ORSI ITALIANI MAGAZINE




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Alla ricerca del padre perduto - 3a parte

Un racconto di Fanozzo


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.


Mio padre è sempre stato l'incognita della mia vita. Il non sapere chi fosse e perché ci avesse abbandonato quando sono nato era l'unica cosa a cui pensavo.

Dopo tante insistenze finalmente convinsi mia madre ad aiutarmi a trovarlo e lei mi diede una foto assieme ad un biglietto da visita di un impresa edile dove mio padre lavorava da giovane.

Dopo essermi diplomato partì per Palermo e per un colpo di fortuna riuscì a rintracciare uno dei cantieri dell'impresa edile in cui lavorava mio padre.

Parlai con uno degli addetti ai lavori e mi disse che purtroppo né lui né gli altri suoi colleghi sapevano dove fosse sparito.

Quando gli dissi che l'uomo che cercavo era mio padre, Calogero l'uomo con cui parlai mi diede un numero di telefono.

Era il numero di mio padre. Dato che non era sicuro che lui rispondesse perché quando sparì non lo aveva fatto, usai quel numero per risalire al suo indirizzo. Il giorno seguente cercai di andare a quell'indirizzo ma fui colto da un imprevista scocciatura.

C'era sciopero dei mezzi pubblici. Maledizione, proprio adesso! Ad ogni modo non tutti i mali vengono per nuocere perché feci una conoscenza speciale.

Giovanni, 32 anni, robusto e massiccio al punto giusto pur non essendo frequentatore di palestre. Capelli rossi cortissimi e un pizzetto sottile che lo rendeva sexy.

Aveva due bellissimi occhi azzurri in cui mi persi subito ma solo più tardi, quando facemmo sesso ne presi coscienza.

Il colpo di fulmine per me era una cosa che succedeva solo nei film, ma mi ricredetti. Giovanni si offrì di farmi visitare Palermo ed io ne fui molto entusiasta di conoscere meglio la città in cui sono nato.

Ovviamente passare un'intera settimana con Giovanni era la cosa che più desideravo, tutto il resto sarebbe stato di contorno.

Giovanni si prese una settimana di ferie per poter stare con me e io ne fui entusiasta ma non potei fare a meno di chiedergli se ciò non gli avesse potuto causare problemi.

Giovanni mi rispose che aveva un bel po' di ferie arretrate e che per passare un po' di tempo con me si sarebbe preso persino un mese.

Che romantico! Quella settimana fu la migliore della mia vita. Ero così felice e sereno che mi ero persino dimenticato il motivo per cui mi trovavo li a Palermo.

Un giorno passeggiavamo per il Foro Italico dove molti anni prima c'era un parco giochi dove Giovanni mi raccontò andava ogni domenica da bambino, un'altro visitammo il Teatro Massimo, un'altro ancora il Teatro Politeama...

Fu straordinario, mi sentivo libero. Il settimo giorno, l'ultimo, Giovanni mi portò in una grande piazza che era anche un incrocio a forma di croce. Visti dall'alto i palazzi che facevano angolo a quell'incrocio formavano un ottagono perfetto.

Ad ogni angolo c'era una fontana e 3 statue. Una era proprio sopra la fontana, la seconda era all'altezza del primo piano e l'ultima era all'altezza del secondo piano. Giovanni mi disse che quello era uno dei punti più importanti e carichi di storia di Palermo.

Si trattava dei quattro canti. I quattro canti rappresentavano molti anni fa il centro della città stessa di Palermo divisa proprio da quell'incrocio in quatto parti. Era bellissimo sentire parlare Giovanni della città e della sua storia. Sarei stato ad ascoltarlo per delle ore.

Quella giornata volò via e di colpo era già sera. Andammo a mangiare in una pizzeria che si trovava poco distante da li, nella zona del foro italico. Mentre mangiavamo io e Giovanni iniziammo a parlare.

"Allora, ti sei divertito?" mi disse Giovanni

"Certo. Ti ringrazio molto per avermi fatto vedere la città."

"E' stato un piacere, Ste." e mi strinse la mano. Ci guardammo negli occhi per un po' e poi ci baciammo. "Allora... domani è il grande giorno, eh?"

"Quale giorno?" dissi io

"Come quale giorno? Oggi finisce lo sciopero dei mezzi pubblici. Domani potrai andare da tuo padre finalmente. Non è per questo che sei venuto da Milano?"

"Ah, già... Wow, con tutto il tempo che ho passato con te me ne ero completamente dimenticato. E' una cosa brutta secondo te?"

"No gio', assolutamente. Quando si è felici ci si lascia trascinare dagli eventi ed è normale dimenticare qualcosa..."

"Già... e tu mi hai trascinato parecchio in questi giorni" e ci scambiammo un sorriso "Giovanni?"

"Si?"

"Pensi che io debba incontrare mio padre?"

Giovanni mi strinse di nuovo la mano "Che c'è, Gio'? Hai dei dubbi?"

"No... Cioè si... Voglio dire, io voglio incontrare mio padre per chiudere questa storia e da quest'incontro non mi aspetto nulla, ma ora che ho la possibilità di farlo comincio a chiedermi se ne valga davvero la pena..."

