ORSI ITALIANI MAGAZINE


Ospiti a cena

Un racconto di Lupus Marongiu


Mia moglie mi disse che avremmo avuto ospiti a cena, una sua collega con il marito. 'Che palle', pensai, 'e' sabato sera e mi tocca stare buono buono a rimpinzarmi e sentire boiate di lavoro, moda e chissa' cos'altro! Oppure - peggio - mi tocca parlare di calcio!'

'Su, su, non fare quella faccia', mi disse mia moglie al vedere la mia espressione, 'e' una collega nuova, il marito si chiama Aldo. Vengono da un paesino di campagna, non conoscono nessuno in citta'. I ragazzi sono via al campeggio, per cui non abbiamo niente da fare, no?'

'No? E va bene, che scelta ho? L'impegno lo hai gia' preso.'

E cosi' preparammo un po' la casa e le pietanze per gli ospiti.

Poi suonarono alla porta. La nuova collega di mia moglie, una bella donna sulla quarantina, sembrava simpatica ed espansiva. Spiego' di essere venuta su lei per prima perche' il marito stava parcheggiando l'auto. Ma arrivo' subito anche lui, con in mano una bottiglia di vino. Quasi mi senti' male quando lo vidi entrare nell'appartamento: massiccio, maschio, sorriso stupendo, baffi da manuale che adornavano il viso virile ed armonioso a un tempo!

Portava la camicia con le maniche corte, e mi ritrovai senza preavviso con gli occhi appiccicati a quelle braccia forti, ricoperte di una peluria liscia e folta che dopo aver fatto il giro degli avambracci finiva con il ricomporsi al di sotto di essi, creando la caratteristica striscetta di pelo che mi faceva impazzire!

Conscio del pericolo di una figuraccia sollevai lo sguardo per sfuggire a quella visione, ma non prima di incagliarmi prepotentemente in quei suoi occhi profondi e - ancora! - nel suo sorriso schietto, urtando anche rovinosamente sul mazzetto di pelo che fuoriusciva dal colletto sbottonato della camicia: una disfatta!

Con una faccia da polpo sbattuto sullo scoglio bofonchiai qualcosa di convenienza, tipo 'benvenuti in citta'' o altre ovvieta' di questo tipo e battei strategicamente in ritirata verso la cucina con la scusa di portare qualcosa di fresco da bere.

Li' ebbi il tempo di ricompormi e darmi abbondantemente del cretino. Tirai fuori dal cilindro l'espressione piu' normale che riusci' ad imprimermi sul volto e tornai in soggiorno con le bibite fresche.

Stavano li' a conversare e non ebbi difficolta' ad inserirmi. Mi piace rapportarmi alle persone, parlare di tutto. Silvana, la nuova collega, fece i complimenti a mia moglie per la bella casa, per il marito simpatico, per i bei ragazzi nelle fotografie, ed io sorrisi imbarazzato pensando invece a che razza di tentazione mia moglie mi avesse incautamente portato davanti agli occhi: Aldo, l'opera d'arte, la virilita' incarnata, Aldo che, da parte sua, si limitava a stare seduto sul divano a sorridere sornione della civetteria di sua moglie e della sua nuova amica.

Dopo cena pero' decisi di prendere in mano la situazione e invitai le due donne a stare in salotto a conversare. Io e Aldo avremmo sbarazzato il tavolo. Mi parve che pure a lui non sembrasse vero uscire un po' dalle formalita' affettuose che avevano regnato fino ad allora. E cosi', in un gran turbinio di lodi da parte delle nostre signore lusingate da tanta disponibilita', io e quel gioiello d'uomo cominciammo a rassettare e a conoscerci un po' meglio. Non ci volle molto a scambiarsi le informazioni basilari: lavoro, formazione, interessi Ci si accorge subito se c'e' chimica fra due uomini o se si deve andare avanti per argomenti standard per poter conversare. Aldo era come me, pacato, eppure pieno di un fuoco interiore grandissimo che lo portava ad amare la lettura, il teatro, il viaggio ed incontrare persone nuove. Mettersi in gioco, non fermarsi alle apparenze, queste sembravano le parole sottointese fra noi, e mi piacevano molto.

L'attrazione che avevo provato in un primo momento mi sembrava ancora piu' imbarazzante ora che prendeva a delinearsi davanti ai miei occhi non piu' solo un viso e un corpo stupendo, ma una persona nella sua interezza. Ciononostante non potevo fare a meno di godermi la sua presenza fisica, il suo profumo discreto, la sensazione di forza che sembrava irradiare.

E quel sorriso, quei baffi

'Sai che hai davvero due baffi ben curati? Ti stanno molto bene', dissi con finta noncuranza cercando di non esagerare in nessun senso

'Grazie', fece lui pacato, apparentemente indifferente al sentirselo dire; 'Anche tu hai un bel pizzettone. Fai bene a portarlo cosi' e non filiforme come usano tanti.'

'A me il mio viso piace cosi' quando mi guardo nello specchio al mattino', dissi, 'non rinuncerei al mio pizzettone per sembrare piu' giovane. Il tempo che passa e questi primi peli bianchi che si intravedono non sono cosa di cui vergognarsi. Si e' di mezza eta' solo una volta, no?'

