ORSI ITALIANI MAGAZINE


Di padre in figlio

Un racconto di Orsosardo2004

Qualche giorno dopo la licenza liceale sono partito con papa' per fare atto di presenza al funerale di un parente a Campobasso, citta' d'origine della famiglia. Arrivati a Napoli, per il solito sciopero ferroviario, abbiamo dovuto fermarci e passare una notte in albergo. Era un grand hotel 'fin de siecle', tutto stucchi e ori, e la nostra camera aveva un minuscolo balcone che guardava la stazione ferroviaria. Il caldo di luglio era atroce: fatta una doccia, siamo caduti sul letto distrutti.

Mi svegliai dopo un po', nel gran letto mio padre mi dormiva accanto: aveva il solito respiro pesante, le braccia e le gambe divaricate. Mi soffermai a guardare il suo possente torace peloso che creava due mulinelli di peli neri intorno ai capezzoli: com'era diverso dal mio corpo quasi glabro e longilineo! Anche sullo stomaco i peli si prolungavano verso l'elastico del pigiama e mi meravigliai nel pensare che chissa' quanti peli c'erano la' dove, sul mio pube, era nata una peluria bionda, dovuta alle caratteristiche lombarde della mamma. In effetti, io avevo preso tutto da lei, mentre mia sorella da lui.

Alzatomi, senza fare alcun rumore, girai attorno al letto perche' avevo notato che l'apertura dei pantaloni avrebbe potuto farmi intravedere l'oggetto della mia curiosita'. Infatti, dal nuovo punto di vista non solo vedevo tutta una selva nera, ma anche il suo sesso, grosso e mezzo duro. La cosa mi eccito' a tal punto che divenni tutto rosso, come se avessi compiuto chissa' quale peccato, e il mio pisello divento' duro. In fretta, mi rifugiai in bagno e cominciai a menarmelo finche' il liquido biancastro schizzo' sullo specchio e sulle mani. Da qualche tempo mi dedicavo alla masturbazione e avevo sospeso i rapporti, fugaci e inconcludenti con le mie coetanee: in quegli anni, attorno al sessanta, erano tutte moine, ti eccitavano, ti facevano ingoiare e non te la davano mai! Per questo avevo deciso di prendermi da solo il mio piacere, quando volevo: e, volevo, spesso!

Anche con Rosetta, la figlia della portinaia, che mi faceva una sega e poi lasciava che le ravanassi con un dito la fighetta, non si andava molto piu' in la'. Con i compagni, dopo l'intermezzo avuto sui 12 o 13 anni quando si andava, tutti assieme, sul pianerottolo davanti ai solai del condominio, e facevamo a gara a chi veniva prima e a chi lo faceva andare piu' lontano, non era continuato piu' nulla. Tutta la mia sessualita' era rimasta questa e non pensavo ad altro che alla possibilita' di trarre piacere dalla mia mano.

Dopo essermi ben lavato e aver pulito lo specchio, tornai di la': ora mio padre s'era girato sul fianco e un glande rossoviolaceo faceva capolino dai pantaloni. Di nuovo, mi turbai, di nuovo, non seppi piu' che fare: ritornare in bagno o fingere di dormire? Ma i miei occhi non si staccavano da quel grosso pomodoro, sul cui buchino scintillava una perla umida.

La morale, inculcata negli anni, mi faceva sentire come un diavolo. Non volevo pensarci, ma i miei occhi cadevano sempre li'. Ma che fare?!?

Decisi di stendermi e, in cuor mio, pensai che avrei dovuto in futuro fare attenzione a non dividere piu' il letto con papa'.

Ero nervoso e continuavo a muovermi, cosi', anche lui comincio' a girarsi e rigirarsi. Un pensiero, formatosi inaspettatamente nel mio cervello, mi fece allungare la mano in direzione del punto dove, con probabilita', nel suo prossimo rotolarsi, lui si sarebbe messo: cosi' il suo ventre e il suo pene mi schiacciarono la mano aperta e immobile: ora sentivo che, come le ondate che si rincorrono, una strana forza lo pervadeva e il suo membro diventava sempre piu' duro.

Avrei voluto ritrarla, ma ormai era tardi ed ero bloccato dal terrore!

Un provvidenziale scampanare, li' vicino, ci avverti' che erano le otto di sera. Lui si sveglio' e io feci finta di aprire, solo allora, gli occhi. Nel prender coscienza, si accorse d'essere eccitato e scoperto e, pudico, si copri' con la mano e se n'ando' in bagno: scrosciava la sua lunga pipi', mentre io l'avevo ancora duro!

'Ti porto a mangiare la vera pizza napoletana' mi promise uscendo dall'albergo e affrettandosi in una stradina stretta e sporca.

Quando arrivammo in pizzeria, fu accolto dal sorriso di tutti i camerieri e dall'abbraccio del proprietario che mi sembro' fin troppo lungo.

'Chi e' questo bel giovanotto' gli chiese Ciro e, con la mano sporca di farina, mi diede un pizzicotto sul sedere. Seduti vicini, cominciarono ad aggiornarsi sulle relative famiglie, sulle vicissitudini della vita, sulle speranze per il futuro.

Io mi sentivo escluso, ignorato ... poi papa' disse che saliva un poco in casa di Ciro e che dovevo aspettarlo li'.

Come un poco? Questa era un'eternita'!

Dopo una buona mezz'ora, seguendo le indicazioni di un cameriere, salii anch'io per chiamarlo, ma mi gelai davanti alla porta dell'appartamento: dal vetro smerigliato vedevo due esseri che si abbracciavano, baciandosi con furore. E uno era il mio papa'!

Si baciava con un uomo.

Cosa avrebbe detto la mamma? Cosa, la moglie di Ciro? E perche' tenevano le due bocche cosi' attaccate?

Turbatissimo, rovinai giu' dalle scale, rosso di vergogna, tremante, e mi nascosi in un tavolino d'angolo.

Ciro e papa' arrivarono dopo qualche minuto, erano allegri, normali, come se non fosse successo niente. Vennero al mio tavolo e si sedettero tutte e due, mentre io li guardavo strabiliato. Cosa avranno fatto? Ma se sono due uomini cosa potrebbero aver fatto!

Ma, il lungo bacio spiato, continuava a turbarmi.

A quei tempi, ben lontani da quelli d'oggi, l'omosessualita' era un qualcosa di molto nascosto, o, meglio, di negato: nessuno ne parlava, ne' vi alludeva ...

