ORSI ITALIANI MAGAZINE


Violenze di una notte di mezza estate

Un racconto di Ste

 

Il treno che da Milano Centrale portava a Genova era partito alle 23.50 in ritardo di ben 25 minuti. Cosa potesse provocare un simile ritardo a quell'ora della notte non mi fu dato sapere e naturalmente nessun ferroviere in giro che potesse soddisfare questa mia curiosita'. Dovevo essere a Genova entro le sei del mattino per incontrarmi con alcuni amici e quello era l'ultimo treno disponibile. Prendendo il diretto delle 22.30 sarei arrivato attorno alla mezzanotte ma la zona attorno alla stazione di Principe pullula di spacciatori e malavitosi, gente poco raccomandabile.

Questo locale mi avrebbe consentito di pisolare un pochino ed arrivare pienamente in orario. Era il 26 agosto, e faceva ancora un caldo tropicale. Gli scompartimenti chiusi dove potevano trovare posto fino ad otto persone, erano forni crematori. A poco serviva tenere aperto il finestrino: la canotta mi si appiccicava alla pelle e il sudore mi incollava al sedile. Passammo la stazione di Voghera e decisi di farmi un giretto per il vagone. Era uno dei vagoni centrali, era scarsamente illuminato perche' molti scompartimenti erano bui e vuoti. Attorno a me non si vedeva nessuno. Nell'ultimo scompartimento verso la testa del vagone una prostituta raccoglieva la sua borsa e si apprestava a scendere a Tortona dove avrebbe venduto il suo corpo. Non mi vide e se mi vide non mi guardo'. Essendo da solo pensai che non ci fosse nulla di male a mettermi comodo. Mi tolsi la canotta ed i pantaloncini restando in slip e sandali. Ammiravo il mio corpo riflesso nel vetro. Fu una buona idea rasarmi i capelli, aveva giovato alla mia immagine. Anche le ragazze ti si facevano attorno come mosche. Forse avrei dovuto radermi anche i peli sul petto e sulle natiche, ma essendo di un bel biondo rossiccio dopo tutto mi piaceva, era molto maschio. Le mie spalle e la muscolatura del mio torace tradivano la mia professione, il muratore, le poche rughe sulla fronte facilmente indicavano l'eta' di 28 anni, le mie gambe avrebbero sollevato un elefante tanto erano massicce e muscolose. Il mio pezzo forte, il sedere, tondo e muscoloso aveva suscitato l'ammirazione di molte ragazze mentre mi muovevo sui ponteggi davanti alle finestre a vetri degli uffici meneghini e credo che anche qualche signore piu' attempato me lo avrebbe volentieri pizzicato. Mi imbarazzava abbastanza la dimensione del mio pisello. 24 centimetri in tiro difficili da nascondere anche a riposo. I miei compagni di lavoro mi guardavano mentre mi facevo la doccia ed un novellino una volta mi chiese, dietro le risa generali, se con il mio attrezzo ci montavo le femmine o le cavalle. Risposi che mi montavo anche i frocetti e la cosa lo fece tacere. Mi sedetti e mi assopii. Ad Arquata Scrivia un trambusto e lingue sconosciute mi fecero trasalire. Dai vetri dello scompartimento vidi sei ragazzi di colore con indosso quegli enormi camicioni che sembravano tappezzerie ambulanti che trascinavano faticosamente i loro bagagli per il corridoio. Colui che sembrava essere il piu' anziano e poteva avere si e no 35 anni, pelato, pizzetto nero, collo taurino, catenone alla Mister T sembrava impartire gli ordini. Sfilarono davanti al mio scompartimento e sparvero verso la coda del treno vociando nel loro incomprensibile idioma e urtando porte e vetrate con il fondo dei loro borsoni.

Stavano probabilmente raggiungendo qualche spiaggia del Levante o del Ponente carichi come bestie da soma della loro chincaglieria da offrire agli assonnati turisti della riviera. Le ragazze si sarebbero mangiate con gli occhi quei fisici scultorei che immaginavo sotto quelle cortine, qualcuna sarebbe riuscita ad assaporare quelle nerchie preistoriche trascorrendo la nottata piu' bella della sua vita e raccontando alle amiche, una volta tornata in citta', di quanto rimpiangesse la vita da spiaggia. Mentre immaginavo la scena di una bella bionda formosa scopata ripetutamente da quelle divinita' cazzute che a turno si scambiavano i succhi della sua vagina, mi accorsi di una voluminosa erezione che interessava il mio attrezzo. Fortunatamente nessuno mi vedeva e continuai ad immaginare la scena. Improvvisamente si apri' la porta dello scompartimento. Ma porca troia- pensai, - proprio qui dovevano entrare?- Entrarono infatti i sei otelli che avevano scaricato i loro borsoni nello scompartimento di fianco al mio. Il piu' anziano mi guardo' quasi divertito, sfoderando un grande sorriso. Probabilmente si era accorto che quello che avevo fra le gambe aveva problemi di contenimento. Si sedette di fronte a me. Gli altri occuparono tutti i posti vuoti mettendosi comodi e sbracati. Percepivo che stava parlando di me agli altri. Forse stava dicendo loro che ce l'avevo duro, forse che avrebbero fatto a me quello che immaginavo avrebbero potuto fare alla ragazza formosa della mia fantasia.

