ORSI ITALIANI MAGAZINE




ATTENZIONE / NOTICE

Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto omoerotico: e' pertanto riservata a persone maggiorenni

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La pineta dei misteri

Un racconto di Dialobik


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.


Lo scrivi sì? Lo scrivi, o no, il tuo romanzo erotico…”

Tanti cari auguri per i tuoi (invidiabili!!) 18 anni…

Un bacio ;)

Zio Angelo


28 maggio.

Oggi ho compiuto 18 anni e il mio amatissimo zio Angelo mi ha sorpreso ancora una volta con i suoi regali. Lì per lì ho pensato a un libro ma oramai lo conosco troppo bene e so che con lui non si può mai dare nulla per scontato… Tipo l’anno scorso che avevo ipotizzato un profumo… Lo apro davanti ai miei e dentro c’era una scatola di preservativi! Io senza parole… la faccia dei miei imbarazzati e lui candidamente: “Mi avevi detto che ti volevi fare la fidanzatina!”... Avrei voluto sprofondare…

Lo zio è così. O lo si ama o lo si odia… Io gli sono molto affezionato. Se non fosse per i suoi consigli e per le sue “trovate” talvolta piccanti, sarei ancora chiuso in una scatola; anche perché con i miei di sesso proprio non si parla…

Ma tornando a oggi, apro il pacchetto e trovo questo diario. Fiuuuu sospiro di sollievo. Almeno fino a quando lo zio ha detto: “C’è una dedica al suo interno!” Così ho aperto e su richiesta insistente di mia madre ho dovuto leggere le righe che il mio caro zietto aveva scritto in prima pagina… Lo scrivi sì lo scrivi o no? I Baustelle! Wow, lo zio si era ricordato di quanto io ami quel gruppo ma… QUELLA frase! Ero rosso per l’imbarazzo, e lui se la rideva sotto i baffi. Me l’ha fatta anche stavolta!

Passata l’ilarità generale di tutti, meno che la mia, lo zio mi ha detto che in realtà il vero regalo arriverà fra qualche settimana. Sarà una vacanza al mare con lui, durante la quale si augura io possa trovare spunti interessanti per riempire il diario… Già mi immagino che genere di contenuti ha in mente.


6 giugno

Oggi niente scuola. Sono le 11 e mi sono appena svegliato. Ieri sera ho fatto tardi: io e Martina siamo stati a vedere i Verdena allo Sherwood Festival. Ho pure mal di testa… Troppe birre e troppe sigarette. Va beh tanto ormai la giustificazione me la firmo io… Dalla finestra che dà sul terrazzo vedo mio zio che beatamente se ne sta seduto a prendere il sole. Se ne sta tutte le mattine solo soletto in attesa che torni la zia da lavoro verso le 3 del pomeriggio… Il massimo dello sforzo della giornata è mettersi la crema solare per non scottarsi. Che invidia sto pensionato! Va beh, meglio che vada a fare colazione altrimenti tornano i miei da lavoro e mi trovano ancora in mutande.

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Dopo colazione, ho fatto una scoperta sconvolgente… Sono tornato in camera e mi sono avvicinato alla finestra per guardare fuori e… ancora non riesco a credere a ciò che ho visto.

Mio zio era ancora lì a prendere il sole e sono restato a fissarlo di nascosto da dietro la tenda. Dava la schiena al muretto che fa da parapetto al terrazzo e guardava con il corpo frontale le finestre della casa. Aveva addosso solo un paio di pantaloni corti beige molto stretti e teneva con la mano sinistra il telefono davanti agli occhi, mentre con l’altra sembrava accarezzarsi la pancia per poi scendere e toccarsi insistentemente il pacco.

Lo zio è un uomo sulla sessantina. Testa rasata, viso coperto da una folta barba ormai quasi completamente bianca, occhiali da vista con montatura nera quadrata che gli danno un tocco da intellettuale. Prima della pensione, infatti, faceva l’insegnante di tedesco e scrive tuttora per delle riviste di letteratura con un certo successo, tanto da guadagnarsi una certa fama in ambito accademico per degli articoli su Hermann Hesse. Lui e la zia vivono nell’altra metà della bifamiliare e con loro io e i miei condividiamo il giardino e il terrazzo.

Da dietro la tenda l’ho guardato in tutto il suo splendore di maschio. Da sempre ho una fissa per i ciuffi di pelo che vedo spuntare dal colletto delle sue polo. E infatti la visione di stamattina in terrazzo ha dato conferma a tutte le mie aspettative sulla sua virilità. Lo zio ha un corpo robusto ma non eccessivamente grasso. Il petto leggermente cascante si appoggia su di un pancione tondo ma sodo e tutta, e dico TUTTA, la parte frontale è coperta di pelo, che dall’obelico al centro del petto si raccoglie formando una specie di linea verticale che divide la pancia in due – pelo completamente nero. Dal centro del petto fino al collo e alle spalle, invece, si fa totalmente bianco e il gioco dei due colori forma sul suo corpo una sorta di V molto particolare.

Lo zio sembrava intento a smanettare col telefono. Ogni tanto lo spostava più vicino o più lontano, più su e più in giù come se stesse provando l’inquadratura per un selfie. La mano indugiava con compiacimento su tutto quel folto pelo fino a quando si è fermata al capezzolo destro. A quel punto lo zio si è messo a fare dei moti circolari seguendo il bordo per poi titillare insistentemente la punta con i polpastrelli. Ogni tanto vedevo che muoveva le labbra come se stesse parlando, così ho aperto leggermente la finestra facendo attenzione a non farmi notare e mi sono messo ad ascoltare.

Era in videochiamata. Dal telefono una voce maschile ha detto: “Stringilo più forte e tiralo verso l’altro.” Al che lo zio ha stretto il capezzolo con forza fino a torcerlo con le dita. L’ho sentito ansimare e gemere. “Ahhh siiii… come godoooo" si è fatto scappare. Socchiudeva gli occhi piegando indietro la testa. Di colpo ha appoggiato il telefono sul tavolino, si è alzato di scatto, ha tirato giù i pantaloni e manco il tempo di abbassare le mutande che è venuto. Aveva un paio di slip bianchi: l’uccello in tiro aveva preso posto nella parte laterale dello slip, che si era completamente bagnata ed era diventata praticamente trasparente. La sborra colava attraverso il cotone e la grossa cappella rossa pareva bucare il tessuto. E’ rimasto così in piedi a godere mentre il suo uccello pulsava dentro le mutande sputando fuori gli ultimi fiotti di sborra. Poi si è rintanato in casa.

Sono rimasto lì per qualche istante, sprovvisto di capacità di reazione. Non avevo mai visto mio zio in quella situazione e non riuscivo a credere ai miei occhi. Tutt’ora sono eccitato al pensiero che lo zio stesse godendo con un uomo, anche se mi sento a tratti in colpa per essere rimasto a guardarlo mentre si masturbava.

Cerco di distogliere la mente ma il mio pensiero va sempre lì. Rivedo continuamente il corpo peloso dello zio, la pancia, i capezzoli che si ingrossano tra le dita e lui che viene dentro allo slip bianco. L'uccello mi torna in tiro. Vado a farmi una sega.


7 giugno

Anche oggi non riesco a non pensare a quello che ho visto ieri. L’immagine dello zio che viene dentro alle mutande mi perseguita. Continuo ad eccitarmi. Se solo avessi in mano quel paio di slip macchiati di sborra… La zia non ha ancora steso il bucato stamattina. Molto probabilmente lo slip dello zio si trova ancora nella cesta della biancheria sporca in bagno. Ho solo bisogno di un pretesto credibile per chiedere agli zii di utilizzare il loro bagno.

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E’ proprio vero che quando vuoi veramente qualcosa, in qualche modo la ottieni… ed è stato pure più facile di quanto avessi immaginato. Ho aspettato che mia madre andasse a fare la doccia e mi sono precipitato alla porta d’ingresso della casa degli zii. “Scusa zia, ho bisogno urgentemente di andare al bagno; mia madre si sta facendo la doccia e ho mal di pancia.”

