in un accenno di erezione, il manto di peli di alcuni di loro, prima attaccato alla pelle dal sudore e dall'acqua, poi riccio e soffice, appena asciutto. Certo, a quei tempi, quando ancora non conoscevo il sesso, quelle figure avevano per me un significato assoluto, riempivano la mia memoria di sensazioni quasi tangibili. La varieta' di corpi mi consentiva di immaginare ogni tipo di situazione: c'erano ragazzini della mia eta', da me cosi' diversi, sottili e lisci come ombre, cui nemmeno il pomo d'adamo dava l'impressione di virilita', venuti li' per acquisire una sostanza corporea, atleti depilati, o ancora padri di famiglia appesantiti dagli anni. Ad ognuno tributavo un pensiero, il gesto avido di una succhiata di cazzo, lo sforzo ardente di penetrare un buco vergine e stretto, o il languore di un bacio confuso nel vapore. Ogni singola goccia del mio seme, sparso di notte nel letto, era per loro. Avevo 16 anni allora, ma il mio corpo era gia' quello di adesso: avevo cominciato a radermi a undici anni, e questo aveva reso la mia barba gia' ispida e folta come quella di un adulto, scintillante di riflessi rossicci. Lasciai che crescesse, invecchiando il mio volto, e mascherando perfettamente il mio doppio mento. Non lo sapevo ancora allora, ma ero, come ora, un big bear: alto 1,85, dalla struttura ossea possente, che reggeva bene la ciccia soda ricoperta di folto pelo lanuginoso, piu' denso sulle spalle e sul seno, da cui spuntavano due larghi capezzoli rosei, pronti a corrugarsi e arrossarsi sotto la punta delle dita o della lingua. L'attivita' fisica, allora, contribui' a irrobustirmi, dandomi la forma gradevole di un giocatore di rugby, sebbene in alcun modo avessi rinunciato alla mia pancia e alle mie tette. Se dunque avessi deciso di rientrare in una palestra, certamente ora non mi sarei fermato a guardare e immaginare, e dunque avrei dovuto scoprire se davvero quel riferimento all'orso fosse qualcosa di vero, senza perdere tempo prezioso.

Qualche giorno dopo, nel pomeriggio, indossai la tuta che di solito mettevo in casa per stare piu' comodo, lasciando la zip abbondantemente aperta sul petto, e bussai alla porta della palestra, nulla di piu' della porta di una veranda, quasi interamente occupata da un vetro trasparente, per poter subito vedere chi chiedesse di entrare. Il receptionist era girato di spalle, e stava bevendo da una bottiglietta: quando si giro' per vedere, fu colto da vari colpi di tosse, come afflitto da qualcosa che gli fosse andato di traverso, sorpreso nel vedermi. Quando si calmo', si sedette, preparandomi un tesserino d'abbonamento, ma il suo modo di fare era nervoso, e staccava gli occhi da me il meno possibile. Alle pareti non c'erano i soliti ritratti di culturisti lisci e oliati, ma i fisici ruspanti di uomini pelosi e barbuti, non privi di cornici di adipe all'altezza del ventre. Subito dopo di me, entro' un'altro cliente, che aveva tutta l'aria di appartenere alla mia stessa specie: avra' avuto sui 50 anni, calvo, con una bella barba bianca e una canotta che lasciava scoperto il suo pelo candido, sebbene un po' rado. I capezzoli spuntavano dritti e sodi sotto la stoffa, al di sopra di una pancia tonda che aveva tutta l'aria di essere stata riempita da poco. I miei sospetti erano ormai divenuti quasi una certezza: Nunzio, il ragazzo che ci aveva accolto, ci guardava con un'insistenza che aveva qualcosa di morboso. Lui non era un orso: non riuscivo a capire la consistenza del suo vello, perche' tutto coperto da una tuta, forse piu' grande della sua taglia, ma il suo viso, un po' irregolare, era carino, incorniciato da un pizzetto corto, e da capelli abbastanza lunghi, separati da una fila in mezzo. Ogni tanto lo vedevo toccarsi sotto il bancone, in quel gesto che gli uomini fanno per mettere a posto il pacco, con frequenza sempre maggiore. Ero sempre piu' deciso ad andare in fondo a quella situazione. Quando ebbe terminato le formalita', Nunzio ci indico' la sala degli attrezzi, dove Umberto, suo fratello e istruttore, aspettava seduto su una panca, trattenendo una mela tra i denti e teccandosi anche lui il pacco. "Vizio di famiglia" sussurrai all'orso bianco che era sceso con me, il quale mi rispose con un sorriso d'intesa.

