Le recensioni di Orsodorato Walter Moser

Dicembre 2005


OPERE D'ARTE DELLA COLLEZIONE BANCA DELLO STATO DEL CANTON TICINO


OPERE D'ARTE DELLA COLLEZIONE BANCA DELLO STATO DEL CANTON TICINO

Villa Ciani, sede del Museo Civico di Belle Arti, situato nell'omonimo parco, polmone verde di Lugano e luogo suggestivo sul lungolago con splendida vista sull'intero golfo e sul "Pan di Zucchero" San Salvatore, dal 12 ottobre ospita una scelta di oltre ottanta opere appartenenti alla Collezione della Banca dello Stato del Cantone Ticino. La mostra, coronamento del progetto Arte in Ticino 1803-2003 e frutto di un'intensa collaborazione tra la Citta' di Lugano, promotrice di un lungo ormai concluso lavoro di catalogazione di migliaia di opere che costituiscono un patrimonio pubblico di inestimabile valore, e l'istituto bancario, editore di monografie artistiche, ricongiunge in modo armonioso dipinti e sculture creati o da artisti ticinesi o da stranieri che grazie alla loro produzione artistica sul territorio hanno significativamente determinato la realta' culturale.

Le opere disposte su due piani ricoprendo un arco di tempo di circa 120 anni, partono dagli ultimi decenni dell'800 per arrivare ai giorni nostri, infatti documentano in maniera eloquente un capitolo della storia dell'arte visiva del Cantone: un percorso che prende avvio dalla cultura dell'Europa fin-de-sie'cle rappresentata da artisti quali Filippo Franzoni: Paesaggio lombardo, Saleggi con lanca (entrambi ca.1890) dai ben accordati colori di terra con accentuazione molto espressiva del celeste tipici del paesaggismo lombardo naturalistico, Edoardo Berta: La capanna dell'eremita (1907) dipinto emblematico per la tecnica del divisionismo di cui egli fu il rappresentante piu' significativo in Ticino, e Augusto Sartori: Le due donne (1909) che alle radici del Simbolismo rifiuta il visibile a favore di valori morali idealizzati, nel caso concreto del presente dipinto la religiosita' e la purezza, procede con artisti degli anni venti e trenta quali Cuno Amiet, originario di Soletta, amico di Giovanni Giacometti, rappresentato con il dipinto Paesaggio d'inverno (1928) in cui da una parte per i suoi colori vivissimi si riconoscono inequivocabilmente influssi di Gauguin e Van Gogh e dall'altra per l'immedesimazione molto riuscita con la natura alpina quelli di Hodler e Segantini, Giuseppe Foglia con Ritratto di Tonio Annoni che per via dell'energicita' dello sguardo, la posizione alta e ferma del capo ed i lineamenti rigorosi del volto attinge quasi alla monumentalita' eroica di Hodler, e Carlo Cotti con Pianta di fiori (1926), margherite di un bianco grigiastro appena sfiorata da una luce soffusa-ovattata su sfondo scuro, per giungere ad artisti degli anni '50, primi rappresentanti dell'Arte Informale quali Massimo Cavalli con Fiori (1956), natura morta dai colori freddi, anzi dissonanti quasi come patinati dal grigio, Giuseppe Bolzani con Interno dello studio (1959) che tende verso una figurazione sempre piu' libera ed astratta inserendo nel dipinto elementi geometrizzanti che si intersecano a spigolo e Edmondo Dobrzanski con Cattedrale della Normandia (1956) e Crisantemi appassiti (1958), quest'ultimo, natura morta molta espressiva, come le altre opere sue esposte dai colori cupissimi, cioe' da un nero dilagandosi quasi su tutta la tavola lasciando spazio solo a ridottissimi sprazzi di colore rosa, senonche' anche questi offuscati, un nero che secondo i critici "equivalente morale-visivo del buio della mente e della negativita', nonche' della precarieta', che connotano e caratterizzano la vita umana".

Il percorso attraverso 120 anni di storia artistica ticinese, prima di giungere all'arte contemporanea rappresentata quasi da meta' delle opere esposte considera debitamente anche gli artisti immediati percursori della contemporaneita' (anni '60 -inizio anni '80) che nel loro intento di superare la cultura figurativa in senso stretto si sperimentano in nuove forme espressive, tra i quali ad esempio Emilio Maria Beretta che con La tempesta (1969-70) per il rigore delle forme geometriche rimanda in maniera chiara al Cubismo di Braque, mentre Imre Reiner, nato in Ungheria trasferitosi a Lugano all'eta' di trent'anni, in Place des vignerons (1960) rinuncia del tutto ad un'assestamento strettamente lineare e da' sfogo ad imprevedibili e strane combinazioni riscrivendo cosi' un ben preciso luogo anziche' riproducendolo, o Gianni Realini che in Paesaggio (1970) ricompone in tessere di tonalita' nere, cobalto fuligginoso ed olivastri con interstizi in giallo ed arancione la campagna ticinese. Meritevoli d'attenzione fra l'altro anche Gente sulla pensilina (1975) di Alberto Salvioni in cui l'artista elabora suggestioni che ha avuto da bambino osservando dalla finestra il mondo misterioso e Atelier (1983) dipinto di Cesare Lucchini dalla sorprendente moltiplicita' di piani, profondita' e punti di fuga che ci fa immergere nel magico ambiente di una fabbrichetta dimessa trasformata infatti in atelier.

L'esposizione proposta al Museo Civico di Belle Arti di Lugano viene completata dalla vasta, ben documentata sezione dell'arte contemporanea con dipinti, quali, fra l'altro, Quasi come se... (1999-2001) di Giancarlo Bisi, paesaggio dai colori vivissimi, Ascolta la terra (1997) di Gianmarco Torriani, suggestiva interpretazione dell'interazione tra essere umano e natura, serena e fascinosa, ma allo stesso tempo anche violenta e soggiogante, Bonsai (1998) di Paolo Mazzuchelli, una delle 15 immagini del ciclo Giardini di Topo, innovative dal punto di vista della tecnica adoperata - si tratta di immagini manualmente disegnate, ma xilograficamente ottenute da una sola lastra, straniate tramite sfasamenti, duplicazioni ed usi di colore sempre diversi, un dittico di Rolando Raggenbass Senza titolo (1999-2000), tela bianca con macchie color sangue dalla forma molto esplicita di organi interni e linee che per il loro aggrovigliarsi ricordano vasi sanguigni, Nel paese del corpo con caos ordinato (1991) di Samuele Gabai, immagine di un essere piegato su se' stesso, immerso in un paesaggio dai colori freddissimi quasi ostili, Forme de Lumie're (1982), trittico di Gianfredo Camesi, impronte appena abbozzate sullo strato del colore blu, rosso e bianco del gesto di una mano che si apre e si richiude, Il cielo sulla terra (dittico) 1999 e Ferita (1991) di Sergio Emery, tutte e due di tonalita' scure nere-blu con pennellate bianche, specie di piccoli barbagli, nell'ultimo dalla finalita' di richiamare in modo molto espressivo la suturazione di una ferita.

La mostra, aperta ancora fino al 29 gennaio 2006, sempre da martedi' a domenica, viene integrata da circa una decina di sculture di rinomati artisti come Francesca Vella, Ivo Soldini, Nena Airoldi, Vittorio Tavernari, Giovanni Genucchi e Henry Moore.

 

Orsodorato Walter Moser


ORSI ITALIANI MAGAZINE