Chiusa la porta a chiave, ho aperto il cestone. Ho cominciato a rovistare tra la biancheria sporca degli zii, ma mi venivano in mano solo mutandine e reggiseni. Bah, che schifo.. le prendevo con la punta delle dita e li buttavo da parte. Io volevo le mutande dello zio! A un certo punto, mi è venuto pure il dubbio che magari ce le avesse ancora addosso. Che idiota… ma alla fine eccole: un paio di slip bianchi a costine con l’apertura. Un modello un po’ datato ma troppo troppo MASCHIE. Mi sono messo a guardare bene sotto la luce della lampada. C’erano un bel po’ di peli scuri e poi il bianco del cotone era incrostato di sperma. Mi sono portato le mutande al naso: un odore intenso mi è arrivato dritto al cervello. Mmm è sperma di lui… Avevo voglia di mettermi addosso quelle mutande. Erano molto più grandi della mia taglia ma volevo sentirle sul mio corpo. Wuaaa la sensazione di avere il mio pisello contro il tessuto che aveva contenuto quello dello zio mi ha fatto eccitare subito. Era come se avessi avuto accesso alla sua virilità. Una volta dentro alle sue mutande mi sono guardato allo specchio e ho cominciato a massaggiare il mio pisello duro. Il contatto del glande con il cotone morbido mi faceva volare. Ho portato la mano dallo slip al naso per odorare ancora un’ultima volta il sapore di mio zio. Sentivo tutto il corpo tremare in un misto tra desiderio e paura di essere scoperto. La mia erezione pulsava e ero lì lì per godere. Mi sono fermato. Immobile. Ma è stato inutile. Malgrado avessi smesso di stimolarmi, non sono riuscito a trattenerla. Una volta sentito partire il primo fiotto, ho detto chissenefrega. Ormai la frittata era fatta. Tanto valeva andare giù di mano e godere per bene. Fino all’ultima goccia. Tutto dentro lo slip dello zio. Una volta terminato, ho buttato le mutande nella cesta, tirato lo sciacquone e sono uscito dal bagno.


11 giugno

Scuola finita. Domani si parte con lo zio per le vacanze.


12 giugno

Arrivati al mare. Circa due ore e mezza di macchina. Traffico ok. Una sola sosta. Dopo aver fatto carburante io e lo zio ci siamo diretti verso il bagno dell’autogrill. Stavo per entrare in una delle cabine con il wc quando mio zio mi chiede se devo cagare. Io ho detto di no e lui mi dice di andare con lui agli orinatoi: “I veri uomini vengono qua a pisciare.” Eravamo uno accanto all'altro; niente divisori. Lo zio si è aperto il pantalone e ha sfoderato l'uccello. Poi si è messo a pisciare alzando la testa e chiudendo gli occhi. Puro sollievo. Io ne ho approfittato per guardarlo fisso al glande. Era completamente scoperto: una cappella tonda e larga. Dalla punta usciva uno zampillo vigoroso. Tenevo il mio pisello in mano e… cazzo, si stava ingrossando! Non potevo pisciare e sono stato lì in piedi come un pirla. Lo zio intanto aveva finito ed è uscito. Niente, io non riuscivo a fare nemmeno una goccia. L’uccello duro era verticale; anche volendo, mi sarei pisciato in faccia. Cercavo di distogliere la mente ma vedevo costantemente la sua cappella nell’orinatoio e pensavo alle mutande che avevo annusato quel giorno in bagno. Mi immaginavo l’alone di urina che la sua cappella aveva lasciato all’interno dello slip bianco dopo averla rinfoderata. Fantasticavo su quanto godurioso dovesse essere il sapore del suo cazzo bagnato nella mia bocca. Alla fine, ho rinunciato e mi sono tenuto la pipì per tutto il viaggio.


15 giugno

Stamattina mi sono alzato presto e ho deciso di andare subito in spiaggia senza aspettare lo zio, ma a metà del tragitto mi sono reso conto che dalla fretta avevo lasciato a casa il telo per sdraiarmi. Stupido me, ho dovuto fare dietrofront e tornare a casa. Volevo arrivare il prima possibile in spiaggia ed ero seccato di dover ritardare. Ho inserito la chiave e ho spalancato la porta, e… choc!

Vedo lo zio steso sul divano completamente nudo davanti alla TV del salotto. Sullo schermo due uomini stanno trombando in un frastuono di grugniti e gemiti. Con lo sguardo mi muovo dallo schermo allo zio, che ha il membro in mano. Non ci posso credere: colto in flagranza di reato mentre si masturba con un porno gay! Lo zio non si scompone più di tanto e mi chiede: “Vuoi giocare anche tu?”

Ancora adesso mi stupisco e non so cosa mi sia preso in quel momento. Senza dire una parola mi sono avvicinato a lui. Me lo stavo mangiando con gli occhi. La sua barba folta e bianca, che faceva tutt’uno con il pelo del petto, era uno spettacolo. Ho alzato la mano per accarezzarla e lui si è avvicinato alle mie labbra fino a quando io ho fatto altrettanto e le nostre lingue si sono avvinghiate…

Dalla barba sono passato ad accarezzare la testa rasata mentre il suo nasone si scontrava contro il mio. Mi sono seduto sul divano. Ho visto tutto quel pelo caldo avvicinarsi a me: non potevo resistere e così la mia mano è scesa dalla barba al suo petto gonfio. Appena sfiorati i capezzoli mi sono sorpreso di quanto duri e sporgenti fossero. Lo zio ha preso la mia mano e ce l’ha messa sopra: voleva che cominciassi a giocare proprio con quelli. E io non l’ho ritirata, anzi… Prima solo titillando con la punta dell’indice, poi prendendoli tra i polpastrelli e infine tirandoli con forza sempre maggiore. Lui ha inarcato la testa indietro lanciando gemiti di piacere e dicendo: “Sì, così, continua…” Intanto il suo pisello svettava verso l’alto.

Era da un sacco che aspettavo quel momento: le mutande dello zio erano state un assaggio che per settimane aveva alimentato le mie fantasie; la voglia era così forte che qualsiasi dubbio o incertezza sul da farsi sono venuti meno in un istante. Mi sono avvicinato con la testa al suo pube peloso, dal quale spuntava un pene di tutto rispetto: grosso e venoso con sotto due belle palle piene. Ho annusato prima la cappella tonda che usciva dal prepuzio, e sì.. era lo stesso odore che avevo sentito nelle mutande ma più intenso. Lo zio mi ha accarezzato la testa, ed io ho preso il suo glande in bocca. Ho assaporato prima il gusto salato del liquido che lo bagnava passando e ripassando la lingua. Poi ho ingoiato tutto il suo cazzone scendendo lungo tutta l’asta. A quel punto la mano dello zio ha cominciato a dare ritmo alla mia testa in un crescendo di su e giù. “Sì… ahah.. Sì… mi fai godere.. Adesso.. Fermati”. Ma io ho continuato e lui: “vengooo… vengoo…”. Per la prima volta ho sentito la sborra calda di un uomo inondare la mia bocca in una serie di fiotti densi che a malapena sono riuscito a ingoiare. Credevo di soffocare.

Svuotate le palle, lo zio si è abbandonato sul divano. Io non sapevo bene cosa fare. Ero ancora duro ed eccitato ma lo zio non prendeva l’iniziativa; se ne stava sdraiato a occhi chiusi come se fosse sfinito. Sono rimasto a guardare per un po’ il suo membro mentre a poco a poco tornava alle dimensioni consuete. Poi sono andato in bagno e ho risolto la cosa da me. Uscito dal bagno, lo zio non c’era.



16 giugno

Questa mattina ho portato la colazione in camera a mio zio. Lui sembrava stesse ancora dormendo. Appoggio il vassoio sul comodino e lui mi dice: “Nipote caro, dammi il buongiorno”, e senza nemmeno aprire gli occhi tira via le lenzuola che lo coprono. Era completamente nudo e aveva l’alzabandiera. Io mi sono seduto accanto e ho cominciato a lavorarlo con la mano. Lui un po’ alla volta ha aperto gli occhi e si è tirato su a guardarmi mentre lo masturbavo. A un certo punto si è alzato dal letto e mi ha fatto stendere mettendomi a pancia in su con la testa sul suo cuscino. Poi si è seduto sopra di me e mi ha cacciato il pisello in bocca. L’odore di maschio accumulato nella notte era forte.

