ORSI ITALIANI MAGAZINE


Il maresciallo L.

Un racconto di Ste

Il Maresciallo Ordinario L. ed io fummo amanti e complici, come solo due uomini sanno essere, per quattordici eccitanti mesi. Era originario della provincia di Avellino, aveva 43 anni ed era basso di statura, un fisico tozzo con braccia e torace muscolosi. Aveva bellissimi capelli neri che teneva leggermente piu' lunghi di quanto era previsto dal regolamento ed abbondantemente ingellati, due bellissimi occhi grigi ed una voce imperiosa di chi e' abituato a farsi rispettare senza alzarla. Il suo corpo era inselvatichito da una rada peluria che gli copriva le spalle e la schiena e si infoltiva sul petto, sul ventre e sulle gambe. Era un patito della attivita' fisica che gli serviva per compensare la sua genetica tendenza ad ingrassare. Si svegliava un paio di ore prima dell'alba e correva lungo il muro di recinzione della caserma percorrendo l'intero tragitto per due volte in maglietta e calzoncini in inverno e a torso nudo il resto dell'anno. Era anticipato dal suo plotone, ragazzi di cui si era conquistato la fedelta' e l'ammirazione per le numerose missioni cui aveva partecipato e che teneva d'occhio come la chioccia tiene d'occhio i suoi pulcini.

Avrei desiderato far parte di quel plotone piu' di ogni altra cosa, sentirmi realmente parte di quel piccolo, selezionatissimo corpo. La sua specialita' erano le armi: ne conosceva ogni dettaglio, ogni segreto. La sua maglietta verde molto aderente, perche' di una taglia piu' piccola del dovuto, dalla quale emergevano i due capezzoli, sapeva di sudore e olio lubrificante. I piu' maligni dicevano che ci scopasse anche con le armi, ma io posso garantirvi che non era vero. Passava le serate in palestra, che fece riaprire dopo anni di lavori di ristrutturazione e che faceva tenere sempre aperta per tutti i ragazzi che volevano sfruttarla. Cenava con una bistecca ed una insalata, poi si ritirava nel suo alloggio fino alla mattina seguente. Passava in caserma anche il fine settimana perche' non aveva famiglia se non i suoi ragazzi la' dentro. Era un uomo solo fondamentalmente, un uomo che aveva bisogno di qualcuno accanto a se.

Lo vidi per la prima volta quando giunsi in caserma dal C.A.R. (Centro Addestramento Reclute), ma allora la mia attenzione era attratta da tutti gli uomini in divisa che incrociavo e con tutti piu' o meno immaginavo di poter scopare un giorno o l'altro, attirato da quelle eccitantissime tute mimetiche infilate negli anfibi e che avvolgevano le cosce e le gambe.

La prima volta, dicevo, lo vidi quando giunsi in caserma ma non ne imparai il nome. Mi si impresse nel cuore e nella mente una settimana dopo, quando al corso sull'autodifesa e sull'uso delle armi, mi scelse tra i commilitoni come antagonista.

La sua filosofia mi piaceva. Diceva che gli abiti erano necessari per proteggersi dal freddo, non dal caldo e, contrariamente al regolamento, pretendeva che seguissimo i suoi corsi a torso nudo e calzoncini corti, come lui. Solo successivamente compresi la sua passione per il corpo maschile nudo, per i pettorali villosi e le gambe muscolose, le natiche sode e rotonde da baciare o mordere all'occorrenza. Gli ufficiali lo conoscevano bene e tolleravano il suo comportamento sopra le righe perche' ne stimavano le capacita' e l'intelligenza e soprattutto il suo carisma che ne avrebbe fatto un condottiero napoleonico.