Nel congedarsi, per poter andare a farci le pizze promesse, Ciro mi batte' su una coscia, e la strinse quasi all'inguine, fermando per un po' la mano calda sul mia pelle: cosa che mi fece eccitare. Lui se n'accorse e, datami una strizzatina all'uccello, mi sorrise e ando' allegro dietro il bancone. Papa', ora, mi parlava dei suoi ricordi, di quanto erano stati amici e di che gran cose avevano combinato insieme: parlava solo di Ciro e io ne ero geloso.

Cominciai a riempirgli il bicchiere, non appena lo aveva bevuto, e, prima ancora che arrivasse la pizza, aveva gli occhi un po' lucidi. Volevo punirlo facendogli prendere una bella sbronza o forse ... non so, ma certo ero in uno stato di estremo nervosismo.

Dopo la pizza, solo gli occhi di papa' erano lucidi: il suo comportamento era notevolmente appannato dall'alcool. Dissi di voler andare a dormire, cosi', dopo i saluti, ancora una volta un po' troppo cordiali e affettuosi, di Ciro, tornammo in albergo; in camera, tutto vestito, crollo' sul letto e comincio' a russare lievemente.

Lentamente, con premeditazione, iniziai a togliergli i vestiti, preparandomi l'eventuale risposta perche', se si fosse svegliato, avrei detto che lo spogliavo perche' la mamma voleva che si appendessero sempre gli abiti.

A poco a poco, lo spogliai tutto nudo, presi una sedia, mi sedetti e, alla luce ad intermittenza del neon dell'insegna che entrava dalla finestra, me lo guardai bene tutto.

Era bellissimo: le spalle larghe, i bicipiti e i pettorali che raccontavano del suo passato sportivo, i cespugli di pelo che spuntavano dalle ascelle, il tappeto di pelo nero che raggiungeva il ventre e che s'infittiva esplodendo intorno ad un grande uccello addormentato. Cosi' com'era, sara' stato almeno dieci volte piu' grande del mio! Chissa' se anche a me sarebbe cresciuto, se anch'io avrei potuto averlo, un giorno, come lui?

Ma, sebbene poco, il vino che avevo bevuto fece venir sonno anche a me. Mi sdraiai e subito crollai nel sonno: un sonno agitato, in cui esseri dello stesso sesso si divoravano l'un l'altro, fintantoche' l'ultimo, che aveva mangiato tutti gli altri, era lui, mio padre, e ora voleva mangiare me.

Mi svegliai all'improvviso e sentii che la mano di mio padre era appoggiata sulle mie spalle, scorreva sulla schiena, accarezzava il sedere e il calore, che sentivo attraverso le mutande, mi eccitava. Rimasi immobile, spaventato, sconcertato. Disperato: cosa mai voleva da me?

Poiche' ora la mano stava ferma, dopo un po' fui io a muovere, come dormendo, il sedere. Questo forse lo sveglio' e ricomincio' ad accarezzarmi, ad infilare le dita, e poi la mano, tra il tessuto e la pelle; mi toccava i glutei, faceva scorrere un dito nel solco, avvicinandosi sempre piu' al mio buco.

Iniziai un gioco perverso, come nel sonno, mi girai a pancia in su, appoggiandomi sulla sua mano. Sentivo il mio sesso tendere il tessuto dello slip. Lui, delicatamente, lasciando la sinistra aperta sotto il mio sedere, con la destra mi abbasso' le mutande e incomincio', con due dita, a masturbarmi. Non avevo mai goduto di piu' e, in quel momento, all'improvviso, mi schizzai il seme sul ventre. Allora, mi prese tra le braccia, mi trascino' su lui, mentre sentivo il suo pelo strusciarmisi addosso, la sua pelle riscaldarmi, il suo membro premere contro la pancia. Non sapevo cosa fare, tenevo gli occhi chiusi, anche se ero certo che lui sapeva che ero sveglio e che, ora, avrebbe condotto lui il gioco.

La sua bocca s'impasto' sulla mia e, dopo poco, qualcosa di forte, umido e vivo cerco' di entrare e, vinta la resistenza, la sua lingua m'invase, spandendo ovunque saliva e l'odore di papa' entro' in me. Provando a muovere la mia, la sua lingua me la avvolse, me la risucchio' e mi trovai dentro papa'. Com'e' possibile descrivere un simile piacere? Quando mai potrei provarne un altro piu' forte? Pensai ai gelidi baci inconsistenti delle ragazze e li paragonai alla infuocata lussuria di questo. Poi, il mio pensiero torno' al bacio che avevo visto e a tutti gli altri che Ciro avra' avuto in passato. E' questo l'amore? E' questo il piacere infinito di due innamorati?

Dopo un po', staccandomi da se', papa' mi sollevo' mi fece ruotare e mi riappoggio' su lui: ora sentivo, davanti al viso, il pulsare di quell'enorme palo e non sapevo cosa volesse da me. Ma, ben presto lo capii perche' lui, che si trovava con la bocca vicino al mio uccello, lo ingoio' e comincio' a succhiarmi, a pomparmi, a farmi volare di piacere. Nell'imitarlo goffamente, iniziai a leccargli la cappella anche se, mentre lui m'ingoiava tutto, io riuscivo ad infilarmi solo quella in bocca. Ma era un piacere sublime. Tutti e due avevamo il fiatone e, improvvisamente, mentre emettevo ancora il mio seme, sentii un caldo, buono, profumato sapore sciogliersi nella mia bocca: cercai di deglutire tutto, ma papa', facendomi nuovamente ruotare, mi bacio' di nuovo e il suo seme cremoso si uni' al mio e bevemmo ognuno del proprio sperma e dell'altro. Una sensazione a dir poco meravigliosa.

Ci lasciammo andare, stanchi e felici: quando mai avrei potuto ancora godere di lui?

E ci vinse il sonno.

Alle prime luci dell'alba, allo stridio di migliaia di uccellini che cantavano sugli alberi della piazza, ci svegliammo: ero ancora su lui, la nostra pelle era sudata e attaccaticcia. Papa' si alzo', mi prese tra le braccia, entro' sotto la doccia e ci lavammo l'un l'altro assieme. Facendo scorrere un dito coperto di sapone sul buco del sedere, me lo inseri' con facilita' e, anche questo, mi diede piacere. Nessuno di noi aveva ancora parlato e continuammo in silenzio con carezze e baci. Mi riprese in braccio, e, tutti bagnati, ritornammo a letto, mi ci depose, mi alzo' le gambe e, con una facilita' che proprio non mi aspettavo, sentii il mio sfintere allargarsi, allargarsi, allargarsi ... per fare entrare in me tutto il suo enorme uccello: mi sentivo completamente riempito. La sensazione piacevole aumento' quando, con dolcezza, comincio' a montarmi: arrivai al delirio e urlai di piacere dentro la mano che lui mi premeva sulla bocca, quando, ai suoi

colpi, segui' un'inondazione calda che m'inondo' tutto, di dentro. Chissa' se tutti i ragazzi hanno un papa' che li fa godere cosi'?