Mentre lo pompavo, lui si stringeva con le dita i capezzoli. Eh già, quella pratica gli dà estremo piacere… Chiudeva gli occhi e tirava la testa indietro come se stesse già godendo. Il suo seme caldo e denso non è tardato ad arrivare facendosi largo nella mia bocca. Una volta terminato l’orgasmo si è steso vicino a me per qualche minuto. Mentre stava sdraiato a rilassarsi, mi ha detto:

- Era da tanto che non provavo un piacere simile.

- Ma la zia non…?

- E' sempre stata una succhiatrice favolosa ma da quando è diventata vegana… ogni scusa è buona per non ingoiare.


23 giugno

Ormai il ‘buongiorno’ allo zio è diventato un rito quotidiano. Una settimana che mi spompino il suo cazzone e non ho dubbi: questa è la vacanza più bella della mia vita… Per essere un sessantenne non perde un colpo. Tutte le mattine quando lo sveglio per la colazione ce l’ha duro come il marmo. E poi i capezzoloni: si vede che ci gioca da tempo… Mi piace sentirli grossi nelle labbra e poi duri tra le mie dita mentre li stringo fino a fargli male. Lui mi dice di fermarmi, di fare piano, allontana le mie mani che continuano a stuzzicarlo; allora gli do un po’ di tregua passandoci la lingua. Quando mi dice che sta per venire, mi abbasso e lui sborra nella mia bocca godendo come un maiale.

Lo zio però non osa toccarmi. Ho provato a mettere la sua mano sul mio pacco per fargli capire che sono eccitato e che vorrei almeno che mi masturbasse ma niente… Mi lascia fare su di lui quello che desidero ma lui su di me niente. D’altra parte, io non posso pretendere di più da lui. E’ sempre mio zio, cazzo… Quando mi riprendo dal fuoco della passione, qualche dubbio mi sorge e vado in paranoia: penso ai miei genitori e mi immagino che cosa succederebbe se si venisse a sapere… In più, mi vedo davanti la faccia schifata della zia: Ti sei fatto il cazzo dello zio… E mio padre: Ho un figlio che che si spompina mio fratello! Che disonore…

Però, mi sento addosso una voglia di maschio a cui non so resistere. Basta con i pompini, adesso ho voglia di scopare. Se con lo zio non sarà mai possibile andare oltre, dovrò rimediare in qualche altra maniera.


25 giugno

Di solito io e lo zio evitiamo la spiaggia attrezzata per andare in quella libera. Amo quella parte selvaggia, dove la gente ha costruito delle capanne con i tronchi arrivati dal mare. Alcune sono davvero ben fatte. La nostra preferita, ovviamente la più ambita, è quasi sempre occupata quando arriviamo. Dovremmo uscire di casa alle prime luci dell’alba ma con la scusa del buongiorno, lo zio se la prende sempre più comoda… Fatto sta che, se non troviamo quella, ce ne sono altre più modeste ma che comunque ci garantiscono un po’ d’ombra per trascorrere le ore più calde della giornata e anche un po’ di privacy allo zio, che non esita a togliersi il costume per restare con le sue belle chiappone pelose al sole. Difficilmente poi ci allontaniamo nel corso della giornata e non ce ne andiamo mai prima delle otto.

Stasera però ero stanco e ho lasciato la spiaggia verso le sei. Per attraversare la pineta e arrivare alla strada che porta verso casa ho pensato di fare un sentiero diverso dal solito, che porta ad un’entrata secondaria, un buco tra la folta vegetazione della pineta. Una volta arrivato all’altro capo del sentiero, mi sono fermato sul ciglio della strada a mettermi le scarpe. In quel mentre non ho potuto non accorgermi di come, a distanza di poco tempo l’una dall’altra, sono arrivate quattro auto con a bordo altrettanti uomini. I tizi hanno parcheggiato in prossimità dell’entrata della pineta e, uno dopo l’altro, si sono infilati dentro attraverso quell’apertura da cui ero uscito io poco prima. Ma che diavolo ci vanno a fare a quell’ora questi e soprattutto perché entrare proprio da quella parte seminascosta? Non potevo che immaginare scopi peccaminosi…

        Ero spaventato all’idea di entrare e trovarmi in mezzo ad una bolgia di uomini pervertiti, ma allo stesso tempo la curiosità mi stava eccitando, e dopo qualche minuto di esitazione sono entrato. Mi sono trovato in mezzo ad una sorta di giungla: non c’era un sentiero preciso, solo un labirinto di piccoli arbusti che crescevano qua e là sopra un tappeto di aghi secchi. Alzando lo sguardo ho scorto per un attimo una sagoma umana sparire in fondo dietro agli alberi: era con ogni probabilità l’ultimo degli uomini che avevo visto entrare, così ho camminato in quella direzione. Ad un certo punto, la sua sagoma mi è riapparsa: era fermo a pochi metri.

Sono rimasto per un attimo ad osservarlo. Era un uomo sulla settantina. Pelato, con un pizzetto grigio corto. Aveva una camicia a quadri aperta, dalla quale si intravedeva una pancia sporgente, e un paio di pantaloni lunghi. Con la mano destra si toccava da dentro la tasca; sulla mano sinistra in vista brillava la fede. Era intento a guardare dalla parte opposta alla mia. Ogni tanto si alzava in punta di piedi come se volesse vedere meglio. Era così concentrato che non ha distolto lo sguardo nemmeno per guardare chi si stesse avvicinando, malgrado ormai gli fossi a pochi metri di distanza.

Poco più avanti il terreno scendeva verso una specie di avvallamento. Mi sono avvicinato ancora per poter guardare verso il basso. In effetti bisognava alzarsi per poter vedere qualcosa. La pineta lì forma una specie di conca circondata da pini a mo’ di cerchio. Al centro c’era una catasta di legni che formava una specie di muretto alto un metro. Dietro un uomo si teneva appoggiato con le mani ai tronchi e offriva il suo culo alla bocca di un altro che stava accovacciato.

L'uomo vicino a me continuava a gustarsi lo spettacolo cercando di non farsi notare. Con la mano in tasca se lo menava e mi lanciava occhiate. Dalla camicia jeans blu usciva un petto sodo e villoso. Il pelo castano che lo copriva faceva tutt'uno con il colore dell'abbronzatura, mentre al centro si faceva completamente bianco creando un contrasto magnifico con la sua carnagione scura. Il capezzolo destro sporgeva invitante e le sue dita lo facevano indurire e ingrossare a suon di colpetti. Mentre si toccava mi fissava, e io mi sono avvicinato. Sopra il pizzetto aveva folti baffi bianchi che mi eccitavano da matti. Ho avvicinato il mio viso al suo e in un attimo la sua bocca si è incollata alla mia. Mentre limonavamo tenevo gli occhi chiusi per affinare gli altri sensi. I peli ruvidi del baffo sulla mia pelle, il movimento lento della sua lingua dentro la mia bocca, il sapore di sigaretta, sono tutti dettagli che tutt'ora conservo vividi nella mia mente. Seguivo con le mie mani i movimenti che le sue facevano sul mio corpo. Infilandomi sotto la camicia, sentivo da una parte il ruvido del jeans, dall'altra il pelo morbido che gli copriva le spalle. Volevo scoprire che cosa stesse facendo con la mano e mi sono intrufolato nella tasca destra. Era sfondata e il suo uccello caldo e bagnato era lì sull’attenti.

Mi sono staccato un attimo dalla sua bocca e ho dato una sbirciata alla coppia. Dai pini attorno si stava avvicinando a loro un uomo di mezza età con l'uccello in mano. I due non si sono scomposti minimamente e hanno continuato indisturbati mentre il terzo si è piazzato accanto a loro continuando il suo lavoro di mano. Approfittando di questo momento, l'uomo che avevo accanto si è abbassato e in ginocchio mi ha tirato giù il costume. La mia erezione gli è svettata in faccia tipo catapulta. Il tipo ha fermato il mio sesso con la mano e ha cominciato a strusciare il suo baffo lungo tutta l'asta. Ahhhh massima goduria sentire i peli ruvidi passare sulla mia cappella. Poi l'ha preso in bocca. Con le mani mi stringevo i capezzoli e mi piaceva. Lui alternava la pompa con lo struscio dei baffi e quando li ho sentiti passare sullo scroto gli ho detto più volte di fermarsi perché ero lì lì per godere. Non volevo venire senza prima aver visto godere lui. Così l'ho fatto alzare e ho cominciato ad accarezzargli il petto. Che pelo fantastico! Una selva che si alzava tra le mie dita come se fossi un pettine. I capezzoli sporgenti si stavano indurendo; ci ho messo sopra la lingua. Mentre li leccavo come un cane, lui mi accarezzava delicatamente la testa. Il lavoretto ai capezzoli lo faceva muggire di piacere. Ansimava al ritmo delle mie leccate. Sembrava volesse godere così ma io prima avevo una curiosità da soddisfare. Volevo vedere cosa portava sotto i pantaloni; speravo tanto in qualcosa di bianco. Così l’ho sbottonato e ahhhhhhh meraviglia. Portava un paio di boxer in cotone a fantasie grigie su sfondo bianco. Il suo cazzo era completamente uscito attraverso l'apertura frontale.