"Ascolta Ste', tu sei libero di fare ciò che vuoi, è una tua scelta ma non farti bloccare dalla paura."

"Io non ho paura."

"Davvero?" e mi guardò negli occhi

"E va bene. Lo ammetto, ho paura. Mi dico sempre che voglio trovare mio padre solo per sapere perché ci ha abbandonati e sono cresciuto con questo desiderio per tutta la mia vita. Io voglio davvero sapere ma adesso che finalmente posso farlo, che sono così vicino a incontrarlo davvero e scoprire la verità..."

"...hai paura di quello che potresti scoprire."

"Sì. Che cosa devo fare secondo te?"

"Fai quello che ti senti di fare, Ste'. La scelta è tua."

"Che bella risposta, grazie." e sorrisi. Giovanni mi prese di nuovo per mano

"Gio', non ti vorrei bene se ti dicessi cosa fare. Questa scelta riguarda te e solo tu puoi prenderla. Comunque sappi che qualsiasi cosa tu decida io sono con te. Però un cosa voglio dirtela. Se decidi di tirarti indietro per paura un giorno potresti pentirtene." Mi soffermai a riflettere e capì che Giovanni aveva ragione.

"Hai ragione. Si, hai perfettamente ragione. Sono venuto qui per un motivo e devo andare fino in fondo. Si, domani andrò da mio padre e chiarirò tutto. Devo farlo per me stesso e anche per mia madre. Non posso più restare con questo dubbio. Ti ringrazio, Giovanni."

"Bravo. Così mi piaci, gio'." e mi baciò la mano "Se vuoi posso accompagnarti domani..."

"Ti ringrazio Giovanni, ma come hai detto tu questa è una cosa che riguarda me e devo farla da solo."

"Ok."

Finito di mangiare facemmo una passeggiata al foro italico.

Era una serata così tranquilla e silenziosa che era possibile sentire in lontananza il suono delle onde del mare.

Quando le strade iniziarono a riempirsi di prostitute capimmo che era giunto il momento di tornare a casa. Giovanni voleva fare sesso e avevo voglia anch'io ma la mia testa era strapiena di pensieri fino al limite e non potendo concentrarmi non gli avrei fatto provare il minimo piacere.

Giovanni capì e mi disse che non c'era problema e che avevamo tutto il tempo del mondo per fare sesso... si, certo.

Tutto il tempo fino alla mia partenza. Non avevamo ancora affrontato quell'argomento ma sia io che Giovanni sapevamo che ad un certo punto ci saremmo dovuti separare ed entrambi non osavamo parlarne per passare il tempo che avevamo serenamente e senza malinconia. L'indomani mattina Giovanni mi svegliò.

Era già pronto con indosso la sua bella divisa. Non avrei potuto svegliarmi in modo migliore. Mi alzai, mi rinfrescai e dopo 10 minuti ero pronto.

Io e Giovanni uscimmo di casa per andare alla stazione e durante la strada lui mi disse come arrivare in via Notarbartolo, dove abitava mio padre.

Dovevo prendere lo stesso treno che dall'aeroporto mi aveva portato alla stazione centrale. Via Notarbartolo era una delle fermate intermedie di quella linea. Arrivato alla stazione centrale salutai Giovanni e dopo aver comprato due biglietti AMAT presi il treno.

Dopo qualche minuto ero già arrivato a destinazione.

La metrò è davvero il mezzo più veloce e comodo per muoversi in città. Dopo essere risalito con l'ascensore, perché la fermata era interrata, mi ritrovai in strada, in via Notarbartolo. Cominciai a scorrere i numeri delle abitazioni per trovare il 52.

Eccolo! Ci siamo. Ero davanti alla porta e sul terzo campanello c'era scritto "Messina". Esitai per qualche istante poi allungai il braccio per suonare il campanello ma prima il mio dito toccasse il pulsante qualcuno da dietro mi mise una mano sulla spalla.

"Scusa figliolo, dovrei entrare..."

"Oh, mi scusi signore." dissi mentre mi giravo e quando vidi chi era sentì il sangue gelarsi nelle mie vene.

Era un po' brizzolato, con svariare rughe sul viso, più massiccio e meno muscoloso di come era nella foto e con un po' di pancetta, ma non potevo sbagliarmi.

"Figliolo, tutto bene?" disse vedendomi bianco in viso

"Mi scusi signore... ma lei è Antonio Messina?"

"Si, sono io. Ma come fai a sapere il mio nome, ci conosciamo?" allora presi dalla tasca la fotografia e glie la feci vedere "Dove l'hai presa questa?"

"Me l'ha data la mamma... papà."

Anche se avevo immaginato ogni possibile reazione di mio padre a quest'incontro ciò che accadde mi lasciò spiazzato.

Quando dissi la parola 'papà' lui sollevò di colpo la testa dalla foto e mi guardò con gli occhi sgranati che qualche istante dopo si riempirono di tante lacrime e allora mi gettò la braccia al collo e mi baciò.

"Figlio mio, figlio mio..." continuava a ripetere mentre mi stringeva e piangeva per la forte emozione che di riflesso fece piangere anche me. "Vieni, sali." e lo seguì fino al suo appartamento.

