Le recensioni di Davide Sirignano

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Luglio 2005


LA SAMARITANA

LA GUERRA DEI MONDI


LA SAMARITANA

Regia: Kim Ki-duk

Interpreti: LEE Uhl, KWAK Ji-min, SEO Min-jung

Sceneggiatura: Kim Ki-duk

Bisogna essere preparati prima di vedere un film orientale, in questo caso di un regista coreano, perche' l'oriente, come il cinema francese, ha dei ritmi tutti suoi, un linguaggio e dei codici comportamentali completamente differenti. E non bisogna fermarsi alla provocazione della locandina perche' anche quella ha un significato di redenzione, priva di facili moralismi.

La samaritana potrebbe apparire, infatti, come un film provocatorio, una ragazza minorenne si prostituisce e la sua amica, innamorata di lei, tiene la cassa degli incontri per un fatidico viaggio.

Ma questa tragedia, il fenomeno della prostituzione giovanile in oriente e' purtroppo frequentissimo tra le teenager, si consuma nella prima mezz'ora di film, poi si realizza la vendetta di un padre.

Come in Bergman, anche qui e' descritto il dramma dell'incomunicabilita': padre e figlia non riescono mai a comunicare a parole il proprio dolore, lui per la perdita della moglie, lei per la perdita dell'amica che amava: lo esternano solo attraverso lunghi gesti d'affetto.

Kim Ki-duk e' un regista con una padronanza delle immagini straordinaria, rafforzata da una scelta azzeccata delle inquadrature, calibrate al millimetro: sceglie dei colori che vanno dal rosso porpora di un personaggio picchiato a morte e da un suicidio che riempie l'asfalto freddo di mattoni con un rivolo caldo di sangue, fino ad arrivare ai toni verdi di una campagna collinare dove e' posta la tomba di una madre e di una moglie.

Due sono le scene chiave del film: quella in cui il padre scoppia in un pianto soffocato davanti la tomba di famiglia e la figlia inginocchiandosi abbraccia la sua schiena in una lunga panoramica di dolore, poi l'altra in cui l'inevitabilita' delle colpe provoca il distacco simbolico dei due attraverso una lezione di guida in un sentiero di sassi gialli che, inquadrati dall'alto, evidenziano due simboli, probabilmente ben precisi nell'idioma coreano; li' s'intravede tutta la potenza della metafora del distacco per raggiungere la maturita' di una vita adulta. Amare a volte significa lasciar andare. Dopo"Ferro 3", da noi uscito prima di questa storia profonda di sentimenti, un film che raggiunge un equilibrio d'immagini, di simbolismi, di metafore proprie di un capolavoro.


LA GUERRA DEI MONDI

Regia: Steven Spielberg

Interpreti: Tom Cruise, Dacota Fanning, Tim Robbins

Il libro di Herbert George Wells per come narrava la storia degli alieni sembrava una cronaca giornalistica reale in cui era forte anche la valenza politica nel testo.

Evidentemente Spielberg aveva bisogno di rialzare le sorti della sua Dreamworks perche' stavolta sembra aver girato la pellicola ad occhi bendati: ma l'avra' letta la sceneggiatura del film, si sara' accorto delle ingenuita' e dell'improbabilita' di un adattamento "Troppo americano", di un romanzo di fantascienza "Troppo inglese"?

Da un primo tempo accettabile in cui, anche se vengono cambiate le motivazioni dei personaggi, c'e' una certa tensione narrativa, un palpabile senso di sconcerto per cio' che accade e delle autocitazioni nella migliore tradizione spielberghiana (pochi dirigono le scene di panico come lui), si arriva al catastrofico secondo tempo, in tutti i sensi.

Nel romanzo c'era la fuga di un uomo in primo piano e la sua tragedia personale, qui c'e' un padre divorziato, pieno di conflitti, che deve riportare i figli alla madre, che si perde in un guazzabuglio di ridicolaggini: il figlio maggiore guerriero che vuole prendere a cannonate gli alieni, un teenager della sua eta' sarebbe morto di paura, un viaggio spazio-temporale improbabile fino a Boston, dalla campagna alla citta' in un lampo, manco col teletrasporto di Startrek!

Macchine che resistono alle cadute di aerei e poi buchi narrativi continui. Se qualcuno della produzione ci spiegasse cosa sono quelle radici che infestano tutto il film e a cosa servono: a nulla.

Parole come 'Stermino' sparate a vanvera dai personaggi che vanno e vengono come la polvere che inonda Tom Cruise, cosi', perche' ci stanno bene.

E poi per finire questo fumettone un lieto fine che ha dell'assurdo e cade nel ridicolo: in cui resuscitano i morti, tutte le case di Boston distrutte tranne quella della suocera, cotonata, truccata e griffata per fare scena, foglie cadenti, ma...

Povero zio Herbert si stara' rivoltando nella tomba e stara' facendo harakiri con il suo lapis.

 

 

 


 

Davide Sirignano

 


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