Era tutto meraviglioso, dolce, lo amavo tanto.

Ma ormai mi sentivo curioso e volli anch'io accarezzargli il sedere, inserirgli un dito e muoverlo un po'. Lui prese un altro dito e mi fece capire di unirlo al primo. E, dopo il secondo, volle il terzo. Fui io che, allargandogli bene le natiche, gli inserii anche il mignolo, poi il pollice e, dopo un po', lui spinse tutta la mia mano dentro: mi sentivo come se questa fosse un mio grande uccello e potessi montarlo e farlo godere, come lui aveva fatto con me. Lo stantuffai, l'avambraccio faceva fatica con il muscoletto allargato del suo buco, ma non avevo nessuna voglia di smettere. Lui ansimava, godeva e il suo sesso era tornato ad essere enorme.

Mentre con la destra lo stantuffavo, con la sinistra lo masturbavo e, sentendolo giunto al momento del piacere, mi chinai sul glande infuocato appena in tempo per ricevere ancora in gola il suo nettare. Rimanemmo distesi sul letto, fermi, la mia mano dentro le sue viscere: mi sentivo come se fossi stato io ad avergli dato la vita. Era una splendida sensazione che non aveva nessuna ragione d'essere. Ma ero io, dotato di un pisellino, ad aver chiavato e fatto godere papa'. Il fatto di aver compiuto atti contronatura, e addirittura con mio padre, non mi turbava ... anzi i pensieri erano tutti rivolti al desiderio di poterli compiere ancora.

Ci addormentammo un'altra volta.

Improvvisamente, papa' mi sveglio': era tardi, dovevamo prendere il treno, dovevamo vestirci di corsa e partire. Io pendevo dalle sue labbra: avrei continuato nei giochi della notte o per lo meno a parlarne, e aspettavo che lui dicesse qualcosa. Nulla.

Solo, ad un certo punto, bofonchio' che, ieri, si era preso proprio una bella sbronza! Non vorra' farmi credere che sia quella la causa di una notte simile? Non vorra' fingere di non aver fatto nulla coscientemente? Non vorra' non ricordarsi d'avermi sverginato e d'essere stato chiavato dal mio braccio? Ero annicchilito. Lo guardavo e non comprendevo piu' niente.

Dopo il viaggio, la visita ai parenti, il funerale sotto un cielo torrido, la partenza ... sempre senza mai far cenno a cio' che era successo, sempre senza mai un qualcosa che non fosse il solito affetto cui mi aveva da sempre abituato.

Poco prima che il treno transitasse da Napoli, all'improvviso, mi disse che, forse, sarebbe stato bello scendere a visitare la citta' e, magari, se io n'avessi avuto voglia, potevamo fermarci anche quella notte, li'! Sorrisi felice, mi attanagliai al suo braccio e, pensando a cio' che avremmo potuto fare la prossima notte, lo baciai, facendo incuriosire tutti i viaggiatori dello scompartimento, che ancora ci guardavano quando scendemmo nella stazione di Napoli.

Avrei desiderato la camera dell'altra notte, ma non c'era piu'. La nuova era bella, ma senza il balconcino, e, in piu', c'era una parete intera di armadi rivestiti di specchi! Forse sarebbe stato bello 'fare' davanti allo specchio, ma vidi che papa' non dava nessun'importanza alla cosa. Eravamo quasi a mezzogiorno, ma papa' disse che ora era meglio riposare: non feci neppure in tempo a depositare la mia sacca, che lui mi morse, da dietro, sul collo, mi pasticcio' i capezzoli attraverso la maglietta e spinse contro il mio sedere il suo membro gia' duro! Aveva voglia di me e ne ero felice. Lesto mi spogliai e, saltato in piedi sul letto, trionfai della mia bellezza ignuda. Lui fini' di togliersi lentamente gli indumenti, si mise in ginocchio, lo prese delicatamente in bocca e comincio' a pomparmi.

Poi si distese su me: la sua mole mi schiacciava con una dolcezza senza pari. Il suo cazzo era cosi' duro che mi sembrava un pilastro piantato contro la pancia. Le sue mani erano ovunque: mi titillavano un capezzolo e subito dopo erano sulle natiche, m'inseriva l'indice nel buco e me lo ritrovavo a rovistarmi in un orecchio. La sensazione era quella di essere caduto vittima dei tentacoli di una piovra. La piu' bella e virile piovra di tutto il mediterraneo.

Quando finalmente ritrasse la lingua dalla mia bocca, mi rovescio' e la introdusse li': con violenza e con dolcezza mi sentivo trapanare lo sfintere da un qualcosa di vivo, caldo, affamato.

Poi mi prese il sesso in bocca. Succhiava come forse mai avevo sentito e s'infilava la punta giu' per la gola. Provai anch'io. E subito inizio' a stantuffarmi. Duro e immenso: cosa potevo desiderare di piu'? Ormai l'avevo tutto ben insalivato, cosi' me lo mise in culo in un sol colpo: mentre le stelle sparivano, sorse un piacere che era veramente paradisiaco, un piacere che mi sembrava ben maggiore della prima volta. Aveva cosi' voglia di me che, dopo pochi colpi ben assestati, mi riempi' di sperma caldo, bollente.

Poi mi porto' la bocca sul suo uccello, voleva che lo pulissi del suo seme: mi piacque, anche perche' subito la sua lingua venne a reclamare la sua parte.

Per essere un buon papa', lo era, ma tutti i papa' facevano cosi'?

Era il mio turno, con enorme maestria mi fece venire e fece esplodere il mio seme sulla sua faccia, suggendo, poi, dalle gote le lacrime di sperma del suo bambino.

E, finalmente, dormimmo.

Alle due, mi sveglio' dicendo che era ora d'andare a mangiare. Ando' a farsi una doccia e lo seguii. Mentre con la doccia a telefono si lavava, cercava di avere i miei sguardi, e il mio amore. Lui mi sorrideva, mi guardava con occhi incendiari, cercava di vedere se riuscivo a desiderarlo ancora. Ancora accosciato nella vasca, con tutti i peli bagnati, le grandi e nerborute braccia dolcemente tese verso di me, sembrava il desiderio, perso: ed era il mio papa'! Mi avvicinai a lui, appoggiai la sua testa contro il mio petto, lo strinsi, lo accarezzai, poi mi persi nei suoi baci. Ci staccammo e, per uscire dalla vasca, si alzo' e riesplose in tutta la sua meravigliosa bellezza. Il suo gran corpo peloso mi sembrava la quintessenza della mascolinita'.