Entrati in casa un uomo di circa 65 anni, con un bel pizzetto spesso bianco come il latte ci si fece d'innanzi.

"Ciao Antonio... chi è il ragazzo con te?"

"Giuseppe" e mi mise un braccio intorno al collo "questo è mio figlio."

"E' un piacere conoscerti finalmente" e mi diede la mano e io glie la presi "Tuo padre mi ha parlato molto di te."

"Davvero?" dissi io

"Proprio così. Ora vi lascio da soli, avete molto di cui parlare." e dopo aver baciato mio padre, Giuseppe se ne andò in un'altra stanza.

A quanto pare quell'uomo doveva essere il compagno di mio padre. Rimasti da soli, io e mio padre ci sedemmo sul tavolo della cucina.

"Come sta tua madre?" mi chiese

"Bene" dissi io "Certo, non grazie a te..."

"Capisco che tu sia arrabbiato... uhm"

"Stefano" dissi io

"Tua madre ti ha dato il nome che avevamo scelto insieme."

"Lei ti amava tanto ma tu l'hai lasciata!" e mio padre si mise a piangere

"Non l'ho fatto per i motivi che pensi, te lo giuro Ste. Non vi ho lasciato perché non vi volevo bene... anzi tutto il contrario."

"Non capisco pa'. Se ci volevi bene perché ci hai lasciati?"

"E' una lunga storia..."

"Tranquillo, ho tutto il tempo del mondo."

"Va bene, Stefano. In fondo hai il diritto di sapere. Ora ti racconterò tutto. Innanzitutto come hai visto poco fa io sono omosessuale. A me piacciono gli uomini."

"Si, questo l'avevo capito e già che ci siamo, sappi che lo sono anch'io. Questa non è una rivelazione, va avanti."

"D'accordo. Quando ho conosciuto tua madre stavo attraversando un brutto periodo. Io ho sempre sentito di essere diverso, di non essere come gli altri uomini.

Ero giovane e i tempi erano quelli che erano. Stupidamente pensavo di potermi far piacere quello che non mi piaceva.

Provai non so più quante volte di fare sesso con le prostitute, ma non c'era nulla da fare. Non ci riuscivo, non si può andare contro la propria natura. Entrai in un profondo stato di depressione e iniziai a bere.

Mi ritrovavo nello stesso bar quasi tutte le sere e uscivo da li sempre ubriaco. Una sera mentre stavo bevendo l'ennesimo bicchiere una ragazza si sedette accanto a me e allora iniziammo a parlare.

Quella ragazza era tua madre.

Mi chiese che problema avessi e l'alcol mi fece rispondere su due piedi la verità. Qualsiasi altra donna avrebbe riso di me o mi avrebbe pubblicamente deriso, ma tua madre era diversa. Bevemmo per un po' insieme e parlammo... bèh di un po' di tutto.

Quando ci alzammo ero talmente ubriaco che non riuscivo nemmeno a stare in piedi. Tua madre aveva bevuto meno di me e anche se era un po' brilla chiamò un taxi e mi accompagnò a casa.

Dopo avermi aiutato a salire... ecco qui c'è il buio.

Non ricordo cosa accade ma lo scoprì la mattina seguente.

Mi risvegliai nudo a letto con tua madre. Mi prese un colpo. Le chiesi che cosa era successo anche se era già chiaro, e lei sorrise prendendomi in giro sul fatto che pensassi di essere gay.

Ma io sapevo cosa ero e sapevo che se avevo fatto sesso con lei era stato solo perché ero ubriaco. Non ero in me. Ero confuso e spaventato. Me ne rimasi li, immobile mentre lei si rivestiva e mi diceva di aver passato la notte più bella della sua vita e dopo se ne andò.

Cercai di dimenticare quello che era successo ma due settimane dopo tua madre tornò a cercarmi e mi disse che era incinta. Il mondo mi crollò addosso. Io non potevo essere padre, non ne ero in grado.

Io ho sempre desiderato potermi sposare e avere dei figli e anche se non era accaduto nella maniera tradizionale era successo. Potevo avere una famiglia anch'io, potevo essere come gli tutti gli altri uomini.

Credetti che forse il destino mi aveva dato un'opportunità e così cercai di assumermi le mie responsabilità. Io e tua madre ci frequentammo per un po' anche se non l'amavo in quel senso e passammo un periodo relativamente felice insieme ma la verità è che mi stavo prendendo in giro.

Non accettavo quello che ero, e volevo essere quello che non ero. Volevo essere un uomo normale ed ero arrivato persino a giocare con i sentimenti di tua madre pur di inseguire quell'illusione perché lei si era davvero innamorata di me. Non sapevo che fare, mi sentivo in colpa.

Avevo commesso un grande errore a illudere tua madre e provai una grande vergogna per questo. Contemporaneamente però, ed era la prima volta in vita mia mi sentivo prigioniero, fuori posto, come se stessi vivendo la vita di qualcun'altro.

Come ho già detto, avevo sempre desiderato sposarmi e avere dei figli proprio come gli altri uomini ma adesso che anche se in modo strano e insolito questo desiderio si era realizzato, che questa donna in attesa di un figlio mio erano entrati nella mia vita, sentivo che quest'immagine non mi apparteneva, non la sentivo mia.