Era uno spettacolo vederlo così con l'uccello fuori dal buco. Mi sono inchinato per annusare. Sapeva di pulito. Ma avvicinandomi all'apertura sentivo l'odore di maschio che arrivava dal pube pelosissimo. Gli abbassai il cazzo semi eretto per infilare il naso in quella selva attraverso l'apertura. Ripenso ancora a quel tripudio di sensazioni olfattive! A fatica gli ho fatto uscire dall'apertura anche le palle da quanto erano grosse. Poi ho cominciato a leccare tutta la sua virilità. Lui si contorceva e ansimava, si tirava i capezzoli e io lo pompavo sempre più veloce. "Basta così… Hai voglia di andare da loro?" I tre tizi della pineta si erano uniti in un triangolo; il tipo appoggiato ai tronchi veniva inculato mentre dall'altra parte il terzo arrivato glielo cacciava in bocca. Come potevo dirgli di no.

Il mio vecchietto si è appoggiato all'altro capo del muretto di tronchi mentre il trio continuava a scopare senza nessun imbarazzo. Io gli ho abbassato i pantaloni e le mutande. Aveva due chiappe sode e pelose da favola. Lui ha cominciato con le sue dita ad aprirsi il buco e poi mi ha chiesto se mi andava di bagnarlo un po'. Senza esitare mi sono abbassato: il buco era ben aperto e ci sono entrato dentro con la lingua fino a dove potevo. Il gusto degli umori anali in bocca non l'avevo ancora provato; era strano ma mi eccitava l'idea di avere dentro di me i suoi sapori più intimi. Poi mi ha chiesto di giocare un po' con le dita. Una, due e poi.. tre sono entrate. "Ora puoi scoparmi" e mi ha passato un preservativo. L'ho aperto e nel momento in cui stavo per buttare l'involucro a terra mi sono accorto che lo spazio attorno alla catasta di tronchi era disseminato di bustine, profilattici usati e fazzoletti.

Stavo per fare la mia prima vera scopata. L’uomo stava appoggiato in attesa di prenderlo e io mi sentivo un po’ maldestro. Il mio cazzo in tiro faceva fatica ad entrare nel preservativo, che era stretto per la mia taglia. Una volta che sono riuscito a srotolarlo fino in fondo, mi sono appoggiato al buco e lui si è aperto ancora di più divaricando le gambe e tirando le chiappe con le mani. Cercavo di entrare ma non era semplicissimo. Poi a un certo punto, a furia di fare pressione e di cambiare angolazione per trovare il verso giusto, sono entrato. Mi ha detto di fermarmi un attimo senza uscire fino a quando ha cominciato lui a muoversi avanti e indietro e io non ho fatto altro che assecondare i suoi colpi. Quando ho sentito che il tunnel si era allargato e che il mio uccello scorreva senza difficoltà mi sono messo a guidare le spinte. Ad ogni affondo profondo lanciava delle piccole grida. Alle prime mi fermavo perché temevo di fargli male, ma lui mi implorava di continuare. Era in preda al piacere più intenso che potesse provare perché quando le urla si sono fatte più forti lui è venuto sopra la legna.

I tre tizi accanto avevano finito da un pezzo e ci stavano guardando. Il mio vecchietto mi ha fatto uscire dal suo corpo, si è girato, ha preso in mano l'uccello e togliendolo dal preservativo mi ha detto qualcosa che non ho ben capito: "Offri il tuo seme all'altare!" Poi ha cominciato a masturbarmi. Io facevo fatica a venire e lui allora con la bocca ha cominciato a leccare, anzi a torturare i miei capezzoli con lingua e denti. Quando ho urlato che stavo per godere, ha puntato il mio cazzo sulla catasta di legna e ha lasciato cadere tutta la sborra su quello che lui aveva chiamato altare.

Quando mi sono ripreso dall'estasi dell'orgasmo, mi sono reso conto che eravamo rimasti solo io e lui. L’uomo si è ricomposto in fretta e furia e mi ha salutato dicendo che doveva scappare. Io sono restato ancora un po' seduto a ripensare a quello che mi era appena successo. Mi sentivo diverso. Qualcosa era cambiato in me in modo irreversibile. Poi ho avvertito forte il bisogno di lavarmi via di dosso quella scopata e sono tornato dritto in spiaggia a fare il bagno.


30 giugno

        L’altro giorno la zia ci ha raggiunto. La pratica quotidiana del ‘buongiorno’ al gusto di panna dello zio è stata interrotta e io mi sono dato alla scoperta della pineta e dei suoi misteri… Purtroppo, l’uomo fantastico dai baffi folti e ruvidi con cui sono stato iniziato ai riti segreti non l'ho più visto; inutile dire che tutte le volte che torno spero di trovarlo. In compenso ogni sera c’è gente nuova con cui posso svuotare le palle. Tuttavia, gli uomini che trovo non sono un granché e, una volta fatto il giro e ripiegato sul meno peggio, me ne vado via con un senso di schifo chiedendomi chi me l'ha fatto fare. Oggi credo si sia toccato il momento più basso quando un tizio, per convincermi a stare con lui, si è detto disposto a pagare… Ho dovuto cacciarlo via a furia di minacce. Non so bene cosa mi spinga a tornarci. Probabilmente è mera necessità fisiologica.

Dopo essere stato in pineta, torno sempre in spiaggia e mi immergo in mare. Faccio il morto e per un attimo mi sento rinato e purificato dalla schifezza di gente che ho baciato, leccato o masturbato in pineta.


2 luglio

Stanotte mi sono alzato perché avevo sete. Nel raggiungere la cucina sono passato accanto al salotto. La luce della TV filtrava da sotto la porta e a volume molto basso si sentivano i gemiti di uomini nell'atto di godere. La porta del salotto era socchiusa ma, anche se non potevo vederlo, sapevo benissimo che lì dentro c’era lo zio. Sono stato fermo a riflettere… La zia ci aveva raggiunto da giorni ma evidentemente la cosa non aveva alcuna influenza sulla voglia di maschio che attanagliava lo zio. Lui era lì, solo, che si soddisfava quanto meglio poteva. Sapere che un uomo della sua età ancora ricorreva alla cara e vecchia mano mi eccitava… ma ancora di più mi arrapava l’idea che, per l’ennesima volta, la sorte mi metteva su un piatto d’argento quel maschione dello zio da spompinare. Bastava solo fare il primo passo e aprire la porta; poi il resto sarebbe venuto da sé. Se non fosse che la zia si trovava a pochissimi metri e la paura che, svegliandosi, scoprisse il nipote con il cazzo dello zio, suo marito, in bocca mi metteva una certa ansia.

Il mio pisello non si faceva troppe seghe mentali e già pulsava dentro le mie mutande. Volevo entrare e farlo godere ma ero combattuto, anche per un’altra ragione. Lo zio finora non mi aveva mai voluto toccare; se fossi entrato, stavolta avrei voluto che fosse lui a far godere me. Ero lì lì per desistere ed andare via ma alla fine, come sempre, è stata la mia curiosità ad avere la meglio. Ho aperto la porta lentamente. Lo zio ha avuto un sussulto, ma una volta visto che ero io ha continuato a menarselo davanti a me. Io mi sono avvicinato come ero solito fare ma stavolta, invece di sedermi con lui sul divano, l'ho fatto sdraiare. Mi sono tolto le mutande così da restare completamente nudo. Poi mi sono seduto sopra di lui a cavalcioni ma in senso opposto al suo: ho avvicinato la mia bocca al suo uccello e il mio bacino alla sua testa. Sono rimasto fermo; volevo che fosse lui a giocare con me e ho aspettato che prendesse l'iniziativa. Dopo qualche secondo lo zio ha preso in bocca il mio sesso e si è messo a leccarlo con avvidità. L’ha ingoiato tutto su un colpo. Sentivo le sue labbra stringere l’asta mentre risaliva con la bocca verso il glande; poi, una volta tirato fuori, la sua lingua ruvida spennellava avanti e indietro la mia cappella.