Umberto assomigliava molto a suo fratello, ma, come era giusto che fosse per il suo lavoro, il suo fisico era tonico e muscoloso, ma non eccessivo. Quando si giro' e vide entrare un orso bianco e uno bruno avvicinarsi a lui, la mela gli cadde dalla bocca. Dopo le consuete presentazioni, Umberto si dedico' completamente a noi, insistendo soprattutto per correggere la nostra postura durante gli esercizi: non aveva reticenze nell'aiutarci a divaricare meglio le gambe, lambendo con la mano ora i testicoli, ora il culo. I sorrisi fra noi gli facevano intendere che apprezzavamo le sue premure, e questo lo induceva a rincarare la dose. Quando finimmo la sessione di allenamento, Umberto ci aveva gia' piu' volte palpato i genitali, e aveva strusciato i suoi contro di noi, mostrando tutta la sua eccitazione senza piu' alcuna paura. Umberto allora ci invito' a farci la doccia tutti insieme: essendo ancora solo i primi giorni, c'erano pochi clienti, che sarebbero tutti venuti piu' tardi. Entrammo nello spogliatoio che aveva ancora odore di nuovo, iniziammo a spogliarci. Umberto non ci mise molto a scoprire il suo fardello grosso e dritto che tendeva verso l'alto, svettando alto sull'orizzonte dell'ombelico: Marco, l'orso bianco, aveva appena tolto la canotta, e si era seduto per slacciare le scarpe, quando Umberto gli si avvicino', e gli carezzo' la testa, sventolandogli il suo corposo arnese davanti agli occhi, sfiorandogli con la cappella la barba. Marco annuso' il membro acre del ragazzo, e le prese avidamente in bocca, ponendogli le mani sulle natiche e spingendo il bacino piu' in fondo contro la faccia, per ingoiare al fondo quella forza della natura. Umberto gemette forte, mentre la sua cappella affondava nella gola di Marco. Io mi ero gia' quasi spogliato: il nostro pelo era divenuto piu' scuro, serrato al corpo dall'abbondante sudata. Umberto fece cenno di avvicinarmi e comincia' a giocare con i miei capezzoli, che non esitarono a indurirsi per bene. Mentre scopava in bocca Marco, Umberto si lancio' con la bocca sulle mie tette, mordendole, e titillando le mammelle con i denti. Poi, con grande forza mi premette sulla spalla, costringendomi in ginocchio, perchè alternassi la mia bocca a quella di Marco. Il suo cazzo riempiva ogni anfratto della mia bocca. Ad un certo punto Umberto si ritiro': si mise semisdraiato su un lato su una panca, e ci disse di giocare fra di noi. Marco non se lo fece dire due volte e, toltemi le mutande, mi fece sedere cominciando a pomparmi come una furia. Umberto ci guardava estasiato, menandosi l'uccello forsennatamente. Marco aveva assunto una posizione a pecora, e non ci volle molto perche' Umberto, sull'orlo dell'orgasmo, decidesse di puntarlo nelle chiappe del vecchio orso, che quasi all'unisono si trovo' inondato da caldi fiotti di seme nella gola e nel culo. Marco allora si raddrizzo', e pretese la sua parte di piacere, che Umberto gli offri' succhiandogli ben bene la mazza mentre io con la lingua gli lisciavo il buco, assaggiando l'eiezione di Umberto che da li' gocciolava abbondante.