In ogni modo cominciai a guardare verso il finestrino osservando la mia immagine riflessa e i cenni con il capo che qualcuno di loro faceva verso di me. I sei bisbigliavano e ridacchiavano, ma ormai cominciavo ad avere sonno e mi lasciai andare. Venni svegliato pochi minuti dopo dallo stridio dei freni del treno che si era fermato in mezzo alle colline dello spartiacque Ligure-Piemontese.

L'aria era irrespirabile: l'odore di sudore acre ed intenso mescolato a quello dell'aglio ne facevano una miscela ammorbante. Abbassai il finestrino affacciandomi e sporgendomi verso l'esterno. L'aria frizzante comincio' a prendere il posto di quella ammorbante atmosfera e mi faceva irrigidire i capezzoli. Una mano mi tocco' il sedere. Mi voltai di scatto generando le risate dei sei maschioni. Capii che le cose potevano mettersi male e cercai di guadagnare l'uscita. I due seduti ai lati della porta abbassarono le tendine dello scompartimento guardandomi e ghignando. Gli altri cercarono di farmi inciampare alzando le gambe quando passavo. Poi uno dei due guardiani della porta si alzo' in piedi e si piazzo' tra me e la mia salvezza. Era alto almeno uno e ottanta e poteva avere su per giu' la mia eta'. Mi guardava beffardo con le braccia incrociate sul petto come a dirmi dove credi di poter andare?-.

Mi sentii perduto e mi girai verso quello che ero certo fosse il loro capo branco. Si alzo' in piedi e si levo' il camicione. Quello che discopri' fu la piu' perfetta figura maschile che mai vidi nella mia vita. Cosce muscolose, polpacci gonfi, addominali scolpiti e lucidi di cuoio conciato. Pettorali che riempivano lo scompartimento e braccia che avrebbero immobilizzato un toro da corrida. Era completamente glabro, il cazzone dritto verso di me come la canna di un fucile pronta a spararmi. Una fragolona enorme alla estremita', di un viola sanguigno, lucida. Rimasi abbagliato e la mia erezione fu incredibilmente teatrale. I due che erano ancora seduti ai miei fianchi mi calarono lentamente gli slip. Prima fino alle ginocchia. Io ero paralizzato e li lasciai fare. Ammirarono con espressioni di compiacimento e qualche risata di scherno la mia bianca nudita'. Mi lasciarono completamente nudo ed indifeso, con le gambe divaricate e il mio cazzo che era pronto ad una singolar tenzone con il nero davanti a me. Uno dei due mi afferro' la minchia me la scappello' e comincio' a menarmela. L'altro con la mano saggiava la consistenza marmorea dei miei glutei e cercava di fottermi il culo con il dito.

Io rimanevo la' fermo, con lo sguardo puntato negli occhi del loro capo mentre spasmi di eccitazione mi facevano fremere il corpo, mi indurivano i capezzoli e cominciavano a pompare liquido lubrificante sulla punta del mio cazzo facendomi gemere a denti stretti. A fatica cercai di non distogliere lo sguardo da quegli occhi fermi e duri mentre la mia volonta' di resistenza stava venendo meno. Afferrai le nuche dei due maschioni e nel delirio dei miei sensi cominciai a massaggiarle. Ad un certo punto uno di quelli rimasti finora inattivi mi passo' le braccia sul torace da dietro e con le mani comincio' a palpeggiarmi il petto, a sfiorare con i polpastrelli la punta dei miei capezzoli turgidi afferrandoli con pollice e indice e giocherellandoci un po'. Io alzai le braccia afferrando le mensole portabagagli sopra le loro teste. Sentivo il cazzo duro del nero dietro di me che premeva sulle natiche e io sporgevo il culo come ad offrirglielo per qualunque cosa avesse desiderato farne.