Le danze potevano cominciare. Mi sono fiondato sul suo membro e siamo andati avanti a succhiarci a vicenda. Seguivo a specchio quello che lui faceva a me. Cappella lui, cappella io, su e giù lui, su e giù io. Scroto lui (ahhhh che sensazione fantastica sentire la sua barba folta tra le palle), scroto io (lo zio si era rasato le palle e la mia lingua pareva passasse sulla carta vetrata).

Lo zio stava ormai ansimando sempre più forte. Sul punto di venire, si è staccato dal mio uccello:

Fermati ragazzo, fammi uscire dalla bocca.

Ma io ho continuato a succhiare con più foga di prima e, come se non bastasse, gli ho preso i capezzoli con entrambe le mani stringendoli e tirandoli forte. Lui non ce l’ha fatta a trattenersi e mentre lo sentivo contorcersi sotto di me come se avesse le convulsioni, mi ha riempito la bocca di sborra…

Poi mi sono girato verso di lui. Stava ancora sdraiato. Gli ho messo un cuscino sotto la testa e rimanendo a cavalcioni mi sono avvicinato col mio cazzo; lui l'ha preso di nuovo in bocca e si è messo a masturbarmi per farlo venire. Non c’è voluto molto… Gemevo a voce alta e lo zio mi ha messo la sua manona davanti alla bocca per soffocare le urla. Ho goduto come non mai nel sentire il mio cazzo sparare fiotti di sborra nella bocca dello zio con una violenza tale che pensavo di soffocarlo.

Terminato l’orgasmo, mi sono sdraiato sul suo pancione peloso e ci siamo baciati: ho assaporato per la prima volta il gusto del mio seme dalla sua bocca. Mi è sembrato diverso da quello di tutti gli altri che ho assaggiato finora. Dopo qualche momento di tenerezza ce ne siamo tornati ognuno nella propria camera, prima che la zia potesse accorgersi della nostra scappatella.


3 luglio

Stamattina al mio risveglio ho aperto il telefono e c'era un messaggio di Martina. “Non potevo non pensare a te in questo luogo.” Alla sfilza di baci, bacetti, bacini, bacioni e ogni sorta di declinazione di bacio in forma di emoticons, si accompagnava una foto che la ritraeva all’Hard Rock Cafe di Los Angeles. Era davanti alla Fender Mustang Competition di Kurt Cobain; le tre striature chiare sul fondo blu mi hanno riportato alla mente il video di Smells Like Teen Spirit. L’associazione di idee che Martina aveva avuto Nirvana-me mi ha fatto tenerezza. Mi mancava il suo affetto… e mi sono sentito in colpa. In tutte queste vacanze ci siamo sentiti solo tre o quattro volte e molto fugacemente: lei è partita con i suoi alla volta della California, io al mare con lo zio…

Appunto lo zio e tutto ciò che grazie a lui è successo in pineta, questo è il vero problema. Non mi sono mai sentito così libero e disinvolto come lo sono adesso con gli uomini. Con Martina c’è stata sempre e solo tenerezza e io non sono mai andato oltre a qualche strusciata. A dire il vero, l'idea di leccargliela mi ha sempre fatto un po' schifo; e poi, non sono mai riuscito a scoparla. Lei più volte ha cercato l’occasione, invano: una volta è rimasta pure male, pensando che il problema fosse lei. Ora so per certo che non è così…

        Mi sono alzato dal letto che era ancora buio. Non riuscivo ad addormentarmi e ho deciso di andare da solo in spiaggia a vedere l’alba. Non c’era nessuno quando sono arrivato. Il mare era calmo e il cielo si stava via via tingendo di rosa. Qualche nuvola all’orizzonte ma no, anche oggi sarebbe stata una bella giornata. Mentre ripensavo continuamente a Martina, allo zio, agli uomini della pineta e a me stesso, il mio sguardo si è fermato su l'unico uomo che, a quanto pare, era arrivato in spiaggia prima di me. Aveva qualcosa di familiare: un grosso paio di baffi, un pizzetto curato, il corpo robusto ma tonico coperto da peli castani che si facevano bianchi al centro del petto. A pochi metri l'uno dall’altro ci siamo guardati negli occhi, lui mi ha sorriso e io l’ho riconosciuto. Mi sono fermato e ho deciso di sedermi sulla spiaggia a qualche metro dietro di lui, aspettando di vedere che cosa avrebbe fatto. Dopo un po’ che continuava a guardare il mare, si è voltato e mi ha guardato un’altra volta. Io lo fissavo e lui ha distolto lo sguardo facendo finta di guardare la spiaggia ancora deserta. Poi ha alzato di nuovo lo sguardo verso di me e si è avvicinato.

        Anche lui mi aveva riconosciuto. Era l’uomo della pineta, o meglio, il mio primo uomo della pineta – quello che ho sempre sperato di incontrare ogni volta che tornavo. Si è seduto accanto a me e abbiamo cominciato a parlare. Ci siamo presentati e mi ha detto che si chiama Gianfranco e che mi trova un bellissimo ragazzo. Gli ho chiesto se era lì in vacanza e lui mi ha detto che vive in quella zona, ma che viene ogni tanto al mare in giornata, più che altro per far contenta la moglie.

Aveva addosso un costume slip arancione, attraverso il quale vedevo perfettamente la forma delle sue palle straordinariamente grosse. Mi stavo già eccitando e gli ho proposto di andare a fare il bagno insieme.

Una volta immerso nell'acqua mi sono tolto il costume. L’acqua era particolarmente trasparente. Il mio sesso era già duro e Gianfranco mi lanciava delle occhiate fugaci. I suoi capezzoli erano diventati ancora più sporgenti, probabilmente per l’effetto dell’acqua fredda; erano così invitanti e mi sono avvicinato per prenderli con le dita; sembravano due chiodi. Ho chiesto a Gianfranco perchè non togliesse anche lui il costume; lui mi ha detto che non l’aveva mai fatto. Allora ho insistito perchè ne approfittasse dato che non c’era nessuno nei paraggi.

Mentre nuotavamo un po’ l’uno accanto all’altro, allontanandoci per qualche istante per poi avvicinarci e tornare a sfiorarci con i corpi, mi ha raccontato un po’ della sua vita. La moglie sa del suo vizietto, ma non ha mai osato chiedergliene conto. In quel momento era nella parte attrezzata della spiaggia, a debita distanza da noi. Come di consueto, se ne stava lì a prendere il sole incurante di dove e con chi fosse il marito. Gianfranco, d’altro canto, era totalmente a suo agio nell’andare alla ricerca di piaceri maschili; si sentiva a suo modo fedele, dato che non ha mai avuto interesse per altre donne.

Quando mi ha detto che desiderava fortemente succhiarmi l’uccello gli ho proposto di tornare in spiaggia. Li’ vicino c’era una capanna fatta di tronchi dove ci siamo appartati. Prima che potesse toccarmi però gli ho chiesto come mai non l’avessi più visto in pineta dopo quella volta. Si è seduto accanto a me e ha cominciato a raccontarmi di come quel posto fosse diventato squallido: nel pomeriggio ci finiscono tutti quelli che durante la giornata non hanno rimorchiato in spiaggia e che pur di non tornare a casa con le palle piene rimediano con i disperati che come loro vagano in pineta. Allora gli ho chiesto come mai quel giorno fosse lì a fare il guardone. Lui mi ha risposto che, più che il guardone, faceva il guardiano, perché quella parte della pineta è un luogo sacro. Allora mi sono ricordato che quando eravamo sulla catasta di tronchi lui aveva parlato di un altare; la cosa mi sembrava assurda, forse un po' ridicola, e non sapevo se scoppiare a ridere o restare serio; con un ghigno quasi divertito, gli ho chiesto che luogo mai fosse quello e che cosa ci potesse essere di sacro nel sesso. Lui si è fatto serio e ha detto che il sesso è sacro, che anche questo momento che stava passando con me a succhiarmi era un dono di dio, che io ero un regalo mandato dal Signore. Mi sentivo lusingato ma confuso; non capivo a quale dio facesse riferimento. Lui mi ha risposto che il dio si chiama Abraxas. Il nome mi era del tutto sconosciuto. Così Gianfranco mi ha spiegato di cosa si trattasse.