'Mi trovi completamente d'accordo,' fece lui, e mi passo' alle spalle per buttare nella pattumiera degli avanzi di cibo su un piatto.

Non so come accadde poi, ma mi girai per prendere qualcosa. Lui stava tornando indietro e il cucinino era stretto. Improvvisamente ci trovammo talmente vicini che i nostri visi quasi si sfiorarono.

Arrossii, credo, e anche lui si sposto' di lato chiedendomi scusa.

'No, scusa tu', dissi io, 'la cucina e' cosi' piccola'

'Nessun problema', disse lui, ma eravamo ancora vicini e per aiutarci a spostarci di lato gli appoggiai la mano destra sul torace. Fu solo un attimo ma basto' ad imprimermi sulla pelle il calore che quell'uomo stupendo emanava anche nella notte d'agosto, e potei sentire attraverso gli indumenti quella morbidezza che avevo vagheggiato fin dal primo istante in cui con gli occhi mi ero tuffato dentro al colletto della sua camicia immaginando di essere un nuotatore solitario che di li' a poco si sarebbe immerso nell'estasi di un mare nero ed infinito.

I nostri visi erano ancora vicini e i nostri baffi, le nostre bocche improvvisamente diventarono una cosa sola.

Non duro' che pochi secondi, il tempo di affievolire il tormento di un desiderio che cominciava a far male nello stomaco, poi quasi il panico. Ci staccammo l'uno dall'altro guardandoci spaventati, controllando che la porta fosse ben chiusa, che nessuno si fosse accorto di niente!

Presi in mano il sacchetto della spazzatura e con voce tremante gli dissi 'andiamo in giardino'

Lui mi guardo' fisso con quegli occhi enormi ed espressivi e annui'.

Uscimmo in salotto: 'portiamo la spazzatura di sotto', dissi affettando una calma che dentro di me avevo perso da un pezzo, 'torniamo subito', disse lui, e con flemma strategica ci dileguammo.

Non appena fuori, protetti dal buio della notte, ci prendemmo ancora la testa fra le mani e cominciammo a baciarci inebriati, sconvolti, felici. Gli sbottonai la camicia e gli leccai il collo ed il punto meraviglioso nel quale il manto di pelo andava a sfumare sulle sue spalle.

Lui rabbrividiva, godeva e ricambiava con egual passione, dandomi sensazioni indescrivibili.

Velocemente gli sbottonai anche i pantaloni e scopri' l'uccello piu' bello che avrei potuto mai immaginare, gonfio, grosso, lungo e dritto. L'avrei ingoiato d'un fiato, invece lo scappellai lentamente con la bocca, avvolgendogli delicatamente il glande gia' fradicio con le labbra. Con un grugnito sordo mi prese la testa fra le mani spingendo tutto se stesso in fondo alla mia gola. Senza quasi respirare provai ancora e ancora ad ingoiarlo tutto, ma era talmente grosso e lungo che non ce l'avrei mai fatta!

Me lo tolsi allora di bocca e rigirai Aldo su se stesso di modo da trovarmi il suo culo stupendo e peloso sulla faccia. Gli incollai le labbra al buchetto e cominciai ad infilarci la lingua ed a succhiarglielo senza ritegno, smettendo di quando in quando per scendere giu' a leccargli i coglioni enormi dal di dietro. Lui godeva come un pazzo ed io, con le mani che accarezzavano freneticamente le sue cosce pelose, godevo quanto lui!

'Sto per venire' mi disse con voce roca, e si giro' verso di me puntandomi l'uccello verso il viso.

Ebbi appena il tempo di incollargli la bocca al glande e mi ritrovai inondato dai fiotti vigorosi e caldissimi del suo seme. Lui si piego' verso di me, trattenendo un mugolio sordo e spingendomi ancora di piu' l'uccello in bocca con il ventre.

Mi diede talmente tanto seme che mi parve di affogare e dal mento me ne colo' un poco sul torace.

Ero sconvolto da quel sapore dolce e selvaggio ad un tempo, dal profumo ineguagliabile del suo sudore, della sua pelle. Lui mi sovrastava ancora con le gambe tremanti e io lo guardavo dal basso senza osare dire una parola, sconvolto e sull'orlo dell'orgasmo.

Fu allora che mi prese per le ascelle e mi tiro' verso di se', baciandomi avidamente le labbra e scendendo giu' a spalmarmi con la lingua il suo stesso sperma sul pelo del torace.

Non ci volle altro a farmi esplodere. Trattenendo un urlo che avrebbe risuonato per l'intero vicinato gli presi la testa fra le mani e lo spinsi furiosamente verso il basso, fino a costringerlo ad inginocchiarsi di fronte a me. Lui si fece docile e accolse il mio uccello che esplodeva dentro alla sua bocca, mentre io venivo travolto da un orgasmo violento come poche volte nella vita capita di provarne.

Ora non mi reggevo in piedi neppure io, e ci appoggiammo entrambi con la schiena contro ad un muretto di cemento.

Di li' a poco ritornammo in noi, ci lavammo meglio che potemmo con l'acqua della pompa del giardino e dopo esserci rassettati e baciati ancora e ancora come ragazzini, ritornammo felici di sopra a riprendere la vita 'normale' che pure ci apparteneva.

Ma da quel giorno saremmo stati inseparabili amici, complici e amanti.