In quel momento mi trovavo su quella linea invisibile che separa i gay dagli etero. Mi ero rassegnato al fatto che non ero destinato a sposarmi ed avere dei figli come gli altri uomini ma ancora non riuscivo ad accettare la mia omosessualità.

Ero così confuso che non sapevo neanche più chi ero e così ricominciai a bere. Mi ubriacavo per cercare di non pensare ma tutto ciò che ottenevo erano solo dei fortissimi mal di testa e poi stavo ancora peggio. Una sera incontrai un uomo, aveva 15 anni più di me."

"Era Giuseppe, vero?"

"Si, figliolo. Era lui. Mi ero appena seduto e avevo ordinato il primo drink quando lui si mise accanto a me e iniziammo a parlare.

Aveva con me un atteggiamento amicale, quasi paterno e sentirlo parlare mi faceva stare meglio. Mi aveva notato da un sacco di giorni e aveva capito che stavo attraversando un brutto periodo e mi disse che non lo avrei superato se avessi continuato a bere in quel modo.

Allora gli risposi che lui neanche mi conosceva e che non sapeva cosa stessi passando ma quando lui mi disse che sapeva che ero gay... all'inizio mi prese un colpo perché mi sentì scoperto ma un istante dopo mi senti sollevato.

Finalmente potevo parlare con qualcuno della mia situazione. Giuseppe mi raccontò che anche lui a suo tempo c'era passato.

Ricordo come se fosse ieri l'enfasi con cui Giuseppe mi disse di non permettere a nessuno, neanche a me stesso di insinuare che io fossi inferiore agli altri uomini perché non mi piacevano le donne. Mi diede persino uno schiaffo quella sera."

"Uno schiaffo?!" dissi io

"Già, all'epoca ero davvero una cataprasima."

"Una che?"

"Ah si, scusa. Ho usato una parola siciliana. Volevo dire che all'epoca ero una persona molto smorta e sempre triste.

Quello schiaffo fu come un manna dal cielo. Quella sera Giuseppe mi invitò a casa sua perché non se la sentiva di lasciarmi da solo in quelle condizioni.

A pensarci oggi non lo so, ma forse in quel periodo stavo talmente male da essere capace di fare qualche sciocchezza. Arrivati a casa sua io e Giuseppe iniziammo a parlare. Voleva farmi sfogare, fare uscire tutta l'amarezza che avevo dentro.

Mai con nessuno mi ero aperto in quel modo e così tanto. Mi sentì come se mi avessero tolto un enorme peso e in quel momento... eravamo così uniti che... bèh... puoi benissimo immaginare quello che successe dopo."

"Tu e Giuseppe siete stati insieme."

"Si. Lui era l'unico che mi avesse mai capito. Fu la notte più bella di tutta la mia vita. Finalmente mi accettavo per quello che ero completamente e sopratutto avevo trovato qualcuno che mi amasse per ciò che ero.

Era una sensazione così bella che non volevo mai più vivere un'altro istante senza. Ero giovane Stefano e avevo sofferto troppo.

In quel momento, pensai che non volevo più essere il compagno di una donna che non amavo e con cui per uno stupido scherzo del destino avevo fatto sesso e che avevo messo incinta. Avevo assaporato la felicità e non volevo più rinunciarci.

Nel frattempo però pensai che questo mio desiderio fosse un po' egoista. Tutti hanno il diritto di essere felici ma io avevo delle responsabilità.

C'era un figlio di mezzo, non potevo ignorarlo. Ne parlai con Giuseppe per avere qualche consiglio ma lui mi disse che dovevo essere io a decidere cosa fare perché era una mia scelta e che lui non voleva condizionarmi in nessun modo."

"Mi sembra familiare..."

"Come?"

"Ah... no niente. Continua."

"Alla fine decisi di sparire. Lo feci per paura lo ammetto ma pensai che in fondo fosse la scelta migliore per tutti. Se io fossi sparito tua madre avrebbe sofferto ne ero consapevole, ma poi un giorno avrebbe conosciuto un altro uomo che l'avrebbe amata e tu avresti avuto un padre. Sareste stati felici..."

"Questo non potevi saperlo."

"Si, è vero. Ma l'ho sperato con tutto il cuore e comunque fosse andata sareste stati meglio senza di me. Avevo provato sulla mia pelle cosa si sente ad essere prigionieri di una vita che non è la propria. Non potevo condannare un'altra persona, anzi due a quella sorte. Voi dovevate essere liberi."

"Ma potevi almeno dirlo alla mamma! Lei ti avrebbe capito."

"Forse si, ma erano altri tempi Stefano. Allora tutto era più difficile. Volevo dirlo a tua madre ma non sapevo come... sarebbe stato troppo complicato.

Ecco, ora sai tutto. Anche se ho agito per vigliaccheria volevo solo il vostro bene ma se mi odi ti capisco..." Tutte le mie domande alla fine avevano trovato una risposta. Ora sapevo perché mio padre fosse sparito in quel modo e ci avesse lasciati.

Chiusi gli occhi e immaginai di trovarmi nella situazione di mio padre e dopo cinque secondi mi sentì esplodere.

Come aveva fatto mio padre a resistere tutti quegli anni? Quando le dissi che ero gay, mia madre ci aveva messo un bel po' ma alla fine mi aveva accettato.