Ancora una volta sul letto, ancora una volta carezze, baci, titillamenti, palpatine e toccamenti. Poi porto' la mia mano sul suo ano, un dito, due, tre, quattro e, di nuovo, tutta la mano entro' in lui: stavolta, quando tutto aperto sta godendo di me, del proprio figlio che lo chiava, eiaculo' abbondantemente facendomi sentire al colmo dell'eccitazione perche' ancora lo possedevo, raccolse il proprio seme con le dita e lo porto' alle mie labbra. Le succhiai mentre mi accarezzava, mi stringeva, mi sussurrava parole dolci frammischiate a piccoli baci. Papa' mi piaceva, mi stordiva e quando mi bacio' senti' che ero disposto ad ubbidire a tutte le sue voglie. Il mio pene era al colmo dell'eccitazione, sembrava pronto a scoppiare. Di nuovo si chino' su lui, lo umetto' con la lingua, inghiotti' lo scroto, sbavo' sui miei giovani peli: il mio dolce papa' cercava di darmi piacere. Non capii piu' nulla e sborrai su lui e sulle lenzuola. Poi in bagno, ma papa', questa volta, non mi raggiunse. Di la', tutto era in ordine, il letto pulito, papa' seduto sulla poltrona con gli occhi chiusi, come dormendo. Coprendomi il sesso con le mani, andai verso gli slip per infilarli e rivestirmi. Nuovamente mi abbraccio', mi strinse forte, porto' le labbra sulle mie e quando la lingua si fece posto in me, di nuovo m'arresi tutto a lui: come descrivere quanto mi piaceva quell'uomo? Come spiegare il gusto della sua saliva, l'odore della sua pelle, la possanza dei suoi muscoli e, di nuovo, la rigida bellezza del suo cazzo di marmo?

'Che cosa vuoi da me, papa'?' Non rispose, ma ancora mi prese tra le braccia, mi sollevo', distendendomi sul letto, sdraiandosi a me accanto, il peso del suo braccio sul mio petto. Nessuna parola, nessun discorso, solo la dolcezza del momento in cui si sentiva solo il suo respiro profondo, calmo, ritmato. Amavo la dolcezza di papa' e lui mi amava. Giunse il sonno e rimanemmo cosi', vicini e felici.

Un piccolo trambusto mi sveglio': papa', con i lombi avvolti nell'asciugamano, stava facendo entrare il cameriere con il pranzo che aveva ordinato al telefono. Io ero sul letto, completamente nudo. Non sapendo cosa fare, finsi di dormire, ma, con gli occhi socchiusi, tra le ciglia, spiavo. Il cameriere era un bel ragazzo, il tipico napoletano, moro, dalla pelle abbronzata, peloso come facevano intuire gli avambracci scoperti. Mi lancio' un'occhiata con i suoi occhi verdi-acqua e mi parve che si soffermasse un po' troppo sul mio sesso, che subito incomincio' ad irrigidirsi. La cosa non sfuggi' a papa' che, facendosi notare dal cameriere, mi appoggio' un asciugamano sul pube. Ma, ormai, qualcosa aveva cominciato ad aleggiare nell'aria, come un senso di complicita', di perversione ... come un sapor di sesso e vidi che il cameriere guardava il grosso pacco che cominciava a muoversi sotto l'asciugamano di papa'. Continuava ad apparecchiare, a

disporre le pietanze, ma i suoi sguardi erano sempre su quel punto di papa', che ora aveva preso la consistenza che ben conoscevo. Anch'io ero molto eccitato, ma non riuscivo a vedere se anche il cameriere lo era. Papa' continuava a controllare tutti i suoi movimenti e, quando fu certo dell'eccitazione del ragazzo, si sedette con calma sul letto, sollevo' l'asciugamano, me lo prese in mano e comincio' a masturbarmi. A questo punto il ragazzo gli si avvicino', lo denudo', gli prese in mano il grandioso uccello e se lo fece sparire in bocca. Anche il papa' me lo bacio' mentre affannosamente iniziava a spogliare il ragazzo e, nudo, lo fece stendere su me: io tuffai il naso nei peli nerissimi del suo pube, cominciando a mordicchiargli e a leccargli l'uccello. Ora non sapevo piu' di chi era una mano o un piede, nel gran groviglio riconoscevo solo i peli di papa' che erano lunghi e lisci e quelli del cameriere che invece erano ricci e lucenti.

Ancora una volta papa' mi prese in braccio e, con dolcezza, mi depose sul cazzo duro del cameriere, che scivolo' dentro di me senza nessuno sforzo: infatti, non lo aveva molto grosso e io ero ormai abituato a ben altre misure! Poi, mettendo le due mani sotto le natiche, lo sollevo' e in un unico colpo lo impalo' e, mentre il ragazzo mi cavalcava, mi sembrava che i colpi di papa' si trasferissero dentro di me. Quando sentii dal lungo mugolio che papa' stava venendo, sentii anche un'onda calda inondarmi, allora accelerai il movimento della mano e anch'io venni. Ci lasciammo andare esausti sul letto, mentre, proprio in quel momento, trillava il telefono: risvegliato dal suono, il cameriere si affretto' a rivestirsi e a correr via. Papa', invece, con calma, conversava con Ciro: si', si' lo so che siamo in ritardo, ma abbiamo avuto da fare... ma stiamo venendo, non ti preoccupare, anche mio figlio ha voglia di vederti... e tutta una serie di convenevoli che non capivo. Ma perche' dovevamo incontrarlo ancora? Non era piu' bello star qui soli a far l'amore? Non dissi nulla, ma papa' capi' e disse che per lui Ciro era un buon amico, che aveva sempre diviso tutto con lui, ogni gioia e ogni dolore e, mentre parlava, mi eccitai all'idea che forse avrebbe voluto 'dividere' anche me con Ciro ...

Dopo aver assaggiato, di corsa, un po' del cibo freddo lasciato sul tavolo, andammo a passo lesto a casa di Ciro: aveva il pomeriggio libero e ci aspettava vestito solo con una vestaglia dai colori sgargianti. Era solo, poiche' la moglie era a far le pulizie in pizzeria, e potevamo quindi metterci comodi. Io spalancavo gli occhi affinche' non mi sfuggisse nulla di quello che facevano loro due: niente di male in fondo, l'abbraccio e' stato un po' troppo lungo, la mano di uno rimaneva un po' troppo in quella dell'altro, ma nulla piu'.