Mentre eravamo in cerchio attorno a lui che, baciato dal caldo sole di settembre, ci spiegava le tecniche di autodifesa, io mi perdevo nei suoi occhi grigi, nell'aroma delle goccioline di sudore che gli appiccicavano i peli delle ascelle e che gli imperlavano la fronte. Una gocciolina scendeva dalla tempia sul mento, si soffermava indecisa sulla punta ben rasata del suo viso e cadeva su quel bel petto abbronzato e muscoloso. Poi decideva cosa fare, se scendere sullo sterno tra i pettorali ansimanti per la calura o azzardarsi a percorrerne uno fino al capezzolo, girargli attorno e infine piovere a terra. In quel momento, mentre la mia eccitazione stava crescendo e la sola idea di quel uomo mi irrigidiva l'uccello, mi sentii tutti gli occhi addosso e una voce che mi diceva:

-dico a te, sei sordo?-

Trasalii e vidi il Maresciallo L. che mi fissava con i suoi occhi di ghiaccio, con il braccio teso verso di me e la mano tozza e pelosa che mi faceva cenno di avvicinarmi.

-sveglia, bimbo!!!. Insomma, tanto bimbo non sei, quanti anni hai?-

-comandi! Ventisei.-

-e che cazzo ci fai ancora qui? Sei ripetente?- E sorrise. Un bellissimo sorriso con denti bianchi, ordinati.

-comandi! Sono laureato.-

-bene, mi piacciono i dottorini, vediamo che sai fare. E si mise in posizione.-

-coraggio attaccami come se avessi un coltello in mano e prova a pugnalarmi alla pancia.-

All'idea che il suo corpo sudato e scivoloso potesse sfiorarmi e avvinghiarmi in una stretta mortale, mi sentivo il cuore scoppiare, per non parlare del mio pisello che stava raggiungendo una erezione imbarazzante sotto quei calzoncini sbiaditi e ormai logorati da anni di sfregamento contro i cazzi e i culi di coloro che li avevano indossati prima di me.

Mi eccitava la sfida e mi eccitava ancora di piu' l'idea di impressionare il mio Maresciallo dimostrandogli che i tre anni di Taek wondo durante i quali avevo conseguito la cintura arancione avevano dato abbondanti frutti. Mi tolsi le scarpe e a piedi nudi mi misi in posizione di attacco. Lui capi' subito. Sorrise, si tolse le scarpe e assunse la posizione di difesa. Cominciammo il duello.

Gli afferrai il polso cingendogli il fianco con il mio corpo e lui con una mossa da judoka mi fece ricadere indietro sul tappetino. La cosa comincio' ad attirare l'attenzione di altri soldati che si avvicinavano per godersi lo spettacolo e ci incitavano a turno. Il gioco duro' diversi minuti. Il contatto delle sue mani che mi afferravano le spalle, le sue possenti braccia che mi cingevano il petto e le sue gambe che cercavano di sgambettarmi per farmi cadere, mi eccitavano da morire, era forte come un toro, sentivo il suo fiato sul mio collo, i nostri corpi scivolavano uno sull'altro bagnati dal sudore. Improvvisamente, mentre mi attanagliava da dietro con le sue braccia, avvertii una fitta dolorosissima al capezzolo sinistro e urlai di dolore. Lascio' la presa e io caddi in ginocchio con la mano sul petto. La chiusura metallica del suo orologio mi aveva sfregiato il capezzolo che gocciolava sangue. Mi alzai in piedi dolorante e sanguinante e mi piazzai di fronte a lui con le braccia puntate ai fianchi in atteggiamento di sfida. Si avvicino' a me guardandomi negli occhi, allungo' una mano e con il pollice mi asciugo' la goccia di sangue sul capezzolo osservando il colore del mio sangue e stropicciandosi poi pollice e indice della mano.

-bravo!! Ti sei comportato bene. Poi sempre guardandomi negli occhi urlo':

-a chi tocca?- E volgendo lo sguardo a destra:

-vieni tu.- E ricomincio' il gioco.

La mattina seguente, mentre eravamo implotonati davanti alla Compagnia, lo vidi mentre stava parlando con altri graduati e lo osservai lungamente. Muoveva le mani gesticolando e toccando i suoi interlocutori vibrando delle manate sulle spalle, sui dorsi e rideva di gusto alle battute dei colleghi. Li invidiavo, invidiavo la loro confidenza, l'idea che la cameratesca intimita' potesse spingere quei giochi molto oltre il visibile e molto oltre il lecito. Mi chiesi a cosa pensasse e tornai con la mente al giorno prima quando mi si avvicino' e mi sfioro' il capezzolo con il suo pollice. Notai il suo sguardo nella mia direzione. Disse ancora qualcosa ai suoi amici e venne verso di me. Ero emozionato come un bambino, distolsi lo sguardo e cominciai a sudare e a seguire i suoi movimenti con la coda dell'occhio. Arrivo' davanti a me con le mani sui fianchi piantando i suoi occhi nei miei.