Sebbene Umberto avesse una nerchia fenomenale, non fu grosso sforzo per Marco riceverla nel suo sfintere, allenato da una vita di eccessi sessuali. Mentre ci riposavamo dalle fatiche d'amore, infatto, il vecchio orso ci racconto' di quanti strani oggetti avevano fatto breccia nel suo ano, dal manganello di un polizziotto inglese ad una mazza da baseball. Ancora piu' sudati di prima, decidemmo infine di farci una doccia, che risveglio' le voglie di Umberto nei miei confronti, che in effetti non gli avevo ancora dato tutto. Mentre ci lavavamo, Umberto si avvicino' a me, frizionandomi le spalle, come per lavarmi, godendo del tocco del mio pelo bagnato. sentivo il suo membro scivolare dietro di me, farsi sempre piu' duro, finche' non capii che voleva entrare dentro di me: gli dissi allora di iniziare con le dita, perche' non lo avevo mai preso fino ad allora, e avevo paura di sentire male. Umberto non disse niente, ma si fece piu' vicino a me: insinuo' le sue braccia sotto le mie, e comincio' a far scorrere le sue mani sulle mie tette e sulla pancia, finche' non prese il mio uccello e inizio' a masturbarmi, mentre l'altra mano torno' dietro, infilando un dito nel mio culo vergine. Il mio viso fece un'eloquente espressione tra il piacere e il dolore. Marco aveva gia' finito la doccia, ma decise di non unirsi a noi: Quando usci' dalla doccia, trovo' Nunzio con i pantaloni calati e la tuta aperta, che si masturbava strizzandosi un capezzolo, mentre guardava me e suo fratello in intimita' nella doccia. Marco gli si avvicino', e Nunzio ne fu quasi spaventato, perche' nella foga non si era avveduto della presenza dell'orsone vicino a lui. Nunzio arrossi', ma Marco lo rassicuro', e comincio' a sfregare la sua manona forte contro il cazzetto di Nunzio, lungo ma molto sottile. Nunzio urlava quasi dal piacere. Quando Marco si accorse che Umberto mi puntava la cappella contro, fece voltare Nunzio, e senza troppi complimenti, gli infilo' 16 cm di mazza nel culo, facendolo urlare. Umberto lo guardo', e sussurro':'finalmente quella frocia di mio fratello si e' deciso'... e senza aggiungere altro segui' l'esempio di Marco, buttandomelo dentro tutto d'un colpo. Il dolore fu atroce. Il sangue scorreva misto all'acqua, e scompariva nel gorgo nero dello scarico. Umberto mi teneva per le tette, e stantuffava nel mio buco, che lentamente si adeguava al suo calibro. Ci mise molto piu' tempo di prima a venire, mentre io, sollecitato per la prima volta dal di dentro', emanai un getto che ricadde poco lontano dalla faccia di Nunzio. Lui non resistette, vi intinse il dito e assaggio' per la prima volta il nettare di maschio. L'orgasmo di Umberto venne come una liberazione: sebbene fosse la seconda sborrata in poco tempo, il mio ventre fu pieno di lui, e il mio buco rimase aperto per alcuni minuti dopo che lui fu uscito da me. Umberto si avvicino' a suo fratello, che condivideva con me la sensazione bruciante della verginita' violata, ancora adagiato a terra. Gli passo' delicatamente un dito attorno all'anello rosso dell'ano, come per calmarlo, visto che il dolore lo aveva spinto alle lacrime. Lo fece rialzare, e lo bacio' intensamente, masturbandolo dolcemente finche' la sua mano non fu piena del suo liquido. Marco allora capi' di essere stato troppo violento con lui, e gli chiese scusa, ma Nunzio fece cenno che non era necessario.

Da quel giorno Nunzio e Marco cominciarono a vedersi sempre piu' spesso, cosi' come accadeva tra me e Umberto, che prima mi faceva faticare in palestra, per poi prepararmi le pietanze piu' buone che avessi mai mangiato. Tra noi quattro inizio' a regnare la dolce passione di uomini innamorati.