In poche parole, il nome di Abraxas risale ad una forma antica di religione che mescolava insieme filosofia, misticismo e magia. Abraxas – un po’ dio e un po’ diavolo – può essere considerato una sorta di divinità che riunisce in sé tutti gli aspetti che fanno parte della nostra vita terrena, ivi compresi quelli che vengono trascurati o addirittura condannati dalla religione cattolica, in primis la sessualità.

Gianfranco ci teneva però a mettere in chiaro che la sua filosofia di vita non si traduce in una ricerca sfrenata di piacere. Secondo lui, infatti, il sesso, che dovrebbe essere un’incontro di anime, è oramai ridotto ad un incontro di animali dato che, ai giorni nostri, la vita è stata privata di qualsiasi forma di spiritualità. Sì, lui di tanto in tanto in pineta ci torna perché spera ancora di incontrare qualcuno che sia diverso, come è successo quel giorno con me. Secondo lui io ho 'il segno' che identifica chi è in grado di elevarsi dallo squallore del battuage.

Ormai io e Gianfranco avevamo messo da parte le nostre voglie. La sua bocca aveva abbandonato il mio uccello per rispondere alle mie domande. Anche se il suo discorso era difficile da comprendere, quella sua confessione mi ha lasciato dentro una sensazione a me nuova. Invece di sentirmi vuoto e sporco come sempre accade dopo i rapporti consumati in pineta, mi sono sentito pieno e puro. L'ho baciato teneramente e ci siamo sdraiati insieme dentro la capanna. Ero preso dalla voglia di farmi scopare da lui ma allo stesso tempo quello scambio di parole mi aveva appagato più di quanto avessi potuto immaginare.

Intanto, si era fatto tardi e lui doveva tornare da sua moglie. Ci siamo salutati e l'ho seguito con lo sguardo restando in piedi fuori dalla capanna mentre lui allontanandosi diventava un puntino sempre più piccolo tra la gente che ormai cominciava ad affollare il bagnasciuga.


6 luglio

Oggi si torna a casa. Stamattina ho fatto i bagagli ma prima di partire devo assolutamente trovare il tempo per raccontare quello che è successo ieri sera.

Ieri sono rimasto in spiaggia fino a tardi; volevo approfittare dell’ultima serata per scattare qualche foto al tramonto. In fondo alla spiaggia libera c’è un giardino botanico con dei ponteggi sull’acqua che portano ad una specie di palafitta molto carina, dalla quale è possibile ammirare il sole che la sera pare immergersi nel mare. Così sono rimasto fino a quando anche l’ultimo raggio di luce si è dileguato. Dopodiché ho preso il mio zainetto e mi sono incamminato verso casa.

Ero rimasto solo io in spiaggia. Ormai si era fatto buio ma dalla luna arrivava quel po’ di luce sufficiente a rischiarare i miei passi, o almeno così pensavo. In effetti, arrivato all’imbocco della pineta mi sono accorto che attraversare quel bosco non sarebbe stato semplice: sotto la fitta vegetazione della pineta non si vedeva una mazza! I pini marittimi erano così fitti da non lasciar filtrare nemmeno uno spiraglio di luce.

Non sapevo bene cosa mi conveniva fare. Avrei potuto evitare la pineta uscendo attraverso uno degli stabilimenti balneari che si trovano in fondo, ma sarebbe stato un sacco di strada in più ed ero stanco morto. Non avevo torce con me, ma c’era il cellulare, con batteria al 20%… Eh va beh, la strada la conoscevo a memoria, sarei partito in quarta andando dritto per la mia strada e nel giro di un quarto d’ora sarei arrivato dall’altra parte. Così, senza perdere altro tempo, ho acceso la torcia del telefono e mi sono fiondato dentro.

Cazzo, non si vedeva proprio un cazzo! Era buio pesto… Stupido me che non c’avevo pensato prima! … Il cono di luce del telefono illuminava appena il terreno su cui poggiare i piedi, ma io lo tenevo in alto perché ero terrorizzato dal poter andare addosso a qualcosa. Ho accelerato il passo perché mi stava salendo l’ansia. Avanzavo dritto cercando di fare il prima possibile, fino a quando mi sono dovuto fermare perché ero a un bivio! E’ vero, ci sono dei piccoli sentieri laterali che si diramano dal principale, ma non ricordavo che ci fosse anche una vera e propria biforcazione a metà strada…

Sarà che di giorno imbocco la strada giusta senza riflettere se è quella di destra o di sinistra, ma ieri sera non avevo la più pallida idea di dove dovevo svoltare; non vedevo quasi nulla e le due strade mi sembravano uguali l’una all’altra. Mentre me ne stavo fermo lì in preda all’indecisione più paralizzante, il disagio cominciava a farsi sentire più forte e la mia testa cominciava a immaginare chissà che cosa potesse essere lì a pochi metri da me in agguato. Sinistra o destra, non riuscivo a decidermi. Intanto, la batteria era scesa al 10% e sentivo una specie di ticchettio nella mente che mi ricordava che il tempo a disposizione per quel po’ di luce stava per scadere: presto sarei stato nel buio più totale e già mi vedevo barcollare con le braccia alzate nell’oscurità nel bel mezzo di un labirinto!

Mi sono voltato indietro: per una frazione di secondo ho considerato l’idea di tornare da dove ero entrato. Con la luce che mi rimaneva ho illuminato per un attimo il sentiero dietro di me e… un rumore improvviso dalla sterpaglia di alberi mi ha fatto sussultare. Qualcosa nel buio si era mosso dal basso verso l’alto. Oddio! Il cuore ha cominciato a galoppare fino a quando non ho realizzato che si trattava di un volatile. Ho tirato un sospiro di sollievo, mi sono girato di nuovo verso il bivio e ho imboccato la strada di destra.

Il sentiero si faceva stranamente sempre più stretto e intricato; ho dovuto continuare per un bel pezzo prima di capire che avevo imboccato la strada sbagliata. Di tornare indietro non se ne parlava: avrei fatto ancora peggio. Anche se ormai ero certo che quella non fosse la strada che avevo in mente di fare, tanto valeva percorrerla fino in fondo e scoprire dove portava. Così ho continuato fino a quando sono uscito dalla pineta. Grazie a dio ero fuori ma… Ero tornato in spiaggia! Dovevo rifare tutto da zero. Che palle! Ero esausto. Avevo male alle ginocchia e, come se non bastasse, la batteria del telefono era allo stremo.

Mi sono seduto sulla sabbia a riflettere. Per un attimo ho pensato di chiamare lo zio e dirgli che avrei dormito in spiaggia. Ho acceso il telefono, ho fatto partire la chiamata e… Morto…

Mi sembrava di essere in un incubo. Come se non bastasse, in quel momento, dal bordo della pineta ho intravisto la sagoma di un uomo che si avvicinava. Mi sono alzato in piedi, cercando di ostentare calma, anche se ad ogni passo verso di me il cuore mi saliva sempre più in gola. Era buio e al chiaro di luna facevo fatica a vederlo bene. Era mezzo nudo, aveva addosso solo un paio di pantaloncini. A un certo punto mi è arrivata la sua voce: “Ehilà, cerchi compagnia?” E il sangue mi si è gelato!

La voce aveva qualcosa di familiare. Mentre cercavo di intravedere il viso, mi sono reso conto che quell’uomo lo conoscevo bene. Era Gianfranco! Ho tirato un sospiro di sollievo e gli sono letteralmente saltato addosso per abbracciarlo. Stavo tremando e lui, con un tono preoccupato, mi ha chiesto se mi era successo qualcosa, e io gli ho raccontato la mia disavventura nella pineta. Gianfranco mi ha stretto tra le sue braccia e mi ha baciato teneramente sulla testa dicendo che potevo stare tranquillo. Gli ho chiesto dove stava andando lui a quell’ora e mi ha risposto che si doveva incontrare con un suo carissimo amico all’altare di Abraxas.