-allora soldato, come va la ferita?- Io mi misi sull'attenti.

-Maresciallo comandi! Sto bene, grazie, mi brucia un poco, ma passera'.-

-bene, e' questo lo spirito giusto.- E se ne ando'.

Passarono i giorni, i nostri sguardi si incrociavano ripetutamente durante le ore di addestramento e fu durante una pausa che un commilitone con il quale avevo cominciato ad uscire fin dal periodo del C.A.R., mi prese da parte e mi disse: -ma che hai? Da un po, di giorni non sei piu' lo stesso, non esci piu' dalla caserma. Si puo' sapere che cazzo hai?- Lo guardai e solo in quel momento realizzai che la mia mente era impegnata a pensare a qualcun altro. La sera non uscivo piu', mi fermavo a cena in quella orribile mensa al solo scopo di vederlo, con la speranza che potesse invitarmi al suo tavolo o che finalmente mi venisse abbastanza coraggio per tirare fuori i coglioni per autoinvitarmi al suo tavolo. Lo seguivo nel buio fino alla porta della palestra e dalla finestra della mia camerata osservavo in quella direzione per poterne seguire i movimenti da quando usciva fino al portone degli alloggi dei sottufficiali.

Dopo tre settimane di corsi di addestramento, finalmente imparo' il mio nome e lo pronunciava con una sensualita' e con una chiarezza leggermente offuscata dal suo accento irpino maschio e sensuale come il demonio.

Finalmente venne il tempo di selezionare il personale del mio scaglione per sostituire i piu' anziani che si erano congedati.

-addetto alla C.C.S.- biascico' nella mia direzione uno svogliato sottotenente e gia' mi mancava, cazzo, mi mancava da morire.

Nella nostra caserma la C.C.S. era addetta a svolgere i servizi generici: c'erano idraulici, elettricisti, imbianchini, giardinieri, addetti alle pulizie esterne, guardie, insomma lavoratori manuali. Animali incolti, una delle ultime categorie sociali dove andare a rintracciare i veri uomini.

Mi ero ormai rassegnato al mio destino di nonnismo e persecuzioni quando, durante un sabato pomeriggio di piantonamento alla rimessa delle jeep, il furiere di turno mi raggiunse dicendomi che un sottufficiale aveva chiesto di me per un servizio. Vi lascio immaginare quale fu la mia prima idea di servizio da fare ad un sottufficiale e vi lascio altresi' pensare a quale tra i sottufficiali che conoscevo avrei voluto fare quel particolare servizio. Mi fu indicata la camera 37 degli alloggi sottufficiali e la' mi recai immediatamente.

Quando apri' la porta, con quell'accappatoio bianco e indosso un paio di sandali, sembrava una visione celestiale, i suoi capelli corvini ancora gocciolanti per la doccia appena fatta e gli occhi grigi penetranti che mi sembravano parlare ben piu' delle sue labbra. Dall'apertura dell'accappatoio emergeva una foresta riccia e nera. Le sue gambe erano nude fino al ginocchio e i suoi polpacci possenti e muscolosi erano rigati dall'acqua che colava.

Dopo un istante di turbamento scattai sull'attenti.

-lascia stare queste stronzate, vieni dentro-. E richiuse la porta alle mie spalle.

Il breve corridoio conduceva ad un luminosissimo locale che fungeva da camera da letto. Spartane tendine bianche impedivano di guardare fuori, in un angolo due vecchie poltrone costituivano l'angolo soggiorno. Accanto un piccolo frigorifero ed un tavolino con una seggiola. La branda in metallo nero ammaccato ed arrugginito era militarescamente in forma di cubo, il materasso ripiegato in due con il cuscino a mo' di imbottitura e le lenzuola e la coperta ben avvolte.