Mio padre invece aveva dovuto affrontare questa fase in un epoca molto più difficile e non aveva avuto nessuno con cui parlare e probabilmente non lo aveva neanche detto ai suoi genitori. Aveva vissuto da solo con se stesso.

E' orribile! Improvvisamente mi sentì più maturo e la rabbia che avevo sfogato poco prima si trasformò in qualcos'altro.

"No papà, io non ti odio. Io ti capisco, forse perché sono gay anch'io. Ero molto arrabbiato... no, ero furioso ma ora che so tutto provo solo una grande tristezza.

Non capivo perché ci avessi lasciati e allora ho cominciato ad immaginare qualunque cosa. Che tu avessi un'altra, o magari che fossi scappato perché non volevi impegnarti o affrontare una gravidanza indesiderata... cose del genere.

Ma ora che so la verità mi sento quasi in colpa per essere stato arrabbiato con te. Ti chiedo scusa, papà..."

"No, figlio mio. Sono io che devo scusarmi. Tu non hai colpa di quello che è successo... ma la verità è che forse siamo tutti vittime di qualcuno o qualcosa nella vita."

"Forse, ma ora basta. E' il momento di andare avanti. Buttiamoci tutto alle spalle." e mi alzai in piedi "Papà, io ti perdono... e ti voglio bene." mio padre si alzò e mi abbracciò scoppiando in lacrime. Piansi anch'io e ad ogni lacrima versata mi sentì sempre più leggero.

"Ascolta pa'. Voglio che anche tu possa andare avanti perciò ti chiedo una cosa."

"Dimmi Stefano."

"Devi dirlo alla mamma. Anche lei è rimasta ferma ad allora e solo tu la puoi aiutare."

"Ma certo, figlio mio. Lo farò per te e per lei."

"Grazie papà. Adesso devo andare. Chiamerò mamma e le dirò che ti ho trovato e di venire qui... e già che ci sono le dirò anche che mi sono fidanzato."

"Davvero?" disse mio padre sorridendo "Sono felice per te, figlio mio."

"Grazie pa'. Adesso vado da lui. Gli ho detto che ero venuto a Palermo per trovarti e sicuramente sarà preoccupato e vorrà sapere com'è andata."

"Ma certo, va da lui. Non farlo aspettare."

"Ciao papà. Ti voglio bene." e lo abbracciai

"Ti voglio bene anch'io, figlio mio." e mi accompagnò alla porta

Nonostante fosse già ora di pranzo, il mio stomaco non accennava minimamente a darmi segni di vita.

Tornai alla fermata di via Notarbartolo e presi il treno per arrivare alla stazione. Sceso dal treno mi guardai intorno per trovare Giovanni ma fu lui a vedere me e mi sorprese alle spalle.

"Ciao Stefano!"

"AH!" dissi io trasalendo "Giovanni... sei tu."

"Scusami gio', non volevo spaventarti."

"No, scusami tu. Sono ancora un po' sottosopra. Ho trovato mio padre."

"E come è andata?" ma io esitai nel rispondere "Ascolta, io ho finito il turno. Se vuoi andiamo a casa e ne parliamo li."

"Si Giovanni, grazie. Non me la sento proprio di parlarne qui."

"D'accordo gio'." e ce ne tornammo a casa. Durante la strada me ne restai in silenzio ripensando a quello che era successo.

Arrivati a casa mi stesi sul letto e Giovanni si stese accanto a me.

"Allora? Com'è andata?"

Gli raccontai tutto e Giovanni ascoltò in silenzio.

"Wow, che storia. Mi dispiace molto Ste'. Sia per te che per tuo padre. Se solo penso a quello che ha passato... cavolo! Io non riuscirei a sopportarlo."

"Neanche io. Mio padre ci ha lasciato perché quando ha conosciuto la felicità con Giuseppe, voleva che anche noi fossimo felici e anche se questo lo avrebbe fatto comparire come un irresponsabile non gli importava perché ci avrebbe saputi liberi.

Mia madre non si è mai risposata perché si è sentita tradita e non ha più voluto fidarsi degli uomini, ma quando saprà la verità... Secondo te lei lo perdonerà?"

"Non lo so, gio'. Per te farebbe differenza?"

"Sarei più contento se lo perdonasse certo ma quello che mi preme è che mia madre superi questo momento. Lei lo negherebbe, ma la verità è che mia madre pensa ancora a lui proprio come ci pensavo io prima.

Tra l'altro credo che questo aiuterebbe anche mio padre. Entrambi stanno ancora soffrendo e l'unico modo per chiudere questa storia una volta per tutte è che loro due si parlino."

"Si, lo penso anch'io."

"Grazie per avermi ascoltato... sarò stato una cafaprasima..."

"Si dice 'Cataprasima', Ste'."

"Ah, già..." e ridemmo insieme

"E comunque sei troppo bello per essere una cataprasima, fidati." disse dandomi un pizzicotto sulla guancia

"Piano con i complimenti sennò mi monto la testa..." e ridemmo insieme

Restammo in quella posizione per qualche istante, l'uno a fissare lo sguardo dell'altro. Era bellissimo guardare Giovanni mentre lui guardava me.