Forse mi ero sbagliato a fantasticare... ma, non mi ero sbagliato per niente! Ciro, quando fu il turno di salutare me, mi bacio' in bocca, mio padre da dietro lo avvolse con le sue braccia che andarono a chiudere anche me in una morsa. Frugato nel piu' profondo da quella lingua calda, mi sentii subito eccitato mentre Ciro mi stringeva contro il suo petto nudo. Papa' in un sol colpo gli strappo' la vestaglia e lui completamente nudo porto' la mia bocca al suo uccello, mentre sentivo che papa' si spogliava e, poi, lo prendeva da dietro e, a causa dei suoi colpi, Ciro mi stantuffava in bocca. Papa' usava una strana violenza con lui e, con colpi ben assestati, venne. E, subito, venne anche Ciro: tutta la bocca era piena e rivoli di sperma mi colavano sulla camicia. Feci per pulirmi con la mano, ma le lingue dei due cominciarono ad asportare tutto dal tessuto. Io ero ancora eccitato e il pantalone faceva notare una protuberanza che, attraverso il tessuto, venne leccata e mordicchiata dalle due bocche. Poi quattro mani mi spogliarono, mi toccarono, s'intrufolarono in ogni parte; mi sollevarono e mi portarono sul letto grande. Ciro tolse la bambola tutta a ricami rosa che era assurdamente seduta accanto ai cuscini e papa' mi mise al suo posto. Si alzo' in punta di piedi e prese da sopra l'armadio delle corde, butto' Ciro sul letto e questi cadde con la bocca sul mio uccello e comincio' a leccarmelo, mentre papa' gli legava i polsi alla testata del letto e le caviglie dall'altra parte. Lui lasciava fare, con lo sguardo felice, non certo per cio' che aveva in bocca, ma per cio' che, di li' a poco, avrebbe ricevuto.

Non era una vera frusta quella che usava papa', ma ben presto il suo culo fu color rosso e la lingua di papa' seguiva le piaghe e lui leccava me e, nei momenti piu' di spasmo, intensificava il pompino e gia' gli ero schizzato in bocca due volte. Dopo aver infilato un cuscino sotto la pancia dell'amico, papa' lo impalo' fino in fondo, cosa che a lui piacque moltissimo e venni ancora. E venne papa' in Ciro e lui sul copriletto buono.

Ancora il suono del telefono venne ad interromperci: papa' avvicino' il cornetto all'orecchio di Ciro: era la moglie che aveva bisogno di lui in pizzeria, subito. Il tempo per una doccia, per riassettare la stanza, pulire il pulibile, nasconder le corde e via.

Questa volta papa' non sapeva cosa fare, tutti i suoi programmi erano stati sconvolti da quella telefonata, percio', cominciammo a girovagare per Napoli che, finora, non avevo proprio visto. Ammirai le stradine tutte pavesate di panni stesi, mi meravigliai davanti alle donne sedute con tavolini colmi di sigarette di contrabbando, di stringhe e di altre paccottiglie, mi soffermai estasiato a vedere il Maschio Angioino, guardai a lungo il mare, percorsi, raffrontandola con quella di Milano, la Galleria e giunti accanto ad un cinemino, papa' mi chiese se volessi entrare a riposare un po'. Buon'idea, sono sempre stato patito di cinema e non me lo feci dire due volte: il film trattava una vicenda di Roma antica, centurioni, soldati, gladiatori e cavalli.

Entrando, mi colse un forte odore di stantio, probabilmente la pulizia non era molto conosciuta, li'. Nel riverbero delle immagini che scorrevano sullo schermo, c'infilammo proprio nel mezzo di una fila. Il buio era quasi totale e mi sembrava d'essere solo con lui, per questo, quando mi mise il braccio dietro la spalla, mi bacio' i capelli e mi accarezzo' davanti, non mi preoccupai, ascoltando solo il piacere del suo corpo accanto al mio. Ben presto, pero', sentii come una presenza, come se qualcuno cercasse di guardarci da dietro e percepii la presenza di due tizi che ci fissavano. Cercando di scostare la mano di papa' dal mio membro, sentii che insisteva a tenerla li'; anzi, infilo' le dita tra i bottoni e sotto lo slip raggiungendo la pelle nuda delle palle. Ma cosa faceva, ora? Non vedeva che ci spiavano! Ero tutto teso ma, alla sua insistenza, cominciai a rilassarmi; quando me lo tiro' fuori, subito eiaculai.

'Andiamo in bagno a pulirti' esorto'. Cosi' ci ritrovammo in una toilette sporca e maleodorante, le piastrelle vicino al rubinetto erano consunte e nere: uno schifo. In silenzio papa' mi fece sedere sul lavabo e comincio' a leccarmi le gocce di sperma che erano quasi asciutte e continuo' anche quando entro' il primo vecchiotto.

E anche quando entro' il secondo.

Io ero spaventatissimo e non sapevo cosa fare o cosa guardare. Lui sempre calmo, slaccio' la mia cintura, mi abbasso' i pantaloni e comincio' a leccarmi attraverso le mutande: dietro di lui, con occhi famelici, i due vecchi si toccavano l'inguine attraverso la stoffa. Mi tolse gli slip e comincio' a spompinarmi lentamente. I due uscirono dei vecchi e rugosi aggeggi dai pantaloni, cominciando a masturbarsi. Ad uno venne duro, all'altro no, anche se continuava ad agitare la pelle floscia. Sentivo l'eccitazione di papa', ma non lo toccavo, lasciavo solo che mi baciasse il pene, che era l'unica cosa viva, per il resto ero di ghiaccio! I vecchi continuavano il loro gioco, sempre fissandoci, sempre masturbandosi e papa', prendendomi in braccio mi porto' in un gabinetto, lasciando ben aperta la porta in modo che loro potessero vedere. Tiro' fuori l'uccello e mi fece seder sopra, poi alzandomi e abbassandomi ritmicamente si fece una sega usando il mio sedere. I due non capivano piu' niente, gli occhi erano fissi su quel cazzo che continuava ad apparire e sparire. Ma lui non aveva finito, con la mano li fece avvicinare, mi sfilo' da lui e, mentre mi baciava in bocca, volle che loro mi leccassero a turno e, anche a quello che prima non si eccitava finalmente s'inturgidi': ora papa' si tolse la camicia e offri' il petto villoso ai membri vomitanti una sorta di sperma liquido e bianchiccio dei due, infine li costrinse a leccargli i peli bagnati a turno. Poi, stanco, li caccio' via, chiuse la porta e mi fece dono del suo membro in bocca, che ben presto riempi' con i suoi fiotti caldi.

Uscendo, non degno' neppure di uno sguardo i due vecchi: infilammo la porta e tornammo nell'aria ormai fresca delle viuzze di Napoli.

Qualsiasi cosa inventasse, non mi chiedeva il consenso, non mi dava spiegazioni: tutto quello che faceva era un dono per me che speravo in qualcosa d'eccitante ogni volta che si fermava o che rallentava il passo.