Alle pareti diverse fotografie di uomini muscolosi in abiti mimetici con cartucciere avvolte attorno ai loro corpi e mitragliatori imbracciati. Un'altra ritraeva Rambo con il fucile spianato nella scena del film nella quale emerge da uno stagno, e un'altra ancora ritraeva due militari a torso nudo, uno in calzoncini corti, due gran bei pezzi d'uomini in posa con le braccia attorno alle loro vite. Uno dei due era il Sergente L., qualche anno prima, in una delle sue missioni in Albania o in ex-Jugoslavia.

Accanto un'altra foto ritraeva gli stessi due completamente nudi mentre si coprivano le nerchie a vicenda con una mano.

-oggi non eri in servizio per caso, ma perche' ho chiesto un favore al tuo furiere- esordi' girandomi intorno.

-comandi! Posso chiedere perche'?- proferii sull'attenti guardando in avanti.

-hai intenzione di scopare stando sull'attenti?- mi smonto'.

Io devo essere diventato del colore del fuoco, non mi aspettavo una affermazione come quella anche se non potevo desiderare di meglio. Lo guardai ed egli allungo' una mano sorridendomi e accarezzandomi il viso con il palmo. Il suo calore era inebriante, chiusi gli occhi per l'emozione e mi rilassai totalmente. Afferrai la sua mano e ne baciai il palmo, lisciandomi poi il dorso sul viso.

-vuoi che ti spogli io?- chiese con voce ferma e decisa.

-mi piacerebbe moltissimo.- risposi.

Comincio' a sbottonarmi la giacca aprendomela sul davanti e sfilandomela con molta naturalezza. Lo guardavo mentre mi accarezzava le spalle e saggiava la consistenza dei miei muscoli. Mi tolse la shirt verde e il mio cuore comincio' a battere piu' forte. Lo lasciavo fare mentre il mio cazzo cercava di espandersi negli slip. Mi sfioro' i capezzoli con le labbra solleticandomeli con la punta della lingua e io gonfiai il petto per porgergli tutto me stesso. Con le dita mi toccava il petto e poi scendeva sui fianchi e sull'ombelico. Io cercavo di sporgere le mie frementi labbra verso la sua bocca carnosa e gli afferrai i polsi allargando le mie braccia e le sue insieme. Ci baciammo finalmente. E fu un bacio lungo ed intenso che mi fece indurire il randello all'inverosimile. Allentai la cintura e la sfilai dai pantaloni. Mi slacciai il bottone e calai la zip lasciando che i pantaloni cadessero a terra. Lui osservo' soddisfatto il gonfiore delle mie mutande e si tolse l'accappatoio rimanendo completamente nudo. Si inginocchio' davanti a me abbassandomi gli slip e mi scappello' il cazzo.

-Uuuu. come sei eccitato, tesoro mio- sussurrava, -dobbiamo far sfogare i tuoi bei coglioni gonfi di sperma- e cosi' dicendo comincio' a palparmeli e poi a succhiarmelo. Succhiava e leccava e palpeggiava le mie natiche e le mie cosce invitandomi a sborrare. Io incrociai le dita delle mani dietro la nuca lasciando che il mio Maresciallo avesse via libera su di me. Comincio' a slacciarmi gli anfibi, me li tolse e mi spoglio' completamente, poi si sdraio' ai miei piedi.

-adesso masturbati e vienimi addosso.-

Io divaricai le gambe sopra di lui e cominciai a menarmi l'uccello mentre anche lui si masturbava. Aveva un bel siluro, con una cappella violacea. Guardando le sue smorfie di eccitazione venni copiosamente sul suo petto e sul suo viso inondandolo. Venne anche lui e io mi inginocchiai su di lui e cominciai a leccare il nostro sperma mentre lui se lo spalmava dappertutto.