Fissavo continuamente il capo negli occhi. Era una sfida fra i nostri occhi prima che fra i nostri randelli. Come due cani che si sfidano con lo sguardo: il primo che molla e' fottuto. Ma lui era maestosamente dritto davanti a me, io ero palpeggiato ed eccitato dalla libidine violenta dei miei seviziatori. Il respiro era affannoso ed i battiti del mio cuore accelerati come se stessi correndo una maratona. Le gambe pur granitiche potevano cedermi in ogni momento.

Cosi', ridotto ad una fremente carcassa di muscoli e spasmi, a quel punto potevo fare solo due cose: resistere fino alla fine, oppure cedere alla loro voglia di me. Alzai il viso verso la parte alta dello scompartimento sospirando di piacere, chiudendo gli occhi e lasciando che il gruppo abusasse del mio corpo a suo piacimento. Avevano vinto loro. Mi masturbavano il cazzo, mi palpavano il buco del culo, i capezzoli, i muscoli delle cosce mentre il marcantonio di fronte a me se lo menava soddisfatto. Alla fine mi sottomisi totalmente inginocchiandomi ai piedi del mio padrone. Io diventavo in questo modo il loro schiavo bianco, la loro puttana da incularsi a morte fino a Genova o fino in capo al mondo. Dopo secoli di schiavitu' e anni di pregiudizi, quelli si trovarono nelle mani il prototipo del maschio bianco, l'europeo ricco e benestante che con la sua sola presenza insultava la poverta' e la fame della loro gente. Lui che mi teneva gli occhi puntati addosso in una morsa rabbiosa e demoniaca sapeva, loro sapevano che quella notte avrebbero potuto vendicare una volta per tutte i loro fratelli. E cosa fecero? Ne approfittarono.

Ero con il capo chino di fronte a lui. Mi parlava duramente nella sua lingua sconosciuta e continuava a menarsi il batacchio ma capii comunque le sue intenzioni. Due compari mi trattenevano per le braccia e afferrandomi la nuca avvicinavano il mio viso a quel randello nero. Lui con un braccio puntato al fianco e con l'altra mano sulla canna dell'uccello, continuava a parlare e siccome ero piuttosto restio ad aprire la bocca per la puzza di cazzo che emanava quella nerchia, qualcuno da dietro mi afferro' i testicoli stringendomeli ed invitandomi a fare la brava troietta. Il randello scappellato mi fini' in gola in una volta sola. Non opposi la minima resistenza. Mi afferro' la testa e comincio' a spingere con forza. Pensavo volesse farmelo uscire dal culo. Dopo alcuni minuti di lamenti e gemiti contrasse i glutei piu' energicamente sparandomi cinque o sei pompate di sperma in bocca. Il calore della sua crema mi pervase anche l'anima e le sensazioni che provavo mentre i fratelli dietro mi masturbavano e mi infilavano le dita nel culo erano tali che non volevo smettessero piu'. Cercai di divincolarmi, volevo afferrargli le natiche e continuare a succhiare da quel manganello. Lui mi lascio' fare e io fui cosi' bravo a spompinarlo che si irrigidi' ancora e dopo pochi minuti mi sborro' nuovamente in bocca.

Ora che ne avevo assaggiato uno volevo anche quello degli altri. E sempre in ginocchio cercai un altro randello che fosse in tiro e pronto per me. Li trovai tutti nudi attorno a me e pronti all'azione. Chi si masturbava e poi mi prendeva la testa e mi sborrava in bocca, chi ebbe bisogno di piu' tempo. Insomma nessuno sfuggi' al suo dovere e io mi comportai come il mio ruolo di puttana bianca richiedeva.

Adesso il maestoso padrone voleva il mio buco del culo. Chissa' come se ne sarebbe vantato con i suoi fratelli: -ho rotto il culo ad un bianco.

Mi fece sdraiare supino sul sedile mentre uno di loro mi teneva i polsi bloccati sopra la testa. Un altro giocava con i miei capezzoli pizzicandomeli e passandoci sopra la cappella dura. Non ero mai stato fottuto da un cazzo prima di allora.

Guardandomi sempre con quegli occhi severi, mi allargo' le gambe e si inginocchio' fra le mie cosce. Prima giocherello' un po' con il mio cazzo. Stavo scoppiando, non vedevo l'ora di sborrare. Muovevo il bacino sperando che me lo afferrasse con forza masturbandomi fino alla morte. Bastarono un paio di passate con la mano che un getto verticale ed altissimo di sborra lo colpi' in pieno volto. Altri getti mi fecero assomigliare ad una fontana e quelli attorno a me che mi mangiavano con gli occhi e volevano possedermi, ridevano di gusto.