Niente, tornammo in albergo a ritirare le valigie e, mentre lui pagava il conto, io cercavo di vedere il cameriere, senza riuscirvi: forse aveva finito il turno ... ma mi sarebbe piaciuto incontrarne lo sguardo per vedere se, anche lui come papa', faceva finta di niente.

Sul treno affollato, trovammo solo un posto e papa' mi fece sedere sulle sue gambe. Naturalmente mi assesto' in modo che potessi sentire, ben piazzato tra le mie natiche, il suo pacco che s'inturgidiva. Temetti il peggio ... cosa avrebbe detto la grassona che avevamo davanti se lui avesse cominciato con i suoi giochini? E cosa il vecchione che ci russava accanto? Ma per fortuna la giornata era stata lunga e pesante, papa' si addormento' e io su lui. L'indomani mattina saremmo arrivati a Milano, a casa, e tutto sarebbe finito, percio' cercai di godermi il calore che emanava dal suo gran corpo, il peso del suo braccio che mi teneva in modo che io non cadessi e il suo odore, che e' quello che per sempre ricordero': un odore che ricorda il muschio e che sa di salato, di sudore.

La mano di papa' mi accarezzava i capelli e la sua pressione mi aveva svegliato: ero disteso sui sedili con la testa sul suo grembo: si vede che i compagni di viaggio erano scesi e lui mi aveva, delicatamente, steso, trattenendo sul suo basso ventre la presenza, e il peso, della mia testa, forse per poter sognare il calore della mia bocca sul suo sesso ... Ma, naturalmente, non disse nulla. A Milano non se ne parlera' piu', purtroppo!

La mamma al lavoro, mia sorella a scuola, in casa trovammo soltanto il nonno, un uomo che non amavo e, anzi, temevo. Si era fiondato nella nostra famiglia alla morte della sua seconda moglie. Io non lo ricordavo neppure, forse era venuto al mio battesimo o a quello di Maria. Ma s'era portato dietro tutta una cultura e una tradizione completamente diverse dalle nostre. All'epoca, secondo me, Campobasso era il terzo mondo: lui, per esempio, pretendeva che tutti noi gli dessimo del 'voi', compreso papa'. Non ero proprio mai riuscito ad accettarlo e solo papa' sembrava nutrire affetto verso quell'uomo.

Appena entrammo, ci squadro' ben bene senza parlare, poi, perentorio, disse 'vin' acca'' e papa' lo segui' in camera sua. Parlava, come sempre, in dialetto e, benche' origliassi, non capivo un accidenti!Troppo piccieriello, era l'unica cosa che capivo e che veniva ripetuta. Dalle risposte di papa', capii che parlavano di me e che, anche papa', doveva aver avuto una simile iniziazione, ma a vent'anni compiuti, che, a detta del nonno, sembrava l'eta' giusta! Ma porca miseria, ci si mette anche questo ad allontanarmi da papa'?

Usci' di camera, mi diede uno sguardo sfuggente e incomincio' a disfare la valigia. 'Cos'e' successo? Cosa voleva il nonno? Cosa abbiamo fatto di male?' Ma papa' non rispose e si chiuse in un doloroso mutismo.

Al telefono la mamma, felice del nostro ritorno, s'interesso' della salute di tutti i parenti, chiese come c'eravamo trovati con gli scioperi, eccetera, come fa una mamma e una moglie affettuosa. Lui rispondeva allegro, ma attaccando il telefono ricadde nel mutismo. Cosa cavolo gli aveva detto e cosa cavolo voleva quel vecchio li'! Mi sembrava proprio di odiarlo!

E ricomincio' la solita vita: la scuola, lo studio, il gioco al pallone con i compagni, le pomiciate a tempo perse con le ragazze e il mio piacere solitario. Pero' mi sentivo piu' grande, piu' saggio, piu' smaliziato, piu' fortunato, 'piu'' di tutti gli altri.

Anche se con papa' non ci fu piu' occasione di stare, anche se non parlava mai dei nostri momenti meravigliosi, anche se aveva ripreso a trattarmi come fa un padre con il proprio figlio, io lo guardavo e ardevo di desiderio, lo spiavo quando andava in bagno in pigiama, immaginandone il suo sesso turgido, lo guardavo quando si cambiava e riuscivo ad intravedere ancora i suoi capezzoli spuntare dalle volute di peli e avevo preso l'abitudine di guardare in una vecchia scatola, piena di foto di famiglia, per potermelo rimirare in costume da bagno. Ero proprio follemente innamorato di lui e, anche se solo mi toccava, sentivo una scossa che mi percorreva tutta la colonna vertebrale finendo inesorabilmente nel buchetto che ormai non riceveva che le mie dita inutili.

Passarono cosi' sei mesi e 'finalmente' ci fu un problema: un cugino di papa' che abitava a Savona lo invito' la' perche' portasse un po' di pace in famiglia. La moglie era sempre stata sensibile ai consigli di papa' e, ora, questa voleva andarsene via, con le due figlie.

'Ma per favore non dire niente, non le far capire che te l'ho detto, anzi non ci siamo neppure sentiti! Devi esser tu che passi di qui!' Eccetera, eccetera. Per dar maggiore attendibilita' alla cosa, in un momento che il nonno non era presente, disse alla mamma che forse era meglio se fingeva di passare di la' con me: 'La presenza di un ragazzo poteva andare a sciogliere la cosa e poi lui stara' con le cugine e io avro' piu' possibilita' di star con lei.' La mamma stessa s'incarico' di avvertire che sabato prossimo io, al ritorno da Ventimiglia per una gara, sarei andato a Savona con papa'. La mamma non sapeva che, cosi', mi stava facendo il piu' bel regalo della mia vita: di nuovo solo con papa'. E con il suo cazzo! Povera mamma dovette anche calmare le ire del nonno che non voleva che io andassi e che non voleva dire il perche'. Fu come una fuga, papa' nello stringermi il braccio per farmi passare dalla porta, gia' mi aveva trasmesso il

messaggio: saranno giorni di fuoco!

E cosi' fu.

Quando il treno entro' nella prima galleria, nel buio trasalii nel sentir la sua mano sul mio sesso. Alla seconda, c'infilammo nel cesso, ci spogliammo con frenesia, ci divorammo di baci, come se una fame di anni ci spingesse ... me lo prese in bocca, mi appoggio' sul suo cazzo, m'infilo' in un sol colpo. Con violenza mi prese, con violenza venne. Prima di riprendermelo in bocca, si complimento' perche' m'era diventato piu' grosso e poi mi bevve, dimostrando il solito piacere.