Mi sdraiai sopra di lui stringendolo forte mentre lo baciavo sul petto e sul collo. Lui mi stringeva le braccia in vita e io gemevo dal piacere di strusciarmi su quel corpo che volevo tutto per me. Dal petto cominciai a scendere verso l'ombelico ripulendo il suo corpo dallo sperma residuo con la lingua e ingoiando quella miscela di succo d'uomini. Poi scesi al cazzo che spompinai per alcuni minuti fino a procurargli un'altra erezione, quindi scesi ancora piu' in giu' verso le sue poderose cosce che slinguazzavo e mi strusciavo sul petto. Leccai avidamente i suoi piedi. Tutto di lui mi sarebbe piaciuto avere dentro di me. Gemeva dal piacere e io stavo morendo di eccitazione. Dovevo scoparmelo assolutamente. Gli afferrai le cosce e mi insinuai fra le sue gambe. Lui capi' e mi facilito' il compito. Quando la mia cappella si affaccio' al suo buco strinsi con piu' forza le braccia attorno alle sue gambe e lo tirai a me penetrandolo. Era caldo, era bollente, era in mio potere. Sbarro' gli occhi ed apri' la bocca senza dire una parola ma solo rantolando come un animale e muovendo il bacino affinche' potessi penetrarlo fino in fondo con la mia virilita'. La nostra congiunzione duro' per almeno quindici minuti, finche' dissi:

-sto per venire-

-si, inondami, fammi tuo completamente- e prese i miei slip annusandoli a fondo.

-siii, sai di uomo, sai di maschio-. Vi sfido a resistere a tanto. Venni dentro di lui con la forza di una alluvione, schizzando ripetutamente senza sosta per alcuni secondi. Il mio liquido fuoriusciva ad ogni movimento pelvico e lui ansimava di piacere.

Uscii dal suo corpo e mi sdraiai vicino a lui leccandogli il sudore del collo e abbracciandolo. Rimanemmo qualche minuto a terra abbracciati, quindi, ripreso il fiato, si mise seduto e disse: -ora ti voglio scopare io.-

-sono tuo, Maresciallo. Fai di me quello che vuoi.-

Si sedette sulla poltrona con la nerchia ancora ben soda.

-succhiamelo bello e fammi godere-

-signor si'- risposi mettendomi in ginocchio fra le sue cosce divaricate.

Glielo presi in bocca. Che buono che era, una verga dolce come i gemiti che faceva, un'asta dritta e maestosa di cui potevo disporre a mio piacimento.

-si, continua, spompina per bene il tuo Maresciallo. Cosi', sei bravo, aahhhh..che bocca di fuoco, voglio scoparti. Adesso siediti sulla mia bestia. E' un ordine del tuo Maresciallo.-

-fottimi, fottimi fino a che non saro' esausto- e allargando le gambe sui braccioli della poltrona, mi lasciai scivolare lentamente su di lui che mi attendeva con il batacchio eretto pronto a impalarmi.

Mi allargo' le chiappe con le mani ed entro' in me. Prima la punta che mi fece irrigidire i peli del petto, poi scesi sempre piu' giu' fino a prenderlo tutto dentro, lentamente, inesorabilmente, senza possibilita' di impedirgli nulla.

Gemevo di piacere. Mi faceva sobbalzare sopra di lui tenendomi per le natiche mentre io tenevo le mani appoggiate alle sue spalle e gli massaggiavo il collo e il petto, gli solleticavo i capezzoli e ansimavo di piacere. La sua stretta sulle mie natiche si fece piu' serrata, rallento' per un momento le spinte e con il volto deformato da una smorfia di piacere eiaculo' dentro di me e si lascio' andare sulla poltrona. Io continuai a baciarlo sul petto e sul ventre fradici di sudore e quando me lo ebbe sfilato mi accasciai ai suoi piedi. Avvicino' la sua bocca alla mia e ci baciammo lungamente. Restai nella sua stanza per molto tempo e solo all'ora di cena ci salutammo. Io non feci la doccia quella sera, volevo portare su di me ancora il mio Maresciallo, ma lo guardai mentre si massaggiava il corpo guardandomi sempre con quei occhi grigi che mi dicevano: -lo so che mi vorresti, ma per ora dovrai accontentarti: domani e' un altro giorno, si vedra'.

Ste