Pose le mie gambe sopra le sue possenti spalle posizionando la sua lucente cappella all'ingresso del mio buco. Mi afferro' i fianchi con violenza e allora capii che era venuto il momento. Imperturbabile, mentre una grossa vena gli segnava la fronte, comincio' a penetrarmi. Io non riuscivo a stare fermo, il dolore era incontenibile. Cercai di strisciare lontano da lui ma ero trattenuto. Mi penetrava sempre di piu', sempre piu' a fondo. La catena che aveva al collo ondeggiava picchiandogli sul petto tintinnando, la sua bocca composta all'alterigia di un capo tribu' si deformava in una smorfia di rabbia e dolore insieme ed i suoni che emetteva erano sospiri gutturali di animalesca passione.

Continuo' il suo andirivieni dentro di me per molti minuti. Io gemevo ma non avevo piu' la forza di divincolarmi. Il mio buco mandava segnali d'inferno al mio cervello che non connetteva piu', voleva assaporare il piacere che non osa pronunciare il suo nome. Lui si reggeva sulle braccia, i muscoli guizzanti della schiena e delle natiche si muovevano e si imperlavano di sudore, un sudore dall'odore di aglio che mi colava addosso. Venne dentro di me con quattro potenti colpi urlando dal piacere ed estrasse il suo cazzo imbrattato di sangue.

Io non smisi di gemere ma abbassai le gambe mostrando il mio randello ormai incontenibile. Uno me lo agguanto' e comincio' a spompinarmi mentre il loro capo si accasciava esausto sul sedile.

Mi misero seduto con le gambe divaricate mentre due di loro salirono sui sedili incastrandomi le mani tra le sbarre metalliche delle mensole portabagagli. Avevano due cazzi da favola, ed erano proprio in linea con la mia bocca vogliosa. Non erano grossissimi ma molto lunghi. Aprii la bocca, li volevo tutti e due. E li ebbi!!!

Profumavano di sperma i due serpentoni, e da come mi parlavano capivo che volevano dirmi dai coraggio prendili, vedrai come ti piacera'. Io succhiavo prima uno e poi l'altro e i due bastardi si rubavano la mia bocca l'un l'altro perche' non ce la facevano a sostenere il ritmo delle mie succhiate. Io liberai le mani e cominciai a premere sulle loro natiche come a voler ingoiare il piu' possibile di quelle nerchie affusolate. Palpavo le loro cosce magre per gli stenti ma muscolose, sembrava di toccare quelle di un centometrista.

Quando mi vennero in bocca uno alla volta pensai che nessuna ambrosia, nessun nettare degli dei potesse paragonarsi a quel liquido. Il loro seme che mi colava sul collo e sul petto e che mi veniva spalmato da quelle mani esperte mi avrebbe condizionato per tutta la vita.

Il treno riparti' sferragliando ancora una volta. L'ultimo di loro che voleva la sua parte sali' sul sedile allargando le gambe davanti a me e puntandomi sotto il naso la sua verga. Qualcuno mi appoggio' un piede nudo sul mio attrezzo scappellato e comincio' a giocarci con forza. Il maschio che avevo davanti a me mi penetro' la bocca tenendomi la testa con le mani e ficcandomelo fino alle tonsille. Respiravo a fatica con il naso l'odore acre ad ammaliante del suo pube. Per molti minuti fece di me la sua pompinara di lusso e io lo accarezzavo sulla schiena e sulle gambe da ventenne. Sborro' copiosamente ed io ripetutamente afferrandogli il cazzo me lo leccavo e rileccavo.

Scese da me lasciandomi gocciolante e fremente e si rivesti'. Quel piede che mi premeva il pisello accelero' i movimenti invitandomi a venire. Qualcuno disse una volta a tutto resisto tranne che alle tentazioni. E la tentazione fu troppo forte. Lo afferrai e finsi di scoparmelo fino a sborrarlo completamente. Leccai avidamente tutto il mio seme che si infilava tra le dita odoravo e leccavo. Gli altri erano pronti ad andarsene. Anche il mio padrone decise che si era divertito a sufficienza, si infilo' il sandalo e mi carezzo' la guancia pronunciando qualche parola ancora.

I miei sei amici sparirono nella notte come erano venuti. Per molti minuti dopo temetti di risvegliarmi e di constatare che si era trattato solo di un sogno.

Ma non lo fu, mi guardai nel riflesso del finestrino e vidi un uomo che aveva assaggiato altri uomini e da allora non riesco piu' a farne a meno.

Ste