A Savona, il cugino ci mostro' la camera degli ospiti (con il letto matrimoniale che subito notai!), ci rinfrescammo un po' nell'attesa di moglie e figlie. Quando arrivarono, da esperto attore, chiesi alle ragazze di portarmi a vedere il mare. Cosi' i tre rimasero in casa a discutere. Riuscii a restar fuori casa fino alle otto. Loro erano, mi sembro' subito, piu' calmi, rilassati e papa' era chiaramente contento e disse che avrebbe preferito fare una passeggiata e magari mangiarsi una pizza con suo figlio (cosi' loro avrebbero cercato di comunicare un po'). Io ero felicissimo. Andammo al molo, dietro certi massi grandi che ci nascondevano benissimo alla vista. Lui fu dolce, affettuoso, mi colmo' di baci di una leggerezza incredibile e mi parlo' del nonno: sbotto', piu' che parlarmene! Anche lui, a venti anni, era stato iniziato alle cose del sesso da suo padre. Il fatto che questi fosse tanto arrabbiato con lui, era perche' io ero cosi' giovane!

'Ma ne ho quasi diciannove!' sbottai. Ma il nonno diceva che a dociotto anni era troppo presto e a nulla era valsa la difesa di mio padre sul fatto che oggi i giovani sono molto piu' sviluppati e smaliziati. Era cosi' triste e amaro nel raccontarmi il suo rapporto con il padre, che non desiderai far sesso, ma coccolarlo, accarezzarlo, stringerlo, lasciando che quel fiume di parole uscisse finalmente da lui.

Come svuotato: 'Andiamo a mangiare una pizza, ora!' disse alzandosi. A tavola, quando cercai sotto il tavolo la sua gamba con la mia, rimase fermo: non sara' mica tornato nel solito mutismo no-sex in cui ogni tanto casca?

Fino a casa non disse piu' niente. Finse allegria e spensieratezza con i cugini e ando' a letto. Anch'io. Speravo in una notte di follia, ma qui, mi sa che non si fa niente!

E sbagliavo: appena sotto le lenzuola, le sue mani mi spogliarono tutto, mi tirarono su lui, mi strinsero, mi palparono, mi s'introdussero ovunque! Oh, era questo il mio papa'! Quello che mi aveva dato tutto e insegnato tutto! Quando il fiume caldo m'inondo' lo sfintere, ci addormentammo, cosi', con lui dentro di me.

Al mattino, papa' era gia' in cucina, tutto vestito, a parlare. Sentii che diceva che saremmo partiti subito e che era felice che gli screzi fossero finiti. Appena vestito, il cugino, che continuava a ringraziarlo, ci porto' al treno: destinazione Milano. Ma, a Finale Ligure siamo scesi. Lui conosceva qualcuno li' e non aveva voglia di tornare subito a casa! Figurarsi io!

L'amico di papa' era il custode di una colonia estiva, ci fece entrare disinteressandosi di me, ma guardando con adorazione papa'. Ne ero geloso, ma lo capivo bene: la bellezza di papa' era un misto di virilita' e di dolcezza, un connubio tra un macho e un angelo e quello sbavava per lui!

Era appena tornato da messa e aveva il vestito della festa e con la cravatta. Disse: 'Vado a cambiarmi e torno subito', ma papa' non volle, seduto in poltrona con le gambe larghe che facevano vedere bene il gran pacco stretto nei jeans, lo chiamo' vicino, quello s'inginocchio', gli accarezzo' i vecchi stivali da cow-boy, che papa' amava tanto, e incomincio' a leccarglieli, iniziando a pulirli dalla suola. A papa' piaceva vederlo, prostrato a terra col suo bel vestito: gli pose un piede sulla testa obbligandolo a continuare a leccare lo stivale. Poi prendendogli il mento lo obbligo' a guardare verso di me e mi comando' di pisciargli addosso. Al solito ero tutto eccitato e facevo fatica ad orinare col cazzo duro, ma, poi, lo inondai sulla faccia, sulla lingua, sul vestito buono e sugli stivali e sui pantaloni di papa', che, in estasi adesso stava masturbandosi per fare arrivare la pioggia di perle di sperma sul tipo, che, bagnato e sporco, ando' a cambiarsi sculettando felice.

Rientro', nudo, solo coperto da un grembiulino bianco tutto pizzi, in testa una crinolina e al collo un collare da cani. Ci venne vicino e noi continuammo a baciarci-stringerci-spogliarci senza curarci di lui.

A quattro zampe, girava intorno a noi, ci leccava, chiedeva, con occhi d'acqua, una carezza che papa' gli negava, mentre si dedicava completamente a me.

Ordino' da mangiare e quello corse in cucina, tornando con un vassoio colmo di dolci e frutta. Gli getto' i torsoli che l'altro prendeva al volo, sgranocchiandoli accoccolato ai nostri piedi. Gli butto' le carte delle caramelle da leccare, poi prese un bigne', mi fece voltare, me lo schiaccio' sul sedere e gli disse di leccarlo. Mentre questi affondava la faccia tra le mie natiche per ripulirmi dalla crema, papa' improvvisamente lo violo', il suo urlo si spense tra le mie chiappe e gli venni sulla faccia. Piangeva dal dolore, ma i colpi erano continui, degli 'affondo' incredibili che lo scuotevano tutto. Quando papa' venne, con un muggito da toro, lui si affloscio' a terra con la faccia sporca di sperma e crema di bigne'.

Ormai era ora di tornare. In stazione prendemmo al volo il treno e ci addormentammo subito. Andavamo a casa e chissa' per quanto tempo non avremmo piu' parlato ne' fatto piu' niente...

Scesi dal tram che ci portava vicino a casa, io continuavo a sorseggiare i miei meravigliosi ricordi, lui, come il solito in silenzio, allungava il passo ...

Improvviso, come un fulmine estivo, il destino ci piombo' addosso con un gran fragore, un botto, un tonfo. Mi girai, guardando interrogativo papa', ma non lo vidi: era a terra, davanti ad un'auto, ammaccata, insanguinata. E sangue era tutt'attorno a lui che giaceva immobile. Mi buttai su lui piangendo, intorno sentivo il brusio della gente, l'urlo lancinante di mia madre accorsa, la sirena lontana, poi sempre piu' vicina, dell'ambulanza e l'altra piu' stridula della polizia. E mani che mi sollevavano, che mi trattenevano, che mi accarezzavano per calmarmi. Facce sconosciute mi scrutavano, labbra sgangherate mi sorridevano, bocche anonime mi vomitavano addosso parole che non capivo e che mi rombavano dentro.

Poi, la notte, con vicini di casa che andavano e venivano, seduto accanto al telefono nella speranza di una parola di mia madre. Nulla, nulla finche' col mattino giunse anche lei: piangeva come chi ha gia' pianto tutte le lacrime. Una calda carezza e un piccolo bacio ed eccola a metter dentro roba in una borsa e di nuovo via.