I suoi occhi erano come un libro nel quale potevo leggere quello che sentiva per me.

Non resistessi un istante di più e lo baciai. Mi misi sopra di lui e mentre le nostre lingue facevano la lotta sentivo le sue mani afferrarmi i fianchi e infilarsi sotto il miei jeans per arrivare alle mie natiche.

Gli sbottonai la camicia e dopo aver liberato il suo petto mi ci immersi a capofitto e gli leccai i capezzoli.

Giovanni ansimava sotto le carezze della mia lingua e subito sentì le dita della sua mano tra i miei capelli.

Gli baciai la pancia e continuando ad andare giù mi immersi in quel meraviglio bozzo morbido che già iniziava a muoversi e inspirando a pieni polmoni ne gustai l'intenso aroma di maschio. Mentre gli mordicchiavo il pacco imitai quello che lui aveva fatto a me l'altra volta e iniziai a solleticargli la pancia sia al centro che ai fianchi.

Giovanni sembrava posseduto. A quanto pare gli piaceva come, o forse anche molto di più di quanto era piaciuto a me.

"Oh si... continua gio'... sei bravissimo... non smettere ti prego... " e continuai a farlo sobbalzare come un forsennato sia per l'arrapo che per il solletico

Sotto la mia bocca il cazzo di Giovanni acquistava sempre più vigore.

Quando sentì che aveva la consistenza di una pietra allora mi fermai e con fare super maialesco, gli slacciai la cintura e sfibbiato il bottone e calata la zip gli tolsi lentamente i pantaloni.

Le mutande di Giovanni erano tese al massimo. Sembrava che potessero strapparsi da un momento all'altro incapaci di contenere quel salsiccione.

Come l'altra volta il pisello di Giovanni era messo in verticale, puntava verso l'alto ecco. Allora guardandolo in maniera provocante presi a strusciargli il palmo della mano avanti e indietro simulando una sega per stuzzicarlo ancora un po'.

Giovanni sollevava il bacino seguendo i movimenti della mia mano e dimenandosi farfugliava parole storpiate dalla libido.

Ad un certo punto di botto Giovanni mi ferma prendendomi il polso. Me lo stringeva forte e mi guardava intensamente. Si alzò mettendosi seduto sul letto e abbracciandomi mi baciò. La passione di Giovanni era alle stelle e anche la mia.

Mentre mi baciava Giovanni mi sbottonò la camicia e lo fece così delicatamente o forse ero io ad essere su un altro pianeta in quel momento che me ne accorsi solo quando sentì le sue mani a diretto contatto con la schiena e scendendo verso il basso mi baciava il collo.

Intuendo ciò che lui voleva mi misi in ginocchio sul letto alzandomi un po' rispetto a lui che era seduto.

La sua faccia ora era proprio all'altezza del mio petto e dopo avergli messo la mano dietro la testa lo attirai a me e lui si lasciò catturare immergendosi nei peli del mio petto.

Potevo sentire il suo respiro su di me aumentare di velocità e un istante dopo la sua lingua mi scaldava il capezzolo.

Ansimavo sempre più forte ad ogni succhiata di Giovanni e il mio cazzo cominciava a risvegliarsi.

Mentre limonava con il mio capezzolo, mi sfibbiò il bottone del pantalone e calata la cerniera mi infilò la mano dentro le mutande e il mio cazzo si indurì nel giro di pochissimi secondi.

Dopo aver tirato fuori la mano dalle mie mutande Giovanni se la odorò e poi si leccò le dita e poi rimise la sua faccia sul mio petto e con un movimento orizzontale si spostò a sinistra.

Giovanni mi alzò il braccio e avvicinandosi alla mia ascella iniziò a leccarla e con dei respiri profondi la annusava e sembrava gli piacesse molto. Cavolo! Io e Giovanni avevamo più cose in comune di quanto pensassi.

Anche a me piaceva molto eccitarmi con gli odori maschili. Cominciai a pensare che questo poteva essere un segno. Forse io e lui avremmo potuto...

Questo pensiero venne interrotto quando Giovanni mi disse di alzarmi e togliermi tutto e che lui avrebbe fatto lo stesso.

In un battibaleno eravamo entrambi nudi, eccitati e con il cazzo dritto. Stavolta iniziai io e mi abbassai seguendo l'odore fino alla sorgente.

Sollevato con una mano la sua proboscide, mi avvicinai al suo scroto e iniziai a leccarglielo con la punta della lingua per essere più incisivo. Mi misi poi una alla volta le sua palle in bocca e le succhiai come fossero caramelle per la gola.

"Bravo giò... Ah... si... prendi l'altra adesso,dai..." Giovanni era più che soddisfatto del mio massaggino ai suoi serbatoi ma il bello doveva ancora venire.

Dopo essermi occupato dei due caricatori, mi concentrai sulla canna del suo pistolone.

Il cazzo di Giovanni era durissimo quando lo presi in bocca e lo sentivo pulsare e contrarsi parallelamente ai suoi ansimi che aumentando sempre di più arrivarono a farlo urlare dalla goduria.

"Ah... ah... si... continua... succhialo... succhialo... SUCCHIALO!!!" dopo il 'Livello allenamento' con Calogero la mia bocca sapeva perfettamente cosa fare.

"Ah, si... ah... ah... NO, BASTA!!! Aspetta!" mi disse Giovanni fermandomi "Se continui ti sborro in bocca..." e riprese fiato per qualche secondo "Sei bravissimo gio', adesso alzati. Tocca a me."

I ruoli si invertirono di nuovo. Ora era Giovanni a succhiarmelo e mentre lo faceva mi stringeva le natiche con le mani mentre le mie cingendomi le guance lo guidavano avanti e indietro.

"Quanto vorrei averlo tutto dentro..." disse Giovanni mentre me lo menava un po'.

"Vuoi dire che lo prendi anche? Le altre volte non me l'hai chiesto... pensavo tu fossi solo attivo ma se lo vuoi, prendilo pure..."

"E io pensavo che tu fossi solo passivo visto che non me l'avevi proposto... D'ora in poi ci diciamo tutto, ok?"

"Ah si? Allora dovremo parlare anche di quando me..."

"No" disse alzandosi di scatto mettendomi una mano sulla bocca "Non adesso. Di questo ne parleremo dopo." e mi baciò di nuovo.

Giovanni prese il profilattico e la bottiglietta di lubrificante dal cassetto. Me ne rimasi li in piedi mentre lui mi infilava il preservativo.

"Allora? Come vuoi che mi metta?"

"Voglio guardarti. Stenditi e apri le gambe." e così fece

Tenendosi le caviglie Giovanni mi mostrava l'ingresso della sua grotta.

Mi abbassai e iniziai a leccargli quel buco meraviglioso. Era così morbido e già umido per l'eccitazione.

Sapeva di salato ed era bellissimo.

Ad ogni mia leccata sentivo degli spasmi.

Il suo buco si allargava sempre di più e lui ansimava per la goduria che gli davo. Preso un po' di lubrificante me lo spalmai sulle mani e iniziai ad allargargli il buco con le dita. Iniziai con l'indice. Il dito entrava abbastanza facilmente all'interno.

Al contatto potevo sentire la morbidezza del suo ano che al passaggio del mio dito si contraeva e si allargava.

Cercai di stimolare più punti possibili. Sulla destra, in alto, a sinistra, in basso... insomma ovunque potessi cercando di capire quali fossero i suoi punti più sensibili.

Giovanni si dimenava e avendo la conferma che me la stavo cavando bene aggiunsi un'altro dito. Con l'indice e il medio avevo un raggio più esteso di prima e potevo stimolare una zona più ampia anche se ogni tanto separavo le dita, facendo il segno delle forbici per capirci per stimolare due punti in due estremità opposte e poi facevo roteare la mano.

Mi venne in mente così, senza pensarci troppo su e mi sembrava quasi una cavolata ma a Giovanni piacque moltissimo. Godeva come un pazzo e allora aggiunsi anche l'anulare.

Con tre dita la mia mano era diventata una trivella che scavava senza sosta ma con estrema delicatezza il buco di Giovanni che godendo sempre di più era completamente alla mia mercé. Mi piaceva quella situazione.

Nelle mie seghe avevo sempre immaginato di essere io il passivo e quindi di essere sottomesso ma ora invece scoprivo di provare un immenso piacere anche nel ruolo opposto.

Era bello essere quello che conduce il gioco, che sottomette l'altro facendogli provare piacere. In quel momento mi sentivo come se avessi trovato il pezzo mancante di un puzzle.

Volevo anche usare il mignolo per chiudere il cerchio e usare tutte e quattro le dita ma Giovanni non poté più aspettare e mi chiese di metterglielo dentro.

Allora mio mi alzai e dopo aver spalmato di lubrificante il mio cazzo foderato cominciai ad entrare.

La cappella entrò facilmente ma da dopo in poi fui molto lento e dosato tenendo d'occhio le espressioni di Giovanni per controllare se provasse dolore.

Il dolore sopraggiunse e glie lo lessi facilmente in viso ma vedendo che era più o meno quanto quello che avevo provavo io ogni volta, continuai fino a che non lo infilai tutto dentro e sentì le sue palle contro di me.

Era fatta, ero dentro. Giovanni mi guardò con un sorriso di soddisfazione.

"Ti piace gio'?"

"Si... Mhm... e a te?"

"Si..."

Senza ulteriore attesa cominciai a trombarlo lentamente. Sia io che Giovanni provavamo un enorme piacere.

Lui era estasiato dal mio cazzo che gli scavava dentro mentre io sentivo le sue pareti intestinali scorrere sul mio membro ad ogni ingresso e uscita darmi delle scosse che da li si diramavano per tutto il corpo.

Più andavo avanti più mi sentivo carico. Andavo sempre più veloce e con più forza e Giovanni ansimava sempre più forte.

"Ah, si... ancora Ste'... di più... di più..."

Le mie mani scorrevano per il suo petto e giochicchiavano con i suoi capezzoli quando Giovanni ne prese una e si mise le mie dita in bocca uno dopo l'altra e le succhiava guardandomi in maialesco.

Questo mi fece arrapare un casino e mi misi a spingere velocissimo come un forsennato.

"Ah si... ah... ah... ah..." Giovanni godeva come un maiale

"Prendilo tutto Gio'!!!" dissi in presa al delirio dei sensi

Ero come sovraccarico di arrapo e continuai a spingere forte per un bel po' ma poi rallentai l'andatura altrimenti sarei venuto subito. Ripresi lo scavo lento e abbassandomi lo baciai lungamente.

"Gio', alzati e mettiti faccia al muro" e Giovanni si alzò

La trombata continuò in questa posizione. Lo avvinghiai da dietro e ripresi a trombarlo lentamente ma fino in fondo mentre le mie mani si godevano quel suo corpo così massiccio e maschile e il suo collo era riscaldato dalle mie labbra.

Avendo a disposizione tutto il suo corpo in quella posizione mi eccitai più velocemente e dopo un po' sentì l'orgasmo incombere.

"Gio', sto per venire... ah, si..."

Di colpo Giovanni mi girò. Ora ero io ad essere contro il muro e lui iniziò a spingere come un forsennato con il bacino inarcando la schiena.

"Avanti, buttalo tutto fuori gio'... lo voglio sentire..."

"Ah... lo sento... Giovanni... non ce la faccio più... ah... ah... AHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!" fui colto da fortissimi spasmi e lasciai uscire tutta la mia sborra all'interno del preservativo. L'orgasmo fu particolarmente intenso e mi lasciò sfiancato per un po'. Giovanni si accasciò su di me e girandosi ci baciammo.

"Sei stato bravissimo, Ste'. Vediamo un po' che c'è qui..." disse abbassandosi "Minchia! E' bello pieno!" e mi sfilò il profilattico.

Mentre Giovanni si gustava il mio seme, io mi ero già abbassato e avevo già preso in bocca la sua proboscide.

Anche io volevo assaggiare il suo latte e quindi iniziai a mungerlo per bene. Non gli lasciai scampo.

Giovanni ansimava e il suo fiato si accorciava sempre di più fino a che la sua cappella si ingrossò improvvisamente e sentì i poderosi getti del suo orgasmo massaggiarmi il palato.

Anche lui ebbe dei forti spasmi dovuti all'orgasmo e questo mi fece piacere perché significava che lo avevo soddisfatto a regola d'arte.

Continuai a succhiarglielo fino a che non sentì l'erezione cedere poi mi alzai e con l'ultima stizza del suo seme mi bagnai le labbra e gli faci con il dito il segno del 'vieni qui'.

Volevo chiudere quella meravigliosa trombata proprio come lui aveva fatto la nostra prima volta. Giovanni non si fece attendere e mi baciò stringendomi forte a sé. Ci stendemmo sul letto abbracciati, eravamo entrambi soddisfati e stremati.

"Ste'... lo so che presto te ne dovrai andare, quindi non c'è bisogno che ne parliamo se vuoi."

"Non c'è bisogno? Vuoi dire che non t'importa se me ne vado?"

"Certo che mi importa..." disse stringendomi la spalla "ma la tua vita è a Milano, non qui. Ti sei appena diplomato. Come farai con l'università... e con tutto il resto?"

"Anche qui a Palermo c'è l'università, no? Posso frequentare qui. Per il resto poi si vedrà..."

"Vorrei che fosse così semplice Ste'..."

"Ma lo è."

"Ascolta, io credo che prima tu debba parlarne con tua madre, gio'..."

"Non ho bisogno del permesso di mia madre! Non sono mica un bambino!"

"Non ho detto questo gio', calmati dai."

"Scusami se mi sono arrabbiato, ma ne ho abbastanza di essere trattato come uno che non sa quello che vuole. Mia madre lo ha fatto per anni. Non farlo anche tu, ti prego. Fidati di me..."

"Ma io mi fido di te, Gio'. Te lo giuro. E' solo che non voglio che tu prenda decisioni affettate, tutto qui." e mi strinse a lui e la mia testa scivolò sul suo torace "Ascolta, dato che siamo in estate puoi rimanere qui per le vacanze e potremo stare insieme ancora per un bel po' quindi non dobbiamo pensarci adesso... e poi tu hai ancora qualcosa di importante da fare e so che non te ne sei scordato.

Devi risolvere la questione tra tua madre e tuo padre. Non volevi mettere chiarezza fra loro? Senza contare che tua madre non sa ancora di me, dovrai dirgli anche questo. Facciamo un passo alla volta, d'accordo gio'?"

"Hai ragione, Giovanni" e gli diedi un bacio "Farò come dici tu. Farò un passo alla volta. Ti ringrazio, questa è la seconda volta che mi fai riflettere. Ti voglio bene."

"Anch'io ti voglio bene gio'." e ci baciammo

"Vado a telefonare a mia madre." e feci per alzarmi ma Giovanni mi fermò

"Aspetta, resta qui. Puoi chiamarla anche più tardi. Si sta così bene qui stretti stretti." e mi baciò di nuovo

"Ok" dissi io e mi avvinghiai a lui e a forza di restare distesi a letto ci addormentammo così, avvinghiati come i due serpenti del caduceo.

[Continua]


Spero che questa storia vi sia piaciuta. Nel caso aveste delle idee, spunti per altre storie potete contattarmi a questo indirizzo -> stefano_339@yahoo.it


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