Era in ritardo, ma mi avrebbe accompagnato volentieri fuori dalla pineta. Io allora gli ho chiesto se non potessi venire anch’io all’altare. Sembrava che l’avessi preso in contropiede. Ha avuto un attimo di esitazione e poi ha detto che sarebbe stato un incontro di sesso e che stava a me decidere liberamente se partecipare o no. Io con Gianfranco avrei fatto qualsiasi cosa, quindi ho pensato che al massimo, se proprio non mi fosse piaciuto il suo amico, me ne sarei rimasto in disparte a godermi il ‘rito’ da spettatore.

Ricordo molto bene con quale piacere sono rientrato in pineta assieme a lui – quella stessa pineta che appena pochi minuti prima mi era apparsa talmente spaventosa. Si vedeva che lui la conosceva come le sue tasche. Aveva una torcia tascabile con sé. Siamo passati per dei sentieri secondari che neanche di giorno avrei osato imboccare. Certo, il buio non era meno intenso ma con lui al mio fianco era addirittura eccitante. Gianfranco mi ha raccontato che il suo amico è un uomo sposato. Non si tratta di sesso mordi e fuggi ma di una relazione clandestina che si consuma tra loro da una decina di estati. L'uomo in questione, tra le altre cose, è un professore di grande cultura ed è stato lui a iniziare Gianfranco alla filosofia di Abraxas…

Non so se per via delle scorciatoie o per la curiosità di vedere quest'uomo, siamo arrivati in un baleno al punto dell’incontro. L'altare di Abraxas, che altro non è che la catasta di legna attorno a cui di giorno si svolge il battuage della spiaggia, si trova in un punto della pineta in cui gli alberi si diradano, fino a lasciare uno spiazzo circolare a cielo aperto – l'unico punto interno alla pineta illuminato dalla luna. L’amico di Gianfranco era già lì. Da lontano si vedeva che era un bell'orsone robusto, con una stupenda barba folta e bianca. Al comparire della nostra luce, si è fermato e ha chiesto: "Gianfranco sei tu?"

Quella voce! No, non poteva essere vero… Il maschione che Gianfranco si scopava da anni era niente meno che mio zio! Mi sono bloccato di colpo impietrito. Gianfranco ha continuato a camminare, dando risposta allo zio mentre gli diceva che aveva portato anche un amico. Io ero in fortissimo imbarazzo e volevo tornare indietro ma come avrei potuto? Farmi la pineta da solo, in piena notte, senza torcia, per sentieri che manco conoscevo… Ma anche no! Così mi sono fatto avanti.

Lo zio appena mi ha visto sbucare dall'oscurità ha esordito dicendo: “Ah però… Vedo che hai fatto passi da gigante!” Non potrò mai dimenticare il suo sorriso e la pacca sulla spalla. Gianfranco era confuso e ha chiesto allo zio se mi conosceva e lui gli ha rivelato che ero suo nipote.

Ah il ragazzo che ti ha spompinato tutta l'estate? e si è messo a ridere.

Lo zio gli aveva già raccontato di me, mi ha detto Gianfranco, e ha aggiunto:

E so anche che lo zio stravede per te! E ne ha tutte le ragioni!

Io ero lusingato e un po' imbarazzato. Ero desiderato dagli uomini a me più cari ma non sapevo bene come muovermi. Lo zio è venuto in mio soccorso:

Nipote caro, non devi fare nulla che tu non abbia voglia di fare, sei tra persone che desiderano solo il tuo bene e che vogliono solo vederti felice. Se non ti va di stare in nostra compagnia, usciamo di qui e ti accompagniamo a casa.

Grazie, zio. Io mi sento fortemente in imbarazzo in questo momento. Non so se sono in grado di reggere una cosa del genere. Spero di non offendervi…

Posso immaginare il tuo imbarazzo e non voglio insistere. Ma cos’è che ti blocca esattamente?

In realtà il mio non voleva essere un rifiuto. Avevo solo bisogno di temporeggiare… Non riuscivo a lanciarmi così di brutto. Stavo vivendo la serata più folle della mia vita; la realtà era andata molto più in là di ogni mia fantasia più azzardata; quest’ultimo incontro era stato un colpo di scena totalmente spiazzante.

L’ho presa alla larga per poi finire con la mia confessione spinosa. Ho detto loro che era rimasta una cosa che non avevo ancora fatto e che desideravo ardentemente, solo che mi vergognavo un po’ a chiedere… Lo zio e Gianfranco mi guardavano in silenzio, in attesa che io sputassi il rospo. Alla fine, mi sono detto che tanto valeva rischiare e mi sono espresso senza mezzi termini.

Io rimango ma voglio essere scopato per bene, a cominciare da te zietto. Ti voglio tutto dentro al mio culo.” C’è stato un attimo di silenzio e poi lo zio e Gianfranco si sono scambiati un'occhiata divertita. Poi lo zio: “Se questo è quello che desideri, noi siamo qui a disposizione per accontentarti.” E sono rimasto con loro.

Gianfranco si è tolto i pantaloni: aveva gli stessi boxer di cotone bianchi a fantasie dell'altra volta. Senza toglierli, ha fatto uscire dall'apertura il membro con le palle e si è seduto sui tronchi cominciando a massaggiarsi, mentre lo zio si è seduto accanto a lui. Io in piedi mi sono abbassato i pantaloni e ho tirato fuori il pisello, che già spingeva dentro le mutande, facendogli fare un rimbalzo verso l’alto. I baffoni bianchi di Gianfranco brillavano sotto il chiaro di luna e la sua manona stantuffava l'arnese a ritmo regolare. La cappella a punta era completamente scoperta e il pisello aumentava velocemente in volume e consistenza. Lo zio si è alzato e si è aperto anche lui i pantaloni. Aveva addosso i soliti bellissimi slip bianchi mini, che io avevo segretamente odorato quella volta in bagno e che gli facevano un pacco enorme tanto erano stretti; ha fatto uscire il cazzone e ha cominciato a menarselo anche lui. Allora Gianfranco ha detto allo zio di avvicinarsi e di cominciare a giocare con me.

Lo zio mi si è piazzato davanti. Io e lui avevamo ancora addosso, rispettivamente, la maglietta e la camicia. Lo zio ha cominciato a massaggiare i miei capezzoli che si intravedevano sporgenti sotto il cotone. Li ha presi attraverso il tessuto e ha cominciato a tirarli, mentre gli aprivo i primi bottoni della camicia: la visione del pelo che straripava mi ha fatto salire il sangue al cervello.

Mi sono messo a passare con la bocca per bene tutto il petto villoso dello zio. Poi sono sceso con la mano fino a prendere le sue palle gonfie tenendole ferme mentre lui continuava a menarselo con movimenti secchi e profondi dall'alto al basso. Siamo andati avanti così per un po' fino a quando lo zio mi ha guardato fisso negli occhi e mi ha chiesto se non avevo voglia di giocare un po' con il suo amico.

Mi sono inginocchiato davanti a Gianfranco. Aveva il pisello in mano e lo puntava verso la mia bocca. Mi sono voltato verso lo zio, il quale ha annuito in segno di incoraggiamento. Allora mi sono avvicinato alla punta e dopo aver annusato quell'odore intenso di maschio l'ho mandato giù tutto fino ad arrivare alle palle. Gianfranco abbassava la testa all'indietro mentre lo pompavo aumentando il ritmo. Di tanto in tanto alzavo gli occhi e vedevo il suo baffone bianco rivolto al cielo. Lo zio invece restava di lato in piedi: con una mano si masturbava l'uccello, con l'altra il capezzolo. Poi ha avvicinato il suo cazzone eretto e venoso a Gianfranco, il quale lo ha preso subito in bocca e si è messo a fargli una mega pompa, mentre io in ginocchio continuavo a succhiare e a masturbarmi con la mano. Di tanto in tanto alzavo gli occhi e vedevo l'asta dello zio sparire tra i baffoni di Gianfranco per poi lentamente ricomparire a ritmo lento ma costante, mentre lo zio torturava i capezzoli del suo amico con le sue sapienti dita.

A un certo punto ci siamo fermati. Dopo che lo zio e Gianfranco si sono spogliati completamente, io mi sono alzato e Gianfranco si è fatto avanti verso di me. Ora li avevo tutti e due inginocchiati al mio cospetto, uno a destra e uno a sinistra. Un po' l'uno e un po' l'altro facevano a gara a chi me lo succhiava con più avidità. Gianfranco aveva un ritmo lento e si soffermata con la lingua sul glande; lo zio invece era più vigoroso e veloce nel pompare e mi teneva strette le palle con la sua manona. Io mugolavo come un vitellino: il piacere era intenso ma riuscivo a trattenermi dal godere. Poi Gianfranco e lo zio si sono alzati e io mi sono inginocchiato tra loro due. Erano uno di fronte all'altro e io in mezzo prendevo in bocca i loro cazzi: un po' quello di destra un po' quello di sinistra e poi tutti e due insieme. Lo zio venne proprio mentre tenevo le due cappelle nella bocca. Ricordo i fiotti di sborra che mi colavano giù uscendo dalla bocca fino al collo.

Mi sono alzato anch'io e tutti e tre vicini abbiamo continuato a masturbarci. Lo zio, che era appena venuto, se lo faceva venire duro un'altra volta tirandosi i capezzoli. Poi Gianfranco si è appoggiato in avanti con le mani alla catasta di tronchi per offrirci il suo culo, pronto per essere scopato.

Allora mi sono fatto avanti io. Avevo davanti a me questo maschione maturo a novanta, che pareva non stare più nella pelle dal desiderio di essere inculato. Era già completamente aperto. Le chiappone sode e pelose si separavano perfettamente al centro e mentre passavo la mano inumidita nella fessura sentivo che era già bagnato di suo. Sono entrato subito e lui ha cominciato immediatamente a muoversi veloce avanti e indietro: era proprio un esperto della pratica. Si agitava con disinvoltura come se niente fosse. Mi chiedeva di sbatterlo forte e io ho aumentato il ritmo. I nostri gemiti si alternavano l'uno all'altro: io che godevo di piacere e lui che chiedeva di essere chiavato per bene. A quel punto, non mi sono fatto troppi problemi e mi sono dato alla carica per scoparlo con tutta la cattiveria che avevo, facendo sbattere le palle contro di lui con dei tonfi secchi. – Ti piace, eh? Prendilo tutto allora, gli ho detto mentre lui rispondeva a suon di gemiti e mugugni.

Lo zio intanto ci guardava masturbandosi e preparava l'arnese. Era lui che volevo che mi sverginasse. La voglia mi ha fatto diventare un toro in calore che si vendica sulla vacca che ha sotto in quel momento: Gianfranco lo prendeva tutto ansimando e incitandomi a continuare. Nel frattempo lo zio da dietro si è messo a leccarmi il culo. Mi sono fermato e sono uscito da Gianfranco per concentrarmi solo sul mio piacere anale. Poi lo zio mi ha fatto salire sulla catasta e io mi sono appoggiato in avanti abbassando il più possibile il bacino per piegare il culo a favore della sua lingua. Lo stretching non è mai stato così godurioso. Gianfranco mi divaricava per bene le chiappe con le mani e lo zio spingeva con la lingua per entrare dentro il buco. Io gemevo dal piacere ogni volta che la punta della lingua bagnava le pareti interne dell'ano. Dopodichè ho sentito un dito entrare e uscire per due o tre volte; poi due dita allargare di più l'entrata e poi tre… Ero pronto.

Lo zio mi ha fatto scendere dalla catasta. Ero di fronte a lui e ci siamo guardati negli occhi sorridendo maliziosamente l’uno con l’altro. Allora mi ha chiesto se volevo farlo veramente e io: “Sì ti voglio tutto dentro.” Così lui si è seduto sulla catasta e Gianfranco mi ha aiutato a salire. Mi sono messo a cavalcioni sullo zio dandogli le spalle. Mentre lo zio si metteva il preservativo, mi ha detto di appoggiarmi alla sua cappella e di scendere delicatamente. Mi tenevo sospeso sul suo uccello con le ginocchia mezze piegate mentre lo zio cercava di infilarlo dentro il mio buchetto. La cappella era entrata ma l'asta faceva fatica a scivolare. Lo zio mi disse di scendere giù con un movimento deciso, e così ho fatto.

Il colpo mi è arrivato alla testa e per un attimo ho perso la cognizione di quel che stavo facendo. Lo zio e Gianfranco mi tenevano sollevato fino a quando ho riaperto gli occhi. Il dolore era passato ma sentivo perfettamente tutto il cazzone dello zio ancora dentro di me. – Va meglio adesso? mi ha chiesto Gianfranco. Io ho annuito sorridendo e ho cominciato piano piano a muovermi. Da lì in poi è stata solo infinita goduria.

Lo zio mi teneva per i fianchi dandomi le spinte giuste verso l'alto; poi io scendevo con il peso per riprendermi dentro tutto il suo uccello. Gianfranco intanto si era messo davanti a me e io gli facevo una pompa con la bocca. Avevo perso la percezione del tempo. I gemiti di Gianfranco davanti a me e i mugolii dello zio dietro di me erano ipnotici e la sensazione di avere un cazzo in bocca e uno in culo mi ha fatto volare in un'altra dimensione. Sono tornato sulla terra quando lo zio chiamandomi più volte per nome mi ha chiesto di alzarmi. Sono sceso dalla catasta e lui si è alzato a sua volta: ora era lui che voleva essere scopato.

Gianfranco era già pronto con il preservativo gonfio del suo membro per aprirgli il culo. Appoggiato ai tronchi per offrire il buchetto, lo zio ha inarcato di scatto la schiena quando Gianfranco gli ha ficcato dentro tutta la sua minchia pulsante con un colpo da maestro. Subito dopo sono cominciate le spinte, che lo zio goduriosamente assecondava muovendo il bacino avanti e indietro. Nel ripensare a quel momento godo ancora adesso con la mente. Ancora una volta la realtà aveva superato la mia immaginazione. In tutti i miei sogni erotici antecedenti, lo zio mi era sempre apparso come un maschione attivo che scopava come un toro la zia. Vedere ieri tutta quella virilità godere nell’essere sottomessa e inculata come una vacca mi mandava in estasi.

Io mi masturbavo davanti alla sua faccia, mentre lo zio mi leccava le palle facendole entrare una alla volta dentro la bocca e strofinando il suo barbone contro l'interno delle cosce. Stavo godendo attraverso tutti i sensi: le sensazioni tattili del basso ventre, l'odore dei due orsi dal pelo bagnato, il gusto di uccello che avevo ancora nella bocca e i grugniti da maschi in calore emessi dai due mentre si scopavano senza freni.

Non potevo più reggere a lungo. Lo zio aveva capito dai miei gemiti che era arrivato il momento di venire. Così si è piazzato con la bocca spalancata a pochi centimetri dal mio glande in attesa dell'esplosione. Lo zio mi incitava, dicendo: "Dai, vieni, godi, dai…" ma io niente. Mi masturbavo con tutta la foga possibile eppure non riuscivo. Gemevo di piacere, sentivo il colpo lì pronto da un pezzo ma non si voleva decidere. Lo zio ha preso con le dita i miei capezzoli e ha tirato forte. E' stata come un'ondata che mi ha preso e ha fatto schizzare come un missile il primo getto di sborra. Ho inondato la barba dello zio, che a bocca aperta cercava di fare canestro col prossimo fiotto. Nel frattempo Gianfranco si era messo ad urlare forte: "Ah.. Godo…" spingendo lo zio contro di me in un abbraccio. Mentre il preservativo di Gianfranco si gonfiava di sborra nel culo del suo amico, io sentivo il seme dello zio venirmi addosso sulla pancia, mentre lui esausto si reggeva aggrappato a me.

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Scrivo queste ultime righe dalla macchina, mentre stiamo tornando a casa. Lo zio al volante, la zia al posto del passeggero, io dietro. Poco fa, la zia mi ha chiesto se ho trovato qualcosa di interessante da scrivere nel diario durante queste vacanze. Le ho risposto che il tempo passato in spiaggia ha avuto la meglio sulla stesura del diario.

Eh beati 18 anni… alla sua età non stavo mica a scrivere diari in spiaggia io, ha aggiunto lo zio.

Cosa vorresti dire?, ha chiesto la zia.

Che ero sempre in perlustrazione… sennò come avrei fatto a conoscerti?

Così si è voltato un attimo verso la zia sorridendole.

Eri un bel toretto, in effetti, ha risposto lei.

C’è stato un attimo di silenzio. Io guardavo dallo specchio gli occhi dello zio puntati verso la strada. Ad un certo punto, guardandomi negli occhi dallo specchietto, ha detto:

Ero…

E mi ha strizzato l’occhio.



*** FINE ***