L'incidente era stato grave, molto grave, ma papa' sarebbe vissuto ancora, sarebbe tornato a casa, non dovevo piu' piangere e dovevo cominciare a sorridere perche', ora, l'uomo di casa ero io e dovevo aiutare e dar forza alla mamma. Cosa volessero dire tutti quei discorsi non lo capivo: in me risuonavano soltanto le parole che, fra poco, papa' sarebbe tornato...

Torno', dopo tre mesi di coma in ospedale, ancora in coma. Seduto nel letto, immobile con lo sguardo fisso lontano, perso in un vuoto assurdo, sconosciuto, suo. Tutta la nostra vita era cambiata, a turno stavamo accanto al suo letto per porgergli una pezza bagnata se vedevamo gocce di sudore sulla sua fronte, per fargli suggere un poco d'acqua, per mettere i preparati nelle sue cannule d'alimentazione, per pulirlo e cambiarlo. E quando con la spugna lo lavavo, mi prendeva una tenerezza incredibile per quel gran pezzo di carne moscia che tanto mi aveva donato. E piangevo.

Passavano i giorni, si alternavano le stagioni e papa' era sempre vivo e vegeto o, meglio, vivo come un vegetale.

Il giorno del mio compleanno, il diciannovesimo, avevo chiesto di poter accudire io a papa': ormai l'ometto di casa s'era fatto uomo e tutti si fidavano di me, anche l'infermiera, quando c'era qualcosa d'importante da fargli, lo chiedeva a me. Cosi', mentre chinato su lui stavo cambiandolo, sentii una presenza nella stanza, una presenza che mi fece rabbrividire: era il nonno, che mi guardava con quei suoi occhi torvi. Mi fece cenno di seguirlo, ando' in camera sua, si sbottono' la patta e tiro' fuori una specie di lumacone grigio-rosa. Ero disgustato! Con papa' di la' in quelle condizioni! Ma mi obbligo' ad inginocchiarmi e, spingendomelo contro le labbra, m'introdusse quel 'coso' in bocca. Aveva un odore strano, come di muffa. Peli lunghi e bianchi mi solleticavano il naso, la sua mano mi teneva ferma la testa e comincio' l'andirivieni del bacino. Volevo scappare, ma una sorta di senso di rispetto mi tratteneva.

Forse, non era rispetto, era il ricordo di parole che mio padre mi aveva detto, come un antico annuncio di questo momento.

A poco a poco, ma proprio lentamente, sentii il sangue percorrere le vene, il membro comincio' a vibrare, ad ergersi, a raggiungere una certa turgidezza. Lui, affannato, comincio' a chiavare la mia bocca e venne in me, con lenti, acquosi, rari spruzzi. Correndo in bagno per sputar tutto fuori, vidi gli occhi di papa' che mi guardavano, mi seguivano. Corsi al suo letto e piansi: ma sentii la sua mano stringermi, come se volesse rincuorarmi. Ma come puo', se e' in coma? Forse e' stata la contrazione di un muscolo, forse m'era parso e non era vero? Ma mentre le domande s'affollavano nella mente, mi guardo'! E questo era vero! I suoi occhi mi guardavano come se il suo sguardo giungesse da anni luce di lontananza. Ma mi guardo' e capii che quella era ancora la sua volonta'.

Cosi' comincio' per me un nuovo tirocinio: ogni volta che si era soli in casa, il nonno si sdraiava sul letto e m'aspettava.

Dopo qualche tempo, un giorno, entrando, vidi che s'era aperto la camicia e arrotolata la maglia: mi mostrava due seni molli, flaccidi in cui i capezzoli, ritorti all'interno, navigavano in un letto di molli peli biancastri. Piu' giu' il 'lumacone', brandito da due dita, scoperchiava, nell'andare e venire, un glande livido. Provai a stuzzicare i capezzoli, un po' a fatica s'ersero, poi vibrarono e si fecero turgidi fra le mie labbra. Accennai un piccolo morso che gli diede piacere. Anche a me. Piu' lo mordicchiavo e piu', prepotentemente, il mio pene scoppiava negli slip. Era la prima volta che avevo un'erezione con lui: il nonno se n'avvide, me lo tiro' fuori, e, non usando altro che la punta di due dita, mi masturbo' e, facendolo, s'intosto' anche il suo. Ormai m'ero abituato a quel suo coso, quasi sempre molliccio, me lo presi in bocca cominciando a pomparlo, mentre venivo sulla mano callosa e magra di lui.

Ormai tutto andava bene in casa, c'eravamo abituati allo sguardo di papa', che ci seguiva nel nostro muoverci per la camera. Qualche volta, sempre dopo gli incontri col nonno, ho risentito quella contrazione d'incoraggiamento che, invero, mi serviva per accettare quel far sesso che in me aveva il sapore della depravazione. In effetti, ormai, amavo il momento in cui potevo infilarmi in camera sua, amavo la sua goffaggine nell'obbligarmi a succhiarlo, amavo il suo lubrico esporsi ai miei occhi e amavo quelle due dure dita che, a volte, non sempre, mi masturbavano. Non era certo il sentimento che avevo provato per papa', ma anche questa era una sorta d'amore, un amore triste, senza parole, senza sesso vero: un amore sordo che mi portava, poi, ad un solitario, disperato autoerotismo.

Non passo' molto tempo e l'uomo che mi sembrava d'amare si ammalo': 'Ha preso freddo e s'e' strapazzato troppo! Alla sua eta' deve star attento!' sentenzio' il dottore. Nel giro di tre mesi se n'ando' e tutte le mie lacrime, che avevo pensato di versare, non riuscirono ad oltrepassare le ciglia dei miei occhi. Forse, in cuor mio, pensai ad una liberazione.

Mi avvicinai di piu' a papa'. La mia attenzione nei suoi confronti era cosi' continua che non avevo altri interessi: neppure la scuola mi attirava piu'... il mio desiderio era restare con lui, tenergli la mano, asciugargli la fronte, essere nuovamente il suo devoto, onnipresente infermiere. E lo fui per altri due lunghi anni, quando una bronchite ce lo porto' via. Piansi. Piansi al punto da sentirmi morto anch'io. E rinato.

Fu cosi' che incominciai a guardarmi in giro: ero un ventunenne di bella presenza, intelligente e, grazie a papa', con una grand'esperienza alle spalle. Un'esperienza che mi torno' molto utile nella prima relazione che ebbi.

E nelle mille che seguirono!


ORSI ITALIANI MAGAZINE

INDICE PRINCIPALE

MAIN INDEX