Le recensioni di Davide Sirignano

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Ottobre 2005


DEAR WENDY

L'AMORE NON BASTA MAI

LA DAMIGELLA D'ONORE

VITA DA STREGA

LA FABBRICA DI CIOCCOLATO

I GIORNI DELL'ABBANDONO


DEAR WENDY

Regia: Tomas Vinterberg

Interpreti: Bill Pullman, Jamie Bell

Sceneggiatura: Lars Von Trier

 

Solo Lars Von Trier, che ricordiamo per il recente e sconfortante Dogville, poteva scrivere un film del genere e solo un regista tanto borderline come Vinterberg, suo il bellissimo "Festen' di qualche anno fa, poteva dirigerlo.

Von Trier, come in un'associazione a delinquere, progetta con il regista su citato quello che e' un ulteriore colpo allo stomaco verso la societa' americana, puritana e moralista: pericolosamente diretta verso la mancanza totale di valori.

Gia' con 'Dancer in the dark' ci aveva sconvolto con il sacrificio piu' grande che una madre potesse fare per un figlio, affrontando la pena di morte, ora siamo pericolosamente sullo stesso livello.

Infatti l'interrogativo, non privo di spunti di riflessione, e': si possono amare le armi a tal punto da non usarle mai verso gli essere umani?

In questo film pare di si', perche' i ragazzi protagonisti della pellicola, nati in una cittadina americana decadente e priva di stimoli dai colori sempre autunnali, si riscattano dalla loro poverta' pratica e teorica con l'uso perfetto delle pistole. Fondano addirittura un circolo in cui i perdenti diventano vincenti della societa' e la societa' stessa prima li usa e poi li rifiuta. Ed e' per questo che le impugnano, per raggiungere quel falso traguardo apparente: la vittoria.

Pallottole entrano nella carne dei protagonisti e producono il vuoto di contenuti responsabile della violenza stessa di una generazione, ormai persa, ma la speranza e' racchiusa in pochi prescelti.

Una lunga provocazione, anche fastidiosa in alcuni punti, ma di un'utilita' condivisibile.

Tomas Vinterberg centra ancora una volta il bersaglio!

A cura di Davide Sirignano


L'AMORE NON BASTA MAI

Regia: Maria Blom

Interpreti: Sofia Helin, Ann Petre'n, Willie Andre'ason

 

All'inizio sembra la solita commedia corale famigliare, per carita' gradevole, pregna di incomprensioni, di cose non dette, di sentimenti non espressi: una sorta di film Bergmaniano all'acqua di rose. Tuttavia non e' solo questo.

Ambientato in una fredda Svezia, nelle lande provinciali vicino Stoccolma, la storia narra di tre sorelle Mia, Gunilla e Eva. Tre caratteri totalmente differenti: Mia, una progettista informatica affermata, Gunilla un'infermiera fissata con Bali e Eva una donna ossessionata dalla perfezione dei valori borghesi.

Tutte si ritrovano per la festa di compleanno del padre e qui emergono tutti i conflitti irrisolti in cui i valori borghesi vengono piano piano destrutturati e annientati dalle frustrazioni dei personaggi. Il pretesto narrativo del "Terreno del lago" donato in quell'occasione a Mia, la figlia piu' egoista e meno meritoria, e' solo una piccola parte di una storia che esplode verso l'inaspettato, obbligando ad una riflessione melodrammatica sulla vita e sulla morte lo spettatore ignaro.

Il regista ha ottime intuizioni, come la passeggiata sulla neve delle tre sorelle: loro avanzano sulla neve e la macchina da presa indietreggia per simboleggiare quanto sono distanti le tre donne; poi la rivelazione dello zio maschilista alla nipote che lo detesta di piu', distruggendo le poche certezze dello spettatore in un piano sequenza gustoso.

Quello che infatti sconvolge nel film e' la scelta del melodramma spudorato, le scene madri sono molte, funzionali allo shock della morte e alla sua incapacita' di accettarla: vengono toccate le corde piu' profonde e, dopo il tentato suicidio, l'esaustivo discorso di Eva e' un insegnamento sul valore stesso di una vita spesso vissuta in punta di piedi, senza capirne la vera essenza.

'L'amore non basta mai' non e' un film per tutti, ma vederlo e' utile per scuotere la coscienza individuale.

A cura di Davide Sirignano


LA DAMIGELLA D'ONORE

Regia: Claude Chabrol

Interpreti: Benoit Magimel, Laura Smet

Fotografia: Eduardo Serra

 

Siamo dalle parti dell'ossessione d'amore, della pazzia spudorata di una donna mantide, Senta, certa di essere, col suo innamorato, al di sopra di ogni cosa, delle regole dell'amore e della civilta'.

Claude Chabrol e' un grande autore e regista e la sua grande capacita' si percepisce sin dalle prime scene: i primi piani di un figlio e di una madre scandiscono un rapporto morboso, tipico del suo cinema, ma mai cosi' morboso come quello del protagonista con questa damigella schizzata.

Quindi, riprendere prima il nucleo familiare dietro una porta a vetri, come suoni soffocati chiusi dentro una scatola, e poi aprire quella porta di menzogne a voci piu' vive, e' una delle tante finezze narrative di un racconto lineare, forse eccessivamente, che si dipana senza troppe sorprese, ma con una ambiguita' e angoscia tipicamente hitchcockiana.

Il regista ha sicuramente fatto di meglio precedentemente, infatti questo racconto disturbante sembra piu' che altro un freddo esercizio di stile per comunicare la sua bravura.

Il protagonista e' molto efficace, e non si risparmia, sorregge tutto il film quasi da solo, tanto che alcuni personaggi risultano superflui, come il suo datore di lavoro e la sorella menefreghista che meriterebbe di stare in galera per sempre.

Senta chiede la prova d'amore: consiste nell'uccidere un uomo qualsiasi e poi andare a letto con una persona dello stesso sesso; la seconda prova non viene neanche sfiorata e risulta un gesto di mancato coraggio non attuarla nel racconto che poteva rinsaldarsi d'interesse. Per una donna capace di qualsiasi cosa, cio' sarebbe stato un mero passatempo in confronto alla morte. Con qualche sbadiglio si arriva ad un finale poco sorprendente.

A cura di Davide Sirignano



VITA DA STREGA

Regia:Nora Ephron

Interpreti: Nicole Kidman, Will Ferrel, Shirly MacLaine

Sceneggiatura: Nora Ephron, Delia Ephron

 

Fin dai tempi di, 'When Harry met Sally', da noi conosciuto come il celeberrimo, 'Harry ti presento Sally', Nora Ephron aveva fatto sperare in una lunga e prolifica carriera di sceneggiatrice brillante. Poi, improvvisamente, l'abbiamo vista passare alla regia, 'Insonnia d'amore', ma questa non e' una colpa, anzi, potrebbe essere un pregio.

Da chi ha sfornato una commedia capolavoro, che ha fatto epoca, ci si aspettava sinceramente di piu' di questa commediola ammiccante e prevedibile sin dal primo momento: la decisione di non fare un remake del classico telefilm 'Vita da strega' e', sinceramente, coraggiosa e da elogiare; lo spunto iniziale ha una certa originalita', ma il 'teatro nel teatro' lo aveva fatto molto meglio Shakespeare.

Più la storia va avanti, piu' mostra le sue falle narrative e si salva dall'affondamento solo grazie all'affiatata coppia dei due attori protagonisti: Nicole Kidman e Will Ferrel

Se i personaggi sono impersonali e tagliati con l'accetta e si perdono, improvvisamente, nella narrazione, vedi Shirley Mclaine, si intravedono evidenti limiti; ad esempio colpi di scena fiacchi, come quello della rivelazione di Isabel di essere una strega, giocato francamente male e fuori tempo massimo. Infatti quella e' una delle parti piu' divertenti della commedia, ma che viene esaurita in pochi minuti.

Ma come e' possibile che una donna di talento come Nora Ephron non si sia accorta che era quello il potenziale da diluire e sviluppare maggiormente e non un susseguirsi di magie inutili che farebbero sorridere perfino Harry Potter!

E poi, un po' di coraggio! E' possibile che al cinema sia necessario offuscare i genitali del protagonista in una scena di nudo, quella forse era una delle cose piu' divertenti e interessanti!

a cura di Davide Sirignano


LA FABBRICA DI CIOCCOLATO

Regia: Tim Burton

Intepreti: Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Freddie Highmore

Tratto dal libro: Charlie e la fabbrica di cioccolato di Road Dahl

 

Siamo dalle parti del dignitoso livello medio: sarà perche' alcune pagine del romanzo di Road Dahl sono difficili da rendere con le immagini, sara' per un fatto puramente commerciale, ma questa seconda versione lascia, francamente, un po' perplessi.

Tim Burton e' un regista di grande talento e, soprattutto, e' un autore dallo stile dark personalissimo e ci ha regalato dei capolavori visivi, come 'Edward mani di Forbice' e Sleepy Hollow, ma sembra essere in un periodo di transizione, di maturazione, alla ricerca di una nuova vena artistica. Gia' da 'Big fish', la scorsa stagione, si poteva osservare questo cambiamento: per carita', un bellissimo film, ma piu' di una volta, guardandolo, venivano dei dubbi sul fatto che fosse stato diretto da lui.

Johnny Dep costruisce un personaggio, Willy Wonka, da echi inquietanti, una specie di represso e oppresso dal mondo, in maniera perfetta. In effetti questa e' l'unica cosa in cui si riconoscono le corde del regista. E poi importante l'intento educativo della pellicola in cui vengono condannati gli eccessi e il consumismo di una societa' che bombarda i propri figli di falsi miti e non sa educarli con valori giusti e appropriati.

Ma il difetto non sta nelle intenzioni, piuttosto nello svolgimento della narrazione, a tratti noiosa e non troppo accattivante: Tim Burton sa costruire delle straordinarie scene di paura, ma qui non osa, se non nella lunga scena degli scoiattoli selezionatori. Speriamo che nel prossimo 'La sposa Cadavere' ci dia qualcosa di piu'.

a cura di Davide Sirignano


I GIORNI DELL'ABBANDONO

Regia: Roberto Faenza

Interpreti: Margherita Bui, Luca Zingaretti

Tratto dal libro: I giorni dell'abbandono di Elena Ferrante

 

Margherita Bui che rincorre una salamandra per casa e' uno spettacolo che ha del tragico e del divertente insieme.

Questo film e' la storia di una metamorfosi, la metamorfosi di una perfetta madre e sposa, Olga, che dopo essere stata abbandonata, senza apparentemente motivo dal marito, si avvicina pericolosamente alla pazzia, diventa volgare, sboccata, violenta. Perche' quando finisce un amore, a volte, non ci sono motivazioni: 'E' forse una colpa non amare più' gli di dice Luca Zingaretti, Mario, e lei commossa risponde di no.

In pratica Margherita Bui regge da sola tutta la drammatica vicenda con grande bravura ed e' capace di dare al suo personaggio sfumature psicologiche sempre diverse.

Roberto Faenza e' un regista che attinge molto dalla letteratura e azzecca piu' di una scena: ad esempio quella di Olga che fa sesso col vicino, ma pensa al marito e alla sua amante.

L'unico neo e' quello degli attori bambini che sono poco credibili nelle loro affermazioni, ma per il resto l'incubo dell'abbandono viene mostrato con realismo ed e' ben piu' importante come Olga riprenda le redini della sua vita attraverso un racconto nel racconto, quasi una confessione terapeutica.

Chi non sussulterebbe e godrebbe davanti alla scena in cui la moglie tradita prende a calci il marito, lo sbatte addosso una vetrina e poi scaraventa la sua amante sotto un tram. Esagerato?

Forse, ma dovuto.

a cura di Davide